Decadenza Naspi e contratto di lavoro intermittente

Tribunale di Trento Sezione Lavoro Sentenza 20/7/2021 n. 63 Giudice Dr. Giorgio Flaim
Sentenza in sintesi:
Al fine della decadenza dalla fruizione dell'indennità Naspi per il caso di rioccupazione per più di sei mesi si afferma che nel caso di contratto di lavoro intermittente senza indennità di disponibilità l’indennità di disoccupazione Naspi resta sospesa per le sole giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra. Di conseguenza se il contratto intermittente ha durata superiore ai sei mesi ma le giornate di effettivo lavoro sono di durata inferiore, non sussiste motivo di decadenza.
testo della sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

sezione lavoro

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato

dott. Giorgio Flaim pronunzia la seguente

S E N T E N Z A

nella causa per controversia in materia di previdenza ed assistenza promossa con

ricorso depositato in data 30.4.2021

d a

XXX

rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Guarini pec giovanni.guarini@pec.it

ricorrente

c o n t r o

I.N.P.S.

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo

De Pompeis e dall’avv. Marta Odorizzi, ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio

legale della Sede provinciale di Trento dell’I.N.P.S., in Trento, via delle Orfane, 8,

pec avv.carlo.depompeis@postacert.inps.gov.it

convenuto

CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE

“In via principale:

accertare e dichiarare l’illegittimità del provvedimento di decadenza dell’Inps rispetto

al riconoscimento del beneficio Naspi nell’anno 2019 dell’importo pari ad € 7197,10 e

dichiarare il diritto della ricorrente di ricevere l’indennità Naspi fino al termine del

periodo indennizzabile pari a 339 giorni di NASpI a decorrere dal 05/04/2021 o per il

maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice;

accertare di conseguenza l'insussistenza del diritto dell'INPS a ripetere la complessiva

somma lorda di € 7197,10 erogata nel 2019 con riferimento alla Naspi o la maggiore o

minore somma o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice;

condannare l’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE a pagare alla

ricorrente l’indennità NASpI fino al termine del periodo indennizzabile;

accertare e dichiarare il diritto della ricorrente di ricevere l’indennità di maternità dal

25/03/2020 al 25/08/2020 o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice

- Condannare l’I.N.P.S. a pagare alla ricorrente l’indennità di maternità dal

25/03/2020 al 25/08/2020 o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo.

In via di subordine:

accertare e dichiarare l'insussistenza del diritto dell'INPS di ripetere la complessiva

somma lorda di € 7197,10 erogata nel 2019 con riferimento alla NASpI o la maggiore

o minore somma o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal giudice;

accertare e dichiarare il diritto della ricorrente di ricevere l’indennità Covid-19:

turismo e stabilimenti termali per i mesi di maggio e agosto 2020 pari a tot. € 2.000 o

per il maggiore o minore periodo o importo ritenuto equo dal giudice

Condannare l’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE a pagare alla

ricorrente l’indennità Covid-19: turismo e stabilimenti termali per i mesi di maggio e

agosto o per il maggiore o minore periodo ritenuto equo dal Giudice

Condannare l’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE in persona del

legale rappresentante pro tempore alla rifusione delle spese del presente giudizio ed

oneri di legge con aumento del 30% ex Decreto Ministero, Giustizia, 08/03/2018 n° 37

e distrazione a favore dello scrivente patrono antistatario”

CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA

“Voglia l’On.le Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa: NEL MERITO, dato

atto del riconoscimento in questa sede giudiziale del diritto all’indennità di maternità

per i 5 mesi di astensione obbligatoria, respingere la domanda principale avversa e per

l’effetto dichiarare legittimo il provvedimento di revoca dell’INPS dell’indennità

NASpI per il periodo di competenza dal 5 aprile 2019 in poi con conseguente

declaratoria del diritto dell’Istituto di ripetere quanto erogato a tale titolo previa

detrazione in compensazione dell’importo spettante alla ricorrente titolo di indennità

di maternità

IN VIA SUBORDINATA,

in ogni caso respingere la domanda volta alla percezione delle indennità Covid 19 che

controparte assume di non aver ricevuto in conseguenza dello stato di disoccupazione

poi revocato.

