Se le dimissioni tacite sono inefficaci la lavoratrice estromessa di fatto ha diritto alla reintegra

Tribunale di Trento Sezione Lavoro Sentenza n 87 del 05/06/2025 Giudice Dott. Giorgio Flaim
Sentenza in sintesi:
In difetto delle dimissioni tacite da parte della lavoratrice, rimane soltanto il fatto della cessazione del rapporto avvenuta per volontà della società datrice, vale a dire dell’estromissione della prestatrice dal suo posto di lavoro, quale emerge dal rifiuto di accettare le prestazioni offerte da quest’ultima. La vicenda in esame è, quindi, sussumibile in una fattispecie di licenziamento per fatti concludenti.
testo della sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

sezione lavoro

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott.

Giorgio Flaim pronunzia la seguente

S E N T E N Z A

nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in data

25.3.2025

d a

rappresentata e difesa dall’avv. prof. Stefano Giubboni pec

stefano.giubboni@avvocatiperugiapec.it e dall’avv. Giovanni Guarini pec

giovanni.guarini@pec.it

ricorrente

c o n t r o

società cooperativa

rappresentata e difesa dall’avv. Filippo Valcanover

pec avvfilippovalcanover@recapitopec.it

convenuto

CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE

“1. In via principale:

- accertare e dichiarare l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e

Società Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse

date che saranno ritenute di giustizia;

- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento

intimato alla ricorrente in forma orale;

- conseguentemente, ai sensi dell’art. 2, commi 1-3, dichiarare il licenziamento

inefficace e pertanto nullo e condannare a reintegrare la

lavoratrice nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto,

ferma la facoltà della dipendente licenziata di chiedere al datore di lavoro, in

sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità pari a 15 mensilità

dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto

pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, la cui richiesta determina la risoluzione

del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale;

- conseguentemente condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla

lavoratrice per il licenziamento, stabilendo a tal fine un'indennità risarcitoria

commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine

rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, corrispondente al periodo dal

giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, in misura non

inferiore a 5 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del

trattamento di fine rapporto o a quanto verrà ritenuto di giustizia, con condanna,

altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del

licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi

nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata

contribuzione.

In ogni caso, attribuire carattere prioritario alla trattazione ed alla decisione della

presente controversia ai sensi dell’art. 441-bis cpc, la cui disciplina si intende qui

interamente richiamata.

2. In via di subordine:

In via di subordine, nella denegata ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro

intercorso tra e non venga ricondotta alla

fattispecie del licenziamento orale, e la comunicazione dd. 13.01.2025 venga

qualificata come licenziamento disciplinare scritto, in assenza di previa contestazione

disciplinare, riconducibile a un’ipotesi di insussistenza del fatto materiale contestato:

- accertare e dichiarare l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e

Società Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse

date che saranno ritenute di giustizia;

- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento

disciplinare;

- conseguentemente, ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23/2015, annullare il

licenziamento e pertanto condannare a reintegrare la

lavoratrice nel posto di lavoro, ferma la facoltà della dipendente licenziata di chiedere

alla datrice di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità

pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del

trattamento di fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, la cui

richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a

contribuzione previdenziale;

- conseguentemente condannare la resistente a pagare un'indennità risarcitoria

commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine

rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello

dell'effettiva reintegrazione, in misura pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di

riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per

singola mensilità o a quanto ritenuto di giustizia, con condanna, altresì, al versamento

dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello

dell'effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva.

In ogni caso, attribuire carattere prioritario alla trattazione ed alla decisione della

presente controversia ai sensi dell’art. 441-bis cpc, la cui disciplina si intende qui

interamente richiamata.

***

Qualora la società convenuta dimostrasse di non raggiungere le soglie dimensionali

indicate dall’art. 18 della legge n. 300/1970:

- ai sensi dell’art. 2, commi 1-3, dichiarare il licenziamento inefficace e pertanto nullo

e condannare a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro,

indipendentemente dal motivo formalmente addotto, ferma la facoltà della dipendente

licenziata di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di

lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento

per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione

del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale;

- conseguentemente condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla

lavoratrice per il licenziamento, stabilendo a tal fine un'indennità risarcitoria

commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine

rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello

dell'effettiva reintegrazione, in misura non inferiore a 5 mensilità dell'ultima

retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto pari ad euro

€. 1.186,59 per singola mensilità o a quanto verrà ritenuto di giustizia, con condanna,

altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del

licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi

nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata

contribuzione.

