La costituzione di parte civile al fianco dei risparmiatori nel crack Carife

Tribunale di Ferrara Sentenza 09/07/2019 n 184
Sentenza in sintesi:
La sentenza riguarda la difesa dei risparmiatori nel processo Carife per il crack legato all’aumento di capitale (150 milioni di euro raccolti nel 2011 nel Ferrarese).
testo della sentenza:

Tribunale Ferrara, Sent., 09/07/2019, n. 184

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI FERRARA

innanzi al Tribunale di Ferrara - Sez. Penale composto da:

Dott. Vartan Giacomelli - Presidente estensore

Dott. Alessandra Martinelli - Giudice estensore

Dott. Andrea Migliorelli - Giudice estensore

alla pubblica udienza del 11 febbraio 2019 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente sentenza

SENTENZA

nei confronti di:

1. F.D., nato a T. in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Pierfrancesco Carmine FASANO del foro di Milano, difeso di fiducia anche dall'Avv. Chiara MAZZONE del foro di Milano

-libero come presente-

2. L.S., nato a F. in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Massimo MAZZANTI del foro di Ferrara difeso di fiducia anche dall'Avv. Marina GIONCHETTI del foro di Ferrara

-libero come presente-

3. F.D., nato a F. in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Dario BOLOGNESI del foro di Ferrara difeso di fiducia anche dall'Avv. Giovanni BRIOLA del foro di Milano

-libero presente-

4. S.M., nato a R. in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Dario BOLOGNESI del foro di Ferrara difeso di fiducia anche dall'Avv. Giovanni BRIOLA del foro di Milano

-libero presente-

5. G.P., nato a F. in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Prof. Avv. Filippo SGUBBI del foro di Bologna

-libero assente-

6. N.T., nato a S. S. (F.) in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Prof. Avv. Filippo SGUBBI del foro di Bologna

-libero assente-

7. M.M., nato a P. in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Giovanni PONTI del foro di Milano

-libero assente-

8. L.G., nato a C. (F.) in data (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Marco MARTINES del foro di Forlì difeso di fiducia anche dall' Avv. Mariano ROSSETTI del foro di Bologna

-libero come presente-

9. G.A., nato a M. (F.) in data (...), elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia Avv. Marco MARTINES del foro di Forlì

-libero come presente-

10. T.M., nato a C. (F.) in data (...), elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia Avv. Marco MARTINES del foro di Forlì

-libero come presente-

11.G.S., nato a B. (B.) il (...) , elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia Avv. Gabriele CASARTELLI del foro di Milano

-libero come presente-

SOARDIEZIO (sep. giud.)

IMPUTATI

CAPO 1:

F.D., L.S., F.D., M.M.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 173 bis D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, perché, allo scopo di conseguire un ingiusto profitto per la "C.R.F. S.p.A. "istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

- M.M., nella qualità di socio della "D.T. S.p.A. ", società di revisione contabile incaricata dalla C.R.F.;

nel prospetto informativo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." relative all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00 (prospetto depositato presso Consob in data 01.07.2011), con l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto:

A) Occultavano al potenziale investitore informazioni rilevanti per la corretta valutazione del rischio, in particolare:

1)Omettevano di evidenziare la raccomandazione di B.I., contenuta nelle comunicazioni del 20.10.2010 e del 29.04.2011, circa le caratteristiche dei destinatari dell'offerta, ossia che l'aumento di capitale doveva essere rivolto, 'fermi restando gli obblighi di informativa previsti dalle vigenti disposizioni", a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo"i;

2)Nella Sezione "Avvertenza", omettevano di indicare che l'importo dell'aumento di capitale richiesto da B.I. tramite le comunicazioni del 20.10.2010 e del 29.04.2011 doveva, nelle indicazioni dell'Organo di Vigilanza, essere almeno pari ad Euro 150 milioni e comunque in grado di assicurare un "Tier 1 Ratio " dell'8%, nonché che, nella missiva del 29.04.2011, lo stesso Organo di Vigilanza, a fronte della ritenuta "necessità di mantenere nel continuo il "Tier 1 Ratio" consolidato ad un livello superiore all'8% ", aveva invitato l'Emittente ad ampliare ulteriormente l'importo massimo dell'aumento di capitale;

3)Nella Sezione II Capitolo IV, omettevano di indicare che B.I. , con le citate comunicazioni, aveva fissato per il Gruppo C. un "Tier 1 Ratio" ti minimo dell'8%; al contrario, evidenziavano nel prospetto che, a seguito dell'operazione di aumento di capitale, il Gruppo avrebbe raggiunto un "Tier 1 Ratio" del 7,90%, definendo tale percentuale "ben al di sopra dei coefficienti minimi richiesti dalle Nuove Disposizioni di Vigilanza Prudenziale", senza, pertanto, sottolineare il mancato raggiungimento, tramite tale valore, delle indicazioni dell'Organo Vigilanza dettate al fine di attuare l'auspicato obiettivo del rafforzamento patrimoniale (raggiungibile, secondo B.I., soltanto tramite un "Tier 1 Ratio" almeno pari all'8% che doveva, peraltro, essere mantenuto nel tempo);

4)Nel paragrafo "Ragioni dell'offerta e impiego dei proventi", prospettavano l'idoneità dell'operazione di aumento di capitale "al rafforzamento della struttura patrimoniale ... in linea con gli auspici formulati da B.I." con le note sopra citate, omettendo ancora una volta di informare correttamente il pubblico che l'aumento di capitale avrebbe dovuto, secondo le esplicite indicazioni della Vigilanza, garantire un "Tier I Ratio" almeno pari al/'8%;

nonché:

B) Fornivano al potenziale investitore informazioni false e fuorvianti, occultando gli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010; in particolare:

1)Omettevano di segnalare nel prospetto che i dati previsionali di bilancio 2010 presi in considerazione quale base di partenza per le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011-2014 erano sensibilmente diversi rispetto ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 (segnatamente, che vi era una sensibile differenza fra le perdite previste, pari a Euro 23,8 milioni, e quelle effettive, pari a Euro 58,4 milioni; fra il "Tier 1" previsto, pari a Euro 317,2 milioni, e quello effettivo, pari a Euro 275 milioni; fra il patrimonio netto previsto implicitamente ricavabile, pari a Euro 427,4 milioni, e quello effettivo, pari a Euro 368,5);

2)Omettevano di aggiornare le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011 - 2014 - dati riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - alla luce della significativa discrepanza tra i dati previsionali di bilancio 2010 e i dati reali quali effettivamente risultanti nel bilancio alla data del 31.12.2010 (dati conosciuti al momento del deposito del prospetto informativo che, se presi in considerazione quale base di partenza, avrebbero sensibilmente modificato in senso peggiorativo alcuni dei dati previsionali per gli anni successivi al 2010 riportati nel prospetto; in particolare, un "Tier 1 Ratio" compatibile con quello indicato in prospetto poteva essere raggiunto soltanto:

- diminuendo la percentuale di distribuzione dei dividendi con impatto negativo sui prezzo di emissione stimato e non aggiornato da C.; di conseguenza, quanto riportato nel prospetto, nella parte in cui veniva indicata la percentuale di distribuzione del 75% degli utili previsti, risultava non veritiero;

- ovvero con minori RWA; conseguentemente, quanto indicato nel prospetto circa la validità dei dati del Piano industriale del 30.11.2010 (non aggiornati da C.) e circa la costanza nel tempo del rapporto tra il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio per tutto l'orizzonte di previsione, non poteva corrispondere alla realtà);

3)Al contrario, nella Sezione "Avvertenza" , evidenziavano che l'aumento di capitale avrebbe consentito "una situazione di sostanziale tranquillità alla luce degli scenari prospettici delineati nel Piano Industriale di Gruppo per il quadriennio 2011 - 2014";

4)Omettevano, conseguentemente, di evidenziare la rilevanza del mancato aggiornamento del prezzo di emissione di ciascuna azione (fissato a Euro 21,00 e calcolato in ragione degli utili e delle perdite solo previste, queste ultime determinate sulla base di dati sensibilmente diversi da quelli effettivi; essendo le reali risultanze di bilancio 2010, non prese in considerazione da "C.R.F.", tali da comportare un impatto in senso negativo sulla determinazione del prezzo di sottoscrizione secondo il metodo dichiarato nel prospetto come utilizzato da C.);

5) Omettevano di segnalare che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011 - 2014 di cui al Piano industriale - dati riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avevano tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" per fusione Banche Rete in Capogruppo, effetto tale da poter peggiorare il risultato simulato negli anni successivi, ovvero dell'effetto potenzialmente negativo derivante dall'operazione di fusione delle Banche Reti, essendo queste in situazione di criticità patrimoniale (effetto potenzialmente negativo esplicitamente segnalato dalla "B.C. Group" incaricata della redazione del Piano Industriale, la quale aveva indicato quale strumento essenziale per il rilancio del Gruppo la predetta operazione di fusione al fine del contenimento dei costi).

Con il concorso di M.M. che, nella qualità di socio della "D.T. S.p.A. ", certificava in data 16.06.2011 che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non erano risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali erano stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010. In Ferrara, in data 01.07.2011.

CAPO 2:

F.D., L.S., F.D.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2637 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nella "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F."; diffondevano notizie false, nonché ponevano in essere artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." (offerte al pubblico al prezzo di Euro 21,00) in ordine all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, deliberata dall'Assemblea dei Soci in data 06.05.2011, e ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario C.R.F. S.p.A."; con condotta consistita: - Nella pubblicazione e diffusione del prospetto informativo depositato presso la Consob in data 01.07.2011, caratterizzato dalle falsità ed omissioni indicate nel Capo I; - Nel mancato aggiornamento del prezzo di emissione di ciascuna azione (fissato a Euro 21,00 e calcolato in ragione degli utili e delle perdite solo previste, queste ultime determinate sulla base di dati sensibilmente diversi da quelli effettivi al 31.12.2010; essendo le reali risultanze di bilancio 2010, non prese in considerazione da "C.R.F." per la determinazione del prezzo, tali da comportare un impatto in senso negativo sulla determinazione del valore di sottoscrizione secondo il metodo dichiarato nel prospetto come utilizzato da C.).

In Ferrara, il 30.09.2011 (termine dell'offerta al pubblico delle azioni)

CAPO 3:

F.D., L.S., F.D.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2638 commi 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nell'ambito della "C.R.F. S.p.A. ", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F."; nell'ambito del procedimento di approvazione da parte di Consob del prospetto informativo ex art. 94 bis T.U.F. relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7. 153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." relative all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00 (prospetto depositato presso Consob in data 01.07.2011, meglio indicato nel Capo 1), ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob sotto il profilo della completezza, coerenza e carattere non fuorviante del prospetto informativo, occultando le seguenti informazioni rilevanti ai fini della approvazione del prospetto ed obbligatorie ai sensi dell'art. 94 commi 1 e 2 T.U.F. (informazioni riguardanti le prescrizioni e le indicazioni formulate da B.I. alla "C.R.F." tramite le missive del 20.10.2010 e 29.04.2011): I) che B.I., nelle comunicazioni del 20.10.2010 e del 29.04.2011 sopra menzionate, in considerazione degli aspetti problematici che caratterizzavano la situazione tecnica del Gruppo C., aveva raccomandato che l'aumento di capitale fosse rivolto, "fermi restando gli obblighi di informativa previsti dalle vigenti disposizioni", a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo"; 2) che l'importo dell'aumento di capitale richiesto da B.I. tramite le citate comunicazioni doveva essere almeno pari ad Euro 150 milioni e comunque in grado di assicurare un "Tier 1 Ratio" dell'8%; nonché che, nella missiva del 29.04.2011, lo stesso Organo di Vigilanza, a fronte della ritenuta "necessità di mantenere nel continuo il "Tier 1 Ratio" consolidato ad un livello superiore all'8%", aveva invitato l'Emittente ad ampliare ulteriormente l'importo massimo dell'aumento di capitale. Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116 D.Lgs. n. 58 del 1998.

In Ferrara, dal 09.05.2011 e fino al momento di approvazione del prospetto avvenuto in data 28.06.2011.

CAPO 4:

F.D., L.S., F.D., M.M.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2638 commi 1, 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nell'ambito della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. ";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

- M.M., nella qualità di socio della "D.T. S.p.A.", società di revisione contabile incaricata dalla "C.R.F."; nell'ambito del procedimento di approvazione da parte di Consob del prospetto informativo ex art. 94 bis T.U.F. relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." relative all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00 (prospetto depositato presso Consob in data 01.07.2011, meglio indicato nel Capo 1), ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob sotto il profilo della completezza, coerenza e carattere non fuorviante del prospetto informativo, esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero riguardo alla situazione patrimoniale di C.;· in particolare, a seguito della richiesta, formulata da Consob a C. in data 15.06.2011 di inserire nel prospetto informativo i dati previsionali (successivamente trasfusi nella Sezione II Capitolo XIII del prospetto informativo): 1) Comunicavano falsamente all'Organo di Vigilanza i risultati previsionali, omettendo di aggiornare le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011- 2014 - dati riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - alla luce della significativa discrepanza tra i dati previsionali di bilancio 2010 e i dati reali quali effettivamente risultanti nel bilancio alla data del 31.12.2010 (dati conosciuti al momento del deposito del prospetto informativo che, se presi in considerazione quale base di partenza, avrebbero sensibilmente modificato in senso peggiorativo alcuni dei dati previsionali per gli anni successivi al 2010 riportati nel prospetto; in particolare, un "Tier 1 Ratio" compatibile con quello indicato in prospetto poteva essere raggiunto soltanto: - diminuendo la percentuale di distribuzione dei dividendi con impatto negativo sul prezzo di emissione stimato e non aggiornato da C.; di conseguenza, quanto riportato nel prospetto, nella parte in cui veniva indicata la percentuale di distribuzione del 75% degli utili previsti, risultava non veritiero; - ovvero con minori RWA; conseguentemente, quanto indicato nel prospetto circa la validità dei dati del Piano Industriale del 30.11.2010 (non aggiornati da C.) e circa la costanza nel tempo del rapporto tra il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio per tutto l'orizzonte di previsione, non poteva corrispondere alla realtà);

2) Omettevano di segnalare che i dati previsionali di bilancio 2010 presi in considerazione quale base di partenza per le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011 - 2014 erano sensibilmente diversi rispetto ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 (segnatamente, che vi era una sensibile differenza fra le perdite previste, pari a Euro 23,8 milioni, e quelle effettive, pari a Euro 58,4 milioni; fra il "Tier 1" previsto, pari a Euro 317,2 milioni, e quello effettivo, pari a Euro 275 milioni; fra il patrimonio netto previsto implicitamente ricavabile, pari a Euro 427,4 milioni e quello effettivo, pari a Euro 368,5);

3) Omettevano di segnalare che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011- 2014 di cui al Piano Industriale - dati riportati nella Sezione II Capitolo XXIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avevano tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" per fusione Banche Rete in Capogruppo, effetto tale da poter peggiorare il risultato simulato negli anni successivi, ovvero dell'effetto potenzialmente negativo derivante dalla operazione di fusione delle Banche Reti, essendo queste in situazione di criticità patrimoniale (effetto potenzialmente negativo esplicitamente segnalato dalla "B.C. Group" incaricata della redazione del Piano Industriale, la quale aveva indicato quale strumento essenziale per il rilancio del Gruppo la predetta operazione di fusione al fine del contenimento dei costi) le informazioni trasmesse, non veritiere, erano tali da non consentire a Consob di valutare sotto il profilo della coerenza e trasparenza il prospetto informativo con specifico riferimento alla situazione patrimoniale e finanziaria dell'Istituto di Credito e alla prospettazione del rischio al potenziale investitore.

Con il concorso di M.M. che, nella qualità di socio della "D.T. S.p.A.", certificava in data 16.06.2011 che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non erano risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali erano stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010.

Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116 D.Lgs. n. 58 del 1998.

In Ferrara, il 22.06.2011

CAPO 5:

F.D., L.S., F.D.:

delitto p. e p. dagli artt.110 c.p., 2638 commi 1, 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nella "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

essendo l'Istituto Bancario sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, avendo l'Organo di Vigilanza - tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011, sollecitato la C. ad adottare le iniziative per migliorare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, ad approvare un nuovo Piano Industriale e a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni, ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo, esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero anche riguardo alla situazione patrimoniale di C.; in particolare, trasmettevano a B.I. una versione del Piano Industriale che non era stata sottoposta al Consiglio di Amministrazione, riferendo falsamente che il documento, redatto dalla società "B.C. Group", consulente di C., aveva ricevuto in data 30.11.2010 la relativa approvazione da parte di tale organo sociale; al contrario, il documento trasmesso alla B.I. era frutto di una rielaborazione effettuata da D.F. rispetto alla versione formulata dalla società incaricata della consulenza e non corrispondeva a quella sottoposta al Consiglio di Amministrazione in data 30.11.2010 (segnatamente, nel documento sottoposto ed approvato dal Consiglio di Amministrazione risultavano omesse le seguenti schede, presenti invece nel documento trasmesso a B.I.: 1) Pag. 2 del Piano "B.C. Group", slide intestata "Oggi si conclude la stesura del Piano Industriale"; 2) Pag. 6 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Le principali differenze fra i due scenari"; 3) Pag. 8 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Un piano complesso ed ambizioso che richiederà profonde trasformazioni"; 4) Pag. 36 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Il Risparmio netto dei costi su C. e Banche Rete negli anni (in piccola parte ridotto dal potenziamento delle risorse chiave); 5) Pag. 39 del Piano "B.C. Group", slide intestata "Scenario di un run-off contenuto nella precedente proiezione"; 6) Pag. 45 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Piano complessivo di liberazione risorse nell'arco del Piano (2011 - 2014)"; 7) Pag. 51 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Necessaria una struttura di progetto dedicata, task force e piattaforme"; 8) Pag. 52 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Il set - up team avrà un ruolo di project management e coordinamento complessivo del processo"; 9) Pag. 53 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "...Ma anche un fondamentale ruolo di supporto alle TF e piattaforme sui contenuti"; 10) Pag. 58 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Rispetto al Piano filiali presentato nel 2 Comitato Guida, ipotizzato uno scenario di espansione rete più conservativo"; 11) Pag. 59 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Ulteriori 2MEuro di ricavi addizionali ottenibili";12) Pag. 60 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "I saving nel piano finale differiscono dalla prima versione per i cambi di perimetro e diverse indicazioni management"; 13) Pag. 61 del Piano "Cambio di perimetro e indicazioni management impattano diversamente i saving delle diverse società del Gruppo"; 14) Pag. 62 del Piano "Per C. Euro 10 milioni di potenziale riduzione costi personale 2014"; 15) Pag. 63 del Piano "Per le altre Banche Rete Euro 1 milione di potenziale riduzione di costi personale al 2014"; 16) Pag. 64 del Piano "Per CFLF Euro 0,6 milioni di potenziale riduzione di costi personale al 2014"; nonché risultava omessa, all'interno della scheda "Caveat sulle previsioni di piano e cosa dovrà essere approfondito in seguito dal management C."; 17) la formula "Non è stato considerato il potenziale effetto di goodwill impairment per fusione Banche Rete in Capogruppo che potrebbe peggiorare il risultato simulato negli anni in cui si potrebbe manifestare"; 18) la formula "Il Piano dovrà essere validato e condiviso dal management").

Condotta posta in essere materialmente da D.F., che, in data 03.12.2010, procedeva alla trasmissione del documento a B.I..

Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116 D.Lgs. n. 58 del 1998.

In Ferrara, il 03.12.2010

CAPO 6

L.S.:

delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. c.p., 2637 c.c., perché, nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, diffondeva notizie false idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." (offerte al pubblico al prezzo di Euro 21,00) in ordine all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, deliberata dall'Assemblea dei Soci in data 06.05.2011, e ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario "C.R.F. S.p.A."; con condotta consistita nel pubblicare i seguenti comunicati stampa:

1) In data 05.04.2011:

"L'aumento di capitale permetterà all'Istituto di rafforzare la struttura patrimoniale, rispettando i parametri di Basilea 3, che entreranno in vigore nel 2013. L'operazione ci consentirà di proseguire la strategia di consolidamento e sviluppo delineata nel Piano Industriale 2011-2014";

2) In data 20.04.2011:

"Al termine dell'aumento di capitale la Banca raggiungerà un 'Core Tier 1 Ratio' superiore all'8%, già in linea con i parametri stabiliti da Basilea 3 che entreranno in vigore nel 2013";

3) In data 02.07.2011:

"Siamo estremamente soddisfatti perché ora, dopo avere ottenuto l'autorizzazione da parte di Consob all'aumento di capitale, possiamo far partire il Piano Industriale 2011 - 2014. Quest'operazione ci permetterà infatti di rispettare in anticipo i parametri richiesti da Basilea 3, che entreranno in vigore nel 2013 e di proiettarci verso tutti gli obiettivi strategici indicati nel Piano stesso, con cui C. confermerà la propria autonomia e vocazione di Banca locale. Siamo ottimisti sull'esito dell'operazione in quanto in queste settimane abbiamo già ricevuto diverse manifestazioni d'interesse da parte dei soci della Cassa, di privati, aziende, istituzioni e investitori professionali" trattandosi di notizie non rispondenti al vero quanto all'obiettivo apparentemente perseguito tramite l'operazione di aumento di capitale ("rispettare in anticipo i parametri richiesti da Basilea 3"); al contrario, l'operazione era stata sollecitata da B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, "tali da rendere non più procrastinabile l'adozione di idonee iniziative volte al rafforzamento della dotazione patrimoniale... in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" (cfr. lettera B.I. 20.10.2010); al contempo, IL raggiungimento dell'obiettivo del "Tier 1 Ratio" almeno pari all'8% non corrispondeva ad un adeguamento anticipato dei parametri previsti da Basilea 3, ma ad una specifica indicazione dell'Organo di Vigilanza, che richiedeva il raggiungimento di tale risultato al fine di "fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" e di "garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo".

La diffusione delle notizie false sopra indicate era concretamente idonea ad incidere sull'affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di C., atteso che, di fatto, omettendo di indicare le reali finalità dell'operazione di aumento del capitale, si occultava ai destinatari della comunicazione la grave difficoltà finanziaria e patrimoniale dell'Istituto.

In Ferrara, nelle date sopra indicate.

CAPO 7

F.D.:

delitto p. e p. dall'art. 2637 c.c., perché, nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, diffondeva notizie false idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." (offerte al pubblico al prezzo di Euro 21,00) in ordine all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, deliberata dall'Assemblea dei Soci in data 06.05.2011, e ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario "C.R.F. S.p.A."; con condotta consistita nel pubblicare il seguente comunicato stampa:

"L'Istituto estense è fortemente impegnato nella strategia di rilancio e sviluppo, secondo le modalità definite dal Piano Industriale 2011- 2014, che prevede un aumento di capitale per un controvalore di 150 milioni di Euro ..."

"Al termine dell'aumento di capitale, la Banca raggiungerà un 'Core Tier 1 Ratio' superiore all'8%, quindi in linea con i parametri stabiliti da Basilea 3" trattandosi di notizie non rispondenti al vero quanto all'obiettivo apparentemente perseguito tramite l'operazione di aumento di capitale ("rispettare in anticipo i parametri richiesti da Basilea 3") e alle genesi dell'operazione (indicata come scaturente dal "Piano Industriale 2011-2014, che prevede un aumento di capitale"); al contrario, l'operazione era stata sollecitata da B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, "tali da rendere non più procrastinabile l'adozione di idonee iniziative volte al rafforzamento della dotazione patrimoniale ... in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" (cfr. lettera B.I. 20.10.2010); al contempo, il raggiungimento dell'obiettivo del "Tier I Ratio" almeno pari all'8% non corrispondeva ad un adeguamento anticipato dei parametri previsti da Basilea 3, ma ad una specifica indicazione dell'Organo di Vigilanza, che richiedeva il raggiungimento di tale risultato al fine di "fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" e di "garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo"; al contempo, l'iniziativa dell'adozione dell'aumento di capitale non scaturiva dal Piano Industriale, ma era solo da quest'ultimo considerata, trattandosi di una operazione espressamente richiesta dall'Organo di Vigilanza per sopperire alle gravi carenze patrimoniali del Gruppo.

La diffusione delle notizie false sopra indicate era concretamente idonea ad incidere sull'affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di C., atteso che, di fatto, omettendo di indicare le reali finalità dell'operazione di aumento del capitale, si occultava ai destinatari della comunicazione la grave difficoltà finanziaria e patrimoniale dell'Istituto.

In Ferrara, il 20.04.2011

CAPO 8:

F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., S.E., L.G., G.A., T.M., G.S.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 216, 223 comma 2 n. 1 in relazione all'art. 2632 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- G.P., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "C. S.E.I.";

- N.T., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della " B.C.R. S.p.A.";

- S.E., nella qualità di legale rappresentante della "B.P.V. S.c.p.a.";

- L.G., nella qualità di legale rappresentante della "C.R.C. S.p.A.";

- G.A., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.C. S.p.A.";

- T.M., nella qualità di Dirigente della "C.R.C. S.p.A.";

- G.S., nella qualità di Direttore Generale della "B.P.V. S.c.p.a.";

concorrevano a cagionare il dissesto della società "C.R.F. S.p.A.", commettendo i fatti di cui all'art. 2632 c.c.; in particolare, le persone sopra indicate, essendo il predetto Istituto bancario sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, ad approvare un nuovo Piano Industriale, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, concorrevano fra loro nell'aumento fittizio del capitale del Gruppo C. per un importo almeno pari ad Euro 14.999.985,00 tramite sottoscrizione reciproca di azioni fra lo stesso Gruppo e "B.P.V. S.c.p.a." e "C.R.C." (Enti aderenti all'operazione); essendo l'importo predetto, apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." e da "C.R.C." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C. di azioni degli stessi Istituti di Credito.

Con il concorso di G.P. e di N.T., nelle qualità sopra indicate e, rispettivamente, di legali rappresentanti della società "C. S.E.I." e della "B.C.R. S.p.A.", le quali sottoscrivevano la partecipazione in "B.P.V. S.c.p.a.", nell'ambito delle disponibilità finanziarie riconducibili al Gruppo "C.R.F. S.p.A.".

In particolare:

- La "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011);

- La "B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- A sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva cosi ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. S.c. a r.l", oggi "C. S.E.I. S.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011); - Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

In Ferrara, il 18.02.2016

CAPO 9:

F.D., L.S., F.D., S.M., L.G., G.A., T.M.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2637 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. Sp.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. Sp.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.G., nella qualità di legale rappresentante della "C.R.C. S.p.A.";

- G.A., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.C. Sp.A.";

- T.M., nella qualità di Dirigente della "C.R.C. S p.A.";

essendo l'Istituto bancario "C.R.F. S.p.A." sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7. 153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, ponevano in essere operazioni simulate concretamente idonee ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario; con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "C.R.C. S.p.A.", come meglio indicato nel capo 8); essendo l'importo apparentemente investito da "C.R.C." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni dello stesso Istituto di Credito.

In particolare:

- La "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A.", tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni, al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011).

In Ferrara e Cesena (FC), nelle date sopra indicate

CAPO 10:

F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., (S.E. sep. giud.), G.S.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2637 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A. ", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- G.P., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "C. S.E.I.";

- N.T., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "B.C.R. S.p.A.";

- S.E. nella qualità di legale rappresentante della "B.P.V. S.c.p.a.";

- G.S., nella qualità di Direttore Generale della " B.P.V. S.c.p.a.";

essendo l'Istituto bancario "C.R.F. S.p.A." sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, ponevano in essere operazioni simulate concretamente idonee ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario; con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "B.P.V. S.c.p.a.", come meglio indicato nel capo 8); essendo l'importo apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito.

Con il concorso di G.P. e di N.T., nelle qualità sopra indicate e, rispettivamente, di legali rappresentanti della società "C. S.E.I." e della "B.C.R. S.p.A.", le quali sottoscrivevano la partecipazione in "B.V. S.c.p.a.", nell'ambito delle disponibilità finanziarie riconducibili al Gruppo "C.R.F. S.p.A.".

In particolare:

- la " B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- a sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva così ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. Sc.ar.l.", oggi "C. S.E.I. s.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011);- Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

In Ferrara, Forlì (FC) e Brescia nelle date sopra indicate

CAPO 11:

F.D., L.S., F.D., S.M.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2638 commi 1, 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

essendo l'Istituto bancario "C.R.F. S.p.A." sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier I Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, a seguito dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza B.I., esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero in ordine alla situazione patrimoniale di C.; in particolare, comunicavano falsamente che l'importo massimo dell'aumento di capitale era stato integralmente sottoscritto; essendo stato, in realtà, l'aumento di capitale in parte sottoscritto fittiziamente per un importo almeno pari ad Euro 14.999.985,00, come meglio indicato nel capo 8), tramite sottoscrizione reciproca di azioni fra il Gruppo C., la "B.P.V. S.c.p.a." e la "C.R.C. S.p.A."; essendo l'importo predetto, apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." e da "C.R.C.", compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito.

