Tribunale Ordinario di Trento
Protezione & immigrazione
N. R.G. 1264/2025
Il Tribunale, in persona dei magistrati:
Laura Di Bernardi Presidente rel.
Massimo Rigon Giudice
Enrica Poli Giudice
all’esito dell’udienza del 16-07-2025 ha emesso la seguente
ORDINANZA
nel procedimento di reclamo, iscritto al n. R.G. 1264/2025 - avente ad oggetto il provvedimento del 13 maggio 2025, n. 560/2025, emesso nell’ambito del giudizio R.G. n. 704/2025-1, con il quale è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per cure mediche ex art. 19, comma 2, TUI reso dal Questore di Trento il 26.02.2025, e, per l’effetto, è stato revocato il decreto del 26.03.2025 emesso inaudita altera parte - instaurato
da
G.A. nato in Tunisia dimorante in Trento rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Guarini del Foro di Rovereto (GRNGNN79A23G916O; PEC giovanni.guarini@pec.it), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Rovereto TN, Piazza Damiano Chiesa, 16, giusta procura a margine del ricorso di primo grado sub RG n. 704/2025-1;
- parte ricorrente
contro
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato ex lege dall’ Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento, domiciliata in Trento, Largo Porta Nuova n. 9;
- parte resistente
Oggetto: reclamo ex art. 669-terdecies, c.p.c. avente ad oggetto il provvedimento del 13 maggio 2025, n. 560/2025, emesso nell’ambito del giudizio R.G. n. 704/2025-1, con il quale è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per cure mediche ex art. 19, comma 2, TUI reso dal Questore di Trento il 26.02.2025, e, per l’effetto, è stato revocato il decreto del 26.03.2025 emesso inaudita altera parte.
Conclusioni di parte ricorrente: “che il Tribunale adito voglia revocare Decreto di rigetto n. cronol. 560/2025 del 14/05/2025 RG n. 704/2025 -1 Giudice Dr. Sieff) con la quale è stato negato il provvedimento cautelare, sospendendo l’esecuzione del provvedimento impugnato e degli atti connessi, presupposti e consequenziali. Con vittoria di spese e compensi e distrazione a favore del difensore patrono antistatario”.
Conclusioni di parte resistente: “respingere le domande di controparte in quanto inammissibili e comunque infondate, con vittoria di spese e competenze.”
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
Con ricorso per reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., depositato il 28/05/2025, il ricorrente, cittadino tunisino, affermava:
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di avere convenuto in giudizio il Ministero dell’Interno chiedendo l’accertamento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche art. 19 co. 2, lett. d-bis), D.lgs. n. 286/1998, il cui riconoscimento era stato negato con il provvedimento dd. 26/02/2025 della Questura di Trento, nonché chiedendo, in via d’urgenza, l’autorizzazione a rimanere nel territorio dello Stato, stante il fatto che la propria patologia grave (angina da sforzo in cardiopatia ischemica cronica) non risultava adeguatamente curabile nel Paese di origine – elemento attestato sia dal medico di base, sia dal cardiologo dell’Azienda Sanitaria, sia dalle fonti depositate riguardanti la situazione sanitaria della Tunisia – così giustificando la sussistenza del periculum, dato che il pregiudizio alla salute integra il requisito richiesto per l’adozione di un provvedimento di urgenza;
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che, con decreto del 26/03/2025, Il Tribunale di Trento sospendeva inaudita altera parte l’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per cure mediche e che, con successivo provvedimento del 14/05/2025, il predetto Tribunale revocava il rimedio già concesso;
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che, sul punto, il Ministero dell’Interno, costituitosi mediante l’Avvocatura dello Stato in data 13/06/2025, sosteneva la legittimità del diniego in ragione della circostanza (poi ritenuta decisiva al fine della impugnata decisione di rigetto) per cui il personale medico, che in precedenza aveva redatto i referti medici recanti la diagnosi di cui sopra, aveva in seguito affermato, via mail, che le cure di cui necessitava il ricorrente si sarebbero potute adeguatamente effettuare nel Paese di origine.
