REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO
sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott.
Giorgio Flaim pronunzia la seguente
S E N T E N Z A
nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in data
25.3.2025
d a
rappresentata e difesa dall’avv. prof. Stefano Giubboni pec
stefano.giubboni@avvocatiperugiapec.it e dall’avv. Giovanni Guarini pec
giovanni.guarini@pec.it
ricorrente
c o n t r o
società cooperativa
rappresentata e difesa dall’avv. Filippo Valcanover
pec avvfilippovalcanover@recapitopec.it
convenuto
CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE
“1. In via principale:
- accertare e dichiarare l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e
Società Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse
date che saranno ritenute di giustizia;
- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento
intimato alla ricorrente in forma orale;
- conseguentemente, ai sensi dell’art. 2, commi 1-3, dichiarare il licenziamento
inefficace e pertanto nullo e condannare a reintegrare la
lavoratrice nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto,
ferma la facoltà della dipendente licenziata di chiedere al datore di lavoro, in
sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità pari a 15 mensilità
dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto
pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, la cui richiesta determina la risoluzione
del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale;
- conseguentemente condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla
lavoratrice per il licenziamento, stabilendo a tal fine un'indennità risarcitoria
commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine
rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, corrispondente al periodo dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, in misura non
inferiore a 5 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto o a quanto verrà ritenuto di giustizia, con condanna,
altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del
licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi
nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata
contribuzione.
In ogni caso, attribuire carattere prioritario alla trattazione ed alla decisione della
presente controversia ai sensi dell’art. 441-bis cpc, la cui disciplina si intende qui
interamente richiamata.
2. In via di subordine:
In via di subordine, nella denegata ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro
intercorso tra e non venga ricondotta alla
fattispecie del licenziamento orale, e la comunicazione dd. 13.01.2025 venga
qualificata come licenziamento disciplinare scritto, in assenza di previa contestazione
disciplinare, riconducibile a un’ipotesi di insussistenza del fatto materiale contestato:
- accertare e dichiarare l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e
Società Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse
date che saranno ritenute di giustizia;
- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento
disciplinare;
- conseguentemente, ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23/2015, annullare il
licenziamento e pertanto condannare a reintegrare la
lavoratrice nel posto di lavoro, ferma la facoltà della dipendente licenziata di chiedere
alla datrice di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità
pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, la cui
richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a
contribuzione previdenziale;
- conseguentemente condannare la resistente a pagare un'indennità risarcitoria
commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine
rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello
dell'effettiva reintegrazione, in misura pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di
riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per
singola mensilità o a quanto ritenuto di giustizia, con condanna, altresì, al versamento
dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello
dell'effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva.
In ogni caso, attribuire carattere prioritario alla trattazione ed alla decisione della
presente controversia ai sensi dell’art. 441-bis cpc, la cui disciplina si intende qui
interamente richiamata.
***
Qualora la società convenuta dimostrasse di non raggiungere le soglie dimensionali
indicate dall’art. 18 della legge n. 300/1970:
- ai sensi dell’art. 2, commi 1-3, dichiarare il licenziamento inefficace e pertanto nullo
e condannare a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro,
indipendentemente dal motivo formalmente addotto, ferma la facoltà della dipendente
licenziata di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di
lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento
per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione
del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale;
- conseguentemente condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla
lavoratrice per il licenziamento, stabilendo a tal fine un'indennità risarcitoria
commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine
rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello
dell'effettiva reintegrazione, in misura non inferiore a 5 mensilità dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto pari ad euro
€. 1.186,59 per singola mensilità o a quanto verrà ritenuto di giustizia, con condanna,
altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del
licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi
nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata
contribuzione.
In ogni caso, attribuire carattere prioritario alla trattazione ed alla decisione della
presente controversia ai sensi dell’art. 441-bis cpc, la cui disciplina si intende qui
interamente richiamata.
3. In via di ulteriore subordine:
Nella non creduta ipotesi in cui non si ritenga che il difetto assoluto della
contestazione disciplinare sia riconducibile all'ipotesi di insussistenza del fatto alla
base del motivo di licenziamento:
accertare e dichiarare l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e
Società Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse date che saranno
ritenute di giustizia;
- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento
disciplinare;
- conseguentemente, ai sensi dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il
rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condannare alpagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura
comunque non inferiore a trentasei mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il
calcolo del trattamento di fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a
quanto verrà ritenuto di giustizia.