In particolare:

- la "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011);

- La "B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- a sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva così ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. S.c.ar.l.", oggi "C. S.E.I. s.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011); - Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di operazione riguardante titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116 D.Lgs. n. 58 del 1998.

In Ferrara, in epoca prossima al 30.09.2011

CAPO 12:

F.D., L.S., F.D., S.M., L.G., G.A., T.M.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2632 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D. nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S. nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.G., nella qualità di legale rappresentante della "C.R.C. S.p.A.";

- G.A., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.C. S.p.A.";

- T.M., nella qualità di Dirigente della "C.R.C. S.p.A.".

Con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "C.R.C. S.p.A.", come meglio indicato nel capo 8), nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, aumentavano fittiziamente in parte il capitale di "C.R.C." per un importo pari ad Euro 4.999.992,3, essendo l'importo apparentemente investito da "C.R.C." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni dello stesso Istituto di Credito.

In particolare:

- la "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011).

In Cesena (FC), il 15.11.2011

CAPO 13:

F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., S.E., G.S.:

delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 2632 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente dei C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- G.P., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "C. S.E.I.";

- N.T., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "B.C.R. S.p.A.";

- S.E., nella qualità di legale rappresentante della "B.P.V. S.c.p.a.";

- G.S., nella qualità di Direttore Generale della "B.P.V. S.c.p.a.".

Con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "B.P.V. S.c.p.a.", come meglio indicato nel capo 8), nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, aumentavano fittiziamente in parte il capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un importo pari ad Euro 9.971.650,00, essendo l'importo apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito.

Con il concorso di G.P. e di N.T., nelle qualità sopra indicate e, rispettivamente, di legali rappresentanti della società "C. S.E.I." e della "B.C.R. S.p.A.", le quali sottoscrivevano la partecipazione in "B.P.V. S.c.p.a.", nell'ambito delle disponibilità finanziarie riconducibili al Gruppo "C.R.F. S.p.A.".

In particolare:

- La "B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- A sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva così ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. S.c.ar.l", oggi "C. S.E.I s.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011); - Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

In Brescia, il 18.11.2011

Con l'intervento dei Pubblici Ministeri: Dott. Barbara Cavallo - Dott. Stefano Longhi Dei difensori di fiducia:

-Avv.ti Pierfrancesco Fasano e Chiara Mazzone del Foro di Milano per F.

-Avv.ti Massimo Mazzanti e Marina Gionchetti del Foro di Ferrara per L.

-Avv.ti Dario Bolognesi del Foro di Ferrara e Giovanni Briola del Foro di Milano per Filippini

-Avv.ti Dario Bolognesi del Foro di Ferrara e Giovanni Briola del Foro di Milano per S.

-Avv. Filippo Sgubbi del Foro di Bologna per G.

-Avv. Filippo Sgubbi del Foro di Bologna per N.

-Avv. Giovanni Ponti del Foro di Milano per M.

-Avv.ti Marco Martines del Foro di Forlì-Cesena e Mariano Rossetti del Foro di Bologna per L.

-Avv. Marco Martines del Foro di Forlì-Cesena per G.

-Avv. Marco Martines del Foro di Forlì-Cesena per T.

-Avv. Gabriele Casartelli del Foro di Milano per G.

Dei difensori dei responsabili civili:

-Avv. Giorgio Gallico del Foro di Brescia per il responsabile civile B.V. S.p.A.

-Avv. Alessandro Melchionda del Foro di Bologna per il responsabile civile C.R.C. S.p.A.

-Avv. Matteo Rescigno del Foro di Milano per il responsabile civile D.T.

Dei difensori delle parti civili costituite per le Associazioni e per le parli indicate negli elenchi allegati.

-Avv. Vincenzo Bellitti del Foro di Ferrara per ADUSBEF ed altri

-Avv. Gialuigi Bezzi del Foro di Brescia per la B.P.V. S.C.P.A.

-Avv. Gianfranco Carta del Foro di Roma per CONSOB

-Avv. Stefania Ceci del Foro di Roma per B.I.

-Avv. Laura Facchini del Foro di Ferrara per CONFCONSUMATORI

-Avv. Simona Maggiolini del Foro di Ferrara per FEDERCONSUMATORI E.R.

-Avv. Antonella Saporito del Foro di Bologna per CODACONS

-Avv. Alessandro Racano del Foro di Milano per M. S.P.A.

-Avv. Gianni Ricciuti del Foro di Ferrara per ASSOCIAZIONE M.DC.

-Avv. Giuseppe Apolloni del Foro di Perugia

-Avv. Franca Arca del Foro di Ferrara

-Avv. Eleonora Baldi del Foro di Ferrara

-Avv. Bruno Barbieri del Foro di Bologna

-Avv. Gianluca Bell uomini del Foro di Bologna

-Avv. Claudia Benvegnu' del Foro di Bologna

-Avv. Elisabetta Brandi del Foro di Ferrara

-Avv. Massimo Buja del Foro di Ferrara

-Avv. Lorenzo Buldrini del Foro di Bologna

-Avv. Silvia Callegari del Foro di Ferrara

-Avv. Chiara Campi del Foro di Ferrara

-Avv. Mario Alberto Campili del Foro di Ferrara

-Avv. Beatrice Capri del Foro di Bologna

-Avv. Pierpaola Cavallari del Foro di Ferrara

-Avv. Elisa Cavedagna del Foro di Ferrara

-Avv. Michele Chiaromonte del Foro di Ferrara

-Avv. Laura Ciardiello del Foro di Ferrara

-Avv. Francesca Colella del Foro di Bologna

-Avv. Irene Costantino del Foro di Ferrara

-Avv. Alex De Anna del Foro di Ferrara

-Avv. Sergio Di Chiara del Foro di Ferrara

-Avv. Laura Facchini del Foro di Ferrara

-Avv. Mirca Ferrari del Foro di Ferrara

-Avv. Valeria Ferri del Foro di Ferrara

-Avv. Giorgio Ferroni del Foro di Ferrara

-Avv. Ilenia Fioravanti del Foro di Ferrara

-Avv. Federico Fischer del Foro di Bologna

-Avv. Stefano Forlani del Foro di Ferrara

-Avv. Antonio Frascerra del Foro di Ferrara

-Avv. Mauro Gavioli del Foro di Mantova

-Avv. Valeria Gilli del Foro di Ferrara

-Avv. Giovanni Guarini del Foro di Rovereto

-Avv. Elena Liviotti del Foro di Piacenza

-Avv. Michele Manfrini del Foro di Ferrara

-Avv. Elisa Menghini del Foro di Ferrara

-Avv. Paola Mercadante del Foro di Ferrara

-Avv. Patrizia Micai del Foro di Ferrara

-Avv. Salvatore Mirabile del Foro di Ferrara

-Avv. Giuliano Onorati del Foro di Ferrara

-Avv. Alessandra Palma del Foro di Ferrara

-Avv. Valentina Pareschi del Foro di Ferrara

-Avv. Paolo Pavani del Foro di Ferrara

-Avv. Paolo Picei del Foro di Ferrara

-Avv. Elisa Piffanelli del Foro di Ferrara

-Avv. Cinzia Rizzatello del Foro di Ferrara

-Avv. Valentina Rocca del Foro di Ferrara

-Avv. Alice Roncaglia del Foro di Ferrara

-Avv. Ermanno Rossi del Foro di Ferrara

-Avv. Gisella Rossi del Foro di Ferrara

-Avv. Stefano Scafidi del Foro di Ferrara

-Avv. Giovanni Scutellari del Foro di Ferrara

-Avv. Marco Sforzi del Foro di Bologna

-Avv. Barbara Simoni del Foro di Ferrara

-Avv. Massimiliano Sitta del Foro di Ferrara

-Avv. Salvatore Tesoriero del Foro di Bologna

-Avv. Luca Tieghi del Foro di Ferrara

-Avv. Valeria Valentini del Foro di Milano

-Avv. Micaela Vancini del Foro di Ferrara

-Avv. Marcello Vescovi del Foro di Ferrara

-Avva. Patrizio Zagatti del Foro di Ferrara

-Avv. Cristina Zampollo del Foro di Ferrara

-Avv. David Zanforlini del Foro di Ferrara

-Avv. Vittorio Zappaterra del Foro di Ferrara

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con decreto emesso in data 19.12.2017 dal Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Ferrara era disposto il giudizio nei confronti degli imputati F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., M.M., L.G., G.A., T.M. e G.S. e S.E., in ordine ai reati di cui agli artt. 173 bis  t.u.f. , 2637 c.c., 2638 co. 2 e 3 c.c., 216 e 223 co. 2 L.Fall. e 2632 co. 1, 2 e 3 c.c., come da imputazioni in atti.

1. Svolgimento del processo.

All'udienza del 18.06.2018 il Tribunale, verificata la regolare costituzione delle parti, procedeva alla fase introduttiva del dibattimento; il difensore di S.E. depositava una relazione clinica in relazione alle condizioni psicofisiche dell'imputato chiedendo accertamenti sulla capacità del predetto; venivano, poi, illustrate dai difensori gli atti di costituzione di parte civile di cui effettuavano il deposito, con nuove istanze di citazione dei responsabili civili.

All'udienza del 25.06.2018 il processo veniva rinviato per legittimo impedimento dei difensori delle parti, che avevano aderito all'astensione proclamata dall'Unione Camere Penali l'11 giugno 2018; il Tribunale dichiarava a tal fine sospesi i termini di prescrizione dei reati. All'udienza del 9.07.2018 il Tribunale conferiva, ai sensi dell'art. 70  co. 1 c.p.p., incarico peritale al dott. L.F. in ordine agli accertamenti sullo stato di infermità di S.E.; con ordinanza allegata al verbale dell'udienza, dichiarava non ammissibili ai sensi dell'art. 79  c.p.p. le nuove costituzioni di parti civili notificate con atti fuori e successivamente all'udienza del 18.06.2018 e/o richiesta all'udienza del 9.07.2018; le difese degli imputati illustravano, poi, le richieste di esclusione ed eccezioni attinenti alle costituzioni di parte civile regolarmente depositate. All'udienza del 16.07.2018 il Tribunale emetteva ordinanza in ordine all'ammissibilità delle domande di costituzione di parte civile depositate alla udienza del 18.06.2018 e alle richieste di esclusione delle parti civili avanzate dalle difese degli imputati all'udienza del 9.07.2018; disponeva poi sulle nuove istanze di citazione dei responsabili civili D.T. s.p.a., B.P.V. s.c.p.a. e C.R.C. s.p.a., sull'istanza di citazione di B.B. s.p.a. e sulla richiesta di esclusione ex art. 86  c.p.p. avanzata dalle difese degli imputati; queste ultime svolgevano successivamente eccezioni sulla richiesta di rinvio a giudizio (nullità per violazione degli articoli 415 bis  e 416  c.p.p. per mancata proroga del termine di venti giorni e per omesso deposito da parte del P.M. di tutti gli atti d'indagine preliminare contestualmente alla notifica dell'avviso di conclusione indagini): il Tribunale con ordinanza allegata al verbale d'udienza rigettava le eccezioni suddette; infine, veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti avanzavano le rispettive richieste di ammissione delle prove. All'udienza del 23.07.2019 il Tribunale, a seguito di deposito della perizia su S.E., appurata l'irreversibilità dell'incapacità processuale dell'imputato, disponeva la separazione della posizione del predetto imputato e, ai sensi dell'art. 72 bis  c.p.p., il non doversi procedere nei confronti del medesimo in ordine ai reati a lui ascritti; infine, ammetteva le prove richieste dalle altre parti, con le indicazioni di cui all'ordinanza allegata al verbale di udienza.

All'udienza del 19.09.2018 venivano assunte le deposizioni dei testi L.S., della Guardia di Finanza - Nucleo di Polizia Economica di Ferrara e B.A., Commissario Liquidatore della "C.R.F. S.p.A." in l.c.a.; il Pubblico il Ministero effettuava una produzione documentale (n. 56 documenti) e, su accordo delle parti ai sensi dell'art. 493  co. 3 c.p.p., veniva acquisita la trascrizione del verbale di interrogatorio reso da B.A. in data 23.02.2017 davanti al P.M.; infine, la difesa F./S. produceva un documento (missiva del 4.05.2011 del Ministero dell'Economia e delle Finanze alla Fondazione C.R.F.).

All'udienza del 3.10.2018 venivano assunte le deposizioni di P.G., funzionaria di Consob, sull'attività di vigilanza di tale Istituto e di Q.D. sulla attività di consulenza espletata dalla società "B.B." a favore della C.R.F. S.p.A.; il Pubblico Ministero produceva atti e verbali di altri procedimenti penali ex art. 468  co. 4 bis c.p.p. (n. 10 documenti, di cui all'indice già depositato con la lista testi). All'udienza del 8.10.2018 venivano esaminati i testi D.S.C., S.F., M.F., D.P.S., funzionari della B.I. all'epoca dei fatti, in ordine all'attività di vigilanza svolta e ai provvedimenti emessi dall'Istituto; il Pubblico il Ministero effettuava ulteriore produzione documentale (mail inviata dal dottor F. al dottor D.S. il 3 dicembre 2010; missiva formale di trasmissione in data 10 dicembre 2010 del piano industriale, con l'elaborato e nota del 14 ottobre 2011 di C. a B.I. avente ad oggetto il riepilogo degli esiti della sottoscrizione delle azioni), come pure la difesa F./S. (allegati A e B alla istanza di benestare ex art. 56  TUB  presentata da C.). All'udienza del 15.10.2018 veniva assunta la deposizione del teste C.G.G., sulla attività di consulenza espletata dalla società "B.C. Group" a favore di C. negli anni 2010 e 2011, di P.F. sulla attività di consulenza espletata da "R.E.Y. S.p.A." a favore di C. negli anni 2010 e 2011 e di Pampolini Massimo sull'operazione di sottoscrizione di azioni C. effettuata da C.R.C. S.p.A. e B.P.V. S.c.p.a., con deposito da parte del Pubblico Ministero di nuovi documenti; alla stessa udienza le parti civili difese dagli avv. Ermanno Rossi, avv. Massimo Buja e avv. Marcello Vescovi dichiaravano di rinunciare all'esame del Consulente da loro indicato, dott. O.A..

All'udienza del 22.10.2018 veniva esaminato il teste di P.G. V.N., della Guardia di Finanza - Nucleo di Polizia Economica di Ferrara, sulle indagini espletate e in particolare sull'attività di perquisizione, sequestro e analisi dei dati. All'udienza del 29.10.2018 si procedeva all'esame di B.A. e di B.M., entrambi Consiglieri di C. e sottoposti ad indagini in procedimento collegato ai sensi dell'art. 371  comma 2 lett. b) c.p.p., in merito alla genesi dell'operazione di aumento di capitale sociale 2011 e su quanto prospettato dai vertici di C.R.F. S.p.A. al Consiglio di Amministrazione in ordine alle modalità di attuazione dell'operazione. All'udienza del 7.11.2018 veniva assunta la deposizione dei seguenti testimoni: D.L. (PCC B.I.), funzionario di tale Istituto, G.P. e F.T. (RC B.V.), entrambi funzionari della B.V. all'epoca dei fatti, B.V. (difesa Lenzi), quale amministratore delegato della società S. Spa e incaricato della gestione strategica delle attività di comunicazione della C.R.F., infine, veniva esaminata la Consulente Tecnica della PCC difesa avv. Capri Peraldo Sara in ordine alla determinazione delle perdite subite dalle parti civili. All'udienza del 16.11.2018 veniva esaminato sui profili dell'imputazione sub (...)) il Consulente del Pubblico Ministero Giuliano Iannotta e, su accordo delle parti, si procedeva all'esame anche degli altri Consulenti di parte R.M.V. (difesa F.), R.L. (difesa F./S.) e M.S. (difesa Mas ini); all'esito, si svolgeva un confronto diretto tra Consulenti con l'acquisizione dei rispettivi elaborati tecnici. All'udienza del 19.11.2018 l'esame del Consulente I. proseguiva in relazione ai profili dei capi 8) e ss. delle imputazioni; venivano poi esaminati i Consulenti P.G. (difesa RC Valsabbina), Baioni Marco e C.S. (difesa F./S.), C.R. (difese L., T., G.), G.S. (difesa RC C.C.) e R.M.V. (difesa F.); si procedeva, poi, all'esame del Consulente F.P. (difesa F.); all'esito, si svolgeva un confronto diretto tra Consulenti esaminati con l'acquisizione dei rispettivi elaborati tecnici.

All'udienza del 28.11.2018 venivano assunte le deposizioni dei testi della difesa F./S. Braglia Marco, funzionario del Credito Emiliano, G.G., Presidente del collegio dei revisori di C., F.M., funzionario dell'ufficio Ragioneria Generale di C., L.E., Responsabile del predetto Ufficio dal 2006 al 2013 e B.E. funzionario dell'Area Finanza di C.; venivano poi esaminati i testi della difesa N./G.B.F., Direttore Generale della B.C.R., e P.S., Responsabile Operativo della società C. 6.

All'udienza del 10.12.2018 si procedeva all'esame degli imputati G.S., F.D. e L.S.; venivano poi depositate dichiarazioni spontanee in forma scritta degli imputati F.D., S.M., L.G., G.A. e T.M. ed acquisiti ai sensi dell'art. 513  c.p.p. i verbali di interrogatorio resi rispettivamente da M.M. in data 11.03.2016 e 29.07.2016 e da G.P. e N.T. il 24.02.2017 e il 10.02.2017; le altre parti ai sensi dell'art. 513  co. 1 seconda parte c.p.p. non prestavano il consenso per l'utilizzo di tali dichiarazioni nei loro confronti; le parti effettuavano ulteriori produzioni documentali e all'esito, veniva dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale.

All'udienza del 17.12.2018 il processo veniva rinviato per legittimo impedimento dei difensori di tutte le parti che dichiaravano di aderire all'astensione proclamata dalle U.C.P.I. il 30.11.2018: il Tribunale dichiarava a tal fine sospesi i termini di prescrizione dei reati ai sensi dell'art. 159  co. 1 n. 3) c.p.

All'udienza dell'11.01.2019 i Pubblico Ministeri svolgevano la loro requisitoria e concludeva anche il difensore di PCC B.I.. All'udienza del 14.01.2019 illustravano le loro conclusioni i difensori della altre Parti Civili costituite.

All'udienza del 21.01.2019 concludevano i difensori dei Responsabili Civili e il difensore dell'imputato G.S.. All'udienza del 25.01.2019 concludevano i difensori degli imputati F.D., S.M., G.P., N.T., L.G., G.A., T.M.. All'udienza del 28.01.2019 si svolgevano le arringhe delle difese degli imputati M.M., F.D. e L.S.; il processo veniva rinviato per eventuali repliche e controrepliche. All'udienza del 04.02.2019 il processo veniva rinviato su richiesta di tutti i difensori degli imputati: il Tribunale dichiarava a tal fine sospesi i termini di prescrizione dei reati ai sensi dell'art. 159  co. 1 n. 3) c.p. All'udienza del 11.02.2019, in assenza di repliche del Pubblico Ministero, il Tribunale, esaurita la discussione e dichiarato chiuso il dibattimento, pronunciava dispositivo di sentenza di cui dava immediata lettura alle parti.

2. Esposizione motivi di fatto e di diritto e valutazione delle prove: modalità di trattazione degli argomenti.

Attesa la complessità dei fatti in esame e la loro articolazione in plurimi episodi aventi ad oggetto specifiche condotte, distinte tra loro in relazione all'oggetto, alle circostanze di fatto e di tempo e ai rapporti intercorsi tra le parti coinvolte, è necessario procedere alla loro ricostruzione e all'approfondimento dei reati ipotizzati per singole imputazioni, evidenziando, ove sussistenti, le relazioni tra i diversi fatti e soggetti.

In ragione di tale criterio di trattazione si procederà, pertanto, con la descrizione delle singole imputazioni, l'individuazione dei profili di diritto e di fatto rilevanti e le valutazioni dei risultati acquisiti ai fini dell'accertamento dei fatti, della loro qualificazione giuridica e del giudizio di responsabilità dei soggetti cui sono ascritte le singole condotte di reato.

IMPUTAZIONE sub capo 1)

F.D., L.S., F.D., M.M., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 173 bis D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 , perché, allo scopo di conseguire un ingiusto profitto per la "C.R.F. S.p.A. "istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

- M.M., nella qualità di sodo della "D.T. S.p.A. ", società di revisione contabile incaricata dalla C.R.F.,

nel Prospetto Informativo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." relative all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00 (prospetto depositato presso Consob in data 01.07.2011), con l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto:

A) Occultavano al potenziale investitore informazioni rilevanti per la corretta valutazione del rischio, in particolare:

1) Omettevano di evidenziare la raccomandazione di B.I., contenuta nelle comunicazioni del 20.10.2010 e del 29.04.2011, circa le caratteristiche dei destinatari dell'offerta, ossia che l'aumento di capitale doveva essere rivolto, 'fermi restando gli obblighi di informativa previsti dalle vigenti disposizioni", a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo";

2) Nella Sezione "Avvertenza", omettevano di indicare che l'importo dell'aumento di capitale richiesto da B.I. tramite le comunicazioni del 20.10.2010 e del 29.04.2011 doveva, nelle indicazioni dell'Organo di Vigilanza, essere almeno pari ad Euro 150 milioni e comunque in grado di assicurare un "Tier 1 Ratio " dell'8%, nonché che, nella missiva del 29.04.2011, lo stesso Organo di Vigilanza, a fronte della ritenuta "necessità di mantenere nel continuo il "Tier 1 Ratio" consolidato aduli livello superiore all'8% ", aveva invitato l'Emittente ad ampliare ulteriormente l'importo massimo dell'aumento di capitale;

3) Nella Sezione II Capitolo IV, omettevano di indicare che B.I., con le citate comunicazioni, aveva fissato per il Gruppo C. un "Tier 1 Ratio" di minimo dell'8%; al contrario, evidenziavano nel prospetto che, a seguito dell'operazione di aumento di capitale, il Gruppo avrebbe raggiunto un "Tier 1 Ratio" del 7,90%, definendo tale percentuale "ben al di sopra dei coefficienti minimi richiesti dalle Nuove Disposizioni di Vigilanza Prudenziale", senza, pertanto, sottolineare il mancato raggiungimento, tramite tale valore, delle indicazioni dell'Organo Vigilanza dettate al fine di attuare l'auspicato obiettivo del rafforzamento patrimoniale (raggiungibile, secondo B.I., soltanto tramite un "Tier 1 Ratio" almeno pari all'8% che doveva, peraltro, essere mantenuto nel tempo);

4) Nel paragrafo "Ragioni dell'offerta e impiego dei proventi", prospettavano l'idoneità dell'operazione di aumento di capitale "al rafforzamento della struttura patrimoniale ... in linea con gli auspici formulati da B.I." con le note sopra citate, omettendo ancora una volta di informare correttamente il pubblico che l'aumento di capitale avrebbe dovuto, secondo le esplicite indicazioni della Vigilanza, garantire un "Tier 1 Ratio" almeno pari a/'8%;

nonché:

B) Fornivano al potenziale investitore informazioni false e fuorvianti, occultando gli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010; in particolare:

1) Omettevano di segnalare nel prospetto che i dati previsionali di bilancio 2010 presi in considerazione quale base di partenza per le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011-2014 erano sensibilmente diversi rispetto ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 (segnatamente, che vi era una sensibile differenza fra le perdite previste, pari a Euro 23,8 milioni, e quelle effettive, pari a Euro 58,4 milioni; fra il "Tier l" previsto, pari a Euro 317,2 milioni, e quello effettivo, pari a Euro 275 milioni; fra il patrimonio netto previsto implicitamente ricavabile, pari a Euro 427,4 milioni, e quello effettivo, pari a Euro 368,5);

2) Omettevano di aggiornare le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011 - 2014 - dati riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - alla luce della significativa discrepanza tra i dati previsionali di bilancio 2010 e i dati reali quali effettivamente risultanti nel bilancio alla data del 31.12.2010 (dati conosciuti al momento del deposito del Prospetto Informativo che, se presi in considerazione quale base di partenza, avrebbero sensibilmente modificato in senso peggiorativo alcuni dei dati previsionali per gli anni successivi al 2010 riportati nel prospetto; in particolare, un "Tier 1 Ratio" compatibile con quello indicato in prospetto poteva essere raggiunto soltanto:

- diminuendo la percentuale di distribuzione dei dividendi con impatto negativo sul prezzo di emissione stimato e non aggiornato da C.; di conseguenza, quanto riportato nel prospetto, nella parte in cui veniva indicata la percentuale di distribuzione del 75% degli utili previsti, risultava non veritiero;

- ovvero con minori RWA; conseguentemente, quanto indicato nel prospetto circa la validità dei dati del Piano industriale del 30.11.2010 (non aggiornati da C.) e circa la costanza nel tempo del rapporto ria il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio per tutto l'orizzonte di previsione, non poteva corrispondere alla realtà).

3) Al contrario, nella Sezione "Avvertenza", evidenziavano che l'aumento di capitale avrebbe consentito "una situazione di sostanziale tranquillità alla luce degli scenari prospettici delineati nel Piano Industriale di Gruppo per il quadriennio 2011 - 2014";

4) Omettevano, conseguentemente, di evidenziare la rilevanza del mancato aggiornamento del prezzo di emissione

di ciascuna azione (fissato a Euro 21,00 e calcolato in ragione degli utili e delle perdite solo previste, queste ultime determinate sulla base di dati sensibilmente diversi da quelli effettivi; essendo le reali risultanze di bilancio 2010, non prese in considerazione da "C.R.F.", tali da comportare un impatto in senso negativo sulla determinazione del prezzo di sottoscrizione secondo il metodo dichiarato nel prospetto come utilizzato da C.);

5) Omettevano di segnalare che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011 - 2014 di cui al Piano industriale - dati

riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avevano tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" per fusione Banche Rete in Capogruppo, effetto tale da poter peggiorare il risultato simulato negli anni successivi, ovvero dell'effetto potenzialmente negativo derivante dall'operazione di fusione delle Banche Reti, essendo queste in situazione di criticità patrimoniale (effetto potenzialmente negativo esplicitamente segnalato dalla "B.C. Group" incaricata della redazione del Piano Industriale, la quale aveva indicato quale strumento essenziale per il rilancio del Gruppo la predetta operazione di fusione alfine del contenimento dei costi),

Con il concorso di M.M. che, nella qualità di socio della "D.T. S.p.A.", certificava in data 16.06.2011 che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non erano risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali erano stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010.

In Ferrara, in data 01.07.2011

3.Premessa. Oggetto dell'imputazione è il Prospetto Informativo redatto dalla C.R.F. S.p.A. e depositato presso Consob in data 01.07.2011/ relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di azioni ordinarie per l'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329/00. Secondo l'ipotesi accusatoria, in tale ambito, la condotta di falso, così come specificata nel capo d'imputazione suindicato, si sarebbe integrata attraverso l'occultamento al potenziale investitore di informazioni rilevanti per la corretta valutazione del rischio e la comunicazione di informazioni false e fuorvianti in ordine agli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010.

Tale prospettazione a parere del Tribunale merita di essere condivisa ed il reato ipotizzato sussiste per le ragioni che verranno di seguito esposte.

In premessa, sono da evidenziare i profili da approfondire al fine della ricostruzione dei fatti e del giudizio di responsabilità degli imputati; gli stessi attengono ai seguenti temi: inquadramento generale della fattispecie dell'art. 173 bis  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58  (t.u.f.) e delle connesse problematiche giuridiche; genesi dell'operazione di aumento di capitale nel 2011; analisi del Prospetto Informativo e dei suoi profili di criticità; verifica delle tesi difensive e degli argomenti a sostegno dell'opzione ricostruttiva adottata. Infine, andrà approfondito il ruolo assunto nella vicenda dai singoli imputati (F.D., L.S., F.D., M.M.) in relazione ai predetti profili e, quindi, la loro responsabilità nella commissione del reato.