Avverso il provvedimento emesso in sede cautelare, l’odierno ricorrente proponeva, dunque, reclamo, rappresentando anzitutto che, in base alla documentazione prodotta, risultava fondata la propria domanda, considerato che “il referto di una struttura ospedaliera pubblica è atto pubblico assistito da fede privilegiata e fa piena prova sino a querela di falso della provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato, delle dichiarazioni rese al medesimo e degli altri fatti compiuti o attestati avvenuti in sua presenza” e che tale certificato riportava la inadeguatezza del sistema sanitario tunisino in relazione alla terapia della patologia di cui il medesimo era ed è affetto; a conferma, aggiungeva la sussistenza di fonti certificate, quali rapporto di ricerca COI aggiornato a maggio 2024. Con la ragione appena enunciata, la difesa riteneva, dunque, sussistente il fumus boni iuris. In ordine, invece, al requisito del periculum in mora, la difesa palesava il rischio di un danno grave e irreparabile alla salute del ricorrente, in caso di rimpatrio dello stesso a motivo del diniego della tutela cautelare.
Con comparsa di costituzione di data 15-07-2025, si costituiva l’amministrazione resistente la quale eccepiva, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse posta l’imminenza dell’udienza di merito, allo stato fissata (dopo l’istanza di concessione di un termine per il deposito delle note conclusive avanzata dalla difesa) per il 24-09-2025; l’inammissibilità del ricorso stante il contenuto meramente negativo del provvedimento di rigetto della PA e la conseguente inutilità della sospensione poiché inidonea a porre l’interessato nella posizione giuridica desiderata, ossia quella della ricezione di un permesso di soggiorno, anche in mancanza di una esplicita richiesta, in sede di reclamo, dell’accertamento del proprio diritto. Nel merito rilevava l’infondatezza del ricorso, evidenziando che l’Amministrazione dell’Interno, in materia di immigrazione, può adottare soltanto provvedimenti e atti in conformità ai principi di tipicità e nominatività, che sono previsti espressamente dal Decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e dal regolamento di attuazione, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999 n. 394; che, nel caso di specie, il livello minimo di tutela della salute del ricorrente era stato ampiamente assicurato (come da documentazione agli atti) attraverso la garanzia della erogazione delle cure urgenti ed essenziali.
All’udienza del 16 luglio 2025, le parti insistevano nelle proprie richieste e difese. Il Giudice relatore si riservava di riferire al Collegio.
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Orbene, ciò posto in punto di fatto, si svolgono ora le seguenti considerazioni in diritto.
Si evidenzia, in via preliminare, l’infondatezza dell’eccezione di carenza di interesse, sollevata dall’amministrazione resistente, per essere, a breve, stata fissata udienza di merito, tenuto conto della particolare natura degli interessi oggetto di tutela, nonché dell’intrinseca celerità del presente procedimento che richiede, pertanto, una definizione il più possibile rapida, diversamente dai tempi ordinari previsti per la definizione del giudizio di merito.
In ordine, poi, alla seconda eccezione sollevata, si rileva che la concessione della tutela cautelare sospensiva del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno è funzionale ad evitare l’immediata espulsione del ricorrente nel proprio paese di origine che conseguirebbe dall’esecuzione del predetto provvedimento. La tutela cautelare presuppone, inoltre, l’accertamento del fumus del diritto invocato, in ordine al quale può ritenersi, anche in tale sede, avanzata apposita richiesta, essendo tale domanda stata espressamente formalizzata nel giudizio principale e dovendosi, al contempo, la domanda cautelare considerare come ancillare rispetto al giudizio di merito.
Passando all’esame del merito, si dà atto che l’art. 19, co. 2, lett. d-bis), D.lgs. n. 286/1998 dispone che “Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti: degli stranieri che versano in condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di cui al periodo precedente debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale”.
Sul punto premessa, dunque, la tipicità del rimedio invocato dal ricorrente, stante il contenuto della superiore norma, si precisa che la garanzia del diritto alla salute dello straniero che si trovi sul territorio nazionale ne impedisce l’espulsione laddove, dall’immediata esecuzione di tale provvedimento, derivi un irreparabile pregiudizio alla salute del medesimo; infatti, la garanzia al diritto alla salute non si intende come comprensiva delle sole prestazioni di pronto soccorso e medicina di urgenza, ma anche di tutte le altre prestazioni essenziali per la vita. Ne deriva, pertanto, che, in caso di straniero bisognoso di terapie farmacologiche, anche di lungo periodo, non adeguatamente erogabili nel Paese di origine, le stesse debbano effettuarsi presso il sistema sanitario nazionale, con la conseguente impossibilità di provvedere all’espulsione del predetto. In particolare, le cure si reputano essenziali, anche se si tratti di semplici somministrazioni di farmaci, se dette cure sono “necessarie a eliminare rischi per la vita o il verificarsi di maggiori danni alla salute, in relazione all'indisponibilità dei farmaci nel Paese verso il quale lo straniero dovrebbe essere espulso” (cfr. Cass., sent. n. 14500/2013; in senso conforme, si veda anche Cass., sent. n. 7615/2011).