***
Qualora la società convenuta dimostrasse di non raggiungere le soglie dimensionali indicate
dall’art. 18 della legge n. 300/1970:
- ai sensi dell’art. 3, comma 1, e 9, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il rapporto di
lavoro alla data del licenziamento e condannare al pagamento di
un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura comunque non
inferiore a 6 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di
fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a quanto verrà ritenuto di
giustizia.
4. In via di estremo subordine:
Nella ancor più remota ipotesi in cui si consideri l’assenza di contestazione disciplinare come
una violazione meramente procedimentale o solo formale: - accertare e dichiarare
l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la ricorrente e Società
Cooperativa a far data dal 07.01.2019 o dalle diverse date che saranno ritenute di giustizia;
- accertare l’illegittimità, l’inefficacia, la nullità o l’annullabilità del licenziamento
disciplinare;
- conseguentemente, ai sensi dell’art. 4, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il rapporto di
lavoro alla data del licenziamento e condannare al pagamento di
un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura comunque non
inferiore a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di
fine rapporto pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a quanto verrà ritenuto di
giustizia.
***
Qualora la società convenuta dimostrasse di non raggiungere le soglie dimensionali indicate
dall’art. 18 della legge n. 300/1970:
- ai sensi dell’art. 4, e 9, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, dichiarare estinto il rapporto di lavoro
alla data del licenziamento e condannare la datrice di lavoro al pagamento di un'indennità
non assoggettata a contribuzione previdenziale, in misura comunque non inferiore a 6
mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto
pari ad euro €. 1.186,59 per singola mensilità, o a quanto verrà ritenuto di giustizia.
5. In via di ulteriore ed estremo subordine:
Infine, in via di estremo subordine, ove dovesse ritenersi effettivamente applicabile alla
fattispecie l’art. 19 della legge n. 203/2024, rimettere alla Corte costituzionale la questione di
legittimità costituzionale di detta disposizione, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953,
per violazione degli artt. 3, 24, 38 Cost. per le ragioni sopra illustrate.
Oltre alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge”
CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA
“In via principale, nel merito:
rigettare il ricorso perché infondato in fatto ed in diritto per i motivi tutti di cui in
narrativa.
Spese, diritti ed oneri di causa integralmente rifusi”
MOTIVAZIONE
§1
le domande proposte dal ricorrente
La ricorrente–
premesso che:
✓ ella ha lavorato dal 7.1.2019 alle dipendenze della società
società cooperativa, in esecuzione di un contratto a tempo indeterminato
parziale orizzontale, con inquadramento nella qualifica di impiegata di livello 5°
CCNL per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi,
✓ ha ricevuto lettera del 19.12.2014 (doc. 4 fasc. ric.) con cui la società datrice le ha
comunicato che “a decorrere dal 31.12.2024, come previsto dall'accordo individuale
sottoscritto in data 1.7.2024, cesserà di svolgere la Sua attività lavorativa in modalità smart
working. A partire da tale data, sarà richiesto il Suo rientro presso i nostri uffici di Cles, dove
riprenderà il suo incarico di copertura della reception secondo l'orario di lavoro previsto:
dal lunedì al venerdì dalle 08:00 alle 12:00.
La decisione è stata presa in conformità con le necessità organizzative aziendali e le
disposizioni previste dal contratto di lavoro”;
✓ è seguito uno scambio di mail (doc. 4 fasc. ric.) tra la lavoratrice qui ricorrente e la
società datrice qui convenuta, nelle quali ella ha richiesto, senza successo, di avere,
prima del 31 dicembre 2024, un colloquio con il responsabile della datrice
al fine di esporgli la propria situazione personale, familiare e organizzativa, che
aveva conosciuto mutamenti nel periodo intercorrente tra l'introduzione del lavoro
agile e il dicembre 2024, nonché per trovare una soluzione condivisa che potesse
soddisfare entrambe le parti.