3.1. Il quadro normativo di riferimento.

Il reato di falso in prospetto è disciplinato dall'art. 173 bis  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58  (t.u.f.), introdotto dalla L. n. 262 del 2005  (cd. di tutela del risparmio) che ha contestualmente abrogato il previgente reato di cui all'art. 2623  c.c. Oltre a tale articolo, le norme dell'ordinamento interno di riferimento per la disciplina di tale fattispecie sono gli artt. 94  e 94 bis  del t.u.f.  Per una più agevole comprensione della vicenda in esame si riporta il testo di tali articoli:

- art. 173 bis  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58  (t.u.f.)

Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la offerta al pubblico di prodotti finanziari o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

- art. 94  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58  (t.u.f.) (Prospetto d'offerta)

1. Coloro che intendono effettuare un'offerta al pubblico pubblicano preventivamente un prospetto. A tal fine, per le offerte aventi ad oggetto strumenti finanziari comunitari nelle quali l'Italia è Stato membro d'origine e per le offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari comunitari, ne danno preventiva comunicazione alla Consob allegando il prospetto destinato alla pubblicazione. Il prospetto non può essere pubblicato finché non è approvato dalla Consob.........

2. Il prospetto contiene, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell'emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene altresì una nota di sintesi la quale, concisamente e con linguaggio non tecnico, fornisce le informazioni chiave nella lingua in cui il prospetto è stato in origine redatto. Il formato e il contenuto della nota di sintesi forniscono, unitamente al prospetto, informazioni adeguate circa le caratteristiche fondamentali dei prodotti finanziari che aiutino gli investitori al momento di valutare se investire in tali prodotti.

3. Il prospetto per l'offerta di strumenti finanziari comunitari è redatto in conformità agli schemi previsti dai regolamenti comunitari che disciplinano la materia.

4. ...omissis...

5. Se è necessario per la tutela degli investitori, la Consob può esigere che l'emittente o l'offerente includa nel prospetto informazioni supplementari.

6. ...omissis....

7. Qualunque fatto nuovo significativo, errore materiale o imprecisione relativi alle informazioni contenute nel prospetto che sia atto ad influire sulla valutazione dei prodotti finanziari e che sopravvenga o sia rilevato tra il momento in cui è approvato il prospetto e quello in cui è definitivamente chiusa l'offerta al pubblico deve essere menzionato in un supplemento del prospetto.

8. ...omissis...

9. ...omissis...

10. ...omissis...

11. ...omissis....

- art. 94-bis  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58  (t.u.f.) (Approvazione del prospetto)

1. Ai fini dell'approvazione, la Consob verifica la completezza del prospetto ivi incluse la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite.

2. La Consob approva il prospetto nei termini e secondo le modalità e le procedure da essa stabiliti con regolamento conformemente alle disposizioni comunitarie. La mancata decisione da parte della Consob nei termini previsti non costituisce approvazione del prospetto.

3. ...omissis...

4. ...omissis...

5. ...omissis....

3.2. Elementi della fattispecie penale del reato di falso in Prospetto.

Il Prospetto Informativo è il documento la cui pubblicazione è imposta ai soggetti che intendano fare appello al pubblico risparmio al fine di fornire ai potenziali investitori le informazioni necessarie per le scelte dell'investimento. Il Prospetto Informativo costituisce dunque uno strumento informativo essenziale in funzione di tutela degli investitori.

L'interesse tutelato dal delitto in esame s'identifica con il "risparmio" nella sua accezione dinamica di investimento: la norma è, quindi, volta a tutelare sia la correttezza dell'informazione societaria, funzionale alla scelta della platea dei potenziali investitori, che il patrimonio individuale di ciascuno di questi, come si evince dalla presenza del requisito dell'idoneità decettiva e dal dolo specifico del profitto.

Il reato di falso in prospetto è strutturato come un reato comune, in quanto la norma indica come soggetto attivo chiunque esponga false informazioni nei prospetti e negli altri documenti rilevanti. L'individuazione di possibili soggetti nella posizione di poter commettere il reato si definisce dunque in riferimento all'oggetto materiale e alle condotte previste dall'art. 173 bis  t.u.f.  Sono certamente soggetti attivi del reato coloro su cui ricade l'obbligo di prospetto veritiero ex art. 94  t.u.f. , identificabili nell'emittente del prodotto finanziario (colui che crea il prodotto e lo propone direttamente o tramite intermediari ai risparmiatori), nell'offerente (colui che crea il mercato del prodotto valorizzandolo ed inducendo all'investimento) e in tutti coloro cui sono riconducibili l'esposizione di false informazioni e l'occultamento di dati e notizie ingannevoli.

Le condotte previste nel fatto tipico sono descritte in modo generico, così da comprendere sia la falsificazione delle informazioni contenute nel documento sia l'omissione di dati e notizie:

a) la prima, di natura commissiva, consiste, appunto, nell'esposizione di false informazioni nei prospetti richiesti per l'offerta al pubblico di prodotti finanziari. Il concetto di informazione può essere desunto dal contenuto del richiamato art. 94  co. 2 t.u.f.  ove si fa riferimento alle "informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell'emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene altresì una nota di sintesi la quale, concisamente e con linguaggio non tecnico, fornisce le informazioni chiave nella lingua in cui il prospetto è stato in origine redatto". Connotato essenziale di tali informazioni è la loro adeguatezza in ordine alle caratteristiche fondamentali dei prodotti finanziari, in modo tale che possano aiutare gli investitori al momento di valutare se investire in tali prodotti. Il criterio per individuare le comunicazioni doverose presenta, dunque, natura finalistica.

In coerenza con tale prospettiva è possibile includere nel raggio sanzionatorio dell'art. 173 bis  t.u.f.  le false informazioni non solo sui dati materiali, ma anche sulle notizie e valutazioni che fondano l'offerta e le informazioni riferite anche all'evoluzione dell'attività dell'emittente (cfr. P., Risparmio: sui prospetti Consob decisivo il danno, in Guida al Diritto, 2002, n. 10, p. 59), con un implicito richiamo alla necessità di un giudizio prognostico che non si limiti a riportare meri dati oggettivi, ma involga un'elaborazione estimativa dell'emittente che ponga in grado il destinatario del prospetto di formarsi un fondato giudizio sull'opportunità di investimento. La norma vuole tutelare, infatti, non solo la veridicità dei dati contenuti nei documenti da sottoporre al pubblico, ma anche la loro correttezza, da intendere in termini di comprensibilità e valutabilità. In questo senso, dunque, anche le valutazioni possono rientrare nell'area di tutela pur se non si potrà parlare in questo caso di verità delle valutazioni, quanto, piuttosto, di genuinità ed imparzialità delle stesse (di tale chè può essere vero il dato o fatto oggetto della valutazione e falsa la valutazione che si desume dallo stesso). Al fine di individuare un parametro di riconoscimento della veridicità del contenuto valutativo del prospetto, per la rilevanza penale della condotta sarà necessario che la valutazione sia frutto di una dolosa elaborazione del dato, finalizzata ad ingannare i destinatari del prospetto nella valutazione del loro investimento e non sia solo esercizio prognostico opinabile, collegato a situazioni future o a incerti fattori di rischio, come tali suscettibile di censure, ma privo di un riscontro diretto circa la sua infondatezza. Riguardo all'esposizione dei fattori di rischio, la falsità non potrà, quindi, essere verificata sulla valutazione di aspettative per il futuro, ma avrà ad oggetto la veridicità dei dati fattuali descrittivi della situazione al momento di pubblicazione del prospetto, sulla base dei quali le proiezioni sono formulate.

b) La seconda condotta prevista è quella dell'occultamento di dati e notizie. Si tratta di quel comportamento attraverso il quale vengono sottratti alla conoscenza degli investitori dati o notizie utili per ponderare le proprie decisioni. Per individuare quali dati e notizie assumano rilevanza ai fini della fattispecie (anche al fine di distinguere la condotta di nascondimento da quella di mera omissione di documenti sanzionata in via amministrativa dagli artt. 191 , 192  e 193  t.u.f. ) è necessario fare ricorso a un criterio funzionale connesso alla potenzialità ingannatoria degli stessi e agli specifici obblighi informativi che derivano dalla normativa extrapenale; l'occultamento avrà rilevanza nei casi in cui la mancanza del dato e/o notizia integri una violazione di obblighi informativi e una lesione alle aspettative degli investitori di essere correttamente informati.

Il reato è fattispecie di pericolo concreto. La condotta incriminata deve avere un'idoneità a indurre in errore i destinatari dell'informazione; è, quindi, necessario valutare la qualità dell'informazione esposta e le caratteristiche dell'investitore in relazione alla sua capacità di apprezzare in maniera fondata il rischio connesso all'investimento, alla luce del contenuto del prospetto. Non essendo disponibile in concreto un modello di riferimento reale della categoria degli investitori (i cui standard di conoscenza variano a seconda che si tratti di semplici risparmiatori o di addetti ai lavori e/o cd. investitori istituzionali), la verifica di tale idoneità decettiva va effettuata in concreto, avendo come parametro la generalità degli stessi, considerando la molteplicità di fattori, anche irrazionali, che possono influenzare nella pratica la scelta di investimento.

Circa il profilo soggettivo, la norma è costruita sulla combinazione dolo intenzionale-dolo specifico: a fianco della volontà e rappresentazione del fatto tipico commesso con l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, si aggiunge lo scopo di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri. La richiesta di intenzionalità dell'azione esclude la rilevanza del dolo eventuale: il requisito esplicito impone, infatti, che il soggetto agente abbia esposto il falso ovvero occultato dati e notizie intenzionalmente e non si sia limitato ad accettare il rischio della non veridicità dei dati esposti.

E' reato a consumazione istantanea, pur produttiva di effetti idonei a protrarsi nel tempo: il reato si consuma nel momento in cui il Prospetto esce dalla disponibilità dell'emittente e viene inoltrato alla Consob.

3.3. Genesi dell'operazione di Aumento di Capitale deliberata da C.

Delineato l'inquadramento generale della fattispecie, è necessario illustrare alcuni aspetti di contesto della vicenda in esame, a partire dalle circostanze in cui sarebbe maturata l'operazione di aumento di capitale nel 2011 da parte di C. Vengono in rilievo a riguardo le interlocuzioni che C. ha mantenuto con l'Organo di Vigilanza dall'anno 2009, in quanto è proprio nell'ambito del rapporto di vigilanza sorto in quell'epoca che si possono rinvenire le ragioni e le finalità dell'operazione.

Attraverso le produzioni documentali del Pubblico Ministero e l'esame dei testimoni, in particolare dei funzionari della B.I. che a vario titolo si sono occupati della vicenda, è stato possibile ricostruire i rapporti intercorsi tra l'Istituto e l'Organo di Vigilanza e gli esiti del monitoraggio svolto della B.I., verificando l'incidenza che le richieste e le raccomandazioni di quest'ultima hanno avuto nella scelta di procedere all'Aumento di Capitale, deliberato il 7.10.2010. Si tratta di una ricognizione che nei suoi passaggi salienti non è stata oggetto di contestazione nel corso dell'istruttoria. Se ne richiamano, pertanto, i passaggi più significativi e le fonti di prova raccolte.

- Nel periodo compreso tra il 02.02.2009 e il 29.05.2009 la C.R.F. S.p.A. era stata oggetto di una prima ispezione da parte di B.I.. All'esito delle verifiche effettuate, l'Organo di Vigilanza aveva segnalato la grave situazione dell'Istituto sotto il profilo gestionale e patrimoniale, evidenziando le difficoltà di funzionamento del nuovo assetto, il mancato raggiungimento di un adeguato equilibrio economico da parte di quasi tutte le aziende controllate ed il problematico stato degli impieghi connotato da un significativo peso delle partite anomale, in particolare con un monitoraggio assente sulle posizioni costituenti grandi rischi. In sede ispettiva, veniva accertato, inoltre, un forte deterioramento del portafoglio creditizio da imputarsi a condotte degli Amministratori e all'azzardata espansione dell'attività creditizia in ambiti territoriali diversi da quello d'origine, caratterizzata dalla omessa predisposizione di adeguate cautele organizzative in un quadro di scarsa trasparenza. L'ispezione si concludeva con un giudizio intermedio (3 su 5) senza alcun provvedimento di B.I..

- Al dicembre del 2009, il grave deterioramento del portafoglio creditizio aveva mostrato di incidere in maniera rilevante sul profilo patrimoniale del Gruppo (v. teste D.S., pag. 27 del verbale suindicato). Vi era stato un incontro il 26.11,2009 tra B.I. e la dirigenza di C. (a quella data il Direttore Generale era diventato il dott. G.) in relazione alla verifica delle iniziative assunte dalla Banca per la rimozione delle criticità (si veda, relativo a tale incontro, il documento denominato "appunto per il Capo Servizio", prodotto dal Pubblico Ministero all'udienza del 19.09.2018, come doc. 7). All'esito, la Vigilanza aveva dato un mandato all'Istituto affinchè procedesse a una nuova e più rigorosa valutazione delle posizioni creditorie in essere e a una riclassificazione delle stesse (v. teste D.S., pag. 15 del verbale cit.). Nelle date del 23.02.2010 e del 31.03.2010 si erano svolti ulteriori incontri (alla Presidenza di C. era nel frattempo subentrato il dott. S.L.) in cui da parte dell'Organo di Vigilanza erano state ribadite le criticità sotto il profilo della gestione economica e patrimoniale della Cassa alla luce delle perdite di esercizio e della riduzione conseguente del patrimonio di vigilanza (v. doc. 8) e 9) delle produzioni all'udienza del 19.09.2018), con la richiesta che l'analisi dei crediti venisse portata avanti, vi fossero cessioni di assets e una riduzione dell'attivo a rischio al fine di non superare i limiti della vigilanza (v. teste D.S., pag. 18 del verbale cit.).

- Il 25.06.2010 B.I. aveva inviato al Presidente del Consiglio di Amministrazione di C. una lettera nella quale venivano definite "generiche e prive di tempistica" le iniziative sino ad allora adottate dall'Istituto e si raccomandava per C. la previsione di una rigida tempistica sulle cessioni, di un piano alternativo di rafforzamento patrimoniale per il caso in cui le stesse non fossero andate a buon fine entro il 31.10.2010 e, soprattutto, l'adozione di un Piano Industriale da sottoporre all'Organo di Vigilanza. Va aggiunto che, a seguito del sostanziale fallimento delle ulteriori iniziative sollecitate da B.I. (con particolare riferimento alle cessioni degli assets), già nel mese di giugno 2010 a fronte della mancanza di disponibilità al finanziamento da parte della Fondazione, socio di maggioranza, l'Organo di Vigilanza aveva sollecitato la Banca alla ricerca di un partner, da intendere come un soggetto economicamente in grado di sostenere il Gruppo nel tempo e di intervenire nelle scelte gestionali: proprio in relazione a questa prospettiva, aveva iniziato ad emergere la necessità di un Aumento di Capitale, che avrebbe dovuto essere un "Aumento di Capitale dedicato, quindi con esclusione del diritto di opzione" (v. teste D.S., pag. 20 del verbale suindicato).

- Nel corso degli ulteriori incontri tra la Dirigenza di C. e la B.I. avvenuti il 17.08.2010 ed il 6.10.2010 (data in cui come Direttore Generale era subentrato il dott. D.F.) l'Organo di Vigilanza aveva continuato a lamentare il mancato adempimento alle sue richieste per un rafforzamento patrimoniale (cessioni, piano di ripatrimonializzazione alternativo, ricerca di un partner strategico) ed il carattere generico e nel complesso insoddisfacente, per contenuti e tempistica, delle indicazioni fornite dall'Istituto. Veniva ribadito, in particolare nell'incontro del 6.10.2010, come fosse ormai inderogabile e non rinviabile un aumento di capitale, atteso il rischio concreto che il Tier 1 Ratio potesse scendere sotto la soglia minima obbligatoria, con problematiche di tipo reputazionale sul mercato e di liquidità che avrebbero potuto determinare conseguenze gravi sulla prosecuzione dell'attività dell'Istituto.

- La raccomandazione di adottare i provvedimenti idonei a superare la crisi finanziaria e procedere all'Aumento di Capitale veniva formalizzata dalla B.I. con la lettera del 20.10.2010: in tale missiva veniva descritta la necessità che la Banca dovesse precostituirsi un "adeguato buffer patrimoniale in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" e realizzare un Aumento di Capitale "pari a almeno 150 milioni di Euro e comunque in grado di assicurare un Tier 1 Ratio dell'8%", da deliberare entro il 31.12.2010 e sorretto da "un'adeguata garanzia di sottoscrizione". In ordine ai destinatari dell'operazione, l'Organo di Vigilanza aveva precisato che tale Aumento doveva essere rivolto a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento e che si caratterizzino per un'adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo". Alla luce delle precedenti interlocuzioni, va sottolineato il carattere pressante ed ultimativo di tale direttiva dell'Organo di Vigilanza, rafforzato da un esplicito richiamo a precise condizioni e tempistiche e dalla riserva, in caso di mancata ottemperanza dell'assunzione, di adottare "ogni ulteriore iniziativa ritenuta necessaria al fine di garantire il mantenimento di condizioni di stabilità dell'intermediario".

3.4. Delibera dell'Aumento di Capitale, autorizzazioni e pubblicazione del prospetto.

A seguito delle interlocuzioni con la Vigilanza ed a riscontro delle richieste della stessa, C. aveva assunto le seguenti iniziative:

- in data 27 agosto 2010 conferiva alla società di consulenza B.C. Group incarico per la predisposizione di un Piano Industriale di riassetto e riqualificazione del Gruppo, poi approvato il 30.11.2010;

- il 16.11.2010 veniva deliberato dal CdA di C. l'incarico alla società R.E.Y. S.p.A. quale advisor nell'operazione di aumento di capitale quanto alla definizione del prezzo delle azioni;

- il 7.12.2010 il CdA deliberava l'operazione di aumento di capitale per Euro 150.220.329,00 fissando il prezzo di emissione delle nuove azioni a Euro 21,00 ciascuna;

- il 10 dicembre 2010 il Presidente del Consiglio di Amministrazione di C. inviava a B.I. la richiesta di autorizzazione alle modifiche statutarie finalizzate all'operazione di aumento di capitale ai sensi dell'art. 56  co. 1 t.u.b.  (in forza del quale "la B.I. accerta che le modificazioni degli statuti delle banche non contrastino con una sana e prudente gestione"); l'autorizzazione veniva rilasciata da B.I. in data 29.04.2011. Nella richiesta di C. veniva chiarito come l'Aumento di Capitale costituiva "un elemento essenziale al fine di superare i rilievi formulati da Codesto Onorevole Istituto con nota di prot. n. (...) del 25 giugno 2010 e, da ultimo, con nota di prot. n. (...)" e, nella relazione allegata all'istanza, veniva fatto esplicito riferimento agli "elementi di criticità che caratterizzano la situazione tecnica del Gruppo C." e alla circostanza per cui la Banca, considerata la rilevanza strategica dell'operazione e l'assenza di garanzie che la Fondazione esercitasse il diritto di opzione, "in conformità con gli auspici della Vigilanza, avesse avviato contatti con primarie istituzioni, volti ad identificare adeguate garanzie di sottoscrizione delle azioni di nuova emissione";

- in data 10.12.2010 veniva trasmesso del Piano Industriale, così come richiesto dall'Organo di Vigilanza nella missiva del 25.06.2010;

- con lettera del 31.01.2011 C. indicava i soggetti "investitori istituzionali" che si erano impegnati a sottoscrivere azioni per un certo controvalore (Euro 27.519.975: F.A., F.V., A. S.r.l., la Fondazione C.R.I., la C.R.R. S.p.A.; Euro 35.700.336: F.I.S. S.p.A.).

La B.I. in data 29.04.2011 inviava una nuova comunicazione al Presidente del Consiglio di Amministrazione di C.: la missiva, antecedente all'approvazione dell'Aumento di Capitale da parte della l'Assemblea dei Soci di C., ribadiva le raccomandazioni già formulate nella lettera del 20.10.2010 segnalando ulteriormente la necessità di mantenere nel tempo un Tier 1 Ratio almeno pari alla percentuale dell'8%, e l'invito, a tal fine, a valutare un ampliamento dell'importo dell'Aumento di Capitale originariamente fissato. Il 05.05.2011 il Presidente Lenzi rispondeva alle richieste di B.I. evidenziando che la strada dell'incremento dell'importo dell'Aumento di Capitale originariamente fissato a Euro 150 milioni non risultava percorribile.

Va osservato come la suindicata lettera di B.I. riportava la stessa data, 29 Aprile 2011, di quella avente ad oggetto l'autorizzazione concessa dall'Istituto ex art. 56  t.u.b.  In sede di istruttoria è stata chiarita la diversa natura di questi due documenti: l'autorizzazione a firma del Direttore Generale atteneva ad un giudizio di conformità al dettato della legge bancaria dell'aumento di capitale e della connessa modifica statutaria, mentre la missiva della Vigilanza rappresentava l'esito di una costante interlocuzione con la Banca ed era volta a perseguire l'obiettivo del rafforzamento patrimoniale valutato come necessario per superare le gravi criticità della stessa.

In data 06.05.2011 l'Assemblea dei Soci di C. approvava l'operazione di Aumento del Capitale per un importo di Euro 150.220.329,00 per complessive 7.153.349 azioni ordinarie al prezzo di Euro 21,00, di cui Euro 5,16 di valore nominale ed Euro 15,84 di sovrapprezzo.

Conclusioni sul monitoraggio della Vigilanza e genesi dell'Aumento di Capitale. Alla luce degli elementi sopra esposti, in merito al profilo della genesi dell'operazione di Aumento di Capitale si possono ritenere accertate le seguenti circostanze:

- l'Aumento di Capitale di C. deliberato dal Consiglio di Amministrazione della Banca il 7.12.2010 era maturato nel contesto di un'attività di vigilanza da parte di B.I. avviata fin dal febbraio 2009; tale attività (sviluppatasi attraverso plurime interlocuzioni con la Banca, mediante incontri e scambi epistolari) aveva assunto nel tempo un carattere progressivo e pressante, a fronte dell'aggravarsi delle criticità emerse (sotto il profilo gestionale e patrimoniale) e dell'urgenza degli interventi richiesti per rimediarle.

- L'operazione di Aumento di Capitale aveva risposto ad una specifica raccomandazione della Vigilanza, formalizzata da ultimo con la missiva del 20.10.2010, a seguito dell'inerzia dell'Ente circa la tempistica e l'adozione concreta di iniziative per la riduzione dell'attivo a rischio (cessioni degli assets, ricerca di un partner strategico, acclaramento del portafoglio creditizio, ecc.).

- L'indicazione della B.I., pur non assumendo valenza di prescrizione vincolante, aveva carattere perentorio e l'Aumento di Capitale era stato considerato dalla Vigilanza come cruciale al fine di conseguire (unitamente ad altre iniziative) l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale della Cassa ritenuto inderogabile e non più rinviabile, al fine di evitare una situazione di crisi che avrebbe altrimenti compromesso il funzionamento dell'Istituto ed imposto iniziative conseguenti da parte di B.I..

- L'operazione, così come prefigurata dalla Vigilanza, doveva prevedere alcune precise caratteristiche: un importo minimo dell'aumento (150 milioni di Euro) con l'invito ad incrementarlo, al fine di assicurare un coefficiente patrimoniale di base (Tier 1 Ratio) pari ad almeno dell'8% e doveva rivolgersi a soggetti istituzionali in grado di valutare in maniera appropriata il rischio dell'investimento e fornire un concreto sostegno anche prospettico alle esigenze di rilancio; tali condizioni erano state ritenute condizioni imprescindibili per la suddetta finalità di rafforzamento dell'Istituto.

3.5. Il Prospetto Informativo: incarico alla società B.B. e rapporti con Consob.

Nell'ottobre 2010 C. conferiva incarico allo Studio internazionale B.B. avente ad oggetto l'assistenza professionale nel progetto di aumento di capitale che prevedeva, tra gli altri, interventi di coordinamento dell'attività di stesura del Prospetto Informativo da sottoporre al vaglio della Consob.

In data 09.05.2011 C. trasmetteva a Consob il Prospetto Informativo relativo all'Aumento di Capitale per l'approvazione ai sensi dell'art. 94  del t.u.f.  e 4 del Regolamento Consob n. 11971/99.

In data 28.06.2011, la Consob rilasciava il nulla osta per la pubblicazione del Prospetto Informativo relativo all'aumento del capitale. Il rilascio del nulla osta era stato preceduto dalla certificazione del prospetto ad opera della società di revisione D.T., a ciò incaricata da C. su sollecitazione di Consob. In particolare, in ordine alla corrispondenza intercorsa fra l'Istituto e Consob, si segnalano tre missive:

- lettera di Consob del 24.05.2011 in cui l'Organo di Vigilanza, nel comunicare l'avvio del procedimento amministrativo n. 20112159/1, aveva rilevato l'incompletezza della documentazione prodotta dalla "C.R.F. S.p.A.", invitando la stessa a trasmettere una nuova versione del Prospetto Informativo con le informazioni e gli elementi mancanti; - lettera di C. dell'08.06.2011 in cui la Banca riscontrava le richieste di integrazione del prospetto;

- lettera di Consob del 15.06.2011 di richiesta di nuova integrazione, concernente le integrazioni del Prospetto Informativo con le informazioni di cui al capitolo XIII dell'allegato I  al Regolamento 809/2004/CE  a seguito del comunicato stampa dell'Emittente diffuso il 20.04.2011 contenente tra l'altro dati relativi al Piano Industriale 2011-2014 sulle previsioni di utili.

Il Prospetto Informativo veniva deliberato il 28.06.2011 e pubblicato il 01.07.2011.

Con decorrenza dal 03.07.2011, veniva avviata l'operazione di collocazione delle azioni che si concludeva il 30.09.2011.

3.6. Il Prospetto Informativo: profili generali.

La redazione e il contenuto del Prospetto Informativo e la sua pubblicazione trovano disciplina nelle fonti comunitarie. All'epoca dei fatti in esame era la Direttiva 2003/71/CE  ("Direttiva Prospetti") che fissava i principi per la redazione dei prospetti, integrata per il contenuto informativo, il modello e le modalità di pubblicazione dei prospetti dal Regolamento (Ce) n. 809/2004  della Commissione del 29 aprile 2004 (abrogato nel 2017 dal Regolamento (UE) 2017/1129 ).

La normativa europea prevede quale debba essere la struttura tipica di un Prospetto Informativo ed il livello minimo di contenuto informativo da inserire secondo principi volti a rendere uniformi ed omogenei i criteri di redazione: la necessità di conformarsi agli schemi previsti dai regolamenti comunitari è sancita dall'art. 94  co. 3 del t.u.f.  Tale esigenza di uniformità non implica, tuttavia, che il contenuto informativo di un Prospetto debba ritenersi standardizzato con una selezione aprioristica dei dati e delle informazioni rilevanti per il potenziale investitore, dovendosi anzi ritenere che, proprio per la loro funzione di consentire un investimento consapevole, i prospetti vadano corredati da informazioni che, nel rispetto del minimo prescritto dalla normativa europea, si adattino alle circostanze del caso concreto.

La necessità di misurare la completezza del Prospetto Informativo rispetto al fondato giudizio che il suo destinatario può avere dell'investimento deriva dallo stesso sistema delineato dal legislatore per disciplinare le sollecitazioni al pubblico risparmio. La normativa del t.u.f. è, infatti, incentrata sul Prospetto Informativo come documento senza il quale la sollecitazione non può aver luogo e corredato da un regime di controlli pubblici. Ciò, necessariamente, induce ad assegnare una funzione centrale al Prospetto nell'informazione dovuta agli investitori cui la sollecitazione è rivolta, tale per cui la non veridicità del Prospetto anche sotto forma di informazioni fuorvianti, a meno che non riguardi aspetti del tutto secondari e di per sè poco influenti, naturalmente implica un'indebita distorsione nella scelta che il destinatario dell'offerta è stato indotto a compiere.

In relazione al Prospetto Informativo emesso da C. le ragioni giustificative e le caratteristiche dell'Aumento di Capitale erano legate ad un contesto contingente del tutto specifico e si differenziavano nettamente dalle precedenti operazioni di Aumento di Capitale che già erano state effettuate dalla Cassa. La situazione che aveva condotto i vertici della Banca a deliberare l'Aumento di Capitale nel 2011 presentava criticità sotto il profilo gestionale e patrimoniale ed era stata oggetto di un monitoraggio intenso e progressivo da parte della Vigilanza, che aveva di fatto posto l'Istituto ferrarese di fronte alla necessità di procedere all'operazione come extrema ratio a fronte dell'incapacità di adottare ulteriori e diverse iniziative in grado di dare una concreta risposta alle stringenti necessità di riequilibrio tecnico finanziario che la situazione richiedeva. Se questo era il quadro di fondo all'interno del quale è maturata l'operazione, è chiaro come il contenuto informativo necessario da inserire nel Prospetto dovesse non solo rispondere ai requisiti minimi normativi ma riguardare ogni dato e informazione idonei a rappresentare correttamente tale situazione e l'evoluzione dell'attività dell'emittente, secondo i già descritti parametri di comprensibilità e valutabilità in grado di consentire al destinatario del Prospetto di formarsi un fondato giudizio sull'opportunità di investimento.