Il tutto con refusione da parte avversa delle spese e competenze processuali”

MOTIVAZIONE

le domanda proposte dalla ricorrente

La ricorrente XXX agisce:

A) in via principale

1)

per l’accertamento dell’illegittimità della determinazione con cui I.N.P.S. ha considerato

la ricorrente decaduta “nel corso dell’anno 2019 per contratto superiore ai sei mesi”

(mail del 16.20.2020 sub doc. 11 fasc.ric.),

conseguentemente

2)

per l’accertamento del diritto a conservare l’indennità NASpI già percepita dall’I.N.P.S.

in relazione al periodo 5.4.2019-24.3.2020 e al periodo 26.8.2020 al 515° giorno

decorrente dall’8.10.2018,

3)

per l’accertamento del diritto a percepire l’indennità di maternità obbligatoria in

relazione al periodo 25.3.-25.8.2020,

B) in via subordinata

1)

per l’accertamento dell’inesistenza del diritto dell’I.N.P.S. a ripetere la somma di €

7.197,00 indebitamente a lui versata a titolo di indennità NASpI relativamente al periodo

5.4.2019-31.7.2020, come da pretesa avanzata dall’Istituto con nota del 24.2.2021 (doc.

15 fasc. ric.),

2)

per l’accertamento del diritto a percepire le indennità Covid-19 turismo e stabilimenti

termali ex art. 85 co.6 D.L. 19.5.2020, n. 34 conv. in L. 17.7.2020, n. 77, in relazione al

maggio 2020, pari a € 1.000,00, ed ex art. 9 co.1 D.L. 14.8.2020, n. 104 conv. in L.

13.10.2020, n. 126, pari a € 1.000,00.

le ragioni della decisione

in ordine alle domande proposte in via principale

1)

Presenta carattere di priorità logico-giuridica la questione se la ricorrente XXX, una volta acquisito il diritto a percepire l’indennità NASpI per 515

giorni a decorrere dall’8.10.2018 (doc. 1 fasc. ric.), sia successivamente incorsa nella

decadenza da tale diritto.

- - -

In proposito l’I.N.P.S., pur ribadendo l’avvenuta decadenza, ha parzialmente mutato,

nelle more tra il procedimento amministrativo e il presente giudizio, la propria posizione

in ordine agli effetti che ne derivano:

i)

nel corso del procedimento amministrativo ha affermato (nella mail del 16.20.2020 sub

doc. 11 fasc.ric.) che “la naspi è decaduta nel corso dell’anno 2019 per contratto

superiore ai sei mesi”; di conseguenza ha ritenuto indebitamente versata e quindi

ripetibile la somma di € 7.197,00 afferente l’indennità NASpI relativa al 5.4.2019-

31.7.2020 (nota del 24.2.2021 sub doc. 15 fasc. ric.); inoltre ha negato la corresponsione

dell’indennità di maternità obbligatoria richiesta dalla ricorrente in relazione al periodo

25.3.-25.8.2020 in quanto, a suo dire, difettava il presupposto ex art. 24 co.4 d.lgs.

26.3.2001, n. 151 (“Qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta

giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del

periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennità di disoccupazione,

ha diritto all'indennità giornaliera di maternità anziché all'indennità ordinaria di

disoccupazione”), essendo la ricorrente, al momento dell’inizio del congedo di maternità,

disoccupata senza godere dell’indennità NASpI.