In ogni caso, attribuire carattere prioritario alla trattazione ed alla decisione della

presente controversia ai sensi dell’art. 441-bis cpc, la cui disciplina si intende qui

interamente richiamata.

3. In via di ulteriore subordine:

Nella non creduta ipotesi in cui non si ritenga che il difetto assoluto della

contestazione disciplinare sia riconducibile all'ipotesi di insussistenza del fatto alla

base del motivo di licenziamento:

accertare e dichiarare l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e

Società Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse date che saranno

ritenute di giustizia;

- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento

disciplinare;

- conseguentemente, ai sensi dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il

rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condannare alpagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura

comunque non inferiore a trentasei mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il

calcolo del trattamento di fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a

quanto verrà ritenuto di giustizia.

***

Qualora la società convenuta dimostrasse di non raggiungere le soglie dimensionali indicate

dall’art. 18 della legge n. 300/1970:

- ai sensi dell’art. 3, comma 1, e 9, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il rapporto di

lavoro alla data del licenziamento e condannare al pagamento di

un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura comunque non

inferiore a 6 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di

fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a quanto verrà ritenuto di

giustizia.

4. In via di estremo subordine:

Nella ancor più remota ipotesi in cui si consideri l’assenza di contestazione disciplinare come

una violazione meramente procedimentale o solo formale: - accertare e dichiarare

l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e Società

Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse date che saranno ritenute di giustizia;

- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento

disciplinare;

- conseguentemente, ai sensi dell’art. 4, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il rapporto di

lavoro alla data del licenziamento e condannare al pagamento di

un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura comunque non

inferiore a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di

fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a quanto verrà ritenuto di

giustizia.

***

Qualora la società convenuta dimostrasse di non raggiungere le soglie dimensionali indicate

dall’art. 18 della legge n. 300/1970:

- ai sensi dell’art. 4, e 9, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il rapporto di lavoro

alla data del licenziamento e condannare la datrice di lavoro al pagamento di un'indennità

non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura comunque non inferiore a 6

mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto

pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a quanto verrà ritenuto di giustizia.

5. In via di ulteriore ed estremo subordine:

Infine, in via di estremo subordine, ove dovesse ritenersi effettivamente applicabile alla

fattispecie l’art. 19 della legge n. 203/2024, rimettere alla Corte costituzionale la questione di

legittimità costituzionale di detta disposizione, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953,

per violazione degli artt. 3, 24, 38 Cost. per le ragioni sopra illustrate.

Oltre alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge”

CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA

“In via principale, nel merito:

rigettare il ricorso perché infondato in fatto ed in diritto per i motivi tutti di cui in

narrativa.

Spese, diritti ed oneri di causa integralmente rifusi”

MOTIVAZIONE

§1

le domande proposte dal ricorrente

La ricorrente–

premesso che:

✓ ella ha lavorato dal 7.1.2019 alle dipendenze della società

società cooperativa, in esecuzione di un contratto a tempo indeterminato

parziale orizzontale, con inquadramento nella qualifica di impiegata di livello 5°

CCNL per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi,

✓ ha ricevuto lettera del 19.12.2014 (doc. 4 fasc. ric.) con cui la società datrice le ha

comunicato che “a decorrere dal 31.12.2024, come previsto dall'accordo individuale

sottoscritto in data 1.7.2024, cesserà di svolgere la Sua attività lavorativa in modalità smart

working. A partire da tale data, sarà richiesto il Suo rientro presso i nostri uffici di Cles, dove

riprenderà il suo incarico di copertura della reception secondo l'orario di lavoro previsto:

dal lunedì al venerdì dalle 08:00 alle 12:00.

La decisione è stata presa in conformità con le necessità organizzative aziendali e le

disposizioni previste dal contratto di lavoro”;

✓ è seguito uno scambio di mail (doc. 4 fasc. ric.) tra la lavoratrice qui ricorrente e la

società datrice qui convenuta, nelle quali ella ha richiesto, senza successo, di avere,

prima del 31 dicembre 2024, un colloquio con il responsabile della datrice

al fine di esporgli la propria situazione personale, familiare e organizzativa, che

aveva conosciuto mutamenti nel periodo intercorrente tra l'introduzione del lavoro

agile e il dicembre 2024, nonché per trovare una soluzione condivisa che potesse

soddisfare entrambe le parti.