3.7. Analisi del Prospetto Informativo e condotte ascritte agli imputati.

Nel procedere all'analisi del contenuto del Prospetto Informativo alla luce dei profili specifici descritti nell'imputazione, è dunque necessario, anzitutto, verificare il contenuto delle informazioni inserite nel Prospetto, la loro completezza e veridicità rispetto ai criteri sopra indicati, la natura ed entità delle eventuali criticità rilevate e la loro idoneità decettiva.

Due sono i profili generali delle condotte contestate al capo 1) relativo al falso in Prospetto:

a) l'aver occultato al potenziale investitore informazioni rilevanti per la corretta valutazione del rischio;

b) l'aver fornito al potenziale investitore informazioni false e fuorvianti, occultando gli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010.

3.7.1. Omessa evidenza delle caratteristiche dei destinatari dell'offerta (capo 1, sub a) n.1).

L'imputazione sub a) al n. 1) richiama le raccomandazioni della B.I. nella parte in cui veniva richiesto a C. che l'Aumento di Capitale fosse rivolto, "fermi restando gli obblighi di informativa previsti dalle vigenti disposizioni", a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria".

Profili rilevanti nella prospettazione accusatoria. Osserva il Pubblico Ministero che le sollecitazioni di B.I. contenute nelle missive del 20.10.2010 e del 29.04.2011 evidenziavano la necessità di indirizzare l'offerta conseguente all'operazione di Aumento di Capitale a soggetti in grado di supportare economicamente il rafforzamento dell'Istituto nel tempo garantendone la continuità, con una valutazione dei potenziali investitori ulteriore rispetto al test di adeguatezza previsto dalla normativa Mifid. Tale condizione era stata ritenuta imprescindibile per le esigenze di rilancio di C. e afferiva alle ragioni dell'operazione di aumento e alle sue reali finalità: la necessità di individuare destinatari capaci di garantire un concreto sostegno anche prospettico alle esigenze di rafforzamento dell'Istituto era stata ribadita nella missiva del 29.04.2011 contenente l'invito a valutare un ampliamento dell'importo dell'Aumento di Capitale (v. testi D.S., D. e B.). Tale informazione poteva, quindi, a ragione ritenersi rilevante per una corretta rappresentazione della situazione dell'Istituto e dell'evoluzione della sua attività e doveva, quindi, fare parte del nucleo di comunicazioni del Prospetto Informativo idoneo per un fondato giudizio sull'opportunità dell'investimento.

A fronte di ciò, il Prospetto Informativo relativo all'aumento di capitale non riportava alcun riferimento alla necessità di indirizzare l'offerta a destinatari con un profilo adeguato, a parte un riferimento generale ad una prescrizione dell'Organo di Vigilanza in merito alla necessità di procedere all'operazione di Aumento di Capitale privo però di concreti e specifici elementi relativi all'invito dell'Autorità di controllo a rivolgere l'offerta delle azioni a soggetti in grado di ponderare adeguatamente i rischi e, al contempo, di sostenere economicamente la continuità dell'attività dell'Istituto. Nella tesi d'accusa, tale omissione avrebbe privato l'investitore di elementi informativi in grado di fargli comprendere la reale portata dell'operazione e i rischi ad essa correlati.

Le tesi difensive. Alla luce di tali circostanze e considerazioni, vanno esaminate le argomentazioni dalle difese degli imputati prospettate al fine di confutare la rilevanza dell'omissione contestata.

- Si è, anzitutto, rilevato come la necessità di individuare i destinatari dell'offerta nei termini descritti dalla raccomandazione della B.I. non integrasse alcun requisito previsto dalla normativa, né l'indicazione era contenuta in un provvedimento prescrittivo della B.I., risolvendosi, piuttosto, in un mero auspicio della Vigilanza espresso in termini prudenziali seppure intensi.

- Sotto altro profilo, si è osservato che la B.I. aveva autorizzato ex art. 56  t.u.b.  l'operazione di aumento di capitale, indirizzato nella prima fase ai soci, valutandone la conformità con una "sana e prudente gestione", con ciò garantendo la sostanziale corrispondenza della stessa con gli auspici della Vigilanza; quest'ultima, infine, sarebbe stata comunque informata da C. sull'andamento delle sottoscrizioni e sulle categorie di sottoscrittori senza osservare alcunché in merito.

L'opzione ricostruttiva adottata. Ritiene il Tribunale che i suddetti rilievi difensivi non siano idonei a smentire la prospettazione accusatoria, che va dunque accolta in ragione delle seguenti osservazioni.

a) Carattere non vincolante e non prescrittivo delle indicazioni della B.I.. E' questo un aspetto che non consente di escludere la rilevanza delle suddette indicazioni e quindi la loro necessaria inclusione nel perimetro informativo del Prospetto rivolto agli investitori. E' già stato chiarito come la valutazione di falsità del Prospetto vada parametrata non solo sulla disciplina normativa ma anche sulle circostanze del caso concreto, comprendendo tutte le informazioni che possono influire sulla scelta del destinatario dell'offerta; in conseguenza, si deve ragionevolmente affermare che la raccomandazione della B.I. sulle caratteristiche dell'Aumento di Capitale doveva essere inserita nel Prospetto in quanto integrava un'esplicazione in concreto delle ragioni e degli obiettivi da raggiungere con l'operazione; essa costituiva l'esito di un'attività di vigilanza pressante e progressiva su C. giustificata dalla criticità della sua situazione patrimoniale. In tale prospettiva, è agevole riconoscere il nesso tra la necessità di completezza di queste informazioni e la valutazione di rischiosità da parte del potenziale investitore. Come già rilevato, C. già aveva attestato a B.I. di procedere all'Aumento di Capitale in risposta alle raccomandazioni di tale Istituto, preoccupandosi anche di comunicare le iniziative per individuare gli investitori "istituzionali" (v. missiva del 31.01.2011 e nota 13 supra), ma ciò non ha trovato, come invece avrebbe dovuto, adeguata corrispondenza nel contenuto informativo del Prospetto rivolto agli investitori: in tale documento sono state, infatti, richiamate la genesi dell'Aumento di Capitale e le interlocuzioni con la Vigilanza, ma, a fronte di una proclamata adesione e conformità agli auspici forniti da quest'ultima, è stato omesso proprio il contenuto delle indicazioni ricevute, evidenziando per contro che l'Aumento di Capitale perseguiva l'obiettivo di "dotare il Gruppo Carife di un presidio patrimoniale in grado di consentire una situazione di sostanziale tranquillità". Si deve concludere che è proprio dal carattere generico del richiamo, privo di esplicazioni concrete, e dalle rassicurazioni descritte circa il raggiungimento degli obiettivi richiesti che deriva la natura fuorviante dell'informazione e la rilevanza dell'omissione compiuta. Una volta comunicato al destinatario del Prospetto che l'Aumento di Capitale nasceva dalle richieste della Vigilanza, sarebbe stato necessario chiarire quali fossero le modalità e gli obiettivi oggetto di tali richieste, proprio al fine di rappresentare la reale situazione e la rischiosità dell'operazione. Ciò vale a maggior ragione se si considera che l'Aumento di Capitale nasceva come "scindibile" (nel senso che non era previsto un livello minimo per la sua validità ed efficacia) e quindi esponeva i sottoscrittori all'ulteriore rischio che, in caso di mancato raggiungimento dell'importo di 150 milioni di Euro (livello che già era stato valutato come insufficiente per gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale), l'operazione non sarebbe decaduta; tale evenienza avrebbe determinato l'inefficacia dell'operazione rispetto ai suoi reali obiettivi di rafforzamento patrimoniale e, quindi, si sarebbe risolta in un investimento rischioso se non addirittura dannoso per l'investitore.

La consapevolezza di tale omissione ha trovato un riscontro nelle dichiarazioni del teste D.Q., Consulente dell'Emittente per la redazione del Prospetto: il teste sul punto ha confermato che in sede di redazione del Prospetto era stata analizzata la raccomandazione della B.I. sull'identificazione degli investitori destinatari dell'offerta stessa, precisando altresì che la responsabilità del filtro delle informazioni era di regola degli estensori del Prospetto e quindi dei Dirigenti dell'Ente emittente.

L'emanazione della circolare interna n. 84/2011 avente ad oggetto gli adempimenti operativi contabili, amministrativi da porre in essere in occasione dell'aumento di capitale (prodotta come doc. 31/B all'udienza del 19.09.2018) non può per contro essere valorizzata, come preteso dalle difese, quale riscontro di diligenza in ordine alle informazioni ai destinatari; il suo contenuto rivela, piuttosto, la volontà di eludere ulteriormente ogni adempimento significativo sul punto: in tale documento non solo non veniva data indicazione affinché ogni singolo sottoscrittore fosse sottoposto a test di adeguatezza ma addirittura si escludeva tale necessità con riferimento al potenziale sottoscrittore già socio e per il sottoscrittore non socio ma già cliente della banca veniva rimessa la valutazione al singolo operatore. Si può, dunque, affermare che anche la promozione commerciale dell'operazione presso la clientela, esulante dal perimetro informativo del Prospetto ma connessa con lo stesso, si poneva in contrasto con le indicazioni della B.I..

b) B.I. era stata aggiornata sui soggetti sottoscrittori e aveva autorizzato l'operazione ex art. 56  t.u.b.  Tali circostanze sono state valorizzare dalle difese per affermare che vi sarebbe stato un sostanziale giudizio di conformità dell'operazione, anche sotto il profilo della completezza delle informazioni contenute nel Prospetto. L'argomento è infondato per le seguenti ragioni:

- si deve, anzitutto, rilevare che se vi è stata interlocuzione tra C. e B.I. sulla tipologia degli sottoscrittori, essa comunque è da riferire alla fase successiva del collocamento e quindi non attiene alla formazione del Prospetto (v. teste D.S., aff. 85-86 del verbale di trascrizione del 8.10.2018);

- in merito all'autorizzazione della B.I. del 29.04.2011 a firma del Direttore Generale dott. S. e avente ad oggetto la modifica statutaria ai sensi dell'art. 56  t.u.b. , è stata già evidenziata la differenza di tale atto, per presupposti e natura, rispetto alla la missiva della Vigilanza a firma del dott. D.S. dello stesso giorno (v. testi S. e D.S. ed esame Bondesani, in nota 18 supra) e, soprattutto, l'assenza di contraddizione tra il contenuto di questi due documenti: alla luce di tali evidenze, non è sostenibile affermare che l'autorizzazione ex art. 56  t.u.b.  abbia "certificato" la conformità dell'operazione di aumento di capitale alle indicazioni della Vigilanza, né tantomeno la completezza del contenuto informativo del Prospetto, aspetto valutativo su cui B.I. non aveva alcuna competenza essendo la stessa ascrivibile a Consob;

- una conferma dell'assenza di indicazioni sui sottoscrittori e della rilevanza di tale omissione deriva dalla testimonianza della dott.ssa G.P., funzionaria di Consob e responsabile del procedimento relativo all'approvazione del Prospetto Informativo: la teste ha riferito sulle valutazioni compiute da Consob in merito a tale profilo ed ha confermato che nel Prospetto non vi era alcuna indicazione sulla capacità patrimoniale dei destinatari e che tale informazione era rilevante al fine di dare evidenza della reale situazione di C.; la funzionaria ha, poi, dichiarato che Consob non era a conoscenza della missiva della B.I. e che, ove fosse stata a conoscenza della stessa, avrebbe sicuramente chiesto all'emittente di inserire nel Prospetto l'indicazione sul profilo dei destinatari.

c) Assenza di successivi interventi precetti da parte di B.I.. Va per ultimo rilevato come le criticità relative alla scelta dei destinatari dell'offerta erano state in realtà evidenziate anche nell'ispezione della B.I. del 2012/2013, preliminare alla sottoposizione dell'Ente all'amministrazione straordinaria.

3.7.1.1. Conclusioni sulla condotta di cui al capo 1, sub a) n. 1).

Le risultanze istruttorie sopra evidenziate consentono di affermare che nel Prospetto Informativo sono state omesse le informazioni rilevanti sulle caratteristiche del pubblico al quale indirizzare l'offerta delle nuove azioni.

Si trattava di informazioni derivanti da indicazioni della B.I. fornite nell'ambito del pressante monitoraggio esercitato sulla Cassa per avere risposte alla necessità di riequilibrio tecnico finanziario che la precaria situazione dell'Istituto richiedeva.

Il loro inserimento nel Prospetto s'imponeva non per la necessità di far conoscere ai destinatari il contenuto delle missive tra l'Istituto e la Vigilanza, bensì perchè si trattava di informazioni che afferivano alle ragioni dell'operazione di aumento e alle sue reali finalità e, pertanto, incidevano sulla valutazione di rischiosità dell'investimento.

Sotto il profilo dell'idoneità decettiva di tale omissione, l'aver richiamato nel Prospetto le missive della B.I. senza esplicitarne quel contenuto cogente ha prodotto un effetto distorsivo nel giudizio sull'opportunità di investimento perché ha impedito all'investitore una corretta rappresentazione della situazione dell'Istituto e dell'evoluzione della sua attività.

L'obiettivo perseguito era garantire il buon esito dell'operazione di Aumento di Capitale occultando i reali presupposti del rafforzamento patrimoniale, così facendo ricadere l'assunzione del rischio in prevalenza su una tipologia di piccoli investitori (retail) con minori capacità conoscitive e valutative.

3.7.2.Omessa evidenza della necessità di garantire con l'aumento di capitale un Tier 1 Ratio almeno pari all'8% (capo 1, sub a) un. 2, 3 e 4).

L'imputazione sub a) ai ma. 2), 3) e 4) richiama le raccomandazioni della B.I. nella parte in cui veniva richiesto a C. che l'importo dell'aumento di capitale fosse almeno pari ad Euro 150 milioni e comunque in grado di assicurare un Tier 1 Ratio (coefficiente relativo al rapporto tra patrimonio di base e l'attivo ponderato per il rischio, RWA) minimo dell'8% e che tale indice consolidato venisse mantenuto nel tempo ad livello superiore all'8%.

Profili rilevanti nella prospettazione accusatoria. Osserva il Pubblico Ministero che tale raccomandazione era già contenuta nella missiva dell'Organo di Vigilanza del 20.10.2010 e l'invito era stato ribadito con la comunicazione del 29.04.2011 dove si era evidenziata la necessità di mantenere nel continuo il Tier 1 Ratio consolidato a un livello superiore all'8% e di valutare l'ampliamento dell'importo massimo dell'Aumento di Capitale inizialmente individuato, a fronte del progressivo deterioramento della situazione patrimoniale che rendeva inadeguato l'importo inizialmente previsto di 150 milioni di Euro (per un approfondimento delle ragioni di tale invito si veda quanto riferito dal teste D.S. e dal Consulente I.). Di tali indicazioni non vi era traccia nel Prospetto Informativo rivolto agli investitori: si trattava anche in questo caso di informazioni rilevanti al fine di una corretta rappresentazione della situazione patrimoniale dell'Emittente e del rischio, atteso che il Tier 1 Ratio costituiva un indicatore della solidità dell'Istituto di Credito, a fronte dell'attività connessa agli impieghi concessi e alla possibilità di mancato rientro.

C. non aveva aderito all'invito di B.I. ad ampliare l'importo dell'Aumento di Capitale originariamente fissato, nonostante avesse ottenuto un parere favorevole sul punto dal Consulente Q. e pur essendo emersa la consapevolezza che un Aumento per il solo importo di 150 milioni di Euro non sarebbe stato sufficiente per raggiungere di obiettivi indicati dalla Vigilanza.

Come già rilevato per il profilo inerente ai destinatari dell'offerta, nel Prospetto si rinviene solo un riferimento alla genesi dell'operazione di Aumento di Capitale come scaturente da una precisa richiesta di B.I., senza menzionare il contenuto di tali "auspici", tra cui l'esplicito invito ad incrementare l'importo dell'Aumento di Capitale in modo da assicurare un Tier 1 Ratio superiore all'8%. Nel Prospetto, alla Sezione "Avvertenza", tra i rischi illustrati vi erano quelli connessi alla situazione patrimoniale di C. e agli accertamenti di B.I., ma si specificava che, a seguito dell'Aumento di Capitale, il Tier 1 Ratio sarà pari a 7,90% "ben al di sopra dei coefficienti minimi richiesti dalle Nuove Disposizioni di Vigilanza Prudenziale": ciò che manca è, dunque, l'informazione attinente al fatto che B.I. avesse fissato per il Gruppo un Tier 1 Ratio minimo dell'8% e che, dunque, il valore indicato nel Prospetto Informativo (7,90%) era insufficiente. Si è, insomma, inteso far credere all'investitore che l'obiettivo del Tier 1 Ratio pari a 7,90% fosse in linea con gli auspici formulati dalla B.I. con le note del Giugno e dell'Ottobre del 2010 mentre, al contrario, B.I. aveva auspicato un obiettivo superiore a quello indicato in Prospetto chiedendo peraltro che fosse "mantenuto costante nel tempo", al fine di "fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" della Banca. Si tratta di due elementi che, se comunicati ai potenziali sottoscrittori, sarebbero stati idonei ad evidenziare il venir meno del quadro di "sostanziale tranquillità" rappresentato nel Prospetto Informativo. In altri termini, sulla base delle indicazioni di B.I., riportate al mercato in modo parziale, le condizioni di C. attuali e prospettiche non erano affatto "tranquille". L'omissione era, dunque, assolutamente significativa in punto di affidamento per i potenziali sottoscrittori dell'Aumento di Capitale.

Le tesi difensive.

A fronte di tali conclusioni, le argomentazioni dalla difesa sono state volte ad evidenziare anzitutto la necessità di contestualizzare le raccomandazioni della B.I. nell'ambito della difficile congiuntura in cui la Cassa aveva dovuto muoversi e di un'interlocuzione costante e progressiva; inoltre, secondo le difese non esistevano prescrizioni che imponessero di esplicitare il contenuto di missive della Vigilanza e, infine, è da valorizzare la sostanziale completezza del contenuto informativo del Prospetto rispetto ai caratteri essenziali dell'operazione. Nel dettaglio i rilievi difensivi sono riconducibili ai seguenti argomenti:

- non sussisteva alcun obbligo normativo di indicare che l'importo dell'aumento di capitale richiesto da B.I. dovesse essere di almeno 150 milioni di Euro e comunque in grado di assicurare un Tier one ratio dell'8% e di mantenerlo ad un livello superiore; gli inviti della B.I. richiamavano, infatti, raccomandazioni prudenziali, espressione di un costante confronto, privo di definitività e volto, piuttosto, a garantire per Carife per il futuro un'adeguata patrimonializzazione, così come ribadito dagli stessi funzionari di B.I. esaminati. Nel Prospetto peraltro vi era solo l'obbligo di indicare le caratteristiche essenziali dell'offerta mentre i ratios patrimoniali era previsto che fossero resi noti al pubblico nell'ambito della cd informativa al pubblico da rendersi sul sito internet della Banca;

- le informazioni contenute nel Prospetto e, in particolare, nell'"Avvertenza" rappresentavano comunque tutte le criticità importanti, con riguardo alla necessità segnalata da B.I. di costituire un buffer patrimoniale adeguato a fare fronte a perdite attuali e prospettiche, alle criticità legate alla situazione generale del mercato e ai crediti, alla possibilità di dover ricorre ad ulteriori rafforzamenti patrimoniali) e lo stesso consulente esterno di Carife ha confermato tale giudizio di completezza;

- sull'ampliamento dell'Aumento di Capitale, si è, altresì, rilevato come il Presidente Lenzi con la missiva del 5.05.2011 avesse informato la B.I. che vi erano "difficoltà tecniche che non rendevano percorribile tale strada" senza che la Vigilanza avesse osservato alcunché;

- con riferimento al raggiungimento dell'8% di Tier one ratio, l'indicazione di B.I., non vincolante e non dispositiva, comunque era stata superata dall'evoluzione dei fatti. B.I. prevedeva un approccio combinato al rafforzamento patrimoniale che si doveva manifestare da un lato con l'aumento di capitale che da solo avrebbe di raggiungere il 7,90 % come rappresentato correttamente nel Prospetto e dall'altro attraverso la cessione di assets che avrebbero permesso (come è effettivamente avvenuto con la dismissione di C. S.p.A.) il raggiungimento ed il superamento dell'obiettivo dell'8% di Tier one ratio. Il requisito patrimoniale auspicato (pari all'8%) diversamente dalle previsioni prudenziali del Prospetto (7,9%) è stato raggiunto già al 31.12.2011.

L'opzione ricostruttiva adottata.

Anche per i profili sopra approfonditi, il Tribunale ritiene raggiunta la prova della sussistenza della condotta omissiva in oggetto, senza che le argomentazioni difensive svolte siano idonee a confutare tale conclusione.

a) Assenza di un obbligo normativo di indicare i contenuti delle missive della vigilanza e completezza sostanziale del Prospetto sul punto relativo all'importo dell'aumento dell'indice Tier one ratio. Come già osservato per il profilo precedente, la necessità di completezza delle informazioni relative al raggiungimento e mantenimento dei coefficienti patrimoniali sul Tier 1 ratio sorgeva non in quanto requisito normativo in sé, ma dalla rilevanza delle stesse rispetto alla situazione di progressivo deterioramento patrimoniale della Cassa e dal fatto che l'Emittente si era limitato a richiamare nel Prospetto le missive della Vigilanza che contenevano tali indicazioni senza esplicitarle e anzi rappresentando nel Prospetto elementi e valutazioni in stridente divergenza con le stesse.

- Nella Sezione "Avvertenza" del Prospetto Informativo, dopo un invito a "valutare gli specifici fattori di rischio relativi all'Emittente" e l'evidenza per cui "l'operazione di Aumento di capitale si iscrive nella più ampia operazione di rafforzamento patrimoniale e riorganizzazione del Gruppo Carife", si precisa che l'Emittente ha subito un deterioramento del portafoglio crediti a causa della crisi sistemica del settore con una situazione patrimoniale descritta alla data del 31 marzo 2011 con un Total Capital Ratio attestato al 8,37% e il Tier 1 Capital Ratio al 5,27%. Solo dopo tale quadro generale, nel Prospetto si avverte il potenziale investitore, "per completezza", che la Cassa è stata sottoposta dal primo semestre 2009 ad una serie di accertamenti ispettivi che hanno messo in luce criticità tali da rendere indifferibile il rafforzamento patrimoniale e per le quali la B.I. ha richiesto alla Cassa di "precostituirsi un adeguato buffer patrimoniale in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche". Anche alla luce di ciò, si chiarisce che "l'Aumento di Capitale persegue l'obiettivo di dotare il Gruppo Carife di un presidio patrimoniale in grado di ripristinare una situazione patrimoniale in linea con il profilo di rischio della Cassa e di superare il livello minimo del coefficiente di solvibilità richiesto dalla Nuove Disposizioni di Vigilanza Prudenziale" e che "in conseguenza dell'Aumento di Capitale il patrimonio di vigilanza del Gruppo sarà pari a circa 620 milioni di Euro con un Tier 1 Ratio pari a 7,90%....ben al di sopra dei coefficienti minimi richiesti dalle Nuove Disposizioni di Vigilanza Prudenziale". Infine, nelle stesse "Avvertenze" non viene esclusa la necessità di un nuovo Aumento di Capitale "alla luce delle incertezze sull'andamento dell'economia in generale e del mercato di riferimento".

- Nel paragrafo 4.1.2. della Sezione 4 intitolato "rischi connessi alla situazione patrimoniale dell'Emittente e agli accertamenti ispettivi condotti dalla B.I. nel corso del 2009" (pagg. 31 e ss. del Prospetto Informativo) vengono richiamati i dati di contesto già evidenziati nell'"Avvertenza" (con la sola menzione delle note n. 494252 del 25 giugno 2010 e n. 0794793/10 del 20 ottobre 2010 della B.I. priva di alcuna specificazione del loro contenuto) e l'obiettivo del Tier 1 Ratio pari a 7,90% come conseguenza dell'Aumento di Capitale.

Il dato significativo che emerge da tale ricognizione attiene al fatto che nel Prospetto Informativo le difficoltà della Cassa sono state ricondotte alla generale e sistemica crisi del settore del credito senza alcuna menzione delle gravi carenze gestionali e patrimoniali che avevano determinato il deterioramento della situazione; le missive della Vigilanza sono state menzionate solo in relazione alla richiesta di un rafforzamento patrimoniale, omettendo qualsiasi riferimento alle specifiche condizioni che avrebbero potuto rendere effettivo tale rafforzamento (Tier one ratio all'8% da mantenere ad un livello superiore) e, anzi, indicando come diretta conseguenza dell'Aumento il raggiungimento di un Tier one ratio al 7,90% presentato come "ben nel al di sopra dei coefficienti minimi richiesti" anche se in realtà era inferiore all'obbiettivo necessario richiesto. Infine, la possibilità di un nuovo Aumento di Capitale viene prefigurato solo alla luce delle "incertezze sull'andamento dell'economia in generale" e comunque a "cause esogene" e non viene motivato dal deterioramento progressivo della situazione patrimoniale della Cassa, che già aveva palesato l'insufficienza dell'importo di 150 milione di Euro.

La rilevanza di tali omissioni è stata confermata dai testi che sono stati esaminati su tali profili.

- La dott.ssa G.P. ha confermato che nel Prospetto approvato da Consob non vi erano le indicazioni della B.I., pur trattandosi di informazioni importanti (il limite dell'8% è stato definito dalla teste "stringente e molto forte"), che Consob avrebbe chiesto di inserire ove ne avesse avuto conoscenza, in quanto "avrebbero composto un quadro informativo con un profilo di rischiosità diverso o, comunque, più rispondente al vero rispetto alla situazione in cui effettivamente la Carife versava".

- B.A., Consigliere anziano del C.d.A. di C. all'epoca dei fatti, sentito ex art. 210  c.p.p. all'udienza del 29.10.2018, ha confermato che le indicazioni della Vigilanza (sia sui destinatari che sugli obiettivi patrimoniali da raggiungere) erano state discusse in modo incisivo in più sedute nel Consiglio che ne aveva recepito il carattere inderogabile; circa il Prospetto Informativo, lo stesso era stato messo a disposizione ai Consiglieri poco prima della seduta per la sua approvazione ("via email, forse il giorno prima") ma presentava differenze (rilevate dal Bondesani solo successivamente) rispetto a quello depositato presso Consob proprio sull'aspetto del Tier one ratio: ai Consiglieri era stato rappresentato che l'Aumento di Capitale avrebbe consentito il raggiungimento di un Tier one ratio consolidato superiore all'8%, mentre nel Prospetto depositato il Tier one Ratio era stato indicato a 7,90% "ben al di sopra dei coefficienti minimi richiesti dalle Nuove Disposizioni di Vigilanza Prudenziale" (v. esame Bondesani, pagg. 27-28) e la differenza, secondo il Bondesani, aveva rilevanza e avrebbe richiesto una discussione in Consiglio perché l'8% di coefficiente minimo incideva proprio sulla possibilità di perseguire gli inderogabili obiettivi di rafforzamento patrimoniale.

- Il Consigliere B.M., sentito alla stessa udienza, ha confermato che in Consiglio fu mostrata una versione del Prospetto che occultava i dati poi riportati nella versione depositata presso la Consob ed ha ribadito la significatività della differenza e dell'informazione sul coefficiente all'8%.

b) L'indicazione di B.I., non vincolante e non dispositiva, comunque era stata superata dall'evoluzione dei fatti. L'argomento intende utilizzare riscontri successivi alla pubblicazione del Prospetto e quindi non appare conferente alla valutazione dell'idoneità ingannatori in esso rappresentato e comunque mira a descrivere i richiami agli obiettivi del Tier one ratio (7,90%) come compatibili e corrispondenti alle prescrizioni della Vigilanza, circostanza smentita dalle risultanze istruttorie e in particolare dalle dichiarazioni rese sul punto dai Consiglieri Bondesani e Berti.