ii)

nel presente giudizio l’I.N.P.S.,

da un lato,

sostiene che la ricorrente è effettivamente incorsa (senza però specificare la data in cui

sarebbe avvenuto) nella decadenza ex art. 9 co. 1 e 2 d.lgs. 4.3.2015, n. 22 (“1. Il

lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di

lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da

imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto

di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso la prestazione è sospesa d'ufficio per

la durata del rapporto di lavoro… 2. Il lavoratore che durante il periodo in cui

percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale

sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione conserva il diritto alla

prestazione, ridotta nei termini di cui all'articolo 10, a condizione che comunichi

all'INPS entro trenta giorni dall’inizio dell'attività il reddito annuo previsto…”) dal

diritto di percepire l’indennità NASpI in quanto:

 il ricorrente ha instaurato in data 5.4.2019 un rapporto di lavoro intermittente (senza

corresponsione di indennità di disponibilità) nel corso del quale ha lavorato

complessivamente 26 giorni (14 in aprile 2019, 12 in maggio 2020), che “pertanto

coprono più di un mese intero di giorni lavorabili (dovendo escludere le domeniche e

i festivi)” (così a pag. 2 della memoria di costituzione) e successivamente, senza

soluzione di continuità, in data 1.6.2020, un rapporto di lavoro subordinato a tempo

determinato con termine finale al 31.8.2020, in seguito prorogato al 3.11.2019, con

superamento, complessivamente, della durata di sei mesi;

 al fine di verificare se sia avvenuto il superamento della durata di sei mesi occorre

considerare sia il rapporto di lavoro intermittente, sia il rapporto di lavoro

subordinato a tempo determinato in quanto si sono susseguiti senza soluzione di

continuità; ciò alla luce dell’indicazione contenuta nella circolare n. 142 del

29.7.2015; quindi nel caso in esame la durata complessiva (ossia considerando sia il

rapporto di lavoro intermittente, sia il rapporto di lavoro subordinato a tempo

determinato), ha superato il limite di sei mesi;

 il ricorrente non ha assolto l’onere, su di lui incombente ai sensi dell’art. 9 co.2 d.lgs.

22/2015, di comunicare all’I.N.P.S., entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, il

reddito annuo previsto;

conseguentemente ribadisce quanto già esposto nella nota del 24.2.2021 sub doc. 15 fasc.

ric. circa il carattere indebito e, quindi, la ripetibilità della somma di € 7.197,00 afferente

l’indennità NASpI relativa al periodo 5.4.2019-31.7.2020;

dall’altro lato,

in ordine all’ indennità di maternità obbligatoria richiesta dalla ricorrente in relazione al

periodo 25.3.-25.8.2020 così deduce (la citazione testuale è dovuta al fatto che non

appare agevolmente intelligibile in tutti i passaggi argomentativi):

“La questione, pur essendo subordinata alla conferma o meno della legittimità della

revoca, sarebbe anche risolvibile a prescindere da quest’ultima poiché, anche

persistendo la revoca della Naspi controparte avrebbe potuto inoltrare una nuova

domanda dopo l’ultimazione del rapporto a tempo determinato da cui è scaturita la

revoca.

In questo caso le sarebbe stata riconosciuta l’indennità per il periodo di astensione

obbligatoria.

Ovviamente, non essendo stata ancora revocata medio tempore l’indennità Naspi in

corso, revocata appunto contestualmente, il rigetto motivato sull’assenza di regime di

indennizzo per disoccupazione sarebbe confliggente con la situazione di fatto e, quindi,

comunque, l’indennizzo per la maternità poteva essere concessa.

PERTANTO, in questa sede, SI DICHIARA che la richiesta di erogazione dell’indennità

di maternità è riconoscibile da parte dell’Istituto per il periodo corrispondente ai 5 mesi

di astensione obbligatoria da attività lavorativa ovviamente con detrazione dall’importo

spettante di quanto già pagato dall’Istituto a titolo di indennità Naspi per lo stesso

periodo di competenza

Ci si riserva quindi di provvedere all’emissione del provvedimento di accoglimento in

autotutela della richiesta di indennità di maternità con compensazione parziale sul

maggior debito di parte ricorrente relativo all’importo erogato per la prestazione Naspi

revocata”.

Comunque appare certo che l’I.N.P.S., ferma la decadenza (in data imprecisata) della

ricorrente dal diritto di percepire l’indennità NASpI e la pretesa alla ripetizione della

somma di € 7.197,00 afferente l’indennità NASpI relativa al 5.4.2019-31.7.2020, si

dichiara disponibile a erogare l’ indennità di maternità obbligatoria richiesta dalla

ricorrente in relazione al periodo 25.3.-25.8.2020.