✓ mediante pec del 14.1.2025, ore 7,40 (doc. 4), la società datrice le ha inviato

comunicazione del 13.1.2025, con destinatari il Servizio Lavoro della Provincia

Autonoma di Trento e, per conoscenza, la qui ricorrente, avente il seguente tenore:

“Oggetto comunicazione ex art. 19 Legge 13 dicembre 2024, n. 203 - dimissioni per fatti

concludenti

Con la presente comunichiamo che, a seguito dell'assenza ingiustificata protrattasi oltre il

termine previsto dall’art. 238 comma 4 del CCNL per i dipendenti da aziende del terziario,

della distribuzione e dei servizi, il rapporto di lavoro intercorrente tra la scrivente società e la

sig. ra

… si intende risolto a tutti gli effetti di legge e contrattuali, a decorrere

dal giorno 7 gennaio 2025 (data di inizio dell'assenza ingiustificata)”;

✓ mediante lettera del 3.2.2025 (doc. 5 fasc. ric.) ella ha impugnato “il recessolicenziamento del 13 gennaio 2025 in quanto invalido e/o nullo e/o illegittimo e/o

inefficace, in quanto orale e comunque non preceduto da previa contestazione

disciplinare” e ha comunicato di “restare a disposizione per la ripresa dell’attività

lavorativa, confidando nella revoca del licenziamento”;

✓ mediante lettera del 17.2.2025 (doc. 7 fasc. ric.) la società datrice dava riscontro,

sostenendo che: “… la cessazione del rapporto di lavoro tra Società

Cooperativa e la sig.ra non è avvenuta per effetto di un licenziamento ma a

seguito dell’invio da parte della società datrice di lavoro della comunicazione di cui all’art. 26,

comma 7-bis, D. Lgs. 151/2015 così come inserito dall’art. 19 Legge 203/2024, a seguito di

assenza ingiustificata della lavoratrice protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL applicato.

A seguito della comunicazione fatta al Servizio Lavoro di Trento, quindi, il rapporto di lavoro,

come prevede la norma di legge sopra citata, si intende risolto per volontà della lavoratrice” –

propone:

A)

in via principale,

domanda di accertamento dell'inefficacia dell’asserito licenziamento intimato, a detta di

parte ricorrente, in forma orale;

a sostegno afferma che – non essendo alla data del 13 gennaio 2025, ancora decorso il

termine stabilito dal CCNL cit. oltre il quale l'assenza ingiustificata di

avrebbe potuto essere equiparata a dimissioni per fatti concludenti ex art. 19

L. 303/2024 – “non poteva esistere alcun tipo di dimissioni” in difetto della forma

telematica ex art. 26 co. 1 d.lgs. 14.9.2015, n. 151 e il rapporto di lavoro subordinato tra

le parti deve essere considerato cessato per volontà della società datrice che l’ha espressa

senza adottare alcun atto di licenziamento in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 2 co. 1 ultimo periodo e 2 d.lgs. 4.3.2015, n.

23;

B)

in via subordinata,

sempre non essendo alla data del 13 gennaio 2025, ancora decorso il termine stabilito dal

CCNL cit. oltre il quale l'assenza ingiustificata di avrebbe potuto

essere equiparata a dimissioni per fatti concludenti ex art. 19 L. 303/2024,

ma venendo la comunicazione del 13.1.2025 “qualificata come licenziamento disciplinare

scritto” intimato senza l’esperimento del procedimento disciplinare, in particolare in

difetto della preventiva contestazione degli addebiti e dell’assegnazione del termine a

difesa,

a)

qualora la società convenuta non assolva l’onere di provare di non possedere il requisito

dimensionale ex art. 18 co. 8 e 9 St.Lav.,

in principalità, domanda di annullamento, per insussistenza del fatto, del licenziamento

intimato dalla società datrice in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 3 co. 2 d.lgs. 23/2015;

in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, perché ingiustificato, del

licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 3 co. 1 d.lgs. 23/2015;

in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, per violazione di forma e

procedura, del licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 4 d.lgs. 23/2015;

b)

qualora la società convenuta assolva l’onere di provare di non possedere il requisito

dimensionale ex art. 18 co. 8 e 9 St.Lav.,

in principalità, domanda di accertamento della nullità, per violazione delle norme

imperative che prescrivono l’esperimento disciplinare, del licenziamento intimato dalla

società datrice in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 2 co. 1 e 2 d.lgs. 23/2015;

in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, perché ingiustificato, del

licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 3 co. 1 e 9 co. 1 d.lgs. 23/2015;

in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, per violazione di forma e

procedura, del licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;

insta per l’applicazione della tutela ex art. 4 e 9 co. 1 d.lgs. 23/2015;

C)

in via ulteriormente subordinata,

qualora venisse ritenuto applicabile alla presente vicenda l’art. 19 L. 203/2024,

rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale di detta

disposizione per violazione degli artt. 3, 24, 38 Cost..