3.7.2.1. Conclusioni sulla condotta di cui al capo 1, sub a) n. (...), (...) e (...)). Quanto sopra richiamato consente di affermare che nel Prospetto Informativo sono state omesse informazioni rilevanti circa la necessità di mantenere nel continuo il Tier 1 Ratio consolidato a un livello superiore all'8% e di valutare l'ampliamento dell'importo massimo dell'Aumento di Capitale inizialmente individuato, a fronte del progressivo deterioramento della situazione patrimoniale. Proprio nella parte informativa del Prospetto in cui l'investitore avrebbe dovuto comprendere e valutare i rischi connessi alla situazione patrimoniale dell'Emittente e alle criticità emerse dagli accertamenti ispettivi della Vigilanza, la rappresentazione è risultata parziale e fuorviante e finalizzata a completare l'operazione di Aumento di Capitale occultando significative informazioni per il corretto giudizio sull'investimento.

3.7.3. Occultamento degli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010 (capo 1, sub b) nn. 1, 2 e 3).

Il terzo aspetto evidenziato nell'imputazione sub 1) attiene ai rapporti fra l'operazione di Aumento del Capitale e le previsioni del Piano Industriale riportate nel Prospetto Informativo. A riguardo, si legge nella Sezione Avvertenza che "l'operazione di Aumento di Capitale per massimi Euro 150.220.329 ... oggetto della presente Offerta si inscrive nella più ampia operazione di rafforzamento patrimoniale e riorganizzazione del Gruppo Corife oggetto del Piano Industriale di Gruppo per il quadriennio 2011-2014, approvato dal Consiglio di Amministrazione della Cassa il 30 novembre 2010" e che "dati previsionali contenuti nel Piano Industriale e riportati nel Capitolo 13 della successiva Sezione II sono stati sottoposti all'esame della Società di Revisione, che, con apposita relazione rilasciata in data 16 giugno 2011, ha confermato che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non sono risultati una base non ragionevole": viene, dunque, rappresentato un diretto collegamento tra i dati previsionali del Piano e gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale perseguiti con l'operazione di Aumento di Capitale.

Come già evidenziato, il Piano Industriale era stato adottato a fronte di una specifica indicazione di B.I. nella comunicazione del 25.06.2010, era stato elaborato dalla società di Consulenza B.C. Group ed approvato dal C.d.A. di C. in data 30.11.2010. Nel Prospetto Informativo i dati del Piano Industriale sono riportati in toto al Capitolo 13 denominato "Previsioni o stime degli utili" (pagg. 89 - 98 del Prospetto) tuttavia, mentre alla data di approvazione del Piano i dati ivi riportati avevano carattere meramente previsionali anche per l'anno 2010, al momento del deposito del Prospetto Informativo avvenuto in data 01.07.2011 presso Consob, il bilancio 2010 era già stato approvato (in aprile del 2011): tale circostanza rileva in quanto nelle previsioni per gli anni 2011/2014 del Piano Industriale il dato base rappresentava una perdita stimata di Euro 23,8 milioni mentre i dati effettivi di bilancio avevano riportato una perdita di Euro 58,4 milioni. Nel Prospetto Informativo veniva indicato in più punti tale ultimo dato ma non si evidenziava in alcun modo né la differenza tra perdite effettive e quelle stimate né i riflessi che ciò avrebbe prodotto sul patrimonio, pur emergente da dati noti e disponibili per l'Emittente prima del deposito del Prospetto Informativo.

La prospettazione accusatoria. Dal momento che le proiezioni economiche formulate dalla società incaricata per il triennio 2011/2014 erano fondate su un dato di partenza non realizzatosi (perdite pari a Euro 23,8 milioni in luogo delle perdite effettive pari ad Euro 58,4 milioni), tale incongruità doveva essere evidenziata in quanto aveva un'incidenza sul calcolo del patrimonio netto implicitamente ricavabile e del patrimonio di vigilanza: se infatti rispetto al dato riportato nel Piano Industriale del 30.11.2010 si fosse sostituito il dato di patrimonio netto al 31.12.2010 (inferiore rispetto alle previsioni), si sarebbe verificato "un effetto a catena" sui dati previsionali relativi agli anni successivi; ciò in quanto, a parità di previsione sugli utili, essendo il punto di partenza (ossia il patrimonio netto) inferiore, anche il patrimonio netto degli anni successivi è minore.

Il Prospetto riporta le previsioni per il 2011 e per il 2014 relative al Tier 1 Ratio, fondate sull'ipotesi di distribuzione del dividendi al 75% degli utili, prevedendo che l'indice si sarebbe attestato al 8,52 % nel 2011 e al 8,35 % nel 2014 (pag. 96) e indicando anche gli utili netti consolidati previsti per il periodo 2011-2014 (pag. 97). Sono tutti dati tratti dal Piano Industriale del 30.11.2010 che rappresentano un Tier one ratio sempre superiore all'8% tranne che nel 2010, periodo antecedente il pianificato Aumento di Capitale. Se, però, si fosse cambiato il punto di partenza (il patrimonio netto al 31.12.2010 su cui aveva inciso negativamente la maggior perdita effettiva del 2010), allora il patrimonio netto degli anni successivi sarebbe stato minore (v. tabella 9, pag. 32 relazione tecnica Prof. I.), ciò in quanto, distribuendo il 75% degli utili previsti (ed essendo il patrimonio netto iniziale inferiore), il Tier 1 Ratio non sarebbe stato più quello indicato nel Prospetto. A fronte di una diminuzione del patrimonio netto "Tier 1" (il numeratore nella frazione che corrisponde al Tier 1 Ratio, costituito dal rapporto fra patrimonio netto e RWA) dovuta alle perdite effettivamente registrate nel 2010, al fine di mantenere inalterato il Tier 1 Ratio ci sarebbero state solo due alternative: diminuire la distribuzione dei dividendi, ma ciò avrebbe avuto un effetto sul prezzo di emissione stimato (e, comunque, avrebbe comportato che quanto riportato nel Prospetto alle pagg. 96-97 in ordine alla distribuzione del 75% degli utili previsti non fosse corretto) o diminuire gli RWA; in quest'ultimo, tuttavia, non poteva essere considerato attendibile l'assunto riportato in Prospetto (pag. 96) per cui il rapporto tra il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio sarebbe rimasto costante per tutto l'orizzonte di previsione. Sostanzialmente, a minori impieghi corrispondono minori RWA, con conseguenti ripercussioni in negativo sugli utili e, a catena, sugli ulteriori dati del Piano Industriale. La conclusione è che la rappresentazione fornita nel Prospetto ai potenziali investitori, attraverso l'utilizzo dei dati del Piano Industriale, è falsa ed ingannevole per quanto riguarda le previsioni sul Tier 1 Ratio e sui dividendi, in quanto grandezze calcolate sulla base di dati non più validi al momento della pubblicazione del documento e quindi non compatibili con l'effettiva situazione patrimoniale di partenza.

Le argomentazioni della difesa.

Le tesi difensive per confutare tali conclusioni hanno fatto richiamo agli esiti degli accertamenti compiuti dai rispettivi Consulenti tecnici che hanno analizzato diversi aspetti della questione.

- Si è rilevato, anzitutto, la mancanza, anche per questo profilo, di un obbligo giuridico alla luce della normativa di riferimento di inserire ulteriori informazioni, in particolare la necessità di aggiornare nel Prospetto Informativo le proiezioni del Piano Industriale e di segnalare la discrasia tra le previsioni e i dati di consuntivo del 2010.

- Le stime previsionali specificate nel paragrafo 13.1 del Prospetto erano da ritenere, poi, mere assunzioni ipotetiche non vincolanti, superate e sostituite dai dati effettivamente conseguiti e riportati nelle altre parti del Prospetto.

- All'interno del Prospetto (paragrafo 4.1.1. "fattori di rischio relativi all'emittente" e nella Sezione "Avvertenze") si è dato, comunque, atto della perdita netta consolidata pari a 58,4 milioni di Euro nel 2010 e nel paragrafo denominato "analisi di sensività" (13.4) erano state riportate le informazioni utili per un potenziale investitore rispetto alle principali grandezze (utile netto, costo del rischio) che avevano subito uno scostamento rispetto ai dati originariamente preventivati.

- Il dato delle maggiori perdite di per sé non era significativo, in quanto le stesse erano dovute per una quota importante a maggiori rettifiche sui crediti (proprio una delle operazioni richieste dalla Vigilanza) che, da una parte rappresentavano un passivo in bilancio, dall'altra avevano un effetto positivo sulla Banca per gli esercizi futuri. Ciò che avrebbe potuto generare delle conseguenze sulle previsioni relative agli anni 2011-2014 non erano le maggiori rettifiche su crediti, ma eventuali significativi scostamenti dei costi e dei ricavi operativi: non era, tuttavia, questa la situazione di C. in quanto i minori ricavi, al netto delle rettifiche sui crediti, avevano inciso per una misura ridotta (6,5%) e tale da non inficiare le previsioni del Piano Industriale.

- Inoltre, nel ragionamento accusatorio non sarebbero stati considerati i fattori in grado di incidere, migliorandolo, sull'attivo ponderato per il rischio (il denominatore del rapporto per calcolare il Tier one ratio): senza un tale aggiornamento degli RWA si sarebbe, insomma, compiuto un esercizio di ricalcolo incompleto.

- Il preteso aggiornamento del Piano Industriale non avrebbe, comunque, modificato sostanzialmente le conclusioni sotto il profilo economico e patrimoniale; ne è prova il fatto che, su richiesta di Consob, il piano era stato sottoposto alla asseverazione da parte della società D.T. S.p.A. che aveva esaminato la ricaduta della discrasia tra le previsioni del Piano Industriale e i dati di consuntivo del 2010 accertando che la stessa non avrebbe comportato modifiche sostanziali delle stime del Piano (v. paragrafo 13.4 "analisi delle sensitività").

- infine, un intervento sul Prospetto Informativo a maggio-giugno 2011 avrebbe richiesto un tempo non compatibile con l'elevata complessità dell'operazione di Aumento di Capitale.

L'opzione ricostruttiva adottata. Ritiene il Tribunale che i rilievi difensivi non siano idonei a smentire la prospettazione accusatoria. In relazione all'aggiornamento dei dati previsionali del Piano Industriale alla luce delle perdite effettive accertate, l'obbligo derivava dal fatto che i dati del Piano non erano pubblici e conoscibili dai potenziali investitori ed erano stati inseriti nel Prospetto Informativo proprio al fine di garantire affidabilità agli obiettivi dell'Aumento di Capitale e, in particolare, alle previsioni sui dividendi per gli azionisti. In tal senso non costituivano certo mere stime svincolate dalle finalità informative del prospetto, in quanto l'informazione che li riguardava incideva sulle aspettative degli investitori e sulla loro capacità di apprezzare in maniera fondata il rischio connesso all'investimento.

Approfondito il tema in questa prospettiva, diventa chiaro come l'informazione rilevante non fosse quella relativa ai risultati del 2010, riportati effettivamente in più punti del Prospetto Informativo, ma la rappresentazione della differenza tra le perdite previste nel Piano Industriale per l'esercizio 2010 e quelle realizzate in quanto incidenti sul calcolo del Tier one ratio consolidato.

La necessità di un aggiornamento e la sua assoluta rilevanza ai fini di una corretta informazione sono state confermate dalla dott.ssa G.P. di Consob: la teste ha sottolineato come l'investitore avrebbe dovuto essere posto in condizioni di capire che con l'evidenza di maggiori perdite rispetto a quelle stimate una parte significativa dell'Aumento di Capitale sarebbe stato assorbito per la copertura delle stesse con la ragionevole impossibilità di ottenere dividendi. Su quest'ultimo profilo ha riferito anche il Consulente di C. avv. D.Q., il quale ha confermato come la Dirigenza C. avesse considerato le potenziali discrepanze derivanti dall'applicazione delle stime di Piano Industriale sul dato storico emerso senza però modificare alcunchè del contenuto informativo del Prospetto ed ha sottolineato come, riguardo alla possibilità di un'effettiva distribuzione dei dividendi (indicati nel Prospetto nella percentuale del 75% rispetto agli utili ma che sarebbe stato necessario rivedere alla luce delle perdite effettive) era convinzione dei vertici della Banca che "la Cassa non avrebbe potuto distribuire dividendi, vista la situazione patrimoniale, per qualche anno".

Le conseguenze del diverso dato delle perdite sul calcolo del patrimonio netto, e quindi del Tier one Ratio di cui il primo costituisce uno dei fattori, sono state evidenziate dal Consulente del Pubblico Ministero in modo logico e non confutabile. Chiarisce il Consulente come l'affermazione per cui la differenza non fosse in grado di inficiare le previsioni del Piano Industriale non è sostenibile; se uno dei fattori era variato (patrimonio netto), non era possibile riportare sul Prospetto lo stesso risultato (Tier one ratio) senza modificare gli altri indici coinvolti (rapporto tra volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio e la previsione di dividendi per il 75% degli utili). I dati previsionali del Piano Industriale trasposti nel Prospetto Informativo sarebbero stati, infatti, tra loro coerenti (e dunque correttamente rappresentati al mercato) solo ipotizzando come base di partenza, quanto all'anno 2010, il dato di perdita previsionale (-23,8) e non quello reale (-58,4). L'apporto fornito dei Consulenti della difesa è stato finalizzato a provare come il dato delle maggiori perdite di per sé non fosse significativo, ma per poter dimostrare tale assunto era comunque necessario procedere ad un ricalcolo degli altri fattori, in particolare con un aggiornamento sulle attività ponderate per il rischio. Un tale sforzo ricostruttivo ha, dunque, confermato l'assunto sopra evidenziato per cui, dovendo valutare la qualità dell'informazione consegnata nel Prospetto al momento della sua pubblicazione, essa risultava viziata nella validità dei suoi presupposti di partenza e per essere corretta avrebbe dovuto essere aggiornata. Nè si può sostenere che non vi fosse più il tempo per intervenire in quanto l'arco temporale tra l'approvazione del bilancio 2010 e il momento della pubblicazione del Prospetto era da ritenere più che sufficiente (v. Consulente Prof. G. I., pag. 50 del verbale dell'udienza del 16.11.2018). Per la stessa ragione non si possono valorizzare i riscontri desumibili dai dati del 2011 (gli RWA erano diminuiti e al termine dell'operazione di aumento di capitale è stato comunque raggiunto un "Tier 1 Ratio" dell'8%) in quanto successivi e quindi non certo utilizzabili per escludere l'idoneità ingannatoria di quanto falsamente rappresentato nel Prospetto.

Tale conclusione s'impone anche prendendo in considerazione l'analisi di sensitività presente nel Prospetto, volta a valutare gli scostamenti degli obiettivi economici fissati dal Piano Industriale al modificarsi di alcune variabili chiave, quali il margine di interesse e il margine di intermediazione (obiettivo di ricavo). Nell'ambito di tale paragrafo (pagg. 97 - 98 del Prospetto Informativo) sono riportate due tabelle che mostrano il valore previsto nel Piano Industriale e quello registrato in bilancio del margine d'interesse e del margine d'intermediazione del 2010. Il Prof. I. nella propria Consulenza (pagg. 36-37 della sua relazione) ha messo in luce la criticità di tale analisi e la sua inidoneità a fornire una corretta rappresentazione dell'effettiva situazione patrimoniale dell'Istituto, precisando quanto segue: "nel bilancio delle Banche, il margine di intermediazione include, oltre al margine di interesse, altre voci tra cui le commissioni nette, i dividendi e il risultato dell'attività di negoziazione; dalla sola differenza tra margine d'intermediazione previsto e realizzato (e a maggior ragione tra margine di interesse previsto e realizzato) non è in alcun modo derivabile la differenza tra perdita prevista e perdita effettivamente realizzata (il dato davvero rilevante e omesso nel Prospetto Informativo); infatti, per ottenere l'utile/perdita di esercizio è necessario sottrarre diverse altre voci dal margine di intermediazione, tra le quali le rettifiche di valore sui crediti (il c.d. costo del rischio), i costi operativi e le imposte: dunque, in assenza di tali altre voci è impossibile determinare la differenza tra perdita prevista nel Piano Industriale (Euro 23,8 milioni) e quella effettivamente realizzata (Euro 58,4 milioni)". Analoga considerazione vale con riferimento alla successiva analisi del costo del rischio (ossia le rettifiche di valore) che chiude il Capitolo 13 del Prospetto Informativo: in questo caso, tra l'altro, non è neppure indicata la differenza tra la previsione e il consuntivo dell'esercizio 2010.

3.7.4. Omessa evidenza della necessità di aggiornamento del prezzo di emissione di ciascuna azione (capo 1, sub b) n. 4).

Il Prospetto Informativo riporta che nella seduta del 07.12.2010 il Consiglio di Amministrazione di C. aveva determinato in Euro 21 il prezzo di offerta; era, inoltre, precisato che "ai fini di tale determinazione, il Consiglio di Amministrazione della Cassa si è basato sull'analisi della situazione attuale e delle prospettive economiche e patrimoniali del Gruppo, nonché sull'analisi del mercato di riferimento, quali desumibili da un lato dai dati preconsuntivi al 31 dicembre 2010, dall'altro, dagli interventi analiticamente descritti nel Piano Industriale 2011-2014, approvato dal Consiglio di Amministrazione il 30 novembre 2010" (pag. 42 del Prospetto Informativo). I dati preconsuntivi al 31 dicembre 2010 e quelli del Piano Industriale 2011-2014 sono dunque, dichiaratamente, i presupposti sulla cui base è stato determinato il prezzo di emissione delle azioni.

A tal fine, come già rilevato, C. si era rivolta alla società di consulenza E.Y. per un giudizio di congruità (fairness opinion) sulla procedura di determinazione del prezzo: di fatto, come chiarito dal teste P.F. di E.Y., la Banca aveva già determinato un valore della singola azione all'interno di un intervallo e compito richiesto al Consulente era stato quello di "ricostruire le modalità di determinazione attraverso l'applicazione delle metodologie comunemente utilizzate in quel momento nella prassi, sviluppando i calcoli sottostanti e verificando che fossero corretti" (v. teste P., aff. 64 del verbale di trascrizione dell'udienza del 15.10.2018). Il prezzo dell'azione era stato stimato utilizzando, essenzialmente, la metodologia denominata DDM (Dividend Discount Model) e il Metodo Misto patrimoniale-reddituale che prevedevano lo sviluppo di calcoli con una formula valutativa avente determinati presupposti: nel caso di C., questi attenevano al mantenimento di un livello di patrimonializzazione dell'8% e il realizzarsi delle ipotesi formulate nel Piano Industriale 2011 - 2014 quanto all'andamento degli RWA, del risultato netto e degli utili distribuibili (v. teste P., aff. 69 del verbale suindicato e v. doc. 8 prodotto dal Pubblico Ministero all'udienza del 15.10.2018).

Come confermato dallo stesso teste P., i dati di partenza su cui era stato costruito il calcolo di determinazione del prezzo erano stati forniti dall'Istituto e su essi la società di Consulenza non aveva compiuto alcuna analisi in merito, esclusa dall'incarico (v. teste P., pag. 64). E.Y. aveva, tuttavia, richiamato l'Istituto sulla necessità imprescindibile che i dati fomiti fossero attendibili in termini di solidità e prospettive di rafforzamento patrimoniale (v. teste P., pag. 76). Il teste ha anche confermato che il modificarsi di tali dati di partenza avrebbe inciso sulla stima del prezzo delle azioni posto che maggiori perdite di bilancio 2010 avrebbero comportato minore patrimonio netto e minore Tier 1 per il 2010 e per tutti gli anni successivi, con conseguente impossibilità di mantenimento del livello di Tier 1 Ratio all'8% a parità di utili (v. teste P., pag. 73-74).

Secondo la prospettazione accusatoria, ne deriva che, se fosse stato preso in considerazione il dato delle perdite effettive di bilancio 2010, inevitabilmente minore sarebbe stato il valore delle azioni stimato col metodo DDM, in quanto, atteso l'imprescindibile vincolo costituito dal livello di patrimonializzazione minima (peraltro imposto dalla B.I.) e considerate le perdite effettive del 2010, i dividendi distribuibili anno per anno sarebbero stati minori rispetto a quelli previsti nel Piano Industriale. Allo stesso modo, essendo il patrimonio netto del 2010 inferiore a quello previsto nel Piano Industriale, minore sarebbe stato il valore delle azioni stimato col diverso metodo misto patrimoniale reddituale.

A fronte di tale situazione, il prezzo di emissione non aveva subito, in realtà, alcun aggiornamento, e ciò nonostante la stessa E.Y. avesse chiaramente evidenziato a C., nella lettera di autorizzazione all'utilizzo delle proprie considerazioni valutative in ordine alla determinazione del prezzo dell'azione (lettera del 30.05.2011 sottoscritta per accettazione da D.F.), che tale giudizio si era basato su informazioni rese disponibili alla data 07.12.2010 (epoca di ultimazione dell'attività della società di consulenza) e che dopo tale data potevano essersi verificati fatti tali da influenzare, anche significativamente, le considerazioni e le conclusioni indicate nella relazione (v. teste P., pag. 78 e doc. 5 e doc. 6, prodotti dal Pubblico Ministero all'udienza del 15.10.2018).

Ciò assume rilievo rispetto a quanto rappresentato nel Prospetto Informativo.

Nel documento è evidenziato che la determinazione del prezzo è avvenuta sulla base dei dati preconsuntivi del bilancio 2010 e delle assunzioni del Piano Industriale; questi ultimi, tuttavia, alla luce dell'approvazione del bilancio 2010, non erano più attendibili e ciò avrebbe dovuto comportare un aggiornamento anche nella determinazione del prezzo di cui si sarebbe dovuto dare evidenza nel Prospetto: in realtà ciò non è avvenuto, anzi, è stata inserita una precisazione per cui "il prezzo dell'offerta non è stato oggetto di adeguamenti a seguito dell'approvazione assembleare dei risultati relativi all'esercizio 2010" (pag. 42). Si tratta di un'informazione fuorviante destinata a tranquillizzare i potenziali sottoscrittori attraverso un'asserzione di irrilevanza dei dati di bilancio 2010, in realtà omettendo che vi era una discrasia tra gli stessi e i dati previsionali presi in considerazione per determinare il prezzo.

Le argomentazioni difensive relative a questo profilo dell'imputazione si sono sostanziate nei seguenti rilievi.

Anche in questo caso, si è rilevato che ai sensi della normativa di riferimento non vi era alcun obbligo giuridico di aggiornamento del prezzo di emissione; inoltre, il potenziale investitore era stato messo in condizioni di comprendere i rischi sul punto dal momento che erano state chiarite le oggettive difficoltà di valutazione sia nelle "Avvertenze" del Prospetto (dove si evidenziava che "alla luce delle incertezze sull'andamento dell'economia in generale e del mercato di riferimento, l'Emittente non sia in grado di dare compiuta attuazione al Piano industriale 2011-2014 e raggiungere livelli di redditività tali da soddisfare le aspettative degli azionisti") sia nel documento della Banca "Considerazioni valutative ai fini della determinazione del prezzo di emissione delle azioni" del 7.12.2010 a firma del Presidente del CdA di C. su cui era stata effettuata l'analisi della società di consulenza. Inoltre, il fatto che il prezzo non fosse stato modificato sulla base dei risultati del 2010 era noto a Consob, che aveva avanzato una richiesta di chiarimenti sul tale aspetto e comunque è stato dimostrato dai Consulenti della difesa come i dati di consuntivo non avrebbero inciso in modo determinante sulla determinazione del prezzo delle azioni, portando a stime di valore rientranti nell'ambito delle oscillazioni fisiologiche per tali previsioni.

L'opzione ricostruttiva accolta. Sui rilievi predetti valgono in buona parte le osservazioni già svolte per i precedenti profili. L'obbligo di informazione spettava all'Emittente in ragione del richiamo effettuato nel Prospetto ai dati del Piano Industriale per giustificare la determinazione del prezzo; l'adeguamento di tali dati e comunque l'evidenza della discrasia emersa tra le stime previsionali e i dati di consuntivo erano necessari in quanto aventi una diretta incidenza sulle modalità di calcolo del prezzo dell'azione, così come confermato dal teste P., dal Consulente I. e dalla stessa funzionaria di Consob dott.ssa P.. Quanto riportato nel Prospetto Informativo circa la possibilità di non raggiungere gli obiettivi del Piano Industriale non era certo idoneo a dare conto di tale onere informativo, in quanto si limitava a prefigurare variabili future legate all'andamento del mercato, senza fare alcun cenno alle variazioni che, in realtà, erano già emerse con i dati di consuntivo e che riguardavano la attuale situazione patrimoniale dell'istituto al momento della pubblicazione del Prospetto e quindi della comunicazione agli investitori.

Ad ulteriore conferma delle carenze informative su tale aspetto, si deve considerare come il valore stimato del prezzo dell'azione dipendesse in realtà in larga misura da un'ipotesi non contenuta nel Piano Industriale (diversamente da quanto rappresentato nel Prospetto Informativo), costituita dalla maggiorazione del valore ottenuto dalla previsione del Piano 2014 (cd utile normalizzato corrispondente alla stima del valore terminale assumendo un utile netto "normale", mediamente sostenibile all'infinito, maggiore del 20% rispetto a quello previsto per il 2014, l'ultimo anno previsto nel Piano Industriale). Un tale indice non era riportato nelle previsioni del Piano Industriale né tantomeno nel Prospetto Informativo e non trova alcuna giustificazione in altre risultanze documentali o da altro elemento: ciò consente di avvalorare il giudizio sul carattere fuorviante delle informazioni contenute nel Prospetto riguardo la determinazione del prezzo, in quanto non solo con esse non si dava conto delle variazioni subite dai dati del Piano Industriale, pure richiamato a giustificazione del calcolo del prezzo dell'azione, ma neppure di chiariva da quale fonte si fosse desunto un indice, quale l'utile normalizzato, che pure aveva avuto un'incidenza significativa nel calcolo del prezzo stesso (v. Consulenza Prof. G. I., pagg. 38-39).

Sui rapporti con Consob, si osserva che il punto relativo al mancato aggiornamento del prezzo dell'azione aveva formato oggetto di una precisa interlocuzione fra C. e Consob, che con la nota del 24.05.2011  (v. doc. 32 prodotto dal Pubblico Ministero all'udienza del 19.09.2018), aveva richiesto a C. di inserire nel Prospetto Informativo al 4.1.6 la informazione che il prezzo dell'azione determinato dal C.d.A. al 07.12.2010 non era stato oggetto di adeguamento a seguito dell'approvazione assembleare dei risultati di esercizio del 2010. La richiesta tuttavia era sorta solo in ragione del fatto che la determinazione del prezzo dell'azione era avvenuta in data antecedente all'approvazione del bilancio al 31.12.2010 e al deposito della prima bozza di autorizzazione a Consob e non considerava la discrepanza fra i dati previsionali relativi all'anno 2010 e i dati effettivi di bilancio, né che tale discrepanza avesse un impatto rilevante sul prezzo dell'azione in quanto si trattava di circostanze non conosciute da Consob. Pertanto, non si può valorizzare l'interlocuzione con la Vigilanza per giustificare l'omessa evidenza nel Prospetto di tali fatti: essi non erano noti ed era obbligo dell'Emittente fornire ogni informazione idonea a evidenziarne la rilevanza, ai fini di una valutazione da parte dell'investitore sul rischio e sulla congruità del prezzo.

3.7.4.1. Conclusioni sulla condotta di cui al capo 1, sub b) nn. 1-4).

Per entrambi i profili sopra evidenziati e descritti nell'imputazione sub (...)) punto b), si deve dunque affermare che nel Prospetto sono state fornite informazioni incomplete e fuorvianti sui coefficienti patrimoniali e sulla determinazione del prezzo per ciascuna azione, attraverso l'omessa evidenza degli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010: si trattava di informazioni che afferivano alle ragioni dell'operazione di aumento e alle sue reali finalità e, pertanto, hanno inciso sulla valutazione di rischiosità dell'investimento.

Sotto il profilo dell'idoneità decettiva di tali omissioni, la mancata evidenza delle conseguenze che la mutata situazione patrimoniale avrebbe prodotto sulla rappresentazione contenuta nel Prospetto ha avuto indubbiamente un effetto distorsivo nel giudizio sull'opportunità di investimento.

3.7.5. Condotta ascritta a M.M. quale socio di D.T. S.p.A. (capo 1, ult. periodo).

Viene contestato a M.M., quale socio della D.T. S.p.A., di aver concorso nel delitto di falso in prospetto in quanto, con la relazione del 16.06.2011 redatta su richiesta di C., certificava "che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non erano risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali erano stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010".

Ritiene il Tribunale che per tale profilo dell'imputazione non si sia raggiunta prova idonea per affermare la responsabilità dell'imputato per le ragioni che di seguito si espongono.