✓ mediante pec del 14.1.2025, ore 7,40 (doc. 4), la società datrice le ha inviato
comunicazione del 13.1.2025, con destinatari il Servizio Lavoro della Provincia
Autonoma di Trento e, per conoscenza, la qui ricorrente, avente il seguente tenore:
“Oggetto comunicazione ex art. 19 Legge 13 dicembre 2024, n. 203 - dimissioni per fatti
concludenti
Con la presente comunichiamo che, a seguito dell'assenza ingiustificata protrattasi oltre il
termine previsto dall’art. 238 comma 4 del CCNL per i dipendenti da aziende del terziario,
della distribuzione e dei servizi, il rapporto di lavoro intercorrente tra la scrivente società e la
sig. ra
… si intende risolto a tutti gli effetti di legge e contrattuali, a decorrere
dal giorno 7 gennaio 2025 (data di inizio dell'assenza ingiustificata)”;
✓ mediante lettera del 3.2.2025 (doc. 5 fasc. ric.) ella ha impugnato “il recessolicenziamento del 13 gennaio 2025 in quanto invalido e/o nullo e/o illegittimo e/o
inefficace, in quanto orale e comunque non preceduto da previa contestazione
disciplinare” e ha comunicato di “restare a disposizione per la ripresa dell’attività
lavorativa, confidando nella revoca del licenziamento”;
✓ mediante lettera del 17.2.2025 (doc. 7 fasc. ric.) la società datrice dava riscontro,
sostenendo che: “… la cessazione del rapporto di lavoro tra Società
Cooperativa e la sig.ra non è avvenuta per effetto di un licenziamento ma a
seguito dell’invio da parte della società datrice di lavoro della comunicazione di cui all’art. 26,
comma 7-bis, D. Lgs. 151/2015 così come inserito dall’art. 19 Legge 203/2024, a seguito di
assenza ingiustificata della lavoratrice protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL applicato.
A seguito della comunicazione fatta al Servizio Lavoro di Trento, quindi, il rapporto di lavoro,
come prevede la norma di legge sopra citata, si intende risolto per volontà della lavoratrice” –
propone:
A)
in via principale,
domanda di accertamento dell'inefficacia dell’asserito licenziamento intimato, a detta di
parte ricorrente, in forma orale;
a sostegno afferma che – non essendo alla data del 13 gennaio 2025, ancora decorso il
termine stabilito dal CCNL cit. oltre il quale l'assenza ingiustificata di
avrebbe potuto essere equiparata a dimissioni per fatti concludenti ex art. 19
L. 303/2024 – “non poteva esistere alcun tipo di dimissioni” in difetto della forma
telematica ex art. 26 co. 1 d.lgs. 14.9.2015, n. 151 e il rapporto di lavoro subordinato tra
le parti deve essere considerato cessato per volontà della società datrice che l’ha espressa
senza adottare alcun atto di licenziamento in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 2 co. 1 ultimo periodo e 2 d.lgs. 4.3.2015, n.
23;
B)
in via subordinata,
sempre non essendo alla data del 13 gennaio 2025, ancora decorso il termine stabilito dal
CCNL cit. oltre il quale l'assenza ingiustificata di avrebbe potuto
essere equiparata a dimissioni per fatti concludenti ex art. 19 L. 303/2024,
ma venendo la comunicazione del 13.1.2025 “qualificata come licenziamento disciplinare
scritto” intimato senza l’esperimento del procedimento disciplinare, in particolare in
difetto della preventiva contestazione degli addebiti e dell’assegnazione del termine a
difesa,
a)
qualora la società convenuta non assolva l’onere di provare di non possedere il requisito
dimensionale ex art. 18 co. 8 e 9 St.Lav.,
in principalità, domanda di annullamento, per insussistenza del fatto, del licenziamento
intimato dalla società datrice in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 3 co. 2 d.lgs. 23/2015;
in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, perché ingiustificato, del
licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 3 co. 1 d.lgs. 23/2015;
in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, per violazione di forma e
procedura, del licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 4 d.lgs. 23/2015;
b)
qualora la società convenuta assolva l’onere di provare di non possedere il requisito
dimensionale ex art. 18 co. 8 e 9 St.Lav.,
in principalità, domanda di accertamento della nullità, per violazione delle norme
imperative che prescrivono l’esperimento disciplinare, del licenziamento intimato dalla
società datrice in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 2 co. 1 e 2 d.lgs. 23/2015;
in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, perché ingiustificato, del
licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 3 co. 1 e 9 co. 1 d.lgs. 23/2015;
in subordine, domanda di accertamento dell’illegittimità, per violazione di forma e
procedura, del licenziamento intimato dalla società datrice in forma scritta;
insta per l’applicazione della tutela ex art. 4 e 9 co. 1 d.lgs. 23/2015;
C)
in via ulteriormente subordinata,
qualora venisse ritenuto applicabile alla presente vicenda l’art. 19 L. 203/2024,
rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale di detta
disposizione per violazione degli artt. 3, 24, 38 Cost..