- - -

Dal canto suo la ricorrente nega di essere incorsa nella decadenza ex art. 9 co.1 e 2 d.lgs.

22/2015 dal diritto di percepire l’indennità NASpI (attribuitale per 515 giorni a decorrere

dall’8.10.2019).

A sostegno così deduce: “… nel corso dell’anno 2019 la ricorrente non si è occupata per

un tempo superiore ai sei mesi senza soluzione di continuità.

Infatti, in data 05/04/2019 la ricorrente, dopo aver percepito 176 giorni di Naspi, si

rioccupava con contratto a tempo determinato di tipo intermittente senza indennità di

disponibilità fino al 31/05/2019 (02), rioccupazione a conoscenza dell’istituto anche

grazie all’invio del modello unilav (03), durante il menzionato periodo contrattuale la

ricorrente lavorava per 14 giorni nel mese di aprile e 12 giorni nel mese di maggio. In

particolare nel mese di maggio lavorava nei giorni 1,13,15,17,22,24,25,26,28,29,30,31

(2.1). La ricorrente poi si rioccupa con contratto a tempo determinato dal 01/06/2020

con scadenza al 31/08/2019 (04 05), poi prorogato fino al 03/11/2019 (06 - 07). In ogni

caso non lavora effettivamente più di 6 mesi, in quanto nel tempo intermittente ha

diverse interruzioni e poi il contratto a termine ha durata inferiore ai sei mesi, anche

considerando la proroga”.

Quindi afferma che alla cessazione in data 3.11.2019 del rapporto di lavoro subordinato a

tempo determinato ella aveva il diritto di riprendere a percepire l’indennità NASpI per il

periodo residuo spettante al momento in cui l’indennità stessa era stata sospesa, di talché

infondata è la pretesa, da parte di I.N.P.S., di considerare indebite le somme versate a

titolo di indennità NASpI, di cui alla richiesta di ripetizione formulata dall’I.N.P.S. con

nota del 24.2.2021; inoltre ella, godendo alla data di inizio del periodo di congedo di

maternità (25.3.2020) dell’indennità NASpI e, quindi, sussistendo il presupposto ex art.

24 co.4 d.lgs. 151/2001, ha diritto di percepire, in relazione al periodo 25.3.-25.8.2020

l’indennità giornaliera di maternità in luogo dell’indennità NASpI.

- - -

a)

E’ corretto l’assunto dell’I.N.P.S. secondo cui, cumulando il periodo afferente il rapporto

di lavoro intermittente e quello concernente il rapporto di lavoro subordinato a tempo

determinato, risulta che il ricorrente ha lavorato per più di sei mesi.

In proposito è agevole rilevare che il rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato

ha avuto una durata di cinque mesi e tre giorni, specificamente dall’1.6. al 3.11.2019.

Quanto al rapporto di lavoro intermittente, emerge dal doc. 2.1 fasc. ric. che la ricorrente

ha lavorato 79,76 ore nel mese di aprile 2019 e 72,10 ore nel mese di maggio 2019, per

complessive 152,86 ore, che corrispondono a una percentuale dell’88,19% delle ore

lavorabili in un mese (divisore orario di 173,33), cui corrisponde una durata del rapporto

pari a (30 giorni di calendario x 88,19%=) 26,46 giorni, ai quali devono essere aggiunti i

giorni di ferie maturati pari a (ex art. 31 CCNL Aziende termali ore 160 annue

corrispondenti a quattro settimane ossia 28 giorni di calendario e quindi 28:12= 2,33

giorni al mese x 88,19%=) 2,06 giorni per complessivi 28,52.

Quindi la ricorrente ha lavorato per un periodo avente una durata complessiva di (5 mesi

e tre giorni + 28,52=) di 6 mesi e 1,52 giorni.

b)

Tuttavia non è persuasivo l'assunto dell’I.N.P.S., secondo cui, al fine di verificare se sia

stato superato il limite massimo di sei mesi, occorre considerare congiuntamente la

durata del rapporto di lavoro intermittente e quella del rapporto di lavoro subordinato a

tempo determinato.