Va premesso che l'attività di consulenza era stata predisposta a seguito della richiesta di Consob a C. di procedere all'integrazione al Prospetto Informativo in relazione ai dati previsionali del Piano Industriale, diffusi da C. con il comunicato stampa del 20.04.2011: la richiesta aveva riguardato nello specifico la necessità di integrare il Prospetto con le informazioni di cui al Capitolo 13 dell'Allegato 1 Reg. 809/2004CE relative alle previsioni degli utili, con asseverazione dei dati da parte della società di revisione. Gli esiti erano stati riportati nel Prospetto Informativo, in particolare, nella Sezione "Avvertenza" dove si evidenziava che: "i dati previsionali contenuti nel Piano Industriale e riportati nel Capitolo 13 della successiva Sezione II sono stati sottoposti all'esame della Società di Revisione, che, con apposita relazione rilasciata in data 16 giugno 2011, ha confermato che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non sono risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali sono stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010".

Rispetto a tale dicitura, al fine di una valutazione della condotta ascritta all'imputato, è necessario definire l'oggetto e la natura dell'attività valutativa effettuata dalla società di revisione. Il Prospetto Informativo, menzionando i dati del Capitolo XIII della Sezione II, sembra riferirsi ai dati previsionali nella loro globalità, senza alcuna distinzione. In sede di verbale interrogatorio dell'11.03.2016, prodotto ai sensi dell'art. 513  c.p.p. all'udienza del 10.12.2018, M.M. ha sostenuto invece che l'attestazione della società Deloitte allegata allo stesso Prospetto aveva riguardato i soli utili netti previsionali 2011 - 2014, riportati nel Capitolo 13.3. La distinzione assume significato al fine di definire il perimetro della valutazione compiuta dalla società di revisione: se l'oggetto dell'asseverazione erano stati solo gli utili prospettici dal 2011 il quesito da porsi attiene infatti alla rilevanza, nell'ambito di tale valutazione, del dato consuntivo 2010 relativo alle perdite effettive, tenuto conto che quest'ultimo, come già chiarito, aveva un'incidenza diretta nella determinazione del Tier one ratio e dei dividendi indicati nel Piano Industriale e riportati nel Prospetto e che il mancato aggiornamento del Piano alla luce di quel dato aveva prodotto un'informazione nel Prospetto incompleta e fuorviante.

Il Consulente Prof. M.S. (difesa M.), in sede di esame all'udienza del 16.11.2018 e nell'elaborato tecnico acquisito agli atti, ha approfondito tali aspetti al fine di inquadrare il tema relativo all'incarico assegnato a Deloitte e l'oggetto dello stesso, fornendo i seguenti elementi.

- Secondo la normativa di riferimento (Reg. Reg. 809/2004CE) il Capitolo 13 inerente alle "Previsioni e stime degli utili", era da intendere opzionale nella redazione del Prospetto Informativo; la possibilità di un suo inserimento era collegata alla necessità, in caso di diffusione di notizie riguardanti gli utili prospettici, che fosse data informazione al mercato in maniera completa sulla correttezza della stima. Nell'operazione di Aumento di Capitale in esame la comunicazione del 20.04.2011 da parte di C. dei dati previsionali aveva richiesto un'asseverazione degli stessi da parte di un revisore. L'oggetto della stessa erano, dunque, dati prospettici e non consuntivi (in tal senso sarebbe corretto parlare di attestazione e non di certificazione) e, nello specifico, le previsioni sugli utili secondo un duplice ordine di valutazione di ordine economico: non irragionevolezza della stima sulla base contabile utilizzata e coerenza della stessa con i criteri contabili dell'emittente.

- il Consulente ha rilevato come la valutazione sugli utili prospettici non riguardasse i dati di partenza (del 2010), che non erano parte del Piano e costituivano solo il presupposto delle previsioni, né i dati di arrivo descritti come obiettivi prefissati, bensì la prospettiva di miglioramento per effetto delle nuove azioni gestionali indicate "a supporto del raggiungimento degli obiettivi di rafforzamento e rilancio del Gruppo". Si trattava, insomma, di considerare l'efficacia delle iniziative manageriali al fine del perseguimento degli utili prospettici indicati dando per valide le assunzioni ipotetiche contenute nel Piano Industriale.

Tra le assunzioni di carattere generale indicate dal revisore nella sua relazione come "base dei dati previsionali e presupposto essenziale per il raggiungimento degli obiettivi strategici del Piano Industriale" figuravano "il perfezionamento dell'operazione di aumento di capitale" (punto a) della relazione, pag. 245 del Prospetto) e "il forte miglioramento del costo di rischio del credito a decorrere dall'esercizio 2011" (punto c) della relazione, pag. 245 del Prospetto), oltre alle cessioni di partecipazioni ed altre iniziative di rilancio; nel paragrafo relativo alle altre "assunzioni di carattere ipotetico sui costi e proventi" veniva specificato che, tra gli effetti a livello consolidato, era anche stimato un Tier one ratio del 8,35 % nel 2014 (punto f del paragrafo citato, pag. 248 del Prospetto). Nella relazione veniva, altresì, chiarito che "quelle assunzioni ipotetiche che prevedono performance superiori a quelle stimate per il sistema bancario e che hanno un impatto significativo sui risultati attesi, tra cui quella sul costo del rischio, presentano profili di particolare soggettività e rischio in quanto caratterizzate da un maggiore grado di aleatorietà" e che "gli Amministratori hanno elaborato un'analisi di sensitività al fine di indicarne il potenziale impatto in caso di evoluzione differente dalle previsioni". Sono, dunque, menzionati nella relazione gli obiettivi consolidati del Piano Industriale, tra cui il costo di rischio del credito e il Tier one ratio per il 2014, con una sottolineatura della prospettiva evolutiva della valutazione del revisore (collegata ad eventi futuri e alle azioni degli organi amministrativi della Cassa) e del carattere aleatorio di alcune previsioni poste a presupposto della stessa che aveva reso necessaria la richiesta a C. di un'analisi di sensitività circa l'impatto in caso di evoluzione differente delle previsioni.

A fronte di ciò, al quesito iniziale sulla rilevanza del dato relativo alle perdite effettive descritte nel bilancio 2010 per l'asseverazione degli utili prospettici, le risposte fornite dall'imputato M. e dal Consulente S. sono state negative: tale dato, oltre a costituire solo un dato di partenza non oggetto di valutazione diretta da parte di Deloitte, non poteva infatti avere un'incidenza dirimente nell'ottica prospettica in cui si collocava il giudizio asseverativo del revisore: le previsioni sul costo del rischio e quindi anche dell'andamento del Tier one ratio (di cui il primo è uno dei fattori) restavano, infatti, non irragionevoli a prescindere dall'attendibilità dei dati del 2010 perché, da una parte la valutazione del revisore era di carattere economico ed aveva riguardato solo gli effetti di miglioramento per gli anni 2011-2014 attraverso le leve gestionali proposte da C., dall'altra l'analisi di sensitività compiuta da C. alla luce degli scostamenti tra consuntivo e previsionale e l'analisi sul costo del rischio e sulle rettifiche di valore avevano fatto registrare un ridotto impatto di tale dato e la diminuzione del rischio con effetti sull'utile 2014.

Quest'ultima conclusione in una prospettiva di valutazione patrimoniale si espone in realtà ai rilievi critici già sopra evidenziati e che qui vanno di nuovo richiamati: è stato dimostrato, infatti, come il diverso dato delle perdite producesse effetti sul calcolo del patrimonio netto e quindi sui coefficienti che su esso si basavano; inoltre, le perdite indicate a consuntivo nel 2010 non erano in tutto riconducibili alle rettifiche di valore derivanti dalla pulizia dei crediti e non è stato provato che essa fosse ormai completata senza alcun riflesso per gli anni successivi, anzi dalla verifica eseguita da B.I. è emerso che la pulizia del portafoglio era terminata nel 2012; va poi osservato come l'analisi di sensitività, valorizzata da Deloitte per giustificare l'irrilevanza del dato consuntivo, presentava criticità ed era inidonea a fornire una corretta rappresentazione dell'effettiva situazione patrimoniale dell'Istituto; infine, il M. non risultava aver dato alcuna evidenza allo scostamento sulle perdite precisando solo, al punto 5) della sua relazione (pag. 248 del Prospetto), che "gli scostamenti tra valori consuntivi e preventivati potrebbero essere significativi a causa dell'aleatorietà connessa alla realizzazione di qualsiasi evento futuro", paventando, insomma, un'evenienza futura quando essa in realtà si era già determinata. Da questo punto di vista, si può dunque affermare che la valutazione del revisore, almeno nella parte in cui ha riguardato il Tier one ratio previsto per il 2014, si è caratterizzata per significativi profili di incongruità avendo escluso ogni riflesso derivante dal variato dato delle perdite e che l'asseverazione di Deloitte ha avuto un'incidenza in quanto i suoi esiti sono stati utilizzati dall'Emittente nel Prospetto al fine di una rappresentazione fuorviante della situazione.

Si deve, tuttavia, osservare come in relazione alla responsabilità ascritta all'imputato tale conclusione non sia sufficiente per fornire riscontro di una sua condotta rilevante nel concorso alla realizzazione del delitto di falso in Prospetto. Dal punto di vista generale si è già evidenziato che soggetto attivo del reato, oltre 'Emittente e l'Offerente, possa essere anche chiunque dìa un contributo nell'esposizione di false informazioni e l'occultamento ingannevole di dati e notizie: in tale prospettiva la condotta del M. va approfondita in collegamento con quella ascritta ai dirigenti di C. All'Emittente viene imputato di non aver evidenziato nel Prospetto la differenza del dato previsto nel Piano e quello effettivo di bilancio al 31.12.2010 e, pur essendo variato il dato del patrimonio netto, di aver riportato lo stesso risultato di Tier one ratio senza modificare gli altri indici coinvolti (RWA e dividendi) e quindi senza aggiornare il Piano: la condotta di carattere valutativo assume, quindi, rilevanza penale in quanto frutto di una dolosa elaborazione del dato di partenza e la sua idoneità decettiva riguarda la rappresentazione della situazione patrimoniale, intenzionalmente non modificata pur derivante da un dato di partenza che non era più o stesso e quindi non corrispondente al vero.

La condotta ascritta al M., quale revisore, riguarda invece un'attività asseverativa che non aveva ad oggetto la situazione patrimoniale, ma era di carattere economico sulla previsione degli utili prospettici; essa, estrinsecatasi in tempi strettissimi (la richiesta di Consob è del 15.6.2011 e la relazione Deloitte è datata 16.6.2011) non ha comportato un'elaborazione dei dati di partenza, ma piuttosto la verifica della congruità degli obiettivi di ordine economico alla luce degli stessi e di una pluralità di altri fattori; si è trattato insomma di un esercizio prognostico che, pur opinabile, non ha riguardato valori patrimoniali espressi, sulla cui veridicità e completezza la responsabilità era pacificamente ascrivibile dell'Emittente, e quindi non ha fatto emergere elementi certi a riscontro diretto della sua infondatezza.

3.8. Giudizio sulla responsabilità degli imputati cui è ascritto il reato sub 1).

Reputa il Collegio che il quadro oggettivo testé delineato consente di affermare in conclusione che il contenuto informativo del Prospetto non era idoneo a rappresentare correttamente la situazione dell'Ente e la sua evoluzione ai fini del raggiungimento degli obiettivi ivi rappresentati ed ha così impedito ai destinatari del Prospetto di formarsi un fondato giudizio sull'opportunità di investimento, secondo i richiesti parametri di comprensibilità e valutabilità delle informazioni ricevute. Attraverso le omissioni sopra descritte queste ultime hanno assunto, infatti, un carattere fuorviante e distorsivo nel giudizio sull'opportunità di investimento occultando al destinatario le reali finalità dell'operazione, ovvero il presupposto della crisi dell'Istituto e l'impellente necessità di ripianare gravi perdite non solo attuali, ma anche prevedibili.

In tale prospettiva si deve collocare la valutazione delle condotte degli imputati F.D., L.S. e F.D. ed il conseguente giudizio sulla loro responsabilità (sulla posizione di M.M. si rinvia all'approfondimento compiuto nel paragrafo che precede).

3.8.1.Posizione di L.S. e F.D.. A L.S. e a F.D. la condotta è ascritta in qualità rispettivamente di Presidente del C.d.A. della C.R.F. s.p.a., dal 27.04.2010 e di Direttore Generale della Cassa, a partire dal mese di ottobre 2010: per gli stessi il compendio probatorio acquisito ha confermato oltre ogni ragionevole dubbio l'ipotesi accusatoria in esame. Attraverso le produzioni documentali e le dichiarazioni testimoniali assunte è stato possibile approfondire i ruoli formali e sostanziali assunti dai predetti all'interno di C. e il potere gestionale da loro esercitato nell'ambito degli incarichi rivestiti; a essi va ascritta la responsabilità dell'operazione di Aumento di Capitale e della conseguente redazione del Prospetto Informativo, in forza delle loro qualità di amministratori dell'Emittente e delle posizioni di vertice ricoperte nel periodo in esame. La loro posizione si distingue per tale ragione dagli altri componenti del Consiglio di Amministrazione (diversi dal Presidente) che erano privi di deleghe esecutive e, nel concreto, non sono stati coinvolti nella fase di elaborazione del Prospetto Informativo, né sono stati adeguatamente informati sui profili del suo contenuto; addirittura ai Consiglieri il documento era stato inviato via email poco prima dell'approvazione, senza alcun pregressa comunicazione in ordine alle informazioni da inserire (v. esame Bondesani, pag. 24 del verbale dell'udienza del 29.10.2018). Con delibera del CdA di C. del 21.09.2010 il Consiglio aveva dato ampio mandato a S.L. quale Presidente del Consiglio di Amministrazione e a D.F. quale Direttore Generale di "porre in essere tutte le attività necessarie...finalizzate al rafforzamento patrimoniale per via esterna" (v. verbale prodotto come doc. 12/B dal Pubblico Ministero all'udienza del 19.09.2018); la delega ha permesso dunque agli imputati di gestire le diverse fasi dell'operazione e di avvalersi a tal fine dell'assistenza di advisor e Consulenti.

Oltre ad essa, va richiamata anche la Delib. del 7 dicembre 2010 in cui, dopo l'illustrazione da parte del Presidente e del Direttore Generale delle caratteristiche e finalità dell'Aumento di Capitale, il Consiglio aveva dato loro mandato a "porre in essere tutto quanto necessario od opportuno ai fini dell'esecuzione di quanto deliberato" (v. verbale prodotto dal P.M. come doc. 21 alla stessa udienza).

Altro profilo attiene alla presenza di collaboratori esterni all'Emittente e al loro contributo causale nel reato in esame: va chiarito come gli incarichi conferiti non potessero certo avere l'effetto di mandare esente da responsabilità gli amministratori preposti a curare la redazione e la comunicazione del documento; la scelta compiuta da C. di avvalersi per la redazione del Prospetto Informativo della consulenza della società B.B. non ha comportato infatti alcun trasferimento in capo alla stessa di un potere decisionale autonomo in ordine alle informazioni da inserire, al di là del formale rispetto delle disposizioni regolamentari disciplinanti la struttura tipica del documento e il contenuto informativo minimo dello stesso. La valutazione su quali dati ed informazioni inserire e sulla loro adeguatezza al fine di un'appropriata valutazione dei rischi dell'investimento da parte dei destinatari del Prospetto spettava necessariamente all'Emittente ed il Consulente ad esso faceva riferimento per qualsiasi decisione in merito (v. teste Q. pagg. 116 e 117 dell'udienza del 3.10.2018); la lettura dell'oggetto dell'incarico a B.B. (descritto nella lettera della società del 26.10.2010 a C. e prodotta dal Pubblico Ministero all'udienza del 3.10.2010) conforta tali conclusioni: in essa la società precisa che "nessun attività verrà da noi espletata con riferimento alla elaborazione o alla verifica dei dati/informazioni che dovranno essere illustrati nel Prospetto alla luce della vigente informativa in tema di sollecitazione all'investimento e di quant'altro venisse richiesto da Consob".

Anche la norma sul Prospetto Informativo evidenzia il ruolo centrale dell'Emittente quale garante della completezza e veridicità delle informazioni; prevede infatti una dichiarazione di responsabilità dello stesso che, nel caso di specie, risulta essere stata sottoscritta il 9 maggio 2011, in nome e per conto di C., dal Presidente del C.d.A. S.L. e trasmessa a Consob in allegato alla richiesta di autorizzazione alla pubblicazione del Prospetto Informativo (sempre del 9.05.2011). Da questo documento, nonché dal paragrafo 1 Sezione II del Prospetto, si evince che l'Emittente si assumeva la piena responsabilità per la completezza e la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto nonché "in ordine a altro dato e notizia che fosse tenuto a conoscere e verificare", attestando che "le informazioni contenute nel prospetto informativo stesso sono, per quanto sua conoscenza, conformi ai fatti e non presentano omissioni tali da alterarne il senso".

Il ruolo attivo assunto dagli imputati nella vicenda si desume anche da ulteriori circostanze. S.L., quale Presidente di C., aveva personalmente partecipato ad incontri cruciali svoltisi a Roma con i funzionari di B.I. (n verbale della riunione con i funzionari di B.I. del 6.10.2010, prodotto come doc. 14 dal Pubblico Ministero all'udienza del 19.09.2018), nonché era il destinatario diretto delle missive di B.I. del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011; egli dunque era pienamente a conoscenza delle effettive ragioni dell'aumento di capitale (copertura di perdite attuali e prospettiche); ciò anche grazie alla sua risalente presenza in C., avendo egli precedentemente rivestito il ruolo di Presidente della Fondazione di tale Istituto; gli erano, inoltre, note le specifiche raccomandazioni dell'Autorità di vigilanza in merito alle caratteristiche essenziali dell'operazione (profilo dei destinatari, entità "minima" dell'importo da raggiungere e del conseguente Tier 1 Ratio da conseguire e da mantenere nel tempo) su cui aveva interloquito direttamente con B.I. (v. la missiva del 5.05.2011 in cui comunicava l'impraticabilità del incremento dell'Aumento di Capitale, pur auspicato dall'Istituto centrale). A L.S. quale Presidente di C. sono da ricondurre i comunicati stampa emessi da C. il 05.04.2011, 20.04.2011 e 02.07.2011 che contenevano informazioni e valutazioni già presenti nel Prospetto, in particolare il fatto che l'operazione di Aumento di Capitale fosse destinata non già a sopperire ad una situazione di crisi patrimoniale e di precarietà del patrimonio di vigilanza, ma ad allineare, in largo anticipo rispetto alla loro entrata in vigore gli indici di solidità patrimoniale della Banca ai parametri imposti dalla normativa internazionale: ciò fornisce ulteriore riscontro della piena consapevolezza da parte sua del contenuto distorto e fuorviante del contenuto informativo del Prospetto e delle reali finalità di queste informazioni.

F.D., quale Direttore Generale, era, poi, il riferimento ultimo delle interlocuzioni tra l'Emittente e lo studio di Consulenza (pur con la mediazione del Gruppo di lavoro creato ad hoc) in tutte le fasi di elaborazione del contenuto del Prospetto Informativo (v. sul punto teste Q., trascr. verb. ud. 03.10.2018, pag. 67) e disponeva del potere decisorio su ogni aspetto dello stesso.

3.8.2. La versione degli imputati. Entrambi gli imputati in sede di esame dibattimentale si sono sforzati di descrivere il proprio ruolo nell'operazione di Aumento di Capitale collocandolo nel contesto della difficile congiuntura in cui si trovava C. al momento dell'assunzione dei rispettivi incarichi. Hanno riconosciuto di essere stati edotti, in occasione di diversi incontri con i funzionari di B.I., della gravità della situazione (in particolare rispetto alla necessità impellente di una riqualificazione del portafoglio e di una diminuzione delle perdite) e delle conseguenti direttive impartite dalla Vigilanza per fronteggiare tali emergenze. F.D. ha precisato di essere entrato in C. quando ormai il tema dell'Aumento di Capitale era già centrale nella strategia di rafforzamento patrimoniale dell'Ente col chiaro obiettivo della proprietà di mantenere l'indipendenza dell'Istituto. Il contributo a lui richiesto riguardava la ricerca di cercare nuove opportunità, da cogliere a suo parere soprattutto sul fronte dei rapporti assicurativi, seguendo per il resto le direttive della Vigilanza e facendo affidamento al Presidente (descritto come la memoria storica dell'Istituto) per le linee di azione di fondo. Per quanto riguarda il Prospetto Informativo ha evidenziato come fosse stato messo a disposizione del Consulente esterno B.B. uno staff di funzionari e che l'attività di redazione del documento era caratterizzata da precisi vincoli normativi ed implicava un lavoro "molto amministrativo", che non lo aveva coinvolto direttamente; rispetto alle raccomandazioni di B.I. sull'incremento dell'Aumento di Capitale, le stesse, a suo parere, erano state manifestate in una fase in cui ormai non era possibile intervenire con nuove modifiche, pena la necessità dell'avvio di una nuova procedura; infine, in relazione all'aggiornamento dei dati del Piano Industriale secondo il F. non vi erano ragioni per procedervi e comunque, se vi fosse stata una qualsiasi necessità di integrazione e/o modifica del Prospetto in relazione ai dati del Piano riportati in esso Consob avrebbe potuto avanzare specifiche richieste.

L.S. circa il Prospetto ha riferito di averne letto solo la sezione "Avvertenza" e di non aver preso in esame le parti rispetto alle quali la Vigilanza aveva dato precise raccomandazioni (es. obiettivo di Tier 1 Ratio del 8 %).

3.8.3. Conclusioni sul giudizio di responsabilità di L.S. e F.D.. Gli argomenti difensivi sopra esposti non sono idonei a incidere le conclusioni sopra esposte circa la responsabilità degli imputati nell'attività di predisposizione del Prospetto.

Gli imputati hanno più volte rivendicato la loro estraneità alle pregresse vicende che avevano portato C. ad una grave situazione sotto il profilo gestionale e patrimoniale ed il fatto che la loro assunzione in quel contesto di crisi, avente carattere sistemico, era solo finalizzato ad un tentativo di rilancio dell'Istituto e di difesa della sua indipendenza a servizio dell'economia del territorio di Ferrara: tale sottolineatura, se può assumere rilievo al fine di un corretto inquadramento del contesto della vicenda e delle responsabilità dei precedenti amministratori e per una valutazione del delicato contesto in cui gli attuali imputati si erano trovati ad operare, non è tuttavia pertinente rispetto alla verifica dei presupposti della fattispecie in esame e, piuttosto, fornisce elementi di riscontro per mettere in luce la situazione contingente in cui gli amministratori hanno assunto le loro decisioni e comprendere le ragioni delle loro condotte. E' stata proprio la necessità di portare a termine l'operazione di Aumento di Capitale nell'oggettiva difficoltà di reperire investitori adeguati per gli obiettivi di rafforzamento imposti dalla Vigilanza a indurre gli imputati, quali amministratori dell'Emittente, a fornire ai potenziali investitori, in prevalenza clientela cd retail, una rappresentazione della situazione fuorviante e distorta occultando i dati e le informazioni che potessero scoraggiare gli stessi ed incidere negativamente nel loro giudizio di opportunità dell'investimento.

L'oggetto della condotta a loro ascritta attiene, infatti, ad informazioni che attenevano alle direttive della Vigilanza in ordine ai profili dei destinatari dell'Aumento di Capitale, alla necessità di raggiungere determinati coefficienti patrimoniali e mantenerli nel tempo e di aggiornare i dati del Piano Industriale inseriti nel Prospetto; le omissioni ed occultamenti accertati rispondevano quindi all'evidente finalità di non allarmare il potenziale investitore sulla situazione attuale e prospettica dell'Istituto e, piuttosto, convincerlo circa la bontà dell'investimento alla luce delle prospettive di solidità desumibili dalle informazioni ricevute. E' in tale prospettiva che si può cogliere la lesione dell'interesse alla correttezza dell'informazione societaria e quindi il disvalore delle condotte ascritte agli imputati. Tali rilievi si collegano anche al già richiamato profilo dell'ingiusto profitto: per esso non è necessaria la prova del mirato perseguimento di interessi particolari di carattere personale o legati ad operazioni fraudolente ai danni degli azionisti, essendo sufficiente la consapevolezza che il contenuto distorto delle informazioni inserite nel Prospetto realizzasse un risultato profittevole, qui da intendersi nel completamento dell'operazione, che una corretta rappresentazione della situazione avrebbe messo a repentaglio.

3.8.4. Posizione di D.F.. A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi quanto alla posizione di D.F., al quale viene contestata la condotta di falso in Prospetto quale Responsabile della Direzione Bilancio presso la C.R.F..

In sede di ricostruzione della vicenda è emerso come l'imputato nella fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione del prospetto informativo coordinasse il gruppo di lavoro creato al fine di garantire un supporto al Consulente B.B. e agli altri Consulenti coinvolti nell'operazione, per fornire i dati quantitativi e le informazioni contabili necessarie per la redazione dello stesso; il suo ruolo è stato pertanto quello di primo riferimento per i Consulenti esterni veicolando i dati da loro richiesti e rapportandosi con la Direzione Generale sull'esito delle attività: è indubbio che in questa posizione sia stato colui che, forse più di altri, ha potuto approfondire il contenuto informativo del Prospetto in formazione, garantendo un apporto significativo nella selezione ed inserimento dei dati e notizie; al F. vanno anche ricondotte numerose interlocuzioni con G.C. della B.C. Group, con F.P. della E.Y. e con M.M. della Deloitte nei diversi passaggi operativi già approfonditi. A fronte di tale attività e del contributo fornito dallo stesso, non è tuttavia emerso alcun riscontro in ordine alla sussistenza di un autonomo potere decisionale in capo a tale soggetto, idoneo a consentirgli di assumere scelte in merito al Prospetto e al suo contenuto informativo. Lo stesso Consulente Q. ha sottolineato l'assenza di alcuna facoltà decisionale all'interno dei gruppi di lavoro rimandando al Direttore Generale il potere decisorio ultimo. Tali considerazioni impongono quindi di mandare assolto l'imputato D.F. con la formula di cui all'art. 530  comma I c.p.p. "perché il fatto non costituisce reato".

4. I capi d'imputazione relativi al delitto di aggiotaggio.

Le complesse vicende emerse nel corso dell'istruttoria dibattimentale hanno portato alla contestazione del delitto di aggiotaggio, in relazione ai diversi episodi nei confronti dei diversi imputati indicati nei capi di imputazione 2), 6), 7), 9) e 10). Anche in questo caso, l'analitica disamina di ciascuno di essi sarà preceduta dall'integrale trascrizione del capo di imputazione per una migliore comprensione della condotta prospettata in capo agli agenti. L'importanza e la complessità delle vicende analizzate richiede inoltre un preliminare inquadramento della fattispecie astratta, con l'elencazione di quegli elementi costitutivi che dovranno poi essere rinvenuti in fatto ai fini della declaratoria di penale responsabilità degli imputati.

4.1. Gli elementi della fattispecie astratta.

Come noto, il delitto di aggiotaggio è disciplinato dall'art. 2637  del codice civile e prevede che "Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni".

Occorre preliminarmente evidenziare che la disciplina in materia di aggiotaggio ha subìto una biforcazione per mezzo della L. 18 aprile 2005, n. 62 , la quale ha previsto nell'art. 185  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 , una nuova fattispecie, rubricata "manipolazione del mercato" e relativa agli strumenti finanziari quotati o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, cui si affianca, in posizione sussidiaria, l'illecito amministrativo di cui al successivo articolo 187 ter. Nel contempo, la medesima legge ha limitato l'operatività dell'art. 2637  c.c., rimasto invariato nelle restanti parti, agli "strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato".

Attualmente, pertanto, coesistono due diverse ipotesi penali di aggiotaggio su strumenti finanziari, la cui linea distintiva poggia esclusivamente nella qualificazione del rispettivo oggetto materiale.

La dottrina e la giurisprudenza hanno tradizionalmente individuato nella norma due tipi di aggiotaggio, quello cd. finanziario e quello cd. bancario, in relazione ai quali si articola diversamente l'interesse tutelato. La finalità della tutela per quanto riguarda l'aggiottaggio finanziario, ossia quello finalizzato a "provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari", è da rinvenirsi nel corretto andamento del mercato mobiliare, più precisamente della formazione del prezzo degli strumenti finanziari non quotati secondo il regolare meccanismo delle leggi di mercato. Per ciò che riguarda il cd. aggiottaggio bancario, vale a dire quello finalizzato a "incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari", l'interesse tutelato è il regolare funzionamento del mercato del credito, da individuare in particolare nell'interesse pubblicistico a che il sistema bancario non venga destabilizzato o alterato nella sua ordinaria dinamica attraverso condotte fraudolente. In entrambi i casi, dunque, si tratta di un interesse superindividuale, il quale, tuttavia, può avere ricadute concrete in termini di danno sui singoli risparmiatori.