Tale interpretazione circa il significato di cure essenziali è, peraltro, confermata nella circolare del Ministero della salute, di data 24/03/2000, n. 5, nella quale si specifica che “per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti)”.
Ancora, gli artt. 19, par. 2 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, nonché l’art. 14, par. 1, lett. b) della Direttiva 2008/115/CE (in punto di possibilità di rimpatrio del cittadino straniero) “ostano ad una normativa nazionale che non preveda, in caso di ricorso avverso il provvedimento di espulsione, l’effetto sospensivo dello stesso quando sia rivolto al cittadino di un paese terzo affetto da una grave malattia, e quando l’esecuzione di tale decisione potrebbe esporre tale individuo al serio rischio di deterioramento grave ed irreversibile delle sue condizioni di salute”, con la conseguenza di imporre “allo Stato membro la presa in carico, per quanto possibile, delle necessità primarie di detto cittadino di paese terzo, al fine di garantire che le prestazioni sanitarie d’urgenza ed il trattamento essenziale delle malattie possano effettivamente essere fornite” (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, C-562/13).
Ciò posto, si rappresenta che, nel caso di specie, il ricorrente è affetto, come accertato tramite certificati medici rilasciati, dal dott. XXX, in data 22-05-2024, e, dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, a firma della dott.ssa XXX, in data 11/03/2025, da “Angina da sforzo in cardiopatia ischemica post infartuale”, con la precisazione che si tratta di “patologia di particolare gravità non adeguatamente curabile nel paese di origine”.
Al ricorrente è stata, inoltre, prescritta una terapia farmacologica – già avviata dallo stesso – che prevede l’assunzione di: pantoprezolo 20 mg, peridopril/amiodipina 5/5 mg, rosuvastatina/ezetimibe 10/10 mg (doc. 5, allegato al ricorso), e, sebbene la patologia di cui quest’ultimo soffre necessiti di cure di lungo periodo, non già di trattamenti sempre emergenziali e immediati, deve comunque reputarsi che i farmaci che il predetto deve assumere siano qualificabili come cure mediche essenziali (ai sensi delle precitate norme), tenuto conto degli episodi di dolore e crisi respiratoria improvvisi che la patologia può generare.
Tutto ciò illustrato, si dà atto che, via e-mail, la dott.ssa XXX ha dichiarato di avere, nel proprio referto, semplicemente riportato quanto letto sul referto del dott. XXX, osservando che “la patologia di cui è affetto il paziente è curabile anche nel suo paese di origine” (doc. 11, allegato alla comparsa di costituzione e di risposta di parte resistente in RG 704/2025) e, a sua volta, il dott. XXX ha rappresentato, con email del 17-04-2025, di avere considerato inadeguato il sistema tunisino sulla scorta delle stesse dichiarazioni del paziente. Nello stesso senso, l’Ambasciata d’Italia in Tunisia, tramite proprio referente medico, ha dichiarato, in data 09/08/2024, che le strutture sanitarie tunisine sono adatte a curare la patologia del Sig. G..
Ferma restando la gravità della patologia di cui soffre il ricorrente, si rende, pertanto, necessario comprendere le concrete condizioni in cui versa il Sistema sanitario tunisino, che – come da report COI e del Ministero degli Esteri sotto riportati – non appare idoneo a fornire cure mediche specialistiche continuative ai propri cittadini.