In proposito la difesa dell’I.N.P.S. – nell’affermare (pag. 3 della memoria di

costituzione) che “in presenza di rioccupazione con rapporti di lavoro che si susseguono

nel tempo senza soluzione di continuità per periodi singolarmente non superiore a sei

mesi, ma la cui somma superi detto limite, si verifica la decadenza della prestazione di

disoccupazione NASpI per superamento del semestre prevista dalla norma” – richiama la

circolare n. 142 del 29.7.2015.

In realtà il riferimento non è corretto non solo rispetto all’indicazione del documento di

prassi dato che la questione dei rapporti di lavoro che si susseguono senza soluzione di

continuità è trattata nel messaggio n. 1162 del 16.3.2018, al punto 5, ma soprattutto

perché concerne il “percettore di NASpI che si rioccupi con contratti di lavoro a tempo

determinato che si susseguono senza soluzione di continuità con lo stesso o diverso

datore di lavoro” e non già, come è accaduto nella vicenda in esame, il percettore di

NASpI che si occupi prima con un contratto di lavoro intermittente e poi con un contratto

di lavoro subordinato a tempo indeterminato che si susseguono senza soluzione di

continuità con lo stesso datore di lavoro.

Il messaggio n. 1162/2018, in riferimento all'ipotesi che prende in considerazione (ossia

contratti di lavoro subordinato a tempo determinato che si susseguono senza soluzione di

continuità), ritiene che nel caso la durata complessiva di due rapporti superi il limite di

sei mesi (e il reddito annuale sia superiore al reddito minimo) si verifica la decadenza dal

diritto a percepire l’indennità NASpI.

Occorre, quindi, chiedersi se tale soluzione debba trovare applicazione anche nella

vicenda in esame dove si sono susseguiti un rapporto di lavoro intermittente senza

obbligo di risposta alla chiamata e quindi senza diritto all'indennità di disponibilità, e un

rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato.

La risposta negativa appare preferibile.

Infatti, qualora si susseguano due rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato,

ciascuno di durata inferiore a sei mesi, appare evidente la continuità rispetto alla

disciplina dell'assicurazione NASpI, dato che, ai sensi dell’art. 9 co. 1 d.lgs. 22/2015,

l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato della durata non superiore a sei mesi

determina la sospensione d’ufficio della prestazione (salvo che il reddito annuale sia

inferiore a quello minimo); quindi il susseguirsi senza soluzione di continuità di due

rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato comporta anche la continuità della

sospensione della prestazione, verificandosi così la stessa situazione che ricorre

nell'ipotesi dell'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato avente una durata

superiore a sei mesi .

Di contro, nell'ipotesi di instaurazione di un rapporto di lavoro intermittente senza

obbligo di risposta e quindi senza diritto all'indennità di disponibilità, già la circolare n.

142/2015 ha ritenuto che “l’indennità di disoccupazione NASpI resta sospesa per le sole

giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai

periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e

l’altra”.

Appare, quindi, evidente che la continuità tra il rapporto di lavoro intermittente e il

rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato è configurabile se e nella misura in

cui siano stati lavorati nell'ambito del primo rapporto i giorni precedenti l'instaurazione

del secondo rapporto. Ne deriva che solo questi giorni possono essere cumulati, ai fini

della verifica circa il superamento del limite semestrale, con la durata del rapporto di

lavoro subordinato a tempo determinato.