In ordine ai soggetti attivi, il reato si presenta come comune, potendo essere commesso da "chiunque", risultando in ogni caso frequente la sua commissione ad opera di chi rivesta cariche societarie negli enti interessati.

I delitti di aggiotaggio previsti, rispettivamente, dall'art. 2637  cod. civ. e dall'art. 185  D.Lgs. n. 58 del 1998 , sono reati di pericolo concreto (con connotazione esplicita in tal senso attraverso l'adozione dell'avverbio "concretamente") e di mera condotta, per la cui integrazione è sufficiente che siano posti in essere i comportamenti diretti a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, senza che sia necessario il verificarsi di tale evento.

Ancora, secondo la giurisprudenza, "Il reato di manipolazione di mercato, previsto dall'art. 185  del D.Lgs. del 24 febbraio 1998 n. 58 , ha natura di mera condotta per la cui integrazione è sufficiente che siano posti in essere comportamenti diretti a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, senza che sia necessario il verificarsi di tale evento; tuttavia, la natura di pericolo concreto di tale delitto esige, ai fini del perfezionamento del reato, la manifestazione fenomenica della idoneità dell'azione a mettere in pericolo l'interesse protetto dalla norma, costituito dal corretto ed efficiente andamento del mercato al fine di garantire che il prezzo del titolo nelle relative transazioni rifletta il suo valore reale e non venga influenzato da atti o fatti artificiosi o fraudolenti". È dunque sufficiente che la condotta tenuta sia in concreto idonea a produrre l'effetto richiesto dalla norma, senza doverlo necessariamente provocare, la cui definizione costituisce un concetto elastico, commisurabile alla particolare condizione del caso. Ne consegue che la verifica ex post dell'avvenuta verificazione dell'evento, diversamente tratteggiato nell'aggiotaggio bancario e in quello finanziario, costituisce solo elemento sintomatico della effettiva idoneità della condotta stessa a produrlo, ma non è elemento costitutivo della fattispecie.

In ordine alle condotte, sebbene la disposizione esordisca con una loro iniziale tipizzazione, il legislatore ha sostanzialmente configurato l'aggiotaggio come reato a forma libera, integrato da qualsivoglia operazione che, anche se conforme alle norme giuridiche ed alla prassi economica, riveli, alla luce delle modalità di realizzazione, del contesto di esecuzione e dell'ambiente cui è diretta, una dimensione decettiva ben evidente nell'obiettivo finale perseguito.

La prima condotta suscettibile di provocare tutti gli eventi di pericolo che la disposizione intende contrastare si sostanzia nella "diffusione di notizie false" (cd. manipolazione informativa). La dimensione offensiva della fattispecie va ravvisata nel fatto che chi diffonde le informazioni sa che la notizia è falsa o fuorviante, mentre il pubblico degli investitori ignora tale dato, disponendo quindi di un patrimonio conoscitivo viziato proprio in ragione della diffusione dell'informazione falsa o fuorviante.

Per diffusione si intende la propalazione verso un numero indeterminato di persone o, quantomeno, negli ambienti economico-finanziari più direttamente interessati; propalazione che potrà essere attuata in qualsivoglia modo, comprese ovviamente la pubblicazione e la divulgazione, a prescindere dallo strumento utilizzato. Si tratterà innanzi tutto di comunicazioni di massa, in quanto tali rivolte a un numero potenzialmente vasto e indeterminato di persone o comunque suscettibili di propagarsi in tale senso. L'oggetto della diffusione devono essere notizie, da considerarsi come informazioni su avvenimenti o fatti storici, avvenuti o destinati ad avvenire, purché l'informazione su un fatto futuro scaturisca da un riferimento presente. Tali informazioni possono riguardare la situazione patrimoniale della società, gli strumenti finanziari, singole banche o gruppi bancari (con riguardo all'aggiotaggio bancario), ma anche rivestire più generalmente un carattere economico, finanziario e commerciale o, ancora, riferirsi ad aspetti di altro tipo che possano avere ricadute in questo senso. Poiché la norma non specifica l'oggetto della notizia, occorrerà avere riguardo alla concreta idoneità offensiva dell'azione. Le notizie divulgate devono essere false, cioè inveritiere, difformi dagli elementi oggettivi di fatto. Il disvalore della condotta si radica nella distorsione della realtà.

Diverse considerazioni sono state prospettate sulla possibilità di ricomprendere all'interno della norma gli apprezzamenti, le opinioni e le previsioni. Sussistono infatti in dottrina due correnti di pensiero: la linea esegetica più restrittiva circoscrive il concetto di notizia nell'affermazione meramente descrittiva di precisi fatti storicamente già accaduti, determinando una forte limitazione della sfera applicativa della norma. Sul fronte opposto si pone invece l'impostazione che valorizza gli effetti del messaggio sui destinatari, verificandone l'idoneità a determinare la situazione di pericolo tipizzata, pur se riferito ad eventi futuri e permeato di una dimensione valutativa. Per tali autori in questo modo anche la previsione di eventi futuri potrà valere come notizia, anche se sembra più corretto ricomprendere la condotta all'interno degli altri artifici di cui si dirà in seguito. Un problema si è posto per le notizie non meramente false, ma che, pur contenendo un nucleo di verità, siano esagerate (ingrandendo la portata dei fatti che raffigurano) o tendenziose (ponendo l'attenzione su alcuni aspetti in modo tale che il fatto, pur vero, sia falsamente interpretato, sottacendo altre implicazioni di maggior rilievo). In questo senso, a ridimensionare la portata della questione, è utile quanto affermato dalla pronuncia della C. Cost. n. 19/1962  in merito alla contravvenzione di cui all'art. 656  c.p., riguardante la pubblicazione di "notizie false, esagerate o tendenziose". Secondo la Consulta, infatti, la formula utilizzata dal legislatore è sostanzialmente "un'endiadi, con la quale il legislatore si è proposto di abbracciare ogni specie di notizia che rappresenti la realtà in modo alterato". D'altronde, dai lavori parlamentari emerge che il riferimento alle notizie esagerate o tendenziose (che invece erano previste nella norma di cui all'art. 138  T.U. bancario  e nella norma di cui all'art. 181 T.U. mercati finanziari) è stato eliminato dalla recente disciplina poiché ritenuto "sovrabbondante rispetto al requisito della falsità" e dunque in essa assorbito.

La seconda modalità di condotta incriminata richiede, alternativamente, il compimento di operazioni simulate o l'utilizzo di altri artifici (la cd. manipolazione operativa). La dottrina sottolinea in realtà come la menzione delle operazioni simulate abbia una portata meramente esemplificativa e introduttiva della clausola generale degli altri artifici. In dottrina si è ritenuto che mentre la diffusione di notizie false appare suscettibile di provocare entrambi gli eventi di pericolo, lo stesso non sembra potersi affermare circa la condotta di compimento di operazioni simulate, per taluno logicamente riferibile soltanto alla sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, non potendo essa appunto rapportarsi all'aggiotaggio bancario. In merito, occorre avere riguardo alle ipotesi giuridicamente qualificabili come simulazione assoluta e relativa: alla prima categoria appartengono le operazioni che le parti non hanno in alcun modo inteso realizzare; alla seconda, le operazioni che presentano un'apparenza difforme rispetto a quella effettivamente voluta, nelle quali il contenuto del negozio giuridico nasconde una realtà diversa o anche soltanto invariata rispetto alla situazione economica precedente l'operazione stessa. Va in ogni caso evidenziata la concreta impossibilità di una precisa catalogazione astratta delle operazioni sospette, le quali necessitano di essere valutate all'interno del contesto nel quale vengono effettuate, poiché solo in tale ambito se ne potrà apprezzare l'eventuale portata artificiosa e la loro idoneità a determinare l'evento pericoloso.

Gli altri artifici svolgono la funzione di elemento di chiusura della fattispecie. La nozione di artificiosità esprime in realtà un concetto di relazione, dal momento che appare difficile immaginare che un'azione sia artificiosa in sé, potendo esserlo in riferimento al contesto in cui essa si pone. Elemento imprescindibile sembra comunque quello dell'esistenza di una capacità fraudolenta, di una connotazione ingannatoria, concordemente all'utilizzo del termine artificio, e alla necessaria offensività della condotta. Va invece evitato l'errore di dedurre l'artificiosità dall'evento perseguito e non dal mezzo utilizzato, dal momento che il legislatore richiede che il disvalore si incentri sulla condotta e non solo sul risultato avuto di mira. Per la giurisprudenza, infatti, "In tema di aggiotaggio commesso mediante "altri artifizi", la tipicità della condotta non può essere desunta dal mero fine di alterazione del mercato perseguito dal suo autore, essendo invece necessario che la stessa risulti oggettivamente artificiosa, venendo realizzata con modalità di azione, di tempo e di luogo di per sé tali da poter incidere sul normale andamento del corso dei titoli". Ancora, "In tema di manipolazione del mercato, un mezzo in sé non illecito può integrare la nozione di "altri artifizi" idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari qualora sia obiettivamente artificioso, ossia posto in essere con modalità dell'azione tali, per ragioni di modo, di tempo e di luogo, da alterare il normale gioco della domanda e dell'offerta, non essendo sufficiente che esso sia diretto al fine di turbare il mercato".

Dunque, assume rilievo non la finalità perseguita, la quale potrà comunque costituire un importante elemento di contorno, bensì la concreta modalità dell'azione.

Le condotte sopra descritte devono essere concretamente idonee a provocare determinati eventi pericolosi, quali "una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari". Come chiarito, non è richiesto che questi eventi si verifichino ai fini dell'integrazione della fattispecie in commento. Per contro, deve sussistere un nesso di causa ed effetto tra le modalità comportamentali descritte e tali eventi, escludendosi poi l'esistenza di fattori concorrenti da soli sufficienti a cagionare gli eventi in parola. È quindi penalmente rilevante ogni fattore idoneo ad alterare l'equilibrio delle contrattazioni ovvero ad innescare meccanismi reattivi nei risparmiatori. Per sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari si deve intendere quella modificazione del prezzo quantitativamente apprezzabile, tale da determinare un differente comportamento del mercato, con valutazione e differenziazione delle oscillazioni fisiologiche da quelle patologiche: devono quindi essere esclusi fatti marginali, non potendosi, in ogni caso, nemmeno stabilire una predeterminazione di limiti quantitativi fissi. Anche al fine di elidere la nota di incertezza che inevitabilmente caratterizza aggettivizzazioni di tal tenore, la Corte di Cassazione ha proposto il parametro dell'investitore ragionevole di cui all'art. 181  co. 4 TUF , secondo in criterio di accertamento che è quello della prognosi postuma.

La fattispecie di aggiotaggio bancario delinea una condotta concretamente idonea e indirizzata "ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari". Il termine affidamento rimanda alla fiducia dei consociati nei confronti di un determinato ente, mentre il richiamo alla stabilità evoca invece una componente prevalentemente economica, anche se non possono essere a priori esclusi profili legati all'amministrazione o alla gestione della banca o del gruppo. Il legislatore non indica che la stabilità debba essere intaccata in senso positivo o negativo, motivo per il quale rilevano entrambe le due ipotesi. D'altronde, l'utilizzo stesso del verbo "incidere" si mostra funzionale a tale interpretazione. Il pericolo che la norma penale intende prevenire è infatti legato non tanto alla direzione dell'effetto, positiva o negativa, creata dalla condotta, quanto al verificarsi dell'effetto stesso, consistente in un'alterata percezione della stabilità dell'ente bancario dovuta a fattori artefatti o comunque non trasparenti. Infatti, entrambi gli effetti sembrano in grado di determinare una lesione al bene giuridico tutelato, da individuarsi, come sopra ricordato, nel regolare funzionamento del mercato del credito. Delimita la clausola normativa il requisito dimensionale, poiché ai fini della rilevanza penale del pericolo è necessario che l'affidamento rischi di essere deteriorato in modo significativo. Si tratta indubbiamente di una clausola quantitativa assai ardua da individuare nei suoi precisi contenuti, soprattutto trattandosi di un giudizio di prognosi postuma. Tuttavia, la clausola è importante e funzionale ad una doverosa esclusione di comportamenti non penalisticamente apprezzabili. Rimane una certa difficoltà nell'accertamento del nesso causale, rilevabile solo sulla base di meccanismi presuntivi. Non si hanno, infatti, nell'aggiotaggio bancario, nemmeno parametri di ordine numerico, diversamente dal parallelo aggiotaggio finanziario, ma secondo la dottrina vengono in considerazione manovre di tipo psicologico, che passano attraverso la manipolazione dell'opinione pubblica.

Il dolo del reato di aggiotaggio informativo è generico e consiste nella mera coscienza e volontà di diffondere notizie manipolative, unitamente alla consapevolezza dell'idoneità di tali condotte a cagionare gli eventi di pericolo normativamente tipizzati. La qualificazione del dolo come generico comporta il rischio che si pervenga alla qualificazione in chiave dolosa di fatti non rapportabili a questa forma di colpevolezza, stante anche il labile confine con la colpa cosciente. È pertanto auspicabile un'attenta valutazione dei contorni della situazione concreta, onde evitare un incontrollato ampliamento della sfera applicativa della norma: l'interprete, cioè, dovrà pervenire ad un accertamento rigoroso dei contenuti dell'elemento soggettivo, per valorizzare la necessaria natura dissimulatoria o ingannatrice della condotta complessivamente considerata.

Il delitto di aggiotaggio si consuma nel momento e nel luogo in cui la condotta assume connotati di concreta lesività, manifestando la sua pericolosità per il normale corso dei titoli cui si riferisce.

Infine, per quel che riguarda il concorso di persone nel reato, la giurisprudenza ha stabilito che "ai fini della configurabilità del concorso nel reato di aggiotaggio manipolativo, materialmente posto in essere da altri, è necessario un contributo, anche soltanto agevolatore, all'altrui attività manipolativa, e la prova di tale contributo, che può prescindere dalla dimostrazione della esistenza di un previo accordo tra i concorrenti, può consistere in un rafforzamento del proposito del correo o, in alternativa, in un apporto materiale efficiente alla condotta di questo".

4.2. Le singole fattispecie concrete.

Delineato il quadro generale della fattispecie astratta, occorre adesso verificare se negli episodi contestati ricorrano tutti i requisiti elencati e necessari ai fini di una declaratoria di penale responsabilità degli imputati a cui le condotte vengono ascritte.

Come anticipato, verranno analizzati i singoli capi di imputazione, preceduti dalla loro trascrizione, al fine di agevolare il lettore nella individuazione delle condotte concretamente contestate.

In merito al contesto generale in cui si inseriscono tali azioni, si ritiene di poter richiamare integralmente quanto già esposto in apertura di sentenza e relativo alla genesi dell'aumento di capitale e alle problematiche gestionali e patrimoniali emerse a seguito dell'attività di vigilanza effettuata dalla B.I., problematiche che saranno comunque richiamate di volta in volta qualora ciò sia rilevante e necessario per definire il quadro della singola fattispecie.

IMPUTAZIONE capo 2)

F.D., L.S., F.D., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2637 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nella "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

diffondevano notizie false, nonché ponevano in essere artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." (offerte al pubblico al prezzo di Euro 21,00) in ordine all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, deliberata dall'Assemblea dei Soci in data 06.05.2011, e ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario C.R.F. S.p.A."; con condotta consistita:

- nella pubblicazione e diffusione del prospetto informativo depositato presso la Consob in data 01.07.2011, caratterizzato dalle falsità ed omissioni indicate nel Capo I;

- nel mancato aggiornamento del prezzo di emissione di ciascuna azione fissato a Euro 21,00 e calcolato in ragione degli utili e delle perdite solo previste, queste ultime determinate sulla base di dati sensibilmente diversi da quelli effettivi al 31.12.2010; essendo le reali risultanze di bilancio 2010, non prese in considerazione da "C.R.F." per la determinazione del prezzo, tali da comportare un impatto in senso negativo sulla determinazione del valore di sottoscrizione secondo il metodo dichiarato nel prospetto come utilizzato da C.).

In Ferrara, il 30.09.2011 (termine dell'offerta al pubblico delle azioni).

4.3. Premessa. Nell'ambito del capo d'imputazione in esame la Pubblica Accusa contesta a F.D., a L.S. e a F.D. nelle qualità già sopra descritte di aver agito in concorso diffondendo notizie false e ponendo in essere artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di vendita delle azioni offerte nell'ambito dell'aumento di capitale, nonché ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario C.R.F. S.p.A. Vengono in questo capo contestati i reati di aggiotaggio, sia finanziario che bancario, che sarebbero stati realizzati attraverso le medesime condotte. In concreto la condotta che integrerebbe la fattispecie penale si sarebbe articolata in due direzioni, che nella prosecuzione della motivazione verranno analizzate singolarmente.

La prima sarebbe consistita nella pubblicazione e diffusione del prospetto informativo, caratterizzato da falsità e omissioni indicate nel capo I. Tali falsità e omissioni, lo si ricorda, attengono alla condotta di occultamento al potenziale investitore di informazioni rilevanti per la corretta valutazione del rischio (omessa evidenza delle caratteristiche dei destinatari dell'offerta sub capo (...), sub a) n.(...) e omessa evidenza della necessità di garantire con l'aumento di capitale un Tier 1 Ratio almeno pari all'8% sub capo (...), sub a) nn. (...), (...) e (...)) e di comunicazione di informazioni false e fuorvianti, occultando gli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010 (sub capo (...), sub b) nn. (...), (...) e (...)).

4.3.1. Il rapporto tra le due fattispecie.

Già dalle modalità con le quali viene contestato, è chiaro che il capo è legato in parte all'accertamento del falso in prospetto. Tuttavia, tale legame non si esplica in maniera assoluta, perché la condotta descritta nelle due fattispecie contestate è in parte diversa, così come l'evento giuridico richiesto. Pertanto, il rapporto soffre di un certo margine di apprezzamento e indipendenza reciproca, cosicché la sorte del primo capo di imputazione non è decisiva rispetto alla valutazione di quello in questa sede analizzato.

Prendendo lo spunto da un tale relazione tra le fattispecie astratte, va in primis affrontato il tema del possibile rapporto di specialità, con conseguente concorso apparente di norme, tra il reato di falso in prospetto dell'art. 173 bis  TUF  e quello di aggiotaggio. Qualora, infatti, la fattispecie di cui all'art. 173 bis  TUF  non rappresenti altro che una mera specificazione di elementi già considerati in maniera più ampia dall'art. 2637  c.c. si imporrebbe l'applicazione dell'art. 15  c.p., in base al quale la legge speciale deroga a quella generale in assenza di espresse clausole di riserva.

Relativamente ai criteri generali in base ai quali effettuare un tale giudizio, devono prendersi le mosse dalla recente giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite, secondo cui "Nella materia del concorso apparente di norme non operano criteri valutativi diversi da quello di specialità previsto dall'art. 15  cod. pen., che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, al fine di apprezzare l'implicita valutazione di correlazione tra le norme, effettuata dal legislatore". La risoluzione del problema richiede quindi un raffronto delle fattispecie astratte, verificandone gli elementi costitutivi e la loro sovrapponibilità, con l'esclusione di un ulteriore criterio pure in passato utilizzato in giurisprudenza, costituito dal raffronto tra i beni giuridici tutelati dalle norme oggetto di confronto e considerato foriero di incertezze quanto ai dati di discrimine, elementi di non univoca individuazione e per questo suscettibili di opposte valutazioni da parte degli interpreti. Al contrario, il principio di specialità richiede di analizzare gli elementi della struttura di ciascuna fattispecie, verificando se gli uni possano essere ricompresi negli altri, costituendone una mera specificazione e quindi ritagliandone una porzione già considerata nella norma più generale, Con l'avvertenza che nel caso della cd. specialità bilaterale o reciproca, che ricorre quando entrambe le fattispecie presentano, accanto ad un nucleo di elementi comuni, elementi specifici propri, si avrà un concorso di norme.

Nell'ottica qui analizzata, superato ogni riferimento all'autore del reato, che in entrambe le disposizioni può essere chiunque, appare evidente che le condotte descritte dal delitto di falso in prospetto abbiano un orizzonte di minore respiro rispetto a quelle di aggiotaggio, tale per cui deve preliminarmente essere valutata la possibilità che le prime siano ricomprese nelle seconde. La norma del T.U.F. punisce chi "espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari... nei prospetti richiesti per la offerta al pubblico di prodotti finanziari o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio". L'aggiotaggio punisce invece chi "diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari...". Ad una prima lettura, parrebbe che sussista la riconducibilità delle prime alle seconde, nel senso che ne rappresenterebbero una mera specificazione. Infatti, l'esposizione di false informazioni o l'occultamento di dati o notizie non è che una modalità di condotta specifica rispetto a quella più ampia rappresentata dalla diffusione di notizie false e dal porre in essere altri artifici. Tuttavia, nel confronto tra le disposizioni non può essere tralasciata la finalizzazione di tali condotte e, a questo riguardo, va considerato che gli eventi alla cui produzione le condotte devono essere idonee è diverso: da un lato nel 173 bis T.U.F. la condotta deve essere idonea a trarre in inganno i destinatari dell'offerta; dall'altro la condotta del 2637 c.c. deve essere idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari o a incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o gruppi bancari.

Tale dato si riflette inevitabilmente sulla condotta, la quale, nell'ottica legislativa, va considerata in funzione finalistica, vale a dire concretizzandola in ragione dell'effetto che potenzialmente è idonea a provocare, alla stregua di una condotta causalmente orientata. Alla luce di ciò, pare di potersi sostenere che la condotta di cui all'art. 173 bis  T.U.F.  non possa, in tutte le sue possibili modalità di estrinsecazione, essere ricompresa in quella di aggiotaggio. Rilevante, a tal fine, è il requisito dimensionale di quest'ultimo reato, laddove si prevede che l'azione (o l'omissione) sia idonea a provocare l'effetto previsto in maniera sensibile (quanto all'alterazione del prezzo) o in maniera significativa (quanto alla stabilità patrimoniale delle banche). Viceversa, nessun requisito dimensionale è previsto nel falso in prospetto, in cui si richiede solamente la concreta idoneità all'induzione in errore dei soggetti destinatari dell'offerta, È allora evidente che ciò che può integrare il reato di falso in prospetto, avendo idoneità decettiva con riguardo ai potenziali sottoscrittori, potrebbe non avere tale idoneità rispetto a un evento (di pericolo) più pervasivo come quello richiesto dall'aggiotaggio. Sotto un primo punto di vista, dunque, le condotte non sembrano atteggiarsi come se l'una fosse la mera specificazione dell'altra, essendo invece in astratto solo parzialmente sovrapponibili e così già escludendo, sotto questo primo punto di vista, l'operatività del principio di specialità di cui all'art. 15  c.p.

Altro aspetto da tenere in considerazione è quello relativo al potenziale evento prodotto, che già illumina la concretezza della condotta richiesta dalle norme.

Anche in questo caso emerge la diversità tra le due fattispecie a confronto, dal momento che è possibile replicare le considerazioni in ordine al requisito dimensionale già espresse in precedenza. In altre parole, l'induzione in errore dei destinatari dell'offerta di sottoscrizione non vale da sola a implicare anche una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, ovvero a incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari. Anche in questo caso, dunque, considerando un elemento strutturale della fattispecie, manca la possibilità di considerare il potenziale evento del falso in prospetto come ricompreso in quello del reato di aggiotaggio.

Ulteriore aspetto da analizzare è quello riguardante l'elemento soggettivo del reato. Il falso in prospetto richiede il dolo specifico del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto. Il delitto di aggiotaggio richiede, invece, solamente il dolo generico, consistente nella mera coscienza e volontà di diffondere notizie manipolative. In questo senso parrebbe operare il principio di specialità, considerazione peraltro superata da quanto sopra esposto in ordine a condotta ed evento di pericolo.

4.3.2. Analisi della prima condotta contestata nel capo 21.

Risolta in maniera positiva la possibilità del concorso tra le due fattispecie penali, si passerà ora all'analisi della prima condotta contestata nel capo 2), consistente, lo si ricorda, "nella pubblicazione e diffusione del prospetto informativo depositato presso la Consob in data 01.07.2011, caratterizzato dalle falsità ed omissioni indicate nel Capo I".

In ordine alle considerazioni sulle condotte descritte nel capo di imputazione il discorso è già stato affrontato in sede di falso in prospetto. Si richiama pertanto quanto esposto in quella sede, considerato anche il rapporto tra le fattispecie sopra enunciato. Alla stessa maniera è chiaro che quanto detto circa la possibilità di attribuire materialmente tali condotte agli imputati L. e F. valga anche in questa sede, così come l'esclusione di responsabilità per quanto riguarda D.F..

Si ricorda che la conclusione raggiunta è stata nel senso di ritenere sussistente l'omissione, nel prospetto informativo, di informazioni rilevanti sulle caratteristiche del pubblico al quale indirizzare l'offerta delle nuove azioni, informazioni derivanti da indicazioni della B.I., il cui inserimento rispondeva alla necessità di rendere conoscibili al potenziale investitore informazioni che afferivano alle ragioni dell'operazione di aumento e alle sue reali finalità e, pertanto, incidevano sulla valutazione di rischiosità dell'investimento. L'obiettivo perseguito dai redattori del prospetto era infatti quello di garantire il buon esito dell'operazione di aumento di capitale, occultando i reali presupposti della genesi dell'operazione e così facendo ricadere l'assunzione del rischio in prevalenza su una tipologia di piccoli investitori (retail) con minori capacità conoscitive e valutative.

Parimenti, si è ritenuto che nel prospetto informativo siano state omesse informazioni rilevanti sulla necessità di mantenere nel continuo il Tier one Ratio consolidato a un livello superiore all'8% e di valutare l'ampliamento dell'importo massimo dell'aumento di capitale inizialmente individuato, a fronte del progressivo deterioramento della situazione patrimoniale. La rappresentazione circa i rischi connessi alla situazione patrimoniale dell'Emittente e alle criticità emerse dagli accertamenti ispettivi della Vigilanza è risultata parziale e fuorviante, anche in questo caso finalizzata a completare l'operazione di aumento di capitale occultando significative informazioni per un corretto giudizio sull'investimento.

Anche in relazione alla condotta sub b) del capo 1), si è ritenuto che nel prospetto siano state fornite informazioni incomplete e fuorvianti sui coefficienti patrimoniali e sulla determinazione del prezzo per ciascuna azione, attraverso l'omessa evidenza degli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010: si trattava di informazioni che afferivano alle ragioni dell'operazione di aumento e alle sue reali finalità e, pertanto, incidevano sulla valutazione di rischiosità dell'investimento. Circa l'idoneità del Piano Industriale inserito nel prospetto informativo a fungere da corretto criterio di orientamento nella scelta di investimento si è rilevato che, dovendo valutare la qualità dell'informazione consegnata nel prospetto al momento della sua pubblicazione, essa risultava viziata nella validità dei suoi presupposti di partenza e per essere corretta avrebbe dovuto essere aggiornata.

Il richiamo alle condotte di cui al capo 1 comporta che l'averle ricostruite in tali termini in quella sede conduca a un giudizio di analogo tenore anche in relazione al presente capo di imputazione, dal momento che il diverso evento che la condotta deve essere idonea a provocare non vale in questo caso a giustificare una differente considerazione delle azioni poste in essere dagli imputati.

Si tratta comunque di qualificarle giuridicamente all'interno della diversa fattispecie e di verificare la ricorrenza dell'evento di pericolo da questa richiesto.

Il capo di imputazione sostiene, nella sua prima parte, che tali condotte abbiano concretizzato l'esposizione di notizie false o l'adozione di altri artifici idonei ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario C.R.F. S.p.A.

Non pare, per il vero, come anche desumibile dalle considerazioni esposte nel capo 1), che tali condotte possano essere qualificate come esposizione di notizie false. Infatti, analizzando il contenuto del prospetto non si rileva la sussistenza di un dato difforme dal reale, tale da integrare la qualifica di falso. Piuttosto, appare sussistente una mirata attività di selezione delle informazioni da veicolare, attuata occultando gli aspetti rilevanti in relazione allo specifico strumento di informazione ed evidenziandone altri, dal carattere tendenzioso e funzionale al raggiungimento dell'obiettivo che l'ente bancario si era prefissato con l'Aumento di Capitale, più che alla formazione di una reale consapevolezza nell'investitore.

