Reddito di cittadinanza: i 10 anni di residenza possono essere anche non continuativi

Tribunale di Rovereto Sentenza   15/12/2022 n. 93 Giudice Dr. Michele Cuccaro
Sentenza in sintesi:
Il Tribunale di Rovereto ha annulla il provvedimento di revoca del reddito di cittadinanza emesso dall’Inps nei confronti della ricorrente. Il requisito di residenza decennale previsto dall’art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 4/2019 (convertito con L. 26/2019) può essere soddisfatto anche sommando periodi non continuativi.
testo della sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROVERETO

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa con ricorso depositato il8/9/2022 sub RG 178/2022 da:

XXX rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Guarini (c.f. GRNGNN79A23G916O) del foro di Rovereto giusta procura allegata al ricorso

RICORRENTE

contro

I.N.P.S., rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo de Pompeis (c.f. DPMCLC58E12G482I) e Marta Odorizzi (c.f. DRZMRT65B63C794A) come da procura generale alle liti dd. 21.7.2015 Rep. n. 80974 notaio Paolo Castellini in Roma

CONVENUTO

In punto: Revoca reddito di cittadinanza

CONCLUSIONI

Ricorrente: “Voglia il Tribunale, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione,

1. In via principale: accertare e dichiarare l’illegittimità e annullare il provvedimento di revoca del reddito di cittadinanza emesso dall’Inps nei confronti della ricorrente XXX  con la seguente motivazione “mancanza del requisito di residenza e cittadinanza (art. 2, c. 1, a), 1), 2) L. 26/2019). non rispetta i requisiti di cittadinanza e non ha risieduto in Italia per almeno dieci anni” e della richiesta di ripetizione di indebito delle prestazioni percepite, in quanto la ricorrente risulta in possesso di tutti i presupposti previsti dalla fattispecie normativa ai fini dell’insorgenza del diritto a percepire il reddito di cittadinanza, e conseguentemente accertare e dichiarare il diritto della ricorrente a percepire le prestazioni dalla data di presentazione della domanda ai successivi 18 mesi come previsto dalla legge;

2. In via subordinata: disapplicare l’art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 4/2019 (convertito con L. 26/2019) nella parte in cui prevede quale presupposto per l’accesso al benefici del reddito di cittadinanza per i cittadini di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, la residenza in Italia “per almeno 10 anni”, dando applicazione diretta all’art. 11, par. 1, lett. d) direttiva 2003/109 e conseguentemente accertare e dichiarare l’illegittimità del provvedimento di revoca del reddito di cittadinanza emesso dall’Inps nei confronti della ricorrente XXX della richiesta di ripetizione di indebito delle prestazioni percepite, accertando e dichiarando il diritto della ricorrente a percepire le prestazioni di reddito di cittadinanza dalla data di presentazione della domanda ai successivi 18 mesi come previsto dalla legge;

3. In via di ulteriore subordine: sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 4/2019 (convertito con L. 26/2019) nella parte in cui esclude dalla prestazione del reddito di cittadinanza coloro che non hanno maturato 10 anni di residenza nel territorio dello Stato per contrasto con gli artt. 3, 11 e 117 co. 1 Cost. (questi ultimi in relazione all’art. 11, par. 1, lett. d) direttiva 2003/109 e all’art. 34 CDFUE).

4. Condannare l’INPS al pagamento delle spese di lite, comprese le competenze e gli onorari pari ad €8.554,00 (oltre IVA, CPA e maggiorazione forfettaria) da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore intestatario”

Convenuto “Voglia l’On.le Tribunale adito, allo stato respingere l’avverso ricorso per carenza del requisito della residenza continuativa decennale in Italia il cui onere di prova resta a carico dell’istante.

In via subordinata, respingere la pretesa di ripristino del beneficio dalla data della revoca non essendo stata inoltrata la successiva necessaria e specifica domanda amministrativa”

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 8/9/2022 XXX impugnava il provvedimento dell’INPS che aveva disposto la revoca del beneficio del reddito di cittadinanza con conseguente addebito e richiesta di restituzione di quanto percepito a tale titolo dall’ottobre 2020 al novembre 2021.