§2

le ragioni della decisione

1. in ordine al difetto di perfezionamento nella vicenda in esame della fattispecie ex

art. 19 L. 203/2024 (che inserisce il co. 7-bis nell’art. 26 d.lgs. 151/2015)

a)

quanto all’irrilevanza ai fini del perfezionamento della fattispecie sub n. 1 delle assenze

nelle giornate del 7, 8, 9, 10 e 11 gennaio 2025

Nella comunicazione del 13.1.2025 la società datrice società

cooperativa sostiene che “l’assenza ingiustificata”, di cui si è resa responsabile la

lavoratrice, è iniziata il giorno lunedì 7 gennaio 2025.

Ciò significa, in tutta evidenza, che la società datrice è giunta ad affermare il

perfezionamento nel caso in esame della fattispecie ex art. 19 L. 203/2024 – vale a dire il

protrarsi dell’assenza ingiustificata della ricorrente “oltre il termine previsto dall’art. 238

comma 4 del CCNL per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi”,

ossia “oltre tre giorni nell’anno solare” – considerando anche le giornate del 7, 8, 9, 10 e

11 gennaio 2025.

L’assunto non persuade.

Ad avviso della parte ricorrente “a nulla rileva… il fatto che la condotta della ricorrente

sia iniziata prima dell’entrata in vigore della norma di cui all’art. 19 e ciò in forza del

principio del tempus regit actum e dell’art. 11 delle preleggi” (così a pag. 8 del suo atto

introduttivo); in precedenza (pag. 6) aveva dedotto: “Questo brocardo sintetizza i principi

di irretroattività (la norma giuridica non si applica a fatti o rapporti sorti prima che la

medesima entrasse in vigore) e di non ultrattività della legge (la norma giuridica non si

applica a fatti verificatisi dopo la sua abrogazione): esso sta quindi a significare che

l’efficacia della legge è circoscritta al tempo in cui questa è in vigore. Inoltre, l’articolo 11

delle disposizioni sulla legge in generale, dette anche preleggi o disposizioni preliminari

al codice civile, sancisce espressamente che «La legge non dispone che per l'avvenire:

essa non ha effetto retroattivo»”.

Parte convenuta replica (pag. 9 segg. della memoria di costituzione) attribuendo rilievo

decisivo alla circostanza che la comunicazione ex art. 19 L. 203/2024 è stata trasmessa in

data 13.1.2024 ossia successivamente all’entrata in vigore di quella norma (12.1.2025).

In proposito deduce che il principio del tempus regit actum “si riferisce alla genesi, per

l’appunto, dell’actum, non della preesistente situazione di fatto da considerare ai fini dell’actum

stesso, che nel caso della norma in esame riguarda appunto l’istituto delle dimissioni per fatti

concludenti”.

Inoltre, ritenendo di trovare sostegno nelle statuizioni della pronuncia Cass. 25.2.2021, n.

n. 5243, afferma: “Come nel caso trattato dalla Corte, anche nel caso di specie, la situazione di

fatto sussistente al momento dell’entrata in vigore del nuovo Collegato Lavoro, ovvero l’assenza

ingiustificata della lavoratrice protrattasi oltre i termini massimi previsti dal CCNL di categoria, deve

essere presa in considerazione in relazione alla nuova disciplina delle c.d. dimissioni di fatto di cui

al cit. comma 7 bis, senza che ciò comporti alcuna presunta retroattività della norma, poiché un

conto è l’istituto giuridico previsto dalla norma (ovvero le dimissioni per fatti concludenti) altro conto

è invece il pregresso fatto generatore che, al momento dell’entrata in vigore del nuovo Collegato

Lavoro, nel caso di specie non era affatto esaurito e, anzi, è rientrato perfettamente nella sfera di

applicazione della nuova norma dal momento in cui l’assenza ingiustificata della lavoratrice si è

protratta oltre il 12.01.2025. In altre parole, ciò che rileva nella fattispecie è che, alla data del

13.01.2025, la lavoratrice fosse ancora assente ingiustificata, di talché l’istituto delle c.d. dimissioni

di fatto doveva e deve ritenersi applicabile al caso in esame senza che ciò comporti alcuna

retroattività dell’efficacia normativa”.

Si tratta di assunti privi di persuasività.