Nel caso in esame, alla luce del documento prodotto dalla ricorrente sub doc. 2.1, la

continuità tra la sospensione dell’indennità NASpI in ragione dello svolgimento di

attività lavorativa nell'ambito del rapporto di lavoro intermittente e la sospensione

sempre dell'indennità NASpI a seguito dell'instaurazione, in data 1.6.2019, del rapporto

di lavoro subordinato a tempo determinato è limitata alle giornate del 28, 29, 30 e 31

maggio 2019, che sono le sole a collocarsi senza discontinuità anteriormente all’inizio

del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato. Viene, quindi, a configurarsi un

periodo continuativo di lavoro e, quindi, di sospensione dell’indennità NASpI di 5 mesi e

7 giorni ossia di durata inferiore a sei mesi.

c)

L’I.N.P.S. evidenzia che la ricorrente non ha assolto l’onere, su di lei incombente ai sensi

dell’art. 9 co.2 d.lgs. 22/2015, di comunicare all’I.N.P.S., entro trenta giorni dall’inizio

dell’attività lavorativa, il reddito annuo previsto.

La circostanza appare incontestata (infatti la ricorrente si è limitata ad allegare e

documentare sub doc. 3, 7 e 8 solamente l’invio delle comunicazioni UNILAV

all’Agenzia del lavoro), ma la conseguenza che ne deriva è rappresentata non già dalla

decadenza dal diritto a percepire l'indennità NASpI, ma dalla sospensione della

erogazione di tale indennità.

Infatti, nell'ipotesi in cui il reddito annuale previsto nel contratto di lavoro (avente durata

non superiore a sei mesi) sia maggiore del reddito minimo consegue in ogni caso la

sospensione dell’indennità NASpI. Solo nell'ipotesi contraria la comunicazione

all’I.N.P.S., entro 30 giorni dall'inizio dell'attività lavorativa, del reddito annuo previsto

consente al lavoratore di cumulare il reddito da lavoro con l'indennità NASpI (seppure

ridotta nei termini ex art. 10 d.lgs. 22/2015).

In definitiva la ricorrente XXX non è decaduta dal diritto di

percepire l’indennità NASpI per 515 giorni a far data dall’8.10,2018, ma è incorsa nella

sospensione dell'erogazione di tale prestazione limitatamente alle giornate di effettiva

prestazione lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro intermittente (14

giornate nel mese di aprile 2019 e 12 giornate nel mese di maggio 2019) e alla durata del

rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato (1.6.-3.11.2019), con conseguente

condanna dell’I.N.P.S. a corrispondere, in favore della ricorrente i ratei già scaduti, le

cui somme vanno maggiorate ai sensi dell’art.16 co.6 L. 30.12.1991, n.412, secondo cui

“l'importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente

spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la

diminuzione del valore del suo credito”, nonché alla scadenza i ratei maturandi.

2)

Dalla statuizione che precede consegue l'accoglimento della domanda, proposta dalla

ricorrente, di condanna dell’I.N.P.S. alla corresponsione dell’indennità di maternità

obbligatoria in relazione al periodo 25.3-25.8.2021; ciò a prescindere dal riconoscimento

del diritto espresso dall'Istituto convenuto in sede di memoria di costituzione.

Infatti – se la ricorrente ha conservato il diritto di percepire l’indennità NASpI per 515

giorni a decorrere dall’8.10.2018, fatta eccezione per le giornate di effettiva prestazione

lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro intermittente (14 del mese di aprile

2019 e 12 nel mese di maggio 2019) e per la durata del rapporto di lavoro subordinato a

tempo determinato (1.6.-3.11.2019) – alla data di inizio del periodo di congedo di

maternità, vale a dire il 25.3.2020, ella godeva dell’indennità NASpI e, quindi, ai sensi

dell’art. 24 co.4 d.lgs. 151/2001, ha maturato il diritto di percepire nel periodo 25.3.-

25.8.2020 l’indennità giornaliera di maternità in luogo dell’indennità NASpI.

Quindi l’I.N.P.S. va condannata a corrispondere in favore della ricorrente l’indennità di

maternità obbligatoria ex art. 24 co.4 d.lgs. 151/2001, con le maggiorazioni ex art.16 co.

6 L. 412/1991.

3)

Si è già statuito sub 1) che la ricorrente è incorsa nella sospensione dell'erogazione

dell’indennità NASpI relativamente alle giornate di effettiva prestazione lavorativa svolte

in esecuzione del rapporto di lavoro intermittente (14 giornate nel mese di aprile 2019 e

12 giornate nel mese di maggio 2019) e alla durata del rapporto di lavoro subordinato a

tempo determinato (1.6.-3.11.2019).