A sostegno della sua pretesa evidenziava come il provvedimento di revoca fosse del tutto illegittimo posto che ella aveva risieduto “per sommatoria” in Italia per dieci anni e continuativamente negli ultimi due anni.

In subordine eccepiva come il requisito della residenza decennale fosse incompatibile col diritto dell’Unione Europea e, come tale, da disapplicarsi.

In ulteriore subordine chiedeva sollevarsi questione di costituzionalità stante l’illegittimità del citato requisito della residenza decennale.

Nel costituirsi in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso l'I.N.P.S. evidenziava come la revoca del reddito di cittadinanza fosse scaturito dalla comunicazione da parte del Comune di Rovereto della non continuità di residenza in Italia nell’ultimo decennio; osservava come non potesse comunque accedersi alla pretesa attorea di ripristinare il beneficio oltre i diciotto mesi in assenza di apposita domanda; eccepiva l’irrilevanza e, comunque, l’infondatezza delle domande subordinate formulate ex adverso.

In sede di prima udienza il ricorrente aderiva alla specificazione dell’Istituto circa la delimitazione temporale della domanda, giacchè il ripristino dell’erogazione del reddito non poteva eccedere i diciotto mesi e riduceva la sua domanda principale in conformità.

All’udienza odierna, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente e veniva contestualmente depositata la presente ordinanza.

***

La domanda formulata in via principale va accolta.

La ricorrente ha tutti i requisiti per percepire il reddito di cittadinanza e la revoca di esso è stata frutto di un errore nelle verifiche del Comune di

Il requisito di residenza decennale previsto dall’art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 4/2019 (convertito con L. 26/2019) può essere soddisfatto anche sommando periodi non continuativi.

Ciò risulta dalla stessa lettera della norma, che si limita a disporre che chi chiede il beneficio, al momento della domanda, risulti continuativamente residente in Italia da almeno due anni: «il componente richiedente il beneficio dev’essere […] residente in Italia per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, in modo continuativo».

Questa interpretazione è stata confermata da un’apposita nota del Ministero del Lavoro (n. 9227 del 25 ottobre 2019, doc. 17 ricorrente) e da una recente pronuncia, in un caso analogo, del Tribunale di Torino dd. 25.3.2022.

Anche aderendo alla tesi opposta, e ritenendo necessari dieci anni di residenza senza interruzioni al momento della domanda, il risultato non muterebbe.

La ricorrente ha, invero, allegato prove convincenti (contratti di lavoro per attività da essa prestata sul suolo nazionale e versamento dei relativi contributi previdenziali, sub docc. 13-14-15) della sua permanenza in Italia anche tra il 24.5.2016 e il 25.9.2017, unico periodo, a partire dal 16.10.2007, in cui non risultava anagraficamente residente in un comune italiano.

Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, ciò che rileva ai fini della soddisfazione di determinati requisiti di residenza per l’erogazione di benefici socio-assistenziali è, infatti, l’effettiva presenza in Italia, della quale può essere fornita dimostrazione anche in mancanza di residenza anagrafica (per un recente precedente specifico in materia di reddito di cittadinanza v. Trib. Torino 14.07.2022).

In definitiva, in accoglimento del ricorso va disposto l’annullamento del provvedimento di revoca del reddito di cittadinanza qui impugnato e va affermato il diritto della ricorrente a percepire le relative prestazioni dalla data di presentazione della domanda ai successivi diciotto mesi.

Le spese, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente pronunciando, uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede:

1) annulla il provvedimento di revoca del reddito di cittadinanza emesso dall’Inps nei confronti della ricorrente XXX e della richiesta di ripetizione di indebito delle prestazioni percepite, in quanto la ricorrente risulta in possesso di tutti i presupposti previsti dalla fattispecie normativa ai fini dell’insorgenza del diritto a percepire il reddito di cittadinanza, e conseguentemente accerta e dichiara il diritto della stessa a percepire le prestazioni dalla data di presentazione della domanda ai successivi diciotto mesi;

2) condanna il convenuto al pagamento in favore della ricorrente - e, per essa, del difensore antistatario - delle spese del giudizio, che liquida in € 2.000, oltre I.V.A., C.N.P.A. e 15%.

Così deciso in Rovereto il 15 dicembre 2022

Il Giudice

- dott. Michele Cuccaro -

Scarica Sentenza