In primo luogo il sostantivo actus (caso nominativo, appartenendo alla quarta

declinazione, e actum porta la desinenza propria del caso accusativo) indica (tra l’altro)

una condotta o comportamento in generale e, quindi, un qualsiasi fatto umano

giuridicamente rilevante, non già, come pare sostenere parte convenuta, soltanto un

negozio giuridico ossia una manifestazione di volontà produttiva di effetti giuridici (quali

le “dimissioni per fatti concludenti” che parte ricorrente contrappone alla “preesistente

situazione di fatto”, al fine di escluderla dall’area di applicazione del principio del tempus

regit actum, ma in modo erroneo, essendo costituita da comportamenti consistiti

nell’assenza dal lavoro di nelle giornate del 7, 8, 9, 10 e 11 gennaio

2025).

Inoltre non giova alla tesi di parte convenuta il richiamo a Cass. 5243/2021 cit..

Detta pronuncia appartiene all’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza della

Suprema Corte secondo cui ai licenziamenti individuali intimati ed impugnati prima del

24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della L. 4.11.2010, n. 183) è applicabile il

termine di decadenza sostanziale introdotto dall’art. 32 co. 1 mediante la novella dell’art.

6 co. 2 L. 15.7.1966, n. 604 (“L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il

successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria

del tribunale in funzione di giudice del lavoro”).

Tale orientamento costituisce espressione della regola affermata da Cass. S.U. 22.7.2015,

n. 15352, secondo cui, “ove una modifica normativa introduca un termine di

decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applica anche ai diritti sorti

anteriormente, ma con decorrenza dall'entrata in vigore della modifica legislativa”.

Le Sezioni Unite hanno richiamato il principio enunciato dalla Consulta (sent. n. 302 del

2010; sent. n. 236 del 2009), secondo cui “non è affatto interdetto al legislatore di

emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i

beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia

costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni

non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni

sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza

giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto”.

Il pensiero delle giurisdizioni superiori non solo non conforta, ma smentisce la tesi di

parte convenuta secondo cui le assenze ingiustificate dal lavoro della ricorrente nelle

giornate del 7, 8, 9, 10 e 11 gennaio 2025 rilevano ai fini del perfezionamento di una

fattispecie (assenza ingiustificata protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL o, in

mancanza, superiore a 15 giorni) alla quale una norma entrata in vigore il 12 gennaio

2025 attribuisce la portata di dimissioni per facta concludentia in via presuntiva relativa

ex lege.

Infatti, ad avviso della convenuta, le “assenze ingiustificate”, poste in essere dalla

ricorrente in epoca in cui tali condotte avevano esclusivamente una valenza disciplinare,

assumerebbero, per effetto di una norma sopravvenuta, un diverso e del tutto differente

rilievo giuridico, rappresentato dall’idoneità a costituire comportamenti concludenti della

volontà di rassegnare le dimissioni.

Se le giurisdizioni superiori consentissero di attribuire allo ius superveniens un tale

effetto retroattivo – in relazione alla vicenda riguardante l’applicazione della decadenza

sostanziale nei confronti dei licenziamenti individuali intimati prima dell’entrata in vigore

della norma che ha introdotto quella decadenza, la condotta inerte, tenuta dal lavoratore

licenziato in epoca in cui non decorreva alcun termine di decadenza e, quindi, era in

proposito priva di rilievo giuridico, sarebbe computabile ai fini della maturazione del

termine di decadenza.

Di contro la Suprema Corte (Cass. 5243/2021 cit.; Cass. 2.10.2018, n. 23893; Cass.

29.11.2016, n. 24258;) ritiene che il termine di decadenza non decorre in epoca anteriore

all’entrata in vigore della norma che l’ha previsto.

Le Sezioni Unite (Cass. S.U. 15352/2015 cit.), risolvendo affermativamente la questione

se il termine triennale di decadenza per il conseguimento dell'indennizzo in favore di

soggetti danneggiati da emotrasfusioni, introdotto dalla L. 25.7.1997, n. 238, si applicasse

anche in caso di epatite postrasfusionale contratta prima del 28 luglio 1997, data di

entrata in vigore della detta legge, ha, però, precisato che quel termine inizia a decorrere

dalla medesima data di entrata in vigore. Anzi, ad avviso delle Sezioni Unite, è proprio

grazie a questo limite che l’introduzione del termine di decadenza triennale in luogo della

prescrizione decennale non determina un eccessivo sacrificio dell’interesse del lavoratore

alla tutela del proprio diritto e, richiamando l’insegnamento della Consulta, non trasmoda

“in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali

fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da

intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto”.