§2
le ragioni della decisione
1. in ordine al difetto di perfezionamento nella vicenda in esame della fattispecie ex
art. 19 L. 203/2024 (che inserisce il co. 7-bis nell’art. 26 d.lgs. 151/2015)
a)
quanto all’irrilevanza ai fini del perfezionamento della fattispecie sub n. 1 delle assenze
nelle giornate del 7, 8, 9, 10 e 11 gennaio 2025
Nella comunicazione del 13.1.2025 la società datrice società
cooperativa sostiene che “l’assenza ingiustificata”, di cui si è resa responsabile la
lavoratrice, è iniziata il giorno lunedì 7 gennaio 2025.
Ciò significa, in tutta evidenza, che la società datrice è giunta ad affermare il
perfezionamento nel caso in esame della fattispecie ex art. 19 L. 203/2024 – vale a dire il
protrarsi dell’assenza ingiustificata della ricorrente “oltre il termine previsto dall’art. 238
comma 4 del CCNL per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi”,
ossia “oltre tre giorni nell’anno solare” – considerando anche le giornate del 7, 8, 9, 10 e
11 gennaio 2025.
L’assunto non persuade.
Ad avviso della parte ricorrente “a nulla rileva… il fatto che la condotta della ricorrente
sia iniziata prima dell’entrata in vigore della norma di cui all’art. 19 e ciò in forza del
principio del tempus regit actum e dell’art. 11 delle preleggi” (così a pag. 8 del suo atto
introduttivo); in precedenza (pag. 6) aveva dedotto: “Questo brocardo sintetizza i principi
di irretroattività (la norma giuridica non si applica a fatti o rapporti sorti prima che la
medesima entrasse in vigore) e di non ultrattività della legge (la norma giuridica non si
applica a fatti verificatisi dopo la sua abrogazione): esso sta quindi a significare che
l’efficacia della legge è circoscritta al tempo in cui questa è in vigore. Inoltre, l’articolo 11
delle disposizioni sulla legge in generale, dette anche preleggi o disposizioni preliminari
al codice civile, sancisce espressamente che «La legge non dispone che per l'avvenire:
essa non ha effetto retroattivo»”.
Parte convenuta replica (pag. 9 segg. della memoria di costituzione) attribuendo rilievo
decisivo alla circostanza che la comunicazione ex art. 19 L. 203/2024 è stata trasmessa in
data 13.1.2024 ossia successivamente all’entrata in vigore di quella norma (12.1.2025).
In proposito deduce che il principio del tempus regit actum “si riferisce alla genesi, per
l’appunto, dell’actum, non della preesistente situazione di fatto da considerare ai fini dell’actum
stesso, che nel caso della norma in esame riguarda appunto l’istituto delle dimissioni per fatti
concludenti”.
Inoltre, ritenendo di trovare sostegno nelle statuizioni della pronuncia Cass. 25.2.2021, n.
n. 5243, afferma: “Come nel caso trattato dalla Corte, anche nel caso di specie, la situazione di
fatto sussistente al momento dell’entrata in vigore del nuovo Collegato Lavoro, ovvero l’assenza
ingiustificata della lavoratrice protrattasi oltre i termini massimi previsti dal CCNL di categoria, deve
essere presa in considerazione in relazione alla nuova disciplina delle c.d. dimissioni di fatto di cui
al cit. comma 7 bis, senza che ciò comporti alcuna presunta retroattività della norma, poiché un
conto è l’istituto giuridico previsto dalla norma (ovvero le dimissioni per fatti concludenti) altro conto
è invece il pregresso fatto generatore che, al momento dell’entrata in vigore del nuovo Collegato
Lavoro, nel caso di specie non era affatto esaurito e, anzi, è rientrato perfettamente nella sfera di
applicazione della nuova norma dal momento in cui l’assenza ingiustificata della lavoratrice si è
protratta oltre il 12.01.2025. In altre parole, ciò che rileva nella fattispecie è che, alla data del
13.01.2025, la lavoratrice fosse ancora assente ingiustificata, di talché l’istituto delle c.d. dimissioni
di fatto doveva e deve ritenersi applicabile al caso in esame senza che ciò comporti alcuna
retroattività dell’efficacia normativa”.
Si tratta di assunti privi di persuasività.
In primo luogo il sostantivo actus (caso nominativo, appartenendo alla quarta
declinazione, e actum porta la desinenza propria del caso accusativo) indica (tra l’altro)
una condotta o comportamento in generale e, quindi, un qualsiasi fatto umano
giuridicamente rilevante, non già, come pare sostenere parte convenuta, soltanto un
negozio giuridico ossia una manifestazione di volontà produttiva di effetti giuridici (quali
le “dimissioni per fatti concludenti” che parte ricorrente contrappone alla “preesistente
situazione di fatto”, al fine di escluderla dall’area di applicazione del principio del tempus
regit actum, ma in modo erroneo, essendo costituita da comportamenti consistiti
nell’assenza dal lavoro di nelle giornate del 7, 8, 9, 10 e 11 gennaio
2025).