Quindi limitatamente a questi periodi deve essere esaminata la domanda, proposta dalla

ricorrente in via subordinata, di accertamento dell’inesistenza del diritto dell’I.N.P.S. a

ripetere le somme indebitamente versate dal ricorrente a titolo di indennità NASpI.

A sostegno della sua domanda il ricorrente invoca l’orientamento della Suprema Corte

secondo cui l'indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano

diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il

provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge e ciò salvo che non

ricorrano ipotesi che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di

erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale, né ne abbia

mai fatto richiesta, nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze

assistenziali o in caso di dolo comprovato dell'accipiens; ciò in quanto il regime

dell'indebito previdenziale ed assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola

della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell'art. 2033 cod.civ., in ragione dell'

affidamento dei pensionati nell'irripetibilità di trattamenti pensionistici, che sono

normalmente destinate al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia,

con disciplina derogatoria che individua, alla luce dell'art. 38 Cost., un principio di

settore, che esclude la ripetizione se l'erogazione non sia addebitabile al percettore.

Ritiene che nel caso in esame l’I.N.P.S. non poteva richiedere la restituzione di quanto

versato prima del 24.2.2021, data del provvedimento che accertava il venire meno delle

condizioni di legge.

Inoltre, a detta del ricorrente, non ricorre alcuna ipotesi di deroga alla disciplina

dell’indebito assistenziale dato che egli ha proposto domanda del beneficio avendo tutti i

requisiti per richiederlo ed ha comunicato all’I.N.P.S. ogni variazione della propria

situazione lavorativa, e, quindi, non gli è rimproverabile alcun deficit informativo

all’Istituto, né può essere considerato in colpa e tantomeno in dolo.

La domanda non è fondata.

a)

La NASpI è un ammortizzatore sociale introdotto dall’art. 1 d.lgs. 4.3.2015, n. 22, che

all’art. 1 prevede: “ A decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione

prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all'articolo 24 della legge 9

marzo 1989, n. 88, e nell'ambito dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) di cui

all'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92, una indennità mensile di

disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego

(NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori

con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria

occupazione. La NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI introdotte

dall'articolo 2 della legge n. 92 del 2012, con riferimento agli eventi di disoccupazione

verificatisi dal 1° maggio 2015”.

La prestazione fornita dalla NASpI ha natura certamente previdenziale (e non già

assistenziale) alla luce del combinato disposto ex art. 14 d.lgs. 22/2015 (“Alla NASpI si

applicano le disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili”) ed ex art.2 comma

25 L. 28.6.2012, n. 92, il quale prevede: “Con effetto sui periodi contributivi maturati a

decorrere dal 1° gennaio 2013, al finanziamento delle indennità di cui ai commi da 1 a

24 concorrono i contributi di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma, della

legge 3 giugno 1975, n. 160”.

Infatti anche di recente la Suprema Corte (Cass. 19.4.2021, n. 10274) ha confermato

quale criterio discretivo tra prestazione previdenziale e prestazione assistenziale la

circostanza che la prima viene finanziata attraverso contributi versati dall’assicurante e/o

dall’assicurato in favore dell’assicuratore.

Quindi la prestazione NASpI, venendo finanziata dagli stessi contributi, presenta la

medesima natura che possiede l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui

all'art. 19 r.d.l. 14.4. 1939, n. 636 conv. dalla L.6.7.1939, n. 1272, il cui carattere

previdenziale (e non già assistenziale) è già stato affermato dalla Suprema Corte (Cass.

7.3.2003, n. 3488).