Quindi l’art. 19 L. 203/2024 assumerebbe una tale connotazione, qualora, si ritenesse,

come fa la società convenuta, che condotte di assenza ingiustificata tenute in data

anteriore alla sua entrata in vigore e, quindi, aventi a quell’epoca soltanto valenza

disciplinare, rilevino al fine di perfezionare la fattispecie (assenza ingiustificata oltre il

termine previsto dal CCNL o, in mancanza, superiore a 15 giorni) a cui quella norma

attribuisce, quale proprio effetto giuridico, la portata di dimissioni per facta concludentia

in via presuntiva relativa ex lege.

b)

quanto all’irrilevanza ai fini del perfezionamento della fattispecie sub n. 1 dell’assenza

nella giornata del 12 gennaio 2025

Ad abundantiam (atteso che il mancato perfezionamento della fattispecie sub n. 1 emerge

già dalla statuizione sub a)) è opportuno evidenziare l’irrilevanza, ai fini di quel

perfezionamento, anche della giornata del 12 gennaio 2025, la quale cadeva di domenica.

Infatti, come ha già ricordato parte ricorrente, ad avviso della Suprema Corte (Cass.

20.1.1997, n. 551), in riferimento a un contratto collettivo che sanzionava mediante il

licenziamento l’assenza dal lavoro per tre giorni, “il concetto di assenza in tanto può

avere un senso in quanto vi sia un obbligo, contrario, di presenza: invece, sarebbe

contraddittorio e privo di senso parlare di assenza dal lavoro in riferimento a giorni

festivi o comunque non lavorativi”.

Peraltro nessun argomento contrario è stato svolto dalla società convenuta nella propria

memoria di costituzione.

c)

quanto alla necessità, ai fini del perfezionamento della fattispecie sub n. 1, che l’assenza

ingiustificata si protragga per almeno quattro giorni

Alla luce del chiaro tenore letterale sia dell’art. 19 L. 203/2024 (“In caso di assenza

ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo

nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro”), sia dell’art. 238 co. 4 CCNL per i

dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi (“Salva ogni altra

azione legale, il provvedimento di cui al punto 5) (licenziamento disciplinare) si applica

esclusivamente per le seguenti mancanze: assenza ingiustificata oltre tre giorni nell’anno

solare”), affinché potessero configurarsi le dimissioni di per facta

concludentia in via presuntiva relativa ex lege, era necessario che ella rimanesse assente

dal lavoro per almeno quattro giorni.

Anche in proposito nessun argomento contrario è stato svolto dalla società convenuta

nella propria memoria di costituzione.

d)

conclusioni

Alla luce delle statuizioni che precedono si deve concludere che al momento della

comunicazione al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Trento, mediante pec del

13 gennaio 2025, alle ore 17:45 (doc. 7 fasc. conv.), non si era perfezionata la fattispecie

ex art. 19 L. 203/2024, essendosi realizzato un solo giorno di assenza non giustificata che

fosse utile a quel fine.

Non rilevano le condotte tenute dalla lavoratrice successivamente all’invio, da parte della

società datrice, della comunicazione al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di

Trento e menzionate dalla parte convenuta a pag. 10-11 della memoria di costituzione.

Infatti l’art. 19 L. 203/2024 prevede, quale elemento costitutivo della fattispecie ivi

delineata, l’anteriorità delle condotte di assenza ingiustificata rispetto alla comunicazione

alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

2. in ordine al rimedio spettante alla ricorrente avverso la cessazione del rapporto di

lavoro subordinato intervenuta dopo la comunicazione effettuata dalla società

datrice al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Trento in data 13.1.2025

Si pone ora la questione circa l’individuazione del rimedio di cui la ricorrente dispone

avverso la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, che è intervenuta

successivamente alla comunicazione effettuata dalla società datrice al Servizio Lavoro

della Provincia Autonoma di Trento in data 13.1.2025

a)

La società convenuta sostiene (pag. 12-13 della memoria di costituzione) che alla

ricorrente “spetterebbe semmai la sola tutela di diritto comune rappresentata dalla ricostituzione

del rapporto di lavoro, non anche le tutele previste per le ipotesi di licenziamento nullo e/o

illegittimo” in quanto “nel caso di specie… non è stato adottato alcun presunto licenziamento a

cui, in astratto, conseguirebbero le tutele previste dal d.lgs. n. 23/2015, bensì è stata comunicata la

cessazione del rapporto ai sensi dell’art. 26, comma 7 bis, del d.lgs. n. 151/2015 la quale, anche a

fronte delle circostanze concrete che hanno caratterizzato il rapporto de quo (l’assenza

ingiustificata, prolungata e continuativa della ricorrente), non postula affatto una presunta volontà

della datrice di lavoro di estromettere unilateralmente la lavoratrice dal rapporto stesso, bensì una

mera presa d’atto circa l’evidente volontà della ricorrente di non rientrare in servizio presso la sede

di Cles”.