Segnatamente, in Tunisia, l’assistenza sanitaria non risulta essere sempre garantita; in particolare, dal rapporto COI (aggiornato a maggio 2024), emerge che le spese sanitarie sono in buona parte a carico dei pazienti (circa 36,6-45% della spesa sanitaria totale), che sussistono carenze nella distribuzione territoriale di professionisti sanitari, che vi sono problemi di coordinamento tra cure primarie e livelli superiori (e specialistici) di assistenza. A ciò si aggiunge che (come da relazione del Ministero degli Esteri di data 05/03/2025) “gli ospedali pubblici, diffusamente presenti sul territorio nazionale, sono piuttosto affollati e sovente poco attrezzati per far fronte ad emergenze importanti”, avendo “un numero di posti letto insufficiente (…), attrezzature inadeguate e una carenza di 14.000 medici qualificati”.
Conseguentemente può ritenersi che, sebbene l’ambasciata – per altro via mail e senza altro tipo di ufficialità – abbia inoltrato il parere del proprio medico di fiducia in cui è stata riportata la seguente valutazione “LE STRUTTURE SANITARE TUNISINI SONO ADDATE A CURARE IL CARDIOPATIA ISCHEMICA CHE PRESENTA IL SIGNOR G.”, dalle fonti ufficiali sopra indicate, emerge che, nonostante la patologia, dalla quale il ricorrente è affetto, sia astrattamente curabile nel suo paese di origine, tuttavia, in concreto, il sistema sanitario tunisino - per le carenze organizzative ed assistenziali che presenta - non risulta a ciò idoneo; e tanto anche in relazione alla stessa gravità della patologia del ricorrente e alle cure assistenziali/sanitarie di cui il medesimo necessita.
Si precisa, ancora, che il valore attribuibile al contenuto della precitata mail, nonché a quelle del dott. XXX e della dott.ssa XXX, per altro inviate in epoca posteriore rispetto al rilascio dei suddetti certificati (attestanti la sussistenza di “patologia di particolare gravità non adeguatamente curabile nel paese di origine”), nel primo caso addirittura a distanza di quasi un anno, su richiesta di indirizzo mail attribuibile al Ministero dell’Interno, non è, in ogni caso, equiparabile a quello del certificato medico della APSS, di cui si è dato atto, che è assistito dalla pubblica fede in ordine alla provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni rese al medesimo e agli altri fatti compiuti o attestati avvenuti in sua presenza. Sul punto si rileva, in particolare, che il Ministero dell’Interno avrebbe dovuto produrre altra idonea documentazione (e non già una mera mail di risposta ad una richiesta, per altro neppure presente agli atti, avanzata dallo stesso Ministero nei confronti dei predetti medici), comprovante l’adeguatezza del sistema sanitario tunisino - anche a confutazione della precedente valutazione medica - rispetto alle specifiche condizioni di salute del reclamante.
Deve, infine, puntualizzarsi che gli spostamenti effettuati dal ricorrente, ovvero la possibilità per quest’ultimo di viaggiare, non sviliscono la gravità della sua patologia né incidono sulla necessità del predetto di ricevere cure essenziali come sopra argomentato. In ogni caso va considerato che, con riguardo al pregiudizio possibilmente derivante al ricorrente al proprio diritto alla salute in caso di rimpatrio nel Paese di origine, la valutazione deve svolgersi tenuto conto delle conseguenze di un rimpatrio di natura definitiva e permanente e non già alla luce di un rientro momentaneo nel Paese di provenienza.
Tutto ciò motivato, vista, pertanto, la patologia dalla quale risulta essere affetto il ricorrente (angina da sforzo in cardiopatia ischemica cronica), supportata da adeguata documentazione medica, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica, in cui se ne attesta la particolare gravità; visto che la stessa, sebbene astrattamente curabile nel Paese di origine, non lo sia in concreto a motivo delle condizioni in cui versa il sistema sanitario tunisino; rilevato il pregiudizio che la predetta patologia può generare alla salute del ricorrente in caso di rimpatrio permanente in Tunisia, il reclamo, presentato dall’odierno ricorrente, risulta fondato e deve, quindi, essere accolto.
Per quanto attiene, infine, alle spese di lite, si rimanda alla fase di merito ogni regolamentazione in ordine alle stesse.
P.Q.M.
Accoglie il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., depositato in data 28/05/2025, e, per l’effetto, sospende in via provvisoria l’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per cure mediche art. 19 co. 2, lett. d-bis) D.lgs. 286/1998;
Manda alla fase di merito la regolamentazione delle spese di lite.
Si comunichi.
Così deciso in Trento nella camera di consiglio del 16 luglio 2025
Il Presidente relatore
Dott.ssa Laura Di Bernardi