Ne deriva l’inconferenza al caso in esame del recente orientamento giurisprudenziale che

il ricorrente ha invocato a suo sostegno.

b)

Secondo il consolidato indirizzo della Suprema Corte (ex multis Cass. 10274/2021 cit.;

Cass. 2.12.2019, n. 31373; Cass. 1.12.2008, n. 28517; Cass. 5.10.2004, n. 19908;) la

disposizione, dettata in tema di irripetibilità delle somme indebitamente percepite,

dall’art. 552 L.9.3.1989, n. 88 (come pure le successive ex art. 13 L. 30.12.1991, n. 412

ed ex art. 1 co. da 260 e seguenti L. 23.12.1996, n. 662), da un lato concerne

esclusivamente la materia delle pensioni e non già qualsiasi prestazione previdenziale,

dall’altro ha natura di norma eccezionale ed è perciò insuscettibile di interpretazione

analogica.

Ne consegue che, costituendo l’indennità NASpI una prestazione previdenziale non

pensionistica (essendo diretta al sostegno di chi si trova in stato di bisogno), i relativi

indebiti sono assoggettati alla regola generale della ripetibilità contenuta nell’art. 2033

cod.civ. e non già alla disciplina speciale dell’art. 52 L. 88/1989.

Tale statuizione non può essere sospettata di incostituzionalità, avendo la Consulta

(sentenza n. 1989 del 1991) già ritenuto legittimo l’art. 52 L. 88/1989 nella parte in cui

limita la propria portata precettiva alle prestazioni pensionistiche.

In definitiva la domanda proposta dalla ricorrente XXX deve

essere rigettata.

4)

Stante la parziale soccombenza reciproca, si dispone la compensazione delle spese nella

misura di un quarto.

L’I.N.P.S. va condannato alla rifusione, in favore della ricorrente, dei residui tre quarti,

come liquidate in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del ricorrente che si

è dichiarato antistatario ai sensi dell’art. 93 co.1 cod.proc.civ..

P.Q.M.

Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in funzione di

giudice unico, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata,

così decide:

1. Accerta che la ricorrente XXX non è decaduta dal diritto di

percepire l’indennità NASpI per 515 giorni a far data dall’8.10,2018, ma è incorsa

nella sospensione dell'erogazione di tale prestazione limitatamente alle giornate di

effettiva prestazione lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro

intermittente (14 giornate nel mese di aprile 2019 e 12 giornate nel mese di maggio

2019) e al periodo di durata del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato

(1.6.-3.11.2019), con conseguente condanna dell’I.N.P.S. a corrispondere, in favore

della ricorrente i ratei già scaduti, con gli interessi legali decorrenti dal 121° giorno

successivo a quelli di maturazione dei crediti fino al saldo e con il maggior danno da

svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la variazione percentuale degli

indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus fino ad oggi, ed il saggio

legale degli interessi, nonché alla scadenza i ratei maturandi.

2. Condanna l’I.N.P.S. a corrispondere in favore della ricorrente l’indennità di

maternità obbligatoria ex art. 24 co.4 d.lgs. 26.3.2001, n. 151, con gli interessi legali

decorrenti dal 121° giorno successivo a quelli di maturazione dei crediti fino al saldo

e con il maggior danno da svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la

variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus

fino ad oggi, ed il saggio legale degli interessi

3. Dichiara il diritto dell’I.N.P.S. a ripetere le somme corrisposte alla ricorrente

XXX a titolo di indennità NASpI limitatamente alle giornate

di effettiva prestazione lavorativa svolte in esecuzione del rapporto di lavoro

intermittente (14 giornate nel mese di aprile 2019 e 12 giornate nel mese di maggio

2019) e al periodo di durata del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato

(1.6.-3.11.2019).

4. Dispone la compensazione delle spese nella misura di un quarto.

5. Condanna l’I.N.P.S. alla rifusione, in favore della ricorrente, dei residui tre quarti,

liquidati nella somma di € 1.200,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art.

2 co.2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA e CNPA, con distrazione in favore

dell’avv. Giovanni Guarini che si è dichiarato antistatario ai sensi dell’art. 93 co.1

cod.proc.civ..

Trento, 20 luglio 2021

IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE

dott. Roberto Pepa dott. Giorgio Flaim

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