Questi assunti non sono condivisibili.

Infatti trascurano la circostanza che, a fronte della volontà, espressa dalla lavoratrice con

lettera del 3.2.2025 (doc. 5 fasc. ric.), di rimanere a “disposizione per la ripresa

dell’attività lavorativa”, la società datrice ha rifiutato di ricevere la prestazione lavorativa

offerta da.

E’ vero che, con lettera del 17.2.2025 (doc. 7 fasc. ric.), la società datrice ha giustificato

quel rifiuto, adducendo che “la cessazione del rapporto di lavoro tra

Società Cooperativa e la sig.ra non è avvenuta per effetto di un licenziamento ma

a seguito dell’invio da parte della società datrice di lavoro della comunicazione di cui all’art. 26,

comma 7-bis, D. Lgs. 151/2015 così come inserito dall’art. 19 Legge 203/2024, a seguito di

assenza ingiustificata della lavoratrice protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL applicato. A

seguito della comunicazione fatta al Servizio Lavoro di Trento, quindi, il rapporto di lavoro, come

prevede la norma di legge sopra citata, si intende risolto per volontà della lavoratrice”.

Tuttavia, una volta accertato che non si è perfezionata la fattispecie comportante le

dimissioni per facta concludentia in via presuntiva relativa ex lege, non è configurabile

alcuna valida presa d’atto, da parte della datrice, della volontà di dimettersi da parte della

lavoratrice.

Quindi, contrariamente a quanto sostiene la società convenuta, la ricorrente non era

legittimata a esercitare un’“azione di annullamento delle dimissioni” in funzione della

“ricostituzione del rapporto di lavoro”, stante l’insussistenza di quelle dimissioni, atteso che

ella non le ha rassegnate, né nelle modalità telematiche prescritte a pena di inefficacia

dall’art. 26 co. 1 d.lgs. 151/2015, né per facta concludentia quale effetto del

perfezionamento della fattispecie ex art. 19 L. 203/204 che, come statuito sub 1., qui non

si è perfezionata.

b)

In difetto delle dimissioni da parte della lavoratrice, rimane soltanto il fatto della

cessazione del rapporto avvenuta per volontà della società datrice, vale a dire

dell’estromissione della prestatrice dal suo posto di lavoro, quale emerge dal rifiuto di

accettare le prestazioni offerte da quest’ultima.

La vicenda in esame è, quindi, sussumibile in una fattispecie di licenziamento.

Rimane, però, da stabilire se la volontà della società datrice di estromettere la lavoratrice

convenuta si sia espressa in forma scritta, di talché il licenziamento sarebbe illegittimo

per mancato esperimento del procedimento disciplinare (essendo incontestata la

mancanza della contestazione di addebiti e dell’assegnazione del termine a difesa).

In caso contrario si dovrebbe inevitabilmente concludere che il rapporto di lavoro

subordinato intercorrente tra le parti è cessato per effetto di un licenziamento orale.

Parte convenuta evidenzia (pag. 15 della memoria di costituzione) che la comunicazione

del 13.1.2025 è “stata trasmessa anche alla lavoratrice in ragione della perdurante e continuativa

assenza ingiustificata della stessa”; ne desume che “detta comunicazione, semmai, postulerebbe

quindi, non un licenziamento orale, bensì, considerata la pacifica sussistenza di un’assenza

ingiustificata protrattasi oltre il massimo consentito dal CCNL di categoria, un licenziamento

disciplinare per assenza ingiustificata, non preceduta dalla contestazione disciplinare”.

L’assunto non può essere condiviso.

E’ palese, alla luce del suo tenore letterale, che la comunicazione del 13.1.2025 non

contiene alcuna dichiarazione della società datrice volta a esprimere la propria volontà di

far cessare il rapporto di lavoro subordinato intercorrente con .

Peraltro è la stessa parte convenuta, come si è già ricordato, ad affermare (pag. 12-13)

che: “Nel caso di specie, infatti, non è stato adottato alcun presunto licenziamento a cui, in

astratto, conseguirebbero le tutele previste dal d.lgs. n. 23/2015, bensì è stata comunicata la

cessazione del rapporto ai sensi dell’art. 26, comma 7 bis, del d.lgs. n. 151/2015 la quale, anche a

fronte delle circostanze concrete che hanno caratterizzato il rapporto de quo (l’assenza

ingiustificata, prolungata e continuativa della ricorrente), non postula affatto una presunta volontà

della datrice di lavoro di estromettere unilateralmente la lavoratrice dal rapporto stesso, bensì una

mera presa d’atto circa l’evidente volontà della ricorrente di non rientrare in servizio presso la sede

di Cles”.