Inoltre non giova alla tesi di parte convenuta il richiamo a Cass. 5243/2021 cit..
Detta pronuncia appartiene all’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza della
Suprema Corte secondo cui ai licenziamenti individuali intimati ed impugnati prima del
24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della L. 4.11.2010, n. 183) è applicabile il
termine di decadenza sostanziale introdotto dall’art. 32 co. 1 mediante la novella dell’art.
6 co. 2 L. 15.7.1966, n. 604 (“L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il
successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria
del tribunale in funzione di giudice del lavoro”).
Tale orientamento costituisce espressione della regola affermata da Cass. S.U. 22.7.2015,
n. 15352, secondo cui, “ove una modifica normativa introduca un termine di
decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applica anche ai diritti sorti
anteriormente, ma con decorrenza dall'entrata in vigore della modifica legislativa”.
Le Sezioni Unite hanno richiamato il principio enunciato dalla Consulta (sent. n. 302 del
2010; sent. n. 236 del 2009), secondo cui “non è affatto interdetto al legislatore di
emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i
beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia
costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni
non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni
sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza
giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto”.
Il pensiero delle giurisdizioni superiori non solo non conforta, ma smentisce la tesi di
parte convenuta secondo cui le assenze ingiustificate dal lavoro della ricorrente nelle
giornate del 7, 8, 9, 10 e 11 gennaio 2025 rilevano ai fini del perfezionamento di una
fattispecie (assenza ingiustificata protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL o, in
mancanza, superiore a 15 giorni) alla quale una norma entrata in vigore il 12 gennaio
2025 attribuisce la portata di dimissioni per facta concludentia in via presuntiva relativa
ex lege.
Infatti, ad avviso della convenuta, le “assenze ingiustificate”, poste in essere dalla
ricorrente in epoca in cui tali condotte avevano esclusivamente una valenza disciplinare,
assumerebbero, per effetto di una norma sopravvenuta, un diverso e del tutto differente
rilievo giuridico, rappresentato dall’idoneità a costituire comportamenti concludenti della
volontà di rassegnare le dimissioni.
Se le giurisdizioni superiori consentissero di attribuire allo ius superveniens un tale
effetto retroattivo – in relazione alla vicenda riguardante l’applicazione della decadenza
sostanziale nei confronti dei licenziamenti individuali intimati prima dell’entrata in vigore
della norma che ha introdotto quella decadenza, la condotta inerte, tenuta dal lavoratore
licenziato in epoca in cui non decorreva alcun termine di decadenza e, quindi, era in
proposito priva di rilievo giuridico, sarebbe computabile ai fini della maturazione del
termine di decadenza.
Di contro la Suprema Corte (Cass. 5243/2021 cit.; Cass. 2.10.2018, n. 23893; Cass.
29.11.2016, n. 24258;) ritiene che il termine di decadenza non decorre in epoca anteriore
all’entrata in vigore della norma che l’ha previsto.
Le Sezioni Unite (Cass. S.U. 15352/2015 cit.), risolvendo affermativamente la questione
se il termine triennale di decadenza per il conseguimento dell'indennizzo in favore di
soggetti danneggiati da emotrasfusioni, introdotto dalla L. 25.7.1997, n. 238, si applicasse
anche in caso di epatite postrasfusionale contratta prima del 28 luglio 1997, data di
entrata in vigore della detta legge, ha, però, precisato che quel termine inizia a decorrere
dalla medesima data di entrata in vigore. Anzi, ad avviso delle Sezioni Unite, è proprio
grazie a questo limite che l’introduzione del termine di decadenza triennale in luogo della
prescrizione decennale non determina un eccessivo sacrificio dell’interesse del lavoratore
alla tutela del proprio diritto e, richiamando l’insegnamento della Consulta, non trasmoda
“in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali
fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto”.
Quindi l’art. 19 L. 203/2024 assumerebbe una tale connotazione, qualora, si ritenesse,
come fa la società convenuta, che condotte di assenza ingiustificata tenute in data
anteriore alla sua entrata in vigore e, quindi, aventi a quell’epoca soltanto valenza
disciplinare, rilevino al fine di perfezionare la fattispecie (assenza ingiustificata oltre il
termine previsto dal CCNL o, in mancanza, superiore a 15 giorni) a cui quella norma
attribuisce, quale proprio effetto giuridico, la portata di dimissioni per facta concludentia
in via presuntiva relativa ex lege.
b)
quanto all’irrilevanza ai fini del perfezionamento della fattispecie sub n. 1 dell’assenza
nella giornata del 12 gennaio 2025
Ad abundantiam (atteso che il mancato perfezionamento della fattispecie sub n. 1 emerge
già dalla statuizione sub a)) è opportuno evidenziare l’irrilevanza, ai fini di quel
perfezionamento, anche della giornata del 12 gennaio 2025, la quale cadeva di domenica.
Infatti, come ha già ricordato parte ricorrente, ad avviso della Suprema Corte (Cass.
20.1.1997, n. 551), in riferimento a un contratto collettivo che sanzionava mediante il
licenziamento l’assenza dal lavoro per tre giorni, “il concetto di assenza in tanto può
avere un senso in quanto vi sia un obbligo, contrario, di presenza: invece, sarebbe
contraddittorio e privo di senso parlare di assenza dal lavoro in riferimento a giorni
festivi o comunque non lavorativi”.
Peraltro nessun argomento contrario è stato svolto dalla società convenuta nella propria
memoria di costituzione.
c)
quanto alla necessità, ai fini del perfezionamento della fattispecie sub n. 1, che l’assenza
ingiustificata si protragga per almeno quattro giorni
Alla luce del chiaro tenore letterale sia dell’art. 19 L. 203/2024 (“In caso di assenza
ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo
nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro”), sia dell’art. 238 co. 4 CCNL per i
dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi (“Salva ogni altra
azione legale, il provvedimento di cui al punto 5) (licenziamento disciplinare) si applica
esclusivamente per le seguenti mancanze: assenza ingiustificata oltre tre giorni nell’anno
solare”), affinché potessero configurarsi le dimissioni di per facta
concludentia in via presuntiva relativa ex lege, era necessario che ella rimanesse assente
dal lavoro per almeno quattro giorni.
Anche in proposito nessun argomento contrario è stato svolto dalla società convenuta
nella propria memoria di costituzione.
d)
conclusioni
Alla luce delle statuizioni che precedono si deve concludere che al momento della
comunicazione al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Trento, mediante pec del
13 gennaio 2025, alle ore 17:45 (doc. 7 fasc. conv.), non si era perfezionata la fattispecie
ex art. 19 L. 203/2024, essendosi realizzato un solo giorno di assenza non giustificata che
fosse utile a quel fine.
Non rilevano le condotte tenute dalla lavoratrice successivamente all’invio, da parte della
società datrice, della comunicazione al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di
Trento e menzionate dalla parte convenuta a pag. 10-11 della memoria di costituzione.
Infatti l’art. 19 L. 203/2024 prevede, quale elemento costitutivo della fattispecie ivi
delineata, l’anteriorità delle condotte di assenza ingiustificata rispetto alla comunicazione
alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
2. in ordine al rimedio spettante alla ricorrente avverso la cessazione del rapporto di
lavoro subordinato intervenuta dopo la comunicazione effettuata dalla società
datrice al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Trento in data 13.1.2025
Si pone ora la questione circa l’individuazione del rimedio di cui la ricorrente dispone
avverso la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, che è intervenuta
successivamente alla comunicazione effettuata dalla società datrice al Servizio Lavoro
della Provincia Autonoma di Trento in data 13.1.2025
a)
La società convenuta sostiene (pag. 12-13 della memoria di costituzione) che alla
ricorrente “spetterebbe semmai la sola tutela di diritto comune rappresentata dalla ricostituzione
del rapporto di lavoro, non anche le tutele previste per le ipotesi di licenziamento nullo e/o
illegittimo” in quanto “nel caso di specie… non è stato adottato alcun presunto licenziamento a
cui, in astratto, conseguirebbero le tutele previste dal d.lgs. n. 23/2015, bensì è stata comunicata la
cessazione del rapporto ai sensi dell’art. 26, comma 7 bis, del d.lgs. n. 151/2015 la quale, anche a
fronte delle circostanze concrete che hanno caratterizzato il rapporto de quo (l’assenza
ingiustificata, prolungata e continuativa della ricorrente), non postula affatto una presunta volontà
della datrice di lavoro di estromettere unilateralmente la lavoratrice dal rapporto stesso, bensì una
mera presa d’atto circa l’evidente volontà della ricorrente di non rientrare in servizio presso la sede
di Cles”.