A ben vedere, la volontà di estromettere la lavoratrice dal suo posto di lavoro è stata

manifestata dalla società datrice allorquando ha rifiutato di ricevere la prestazione

lavorativa che le ha offerto con la lettera del 3.2.2025 inviata

mediante pec del 7.2.2025.

Quindi deve ritenersi accertato che il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra

e la società società cooperativa è

cessato in data 7.2.2025 per effetto del licenziamento intimato dalla società datrice per

facta concludentia ossia mediante il rifiuto di ricevere la prestazione che la lavoratrice le

aveva offerto con lettera del 3.2.2025 inviata alla suddetta data.

In ordine alla tutela spettante al ricorrente trova qui applicazione l’art. 2 co. 1 e 2 d.lgs.

23/2015

Ne deriva che:

1)

alla società società cooperativa va ordinato di reintegrare

nel posto di lavoro da lei occupato presso l’azienda di

società cooperativa all’epoca del licenziamento (dando atto

che con lettera dell’8.5.2025 sub doc. 12 fasc. conv. la ricorrente ha esercitato la facoltà

ex art. 2 co. 3 d.lgs. 23/2015);

2)

la società società cooperativa va condannata a

corrispondere, in favore della stessa ricorrente, un’indennità risarcitoria commisurata a

cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di

fine rapporto (indicata dal ricorrente in € 1.186,59 a pag. 40, nota 54 del suo atto

introduttivo, senza che parte convenuta abbia sollevato contestazioni), essendo minore di

cinque mesi il periodo intercorrente tra il 7.2.2025, data in cui si è manifestata la volontà

di licenziare la ricorrente, e il 6.5.2025, giorno successivo a quello in cui la società

datrice ha comunicato il ripristino del rapporto di lavoro con effetto ex tunc (lettera del

30.4.2025 sub doc. 11 fasc.ric.);

tale somma risultante va maggiorata ex art. 429 co. 3 cod.proc.civ. (con gli interessi

legali dovuti sul capitale via via rivalutato ogni fine anno secondo quanto stabilito in

Cass. S.U. 29.1.2001, n. 38), norma “risuscitata” dalla dichiarazione di illegittimità

costituzione dell’art. 22 co. 36 L. 23.12.1994, n. 724 ad opera di Corte Cost. 2.11.2000, n.

459;

3)

la società società cooperativa va, altresì, condannata al

versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a

quello della effettiva reintegrazione, previa detrazione di quelli già accreditati in virtù di

eventuale altra occupazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza

applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione.

Le spese, come liquidate in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.

P.Q.M.

Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del

giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente

pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:

1. Accerta che il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra e la

società

società cooperativa è cessato in data 7.2.2025

per effetto del licenziamento intimato dalla società datrice per facta concludentia

ossia mediante il rifiuto di ricevere la prestazione che la lavoratrice le aveva offerto

con lettera del 3.2.2025 inviata alla suddetta data.

2. Ordina alla società convenuta ‘ società cooperativa di

reintegrare nel posto di lavoro da lei occupato presso l’azienda

all’epoca del licenziamento (dando atto che con lettera dell’8.5.2025 la ricorrente ha

esercitato la facoltà ex art. 2 co. 3 d.lgs. 23/2015).

3. Condanna la società convenuta ‘ società cooperativa a

corrispondere, in favore della ricorrente, un’indennità

risarcitoria commisurata a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per

il calcolo del trattamento di fine rapporto, pari a € 1.186,59, con il maggior danno da

svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli indici ISTAT,

intervenuta dalle date di maturazione del credito fino ad oggi, e con gli interessi

legali computati sulla somma così rivalutata e decorrenti dallo stesso termine a quo

fino al saldo.

4. Condanna la società convenuta società cooperativa al

versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento

fino a quello della effettiva reintegrazione, previa detrazione di quelli già accreditati

in virtù di eventuale altra occupazione, maggiorati degli interessi nella misura legale

senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione.

5. Condanna la società convenuta alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di

giudizio, liquidate nella somma complessiva di € 3.500,00, maggiorata del 15% per

spese forfettarie ex art. 2 co. 2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA, CNPA.

Trento, 5 giugno 2025

IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE

dott. Andrea Tabarelli dott. Giorgio Flaim

Sentenza n. 87/2025 pubbl. il 05/06/2025

RG n. 116/2025

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