Questi assunti non sono condivisibili.
Infatti trascurano la circostanza che, a fronte della volontà, espressa dalla lavoratrice con
lettera del 3.2.2025 (doc. 5 fasc. ric.), di rimanere a “disposizione per la ripresa
dell’attività lavorativa”, la società datrice ha rifiutato di ricevere la prestazione lavorativa
offerta da.
E’ vero che, con lettera del 17.2.2025 (doc. 7 fasc. ric.), la società datrice ha giustificato
quel rifiuto, adducendo che “la cessazione del rapporto di lavoro tra
Società Cooperativa e la sig.ra non è avvenuta per effetto di un licenziamento ma
a seguito dell’invio da parte della società datrice di lavoro della comunicazione di cui all’art. 26,
comma 7-bis, D. Lgs. 151/2015 così come inserito dall’art. 19 Legge 203/2024, a seguito di
assenza ingiustificata della lavoratrice protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL applicato. A
seguito della comunicazione fatta al Servizio Lavoro di Trento, quindi, il rapporto di lavoro, come
prevede la norma di legge sopra citata, si intende risolto per volontà della lavoratrice”.
Tuttavia, una volta accertato che non si è perfezionata la fattispecie comportante le
dimissioni per facta concludentia in via presuntiva relativa ex lege, non è configurabile
alcuna valida presa d’atto, da parte della datrice, della volontà di dimettersi da parte della
lavoratrice.
Quindi, contrariamente a quanto sostiene la società convenuta, la ricorrente non era
legittimata a esercitare un’“azione di annullamento delle dimissioni” in funzione della
“ricostituzione del rapporto di lavoro”, stante l’insussistenza di quelle dimissioni, atteso che
ella non le ha rassegnate, né nelle modalità telematiche prescritte a pena di inefficacia
dall’art. 26 co. 1 d.lgs. 151/2015, né per facta concludentia quale effetto del
perfezionamento della fattispecie ex art. 19 L. 203/204 che, come statuito sub 1., qui non
si è perfezionata.
b)
In difetto delle dimissioni da parte della lavoratrice, rimane soltanto il fatto della
cessazione del rapporto avvenuta per volontà della società datrice, vale a dire
dell’estromissione della prestatrice dal suo posto di lavoro, quale emerge dal rifiuto di
accettare le prestazioni offerte da quest’ultima.
La vicenda in esame è, quindi, sussumibile in una fattispecie di licenziamento.
Rimane, però, da stabilire se la volontà della società datrice di estromettere la lavoratrice
convenuta si sia espressa in forma scritta, di talché il licenziamento sarebbe illegittimo
per mancato esperimento del procedimento disciplinare (essendo incontestata la
mancanza della contestazione di addebiti e dell’assegnazione del termine a difesa).
In caso contrario si dovrebbe inevitabilmente concludere che il rapporto di lavoro
subordinato intercorrente tra le parti è cessato per effetto di un licenziamento orale.
Parte convenuta evidenzia (pag. 15 della memoria di costituzione) che la comunicazione
del 13.1.2025 è “stata trasmessa anche alla lavoratrice in ragione della perdurante e continuativa
assenza ingiustificata della stessa”; ne desume che “detta comunicazione, semmai, postulerebbe
quindi, non un licenziamento orale, bensì, considerata la pacifica sussistenza di un’assenza
ingiustificata protrattasi oltre il massimo consentito dal CCNL di categoria, un licenziamento
disciplinare per assenza ingiustificata, non preceduta dalla contestazione disciplinare”.
L’assunto non può essere condiviso.
E’ palese, alla luce del suo tenore letterale, che la comunicazione del 13.1.2025 non
contiene alcuna dichiarazione della società datrice volta a esprimere la propria volontà di
far cessare il rapporto di lavoro subordinato intercorrente con .
Peraltro è la stessa parte convenuta, come si è già ricordato, ad affermare (pag. 12-13)
che: “Nel caso di specie, infatti, non è stato adottato alcun presunto licenziamento a cui, in
astratto, conseguirebbero le tutele previste dal d.lgs. n. 23/2015, bensì è stata comunicata la
cessazione del rapporto ai sensi dell’art. 26, comma 7 bis, del d.lgs. n. 151/2015 la quale, anche a
fronte delle circostanze concrete che hanno caratterizzato il rapporto de quo (l’assenza
ingiustificata, prolungata e continuativa della ricorrente), non postula affatto una presunta volontà
della datrice di lavoro di estromettere unilateralmente la lavoratrice dal rapporto stesso, bensì una
mera presa d’atto circa l’evidente volontà della ricorrente di non rientrare in servizio presso la sede
di Cles”.
A ben vedere, la volontà di estromettere la lavoratrice dal suo posto di lavoro è stata
manifestata dalla società datrice allorquando ha rifiutato di ricevere la prestazione
lavorativa che le ha offerto con la lettera del 3.2.2025 inviata
mediante pec del 7.2.2025.
Quindi deve ritenersi accertato che il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra
e la società società cooperativa è
cessato in data 7.2.2025 per effetto del licenziamento intimato dalla società datrice per
facta concludentia ossia mediante il rifiuto di ricevere la prestazione che la lavoratrice le
aveva offerto con lettera del 3.2.2025 inviata alla suddetta data.
In ordine alla tutela spettante al ricorrente trova qui applicazione l’art. 2 co. 1 e 2 d.lgs.
23/2015
Ne deriva che:
1)
alla società società cooperativa va ordinato di reintegrare
nel posto di lavoro da lei occupato presso l’azienda di
società cooperativa all’epoca del licenziamento (dando atto
che con lettera dell’8.5.2025 sub doc. 12 fasc. conv. la ricorrente ha esercitato la facoltà
ex art. 2 co. 3 d.lgs. 23/2015);
2)
la società società cooperativa va condannata a
corrispondere, in favore della stessa ricorrente, un’indennità risarcitoria commisurata a
cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di
fine rapporto (indicata dal ricorrente in € 1.186,59 a pag. 40, nota 54 del suo atto
introduttivo, senza che parte convenuta abbia sollevato contestazioni), essendo minore di
cinque mesi il periodo intercorrente tra il 7.2.2025, data in cui si è manifestata la volontà
di licenziare la ricorrente, e il 6.5.2025, giorno successivo a quello in cui la società
datrice ha comunicato il ripristino del rapporto di lavoro con effetto ex tunc (lettera del
30.4.2025 sub doc. 11 fasc.ric.);
tale somma risultante va maggiorata ex art. 429 co. 3 cod.proc.civ. (con gli interessi
legali dovuti sul capitale via via rivalutato ogni fine anno secondo quanto stabilito in
Cass. S.U. 29.1.2001, n. 38), norma “risuscitata” dalla dichiarazione di illegittimità
costituzione dell’art. 22 co. 36 L. 23.12.1994, n. 724 ad opera di Corte Cost. 2.11.2000, n.
459;
3)
la società società cooperativa va, altresì, condannata al
versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a
quello della effettiva reintegrazione, previa detrazione di quelli già accreditati in virtù di
eventuale altra occupazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza
applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione.
Le spese, come liquidate in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.
P.Q.M.
Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del
giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:
1. Accerta che il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra e la
società
società cooperativa è cessato in data 7.2.2025
per effetto del licenziamento intimato dalla società datrice per facta concludentia
ossia mediante il rifiuto di ricevere la prestazione che la lavoratrice le aveva offerto
con lettera del 3.2.2025 inviata alla suddetta data.
2. Ordina alla società convenuta ‘ società cooperativa di
reintegrare nel posto di lavoro da lei occupato presso l’azienda
all’epoca del licenziamento (dando atto che con lettera dell’8.5.2025 la ricorrente ha
esercitato la facoltà ex art. 2 co. 3 d.lgs. 23/2015).
3. Condanna la società convenuta ‘ società cooperativa a
corrispondere, in favore della ricorrente, un’indennità
risarcitoria commisurata a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per
il calcolo del trattamento di fine rapporto, pari a € 1.186,59, con il maggior danno da
svalutazione liquidato sulla base della variazione percentuale degli indici ISTAT,
intervenuta dalle date di maturazione del credito fino ad oggi, e con gli interessi
legali computati sulla somma così rivalutata e decorrenti dallo stesso termine a quo
fino al saldo.
4. Condanna la società convenuta società cooperativa al
versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento
fino a quello della effettiva reintegrazione, previa detrazione di quelli già accreditati
in virtù di eventuale altra occupazione, maggiorati degli interessi nella misura legale
senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione.
5. Condanna la società convenuta alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di
giudizio, liquidate nella somma complessiva di € 3.500,00, maggiorata del 15% per
spese forfettarie ex art. 2 co. 2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA, CNPA.
Trento, 5 giugno 2025
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE
dott. Andrea Tabarelli dott. Giorgio Flaim
Sentenza n. 87/2025 pubbl. il 05/06/2025
RG n. 116/2025