Anche il mancato aggiornamento delle previsioni del piano industriale e del prezzo pare più correttamente iscriversi nell'ambito di una omissione, dal momento che il piano industriale, al momento della sua redazione, non poteva di certo dirsi artefatto, bensì basato su dati (presuntivi) all'epoca riconosciuti come ragionevoli. La condotta, al contrario, si è sostanziata in un mancato (ma doveroso) aggiornamento di quei dati e nella ricaduta che ciò ha avuto sulla determinazione del prezzo di emissione delle nuove azioni e sulle scelte dei destinatari delle informazioni, dunque nell'omissione di un'azione dovuta.

Ma pure escludendo la sussistenza di informazioni false, le condotte sopra descritte rientrano a pieno titolo all'interno dell'altra tipizzazione prevista dal legislatore, consistente nel porre in essere altri artifici concretamente idonei a provocare l'evento di aggiotaggio bancario. L'artificio, infatti, può essere definito come l'espediente diretto a ottenere effetti estranei all'ordine naturale o dall'aspetto immediato delle cose.

Proprio in relazione al primo evento di pericolo richiamato dall'imputazione e costituito dall'affidamento del pubblico sulla stabilità patrimoniale della banca vanno effettuate alcune valutazioni riferite al caso concreto, ricordando come le condotte sopra descritte devono nell'aggiotaggio essere idonee a cagionare un diverso evento rispetto a quello richiesto dalla norma sul falso in prospetto, richiedendo, pertanto, un'analisi specifica in merito.

V'è in primis da chiarire che, come detto, se l'obbiettivo della norma penale è parzialmente coincidente con quello del falso in prospetto (assicurare la correttezza e l'assenza di anomalie nel processo decisionale del pubblico tentando di eliminare le asimmetrie informative esistenti tra soggetti istituzionali e consumatori), l'aggiotaggio bancario ha una prospettiva più ampia, un respiro di maggiore ampiezza, non limitato alla sola intenzione di ingannare i destinatari dell'offerta, bensì riferito a un concetto più generale, ma non meno definito - quale l'affidamento sulla stabilità patrimoniale, da intendersi come fiducia nella situazione patrimoniale di un istituto bancario.

Nel caso in esame in questo capo, lo strumento scelto per la diffusione delle informazioni, pur essendo più specificamente rivolto a chi si interessi alla possibile sottoscrizione azionaria, nondimeno ha avuto eco e caratteristiche tali da fungere efficacemente da veicolo di diffusione delle informazioni medesime al complesso degli operatori economici, raggiungendo, dunque, non solamente coloro che abbiano poi deciso di sottoscrivere le azioni di nuova emissione, ma anche coloro che, pur non avendolo fatto, abbiano comunque registrato le informazioni contenute nel prospetto informativo e sulla base di queste abbiano formato il proprio convincimento sulla sussistenza di un determinata situazione patrimoniale dell'ente creditizio.

In questo contesto, deve ritenersi che la stabilità patrimoniale della banca esca indubitabilmente rafforzata dalle informazioni quantomeno selezionate e mirate che si è scelto di veicolare attraverso il prospetto informativo.

L'omissione relativa alla genesi dell'Aumento di Capitale e alle sue necessarie caratteristiche ha indubbiamente contribuito a diffondere un'immagine dell'istituto bancario diversa, sicuramente più affidabile e solida rispetto a quanto sarebbe accaduto se fossero state rese note le sue reali cause. Veicolare il messaggio per cui tale aumento fosse dovuto principalmente alla volontà di rientrare in anticipo nei coefficienti minimi richiesti dalle nuove disposizioni di vigilanza prudenziale, anziché alla pressante sollecitazione della B.I. al fine di evitare il collasso finanziario dell'ente, con la fissazione finanche di parametri determinati e stringenti quali il raggiungimento di un "Tier 1 Ratio" minimo dell'8%, ha rappresentato solo uno dei tasselli che, unitariamente considerati, ha composto il quadro complessivo offerto dagli organi di C. al potenziale investitore e al mercato finanziario in generale. In particolare, l'inserimento nella Sezione II Capitolo XIII di un risultato operativo e di utili previsti sulla base di un piano industriale la cui inattualità era ben chiara agli amministratori ha certamente contribuito a formare o rafforzare nei consociati l'idea di una banca con prospettive di ripresa in realtà viziate dall'approvazione di un bilancio in decisa e ulteriore perdita rispetto a quanto preso in considerazione per la redazione del piano. L'aggiornamento del piano industriale, anche prescindendo dall'equivalenza o meno del risultato finale che si sarebbe raggiunto, avrebbe in ogni caso comportato una modifica degli obiettivi auspicati o quantomeno dei fattori utilizzati nelle previsioni, potendo ciò influire sulle valutazioni compiute dagli operatori di mercato. Ne è derivata una rappresentazione alterata della reale consistenza patrimoniale della Banca, che partendo da previsioni solamente ipotizzate, ma in realtà non verificatesi, proietta nel triennio 2011-2014 l'immagine di una ente creditizio in grado di rilanciarsi con decisione e produrre utili, secondo modalità, per quanto fin qui detto, già inattuali al momento della loro pubblicazione.

Allo stesso modo, l'omessa indicazione relativa ai coefficienti patrimoniali dell'istituto bancario e alle caratteristiche che la B.I. aveva raccomandato in relazione ai destinatari dell'offerta diffonde un'immagine diversa e di maggiore solidità dell'istituto, del quale si evita che emerga, seppure in maniera indiretta, la reale situazione economica. L'auspicio della B.I. verso un'offerta rivolta principalmente a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento e che si caratterizzino per un'adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo" disvela in maniera indiretta quali erano le necessità dell'ente e si presta a una lettura diversa e di maggiore prudenza rispetto alla prospettata situazione patrimoniale. Ciò è tanto più vero nei confronti di un investitore istituzionale, ma lo stesso effetto, per l'accessibilità del messaggio, si verifica anche agli occhi di un investitore che tali caratteristiche non abbia. Le indicazioni dell'Organo di Vigilanza, infatti, limitano la platea dei soggetti potenzialmente sottoscrittori a quelli in sostanza aventi natura istituzionale o professionale, indicando anche, implicitamente, quali realmente fossero le condizioni dell'istituto bancario, le cui azioni non venivano quindi consigliate a un pubblico retail. È evidente, allora, che la raccomandazione proveniente dall'Organo di Vigilanza circa l'esclusione di una tale tipologia di investitori getta una luce sul reale rischio connesso a tale investimento. Non pare casuale che tali informazioni siano state omesse, dal momento che, nella necessità stringente di raggiungere la quota di sottoscrizioni indicata dalla B.I., esse avrebbero verosimilmente comportato un minor afflusso di capitali da parte dei piccoli investitori, mettendo a serio rischio il raggiungimento dell'obbiettivo minimo di 150 milioni di Euro.

Se questa considerazione ha diretta incidenza in merito all'adesione all'Aumento di Capitale, non diversamente deve ritenersi che l'abbia anche in ordine all'evento preso in considerazione dall'aggiotaggio, vale a dire la stabilità patrimoniale del gruppo. Va da sé, infatti, che le valutazioni che spingono l'investitore a effettuare una determinata operazione fondano altresì la considerazione che il mercato, inteso come complesso degli operatori professionali e non professionali che si interessano a determinate situazioni finanziarie, ha della situazione dell'ente bancario. In altre parole, le informazioni relative all'emittente che influenzano il singolo investitore nell'effettuare le proprie scelte a favore di un determinato investimento incidono parimenti sulla considerazione che il mercato ha dell'ente bancario, dal momento che il mercato stesso è formato dalla globalità degli operatori economici.

Come già chiarito, il requisito della stabilità patrimoniale viene indicato dalla fattispecie in maniera neutra, senza una sua connotazione nel senso di falso rafforzamento e indebolimento, motivo per il quale entrambe le ipotesi devono essere considerate penalmente illecite. Ciò anche in considerazione dell'oggettività giuridica della norma, che tutela la stabilità del complesso delle reazioni e relazioni all'interno di un mercato da meccanismi informativi devianti, siano essi nell'una o nell'altra direzione. Non è allora condivisibile l'assunto pure prospettato dalle difese, secondo il quale la rappresentazione di una situazione migliore di quella effettiva non integrerebbe la fattispecie contestata, essendo tale conclusione contrastante con la logica che soggiace alla presenza stessa della norma nel nostro ordinamento. Nel caso di specie le informazioni veicolate e rese pubbliche per il tramite del prospetto informativo hanno fornito un'immagine alterata della reale situazione economica dell'ente, nel senso di offrire prospettive patrimoniali più rosee di quelle effettive.

La norma richiede anche un requisito dimensionale circa l'evento giuridico prodotto, cioè l'idoneità a incidere sulla stabilità patrimoniale della banca in modo significativo. Occorre allora occuparsi di verificare anche la presenza di tale requisito. Esso pare nel caso di specie integrato, proprio per la finalità divulgativa del prospetto informativo (che si rivolge a tutti i potenziali investitori) e per la destinazione dello stesso a un numero indistinto e molto vasto di soggetti. È logico, infatti, che sebbene il prospetto sia specificamente rivolto a chi si interessi alla possibilità di sottoscrivere l'Aumento di Capitale, nondimeno le informazioni in esso contenute vengono recepite dall'intero complesso dei soggetti che hanno in maniera diretta, indiretta o anche solamente potenziale rapporti con l'istituto di credito. La portata diffusiva del messaggio è d'altronde dimostrata dal risultato stesso della sottoscrizione, a cui ha aderito un cospicuo numero di soggetti, per la maggior parte appartenenti alla cd. clientela retail, composta cioè da piccoli investitori privati.

Ma anche la portata di un Aumento di Capitale di 150 milioni di Euro è significativa di un'incidenza non marginale di tali comunicazioni, che hanno raggiunto una vasta platea di destinatari informandoli su di un'operazione di rilevanza primaria nell'economia di rilancio dell'istituto bancario e dello stesso contesto territoriale, vista la stretta connessione tra la Banca, la Fondazione C. e le numerose iniziative locali per il suo tramite finanziate. Da tenere in considerazione a questi fini, infatti, è lo stretto legame che ha legato nel tempo l'istituto bancario al territorio, tanto che nel corso delle testimonianze è chiaramente emerso come la Cassa di Risparmio fosse storicamente l'ente creditizio di riferimento. In relazione al capo di imputazione qui analizzato, ciò che rileva è allora l'affidamento generale che la pubblicazione del prospetto informativo è stata in grado di generare sulla platea dei potenziali investitori.

In ordine a tale punto, è anche possibile valorizzare la posizione di quanti, pur non avendo sottoscritto l'Aumento di Capitale, hanno comunque acquistato azioni dopo il 2011, detenendole nel proprio portafoglio azionario anche sulla base delle previsioni previste nel piano industriale. È ragionevole ritenere che l'affidamento riposto nel complesso delle informazioni trasmesse con l'Aumento di Capitale abbia avuto influenza sulle scelte anche successive degli investitori, i quali, se avessero avuto un quadro completo sulla genesi, le modalità, le raccomandazioni e i dati patrimoniali ruotanti intorno all'Aumento di Capitale, avrebbero potuto ad esempio astenersi dall'effettuare l'investimento o disinvestire da quello già effettuato. Così argomentando, deve ritenersi che le informazioni diffuse abbiano raggiunto non solamente i sottoscrittori, ma anche i semplici azionisti. Va comunque considerato che, trattandosi di un reato di pericolo concreto, con la relativa e necessaria valutazione che a posteriori si deve porre in una prospettiva ex ante (cd. prognosi postuma), viene anche bypassato il problema della concreta efficacia causale della condotta sulle decisioni della platea dei potenziali destinatari delle informazioni: infatti, dato lo scopo che il prospetto informativo riveste nella procedura di Aumento di Capitale e nell'ordinamento, la presenza di informazioni fuorvianti al suo interno concretizza certamente quel pericolo di significativa incidenza sulla stabilità patrimoniale della Banca richiesto dalla norma penale.

4.3.3. Analisi della seconda condotta contestata nel capo 2).

Passando alla seconda condotta descritta nel capo di imputazione in commento, essa consiste "nel mancato aggiornamento del prezzo di emissione di ciascuna azione (fissato a Euro 21,00 e calcolato in ragione degli utili e delle perdite solo previste, queste ultime determinate sulla base di dati sensibilmente diversi da quelli effettivi al 31.12.2010; essendo le reali risultanze di bilancio 2010, non prese in considerazione da "C.R.F." per la determinazione del prezzo, tali da comportare un impatto in senso negativo sulla determinazione del valore di sottoscrizione secondo il metodo dichiarato nel prospetto come utilizzato da Ca.RI.FE)", condotte che sarebbero state "concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo" delle azioni di nuova emissione.

Il 7 dicembre 2010 il consiglio di amministrazione di C. approvava l'Aumento di Capitale per 150,2 milioni di Euro, fissando il prezzo della singola azioni in Euro 21. Veniva inoltre proposto di "basare la determinazione del prezzo di sottoscrizione delle azioni di nuova emissione sui Metodo del "Dividend Discount Model" (DDM) e sul Metodo Misto patrimoniale-reddituale, metodologie ritenute appropriate a! fine di cogliere appieno le reali componenti di valore espresse nella situazione attuale e nelle prospettive di sviluppo della Cassa e del Gruppo". In base a quanto riportato nel verbale della seduta, con il metodo DDM si ottiene "un valore unitario compreso tra un minima di Euro 20,05 ed un massimo di Euro 22,53 per azione"; quanto al metodo misto, la stima e compresa tra "un minimo di Euro 19,83 ed un massimo di Euro21,69 per azione".

Va precisato che il metodo utilizzato nel calcolo ha avuto come dati di riferimento quelli derivanti "dall'analisi della situazione attuale e delle prospettive economiche e patrimoniali del Gruppo, nonché sull'analisi del mercato di riferimento, quali desumibili da un lato dai dati preconsuntivi al 31 dicembre 2010, dall'altro, dagli interventi analiticamente descritti nel Piano Industriale 2011-2014, approvato dal Consiglio di Amministrazione il 30 novembre 2010". I dati preconsuntivi ai 31 dicembre 2010 e quelli del Piano Industriale 2011-2014 sono dunque, dichiaratamente, i presupposti sulla cui base è stato determinato il prezzo di emissione delle azioni. In realtà, si deve considerare come il valore stimato del prezzo dell'azione dipendesse per una quota significativa da un'ipotesi non contenuta nel Piano Industriale, costituita dalla maggiorazione del 20% rispetto al valore di utili ottenuto dalla previsione del Piano 2014 (cd. utile normalizzato corrispondente alla stima del valore terminale assumendo un utile netto "normale", cioè mediamente sostenibile all'infinito), ultimo anno previsto nel Piano Industriale. Circa la determinazione di tale indice non è invero emersa la fonte, né lo stesso era riportato nelle previsioni del Piano Industriale o nel Prospetto Informativo e non trova alcuna giustificazione in altre risultanze documentali o da altro elemento, restando un assunto che C. fornisce alla società di consulenza come uno dei dati presi in considerazione per la determinazione del prezzo. Di certo, tuttavia, l'utilizzo del metodo DDM considera i flussi di dividendo che possono essere distribuiti nel rispetto del vincolo di patrimonializzazione minima. Si tratta del capitale che può essere distribuito nel rispetto del vincolo regolamentare, perciò detto "excess capital" (ossia capitale in eccesso).

Al fine di ottenere un giudizio di congruità (fairness opinion) sulla procedura di determinazione del prezzo, C. si era rivolta alla società di consulenza E.Y.. Di fatto, come chiarito dal teste P.F. di E.Y., la Banca aveva già determinato un valore della singola azione all'interno di un intervallo e compito richiesto al Consulente era stato quello di "ricostruire le modalità di determinazione attraverso l'applicazione delle metodologie comunemente utilizzate in quel momento nella prassi, sviluppando i calcoli sottostanti e verificando che fossero corretti", il tutto sulla base di dati di fondo per il calcolo forniti da C. che la società di consulenza non era incaricata di verificare.

Nella propria relazione, la società di consulenza E.Y. concludeva confermando "la ragionevolezza e non arbitrarietà, rispetto a quanto normalmente previsto dalla dottrina e dalla prassi, delle metodologie valutative sopra descritte, nonché delle conclusioni raggiunte nella determinazione del valore economico per azione".

Nonostante ciò, E.Y. aveva richiamato l'Istituto sulla necessità imprescindibile che i dati forniti fossero attendibili in termini di solidità e prospettive di rafforzamento patrimoniale. Il teste P. ha infatti confermato che il modificarsi di tali dati di partenza avrebbe inciso sulla stima del prezzo delle azioni, dato che maggiori perdite nel bilancio 2010 avrebbero comportato un minore patrimonio netto e un minore Tier one per il 2010 e per tutti gli anni successivi, con conseguente impossibilità di mantenimento del livello di Tier one Ratio dell'8%, a parità di utili. Se fosse stato preso in considerazione il dato delle perdite effettive del bilancio 2010, inevitabilmente minore sarebbe stato il valore delle azioni stimato col metodo DDM, in quanto, atteso l'imprescindibile vincolo costituito dal livello di patrimonializzazione minima (peraltro imposto dalla B.I.) e considerate le perdite effettive del 2010, i dividendi distribuibili anno per anno sarebbero stati minori rispetto a quelli previsti nel Piano Industriale.

A fronte di tale situazione, chiara agli amministratori al momento in cui venne reso pubblico l'Aumento di Capitale, il prezzo di emissione non aveva subito alcun aggiornamento e ciò nonostante la stessa E.Y. avesse chiaramente evidenziato a C., nella lettera di autorizzazione all'utilizzo delle proprie considerazioni valutative in ordine alla determinazione del prezzo dell'azione, che tale giudizio si era basato su informazioni rese disponibili alla data 07.12.2010 (epoca di ultimazione dell'attività della società di consulenza) e che dopo tale data potevano essersi verificati fatti tali da influenzare, anche significativamente, le considerazioni e le conclusioni indicate nella relazione. All'interno del prospetto informativo, al contrario, era stata inserita la precisazione per cui "il prezzo dell'offerta non è stato oggetto di adeguamenti a seguito dell'approvazione assembleare dei risultati relativi all'esercizio 2010".

La tesi dell'accusa è allora quella di aver omesso il necessario aggiornamento del prezzo di emissione delle nuove azioni, in ragione delle significative e maggiori perdite riportate nel bilancio 2010 rispetto a quelle previste nei dati preconsuntivi e sulla base dei quali era stato sviluppato il Piano Industriale 2011-2014, condotta concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo, stabilito quindi in maniera percettibilmente maggiore di quanto sarebbe dovuto essere.

In questo contesto, va chiarito come l'aver assunto (senza che ne sia emersa la fonte) come uno dei fattori per il calcolo del prezzo la previsione di utile maggiorato del 20% rispetto al valore ottenuto dalla previsione per il 2014 (cd. utile normalizzato), ultimo anno previsto nel Piano Industriale, non ha rilevanza nell'ambito della presente imputazione/ in cui si contesta non già il criterio di determinazione del prezzo iniziale/ quanto il mancato aggiornamento di quel prezzo, alla luce delle sopravvenute risultanze di bilancio 2010. In altre parole, la previsione di un utile netto normalizzato superiore del 20% rispetto al risultato 2014 era già elemento conteggiato nella originaria determinazione del prezzo, rispetto alla quale, nella contestazione relativa al mancato aggiornamento del valore economico, rappresenta un dato irrilevante.

Il tema della necessità dell'aggiornamento del prezzo di emissione delle azioni è già stato analizzato in sede di falso in prospetto, concludendo nel senso di ritenere che siano state fornite informazioni incomplete e fuorvianti sulla determinazione del prezzo per ciascuna azione, attraverso l'omessa evidenza degli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014 derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010.

Tale considerazione va ora adeguata allo specifico reato qui contestato, tenendo a mente che la condotta deve essere concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni di nuova emissione. Avuto di mira tale evento, non pare, invero, che il mancato aggiornamento del prezzo di emissione sia stato potenzialmente in grado di provocarlo.

Va in primis chiarito come sia emerso che il prezzo di nuova emissione delle azioni di una società non quotata soffre inevitabilmente di un margine di apprezzamento soggettivo e di uno derivante dal metodo di calcolo adottato, tale che è solamente possibile stabilire un intervallo di prezzo giudicato ragionevole, senza che possa invece individuarsi un prezzo oggettivo e fisso.

L'inevitabile presenza di una forbice all'interno della quale stabilire il prezzo emerge già in sede di delibera di aumento del capitale del 7 dicembre 2010, allorquando il direttore generale F. propone un determinato metodo di calcolo del prezzo sulla base del quale il valore minimo è di circa 20 Euro e quello massimo di circa 22 Euro. La circostanza di una fisiologica oscillazione dei prezzi è stata anche confermata dal consulente tecnico Dott. R.L., secondo il quale se alla data del 7 dicembre 210 fossero state richieste 20 consulenze probabilmente si sarebbero avuti 20 prezzi diversi.

Nel caso di specie, il valore economico di 21 Euro per azione era stato ritenuto da E.Y. come il ragionevole frutto di un calcolo non arbitrario, rispetto a quanto normalmente previsto dalla dottrina e dalla prassi e dalle metodologie valutative utilizzate. In altre parole, come sopra chiarito, dati per verificati i fattori utilizzati nel calcolo, la metodologia dello stesso era stata considerata ragionevole, così come il risultato.

In relazione alla ricorrenza del dato dimensionale richiesto per l'evento di pericolo, vale a dire che l'alterazione del prezzo sia sensibile, assumono rilievo le consulenze tecniche riversate in atti, che si sono cimentate nella rilettura dei calcoli sulla base delle divergenze emerse rispetto al Piano Industriale.

Il C.T. del P.M. Prof. Giuliano Iannotta ha rilevato che "dato il vincolo di patrimonializzazione minima imposto dalla B.I. e considerate le perdite le effettive del 2010, i dividendi distribuibili sono minori rispetto a quelli previsti nel piano, e dunque minore e il valore delle azioni stimato col metodo DDM.

Analogamente, il patrimonio netto del 2010 e inferiore a quello previsto nel piano industriale, e dunque minore e il valore delle azioni stimato col metodo misto.

Nonostante ciò, il prezzo di emissione non subisce alcun aggiustamento". Tuttavia, nella stessa consulenza si osserva che una quota rilevante del valore stimato da E.Y. col metodo DDM dipende dal valore terminale (calcolato in base a ipotesi che non paiono derivare dal piano industriale). Ciò implica che la stima col metodo DDM sia relativamente poco sensibile alle previsioni relative al periodo 2011-14, appunto perché il valore dipende in misura preponderante dal valore terminale. Tuttavia, la difformità tra i risultati previsti nel piano per il 2010 e quelli realizzati comporta un minore capitale in "eccesso" negli anni 2011-14 e dunque un minore valore delle azioni Carife.

Il consulente tecnico Dott. R.L., chiamato a rispondere sull'incidenza dei dati di bilancio sulla determinazione del prezzo ha riferito che indubbiamente un aggiornamento del piano industriale avrebbe portato a un aggiornamento anche nella stima del prezzo delle azioni, ma ha ritenuto che tale aggiornamento avrebbe portato a risultati sostanzialmente non diversi rispetto alla stima iniziale. L. afferma di aver calcolato il valore economico delle azioni alla luce dei nuovi dati, pur nei limiti che un esercizio di tale tipo sconta a fronte di un'attività in genere molto più complessa, soprattutto per un'azienda non quotata. Ebbene, considerando l'effettivo patrimonio di partenza per come emerso dall'approvazione del bilancio 2010, a parità di tutte le altre condizioni, il prezzo sarebbe diminuito di circa il 6%.

Il consulente considera che lo stesso range fornito da Ca.Ri.Fe nelle proprie valutazioni indica tra il minimo e il massimo una differenza con il metodo DDM di circa il 12%. Da ciò, a parere del consulente, deriva che una differenza di valore del 6% rientrerebbe negli scostamenti fisiologici delle valutazioni che si fanno in queste circostanze.

Tali conclusioni appaiono condivisibili, anche alla luce del fatto che non si evincono evidenze processuali secondo le quali l'aggiornamento del prezzo avrebbe comportato un severo discostamento rispetto a quello poi in effetti determinato. Lo stesso consulente tecnico della Procura, infatti, pur affermando la necessità di una revisione del valore economico delle azioni, non arriva a quantificare tale dato, lasciando perciò incompleto il ragionamento in ordine all'evento previsto dall'aggiotaggio finanziario.

Va, inoltre, considerato che la sussistenza di una forbice fisiologica all'interno della quale poteva essere determinato il prezzo di emissione rende tale valutazione ancora più elastica, logicamente richiedendo una valutazione maggiormente severa e rigorosa in ordine ai termini del discostamento da un parametro medio.

Tuttavia, in assenza di una quantificazione in termini di sensibile alterazione del prezzo finanche da parte del consulente tecnico dell'accusa e, viceversa, in presenza di una valutazione di segno opposto ad opera del consulente tecnico della difesa, non è possibile ritenere che si sia verificata quella significativa discrepanza richiesta dalla norma quale evento di pericolo, conseguente al mancato aggiornamento del prezzo.

Per contro, sulla scorta delle medesime considerazioni poc'anzi esposte, nemmeno è possibile ritenere che il mancato aggiornamento del prezzo abbia potuto determinare l'altro evento pure considerato dalla fattispecie contestata, vale a dire una concreta incisività sulla stabilità patrimoniale dell'ente creditizio. Altresì, appare arduo, in virtù della ricostruzione teorica sopra esposta, immaginare nel mancato aggiornamento del prezzo quella capacità fraudolenta e quella connotazione ingannatoria che l'esegesi della norma sembra richiedere.

Nondimeno, per quanto detto in precedenza, il reato rimane comunque integrato per la sussistenza delle condotte descritte nella prima parte del capo di imputazione, rispetto alle quali va ora analizzato il requisito psicologico.

Sotto il punto di vista soggettivo, il dolo richiesto dalla norma è generico, per cui non sono richieste finalità ulteriori: è sufficiente la mera consapevolezza della diffusione di notizie o di altri artifici tali da poter avere incidenza sugli eventi descritti dalla norma.

L'istruttoria dibattimentale ha indubbiamente consentito di rivenire tale requisito psicologico in capo ai due imputati, dal momento che è emerso come la predisposizione del prospetto informativo fu effettuata di concerto all'interno di un gruppo di lavoro. Delle varie informazioni da inserire si discusse ampiamente, selezionandole di volta in volta anche con finalità che, per il vero, sono parse esulare da quelle istituzionalmente richieste nella predisposizione del prospetto informativo. Considerata la natura del dolo richiesto, sussiste pertanto quantomeno il dolo eventuale nella verificazione dell'evento di pericolo, dal momento che il reale obiettivo dei vertici della Cassa fu quello di raggiungere la quota di Aumento di Capitale richiesta dall'Organo di Vigilanza, anche a costo di omettere, come si è giunti ad accertare, informazioni rilevanti sia per il singolo investitore interessato alla sottoscrizione, sia per la più ampia platea degli operatori economici.

IMPUTAZIONE capo 6)

L.S., imputato:

del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. c.p. e 2637 c.c., perché, nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, diffondeva notizie false idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." (offerte al pubblico al prezzo di Euro 21,00) in ordine all'operazione di aumento di capitale sodale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, deliberata dall'Assemblea dei Soci in data 06.05.2011, e ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario "C.R.F. S.p.A."; con condotta consistita nel pubblicare i seguenti comunicati stampa: 1) In data 05.04.2011: "L'aumento di capitale permetterà all'Istituto di rafforzare la struttura patrimoniale, rispettando i parametri di Basilea 3, che entreranno in vigore nel 2013. L'operazione ci consentirà di proseguire la strategia di consolidamento e sviluppo delineata nel Piano Industriale 2011-2014";

2) In data 20.04.2011: "Al termine dell'aumento di capitale la Banca raggiungerà un 'Core Tier 1 Ratio' superiore all'8%, già in linea con i parametri stabiliti da Basilea 3 che entreranno in vigore nel 2013";

3) In data 02.07.2011: "Siamo estremamente soddisfatti perché ora, dopo avere ottenuto l'autorizzazione da parte di Consob all'aumento di capitale, possiamo far partire il Piano Industriale 2011 - 2014. Quest'operazione ci permetterà infatti di rispettare in anticipo i parametri richiesti da Basilea 3, che entreranno in vigore nel 2013 e di proiettarci verso tutti gli obiettivi strategici indicati nel Piano stesso, con cui C. confermerà la propria autonomia e vocazione di Banca locale. Siamo ottimisti sull'esito dell'operazione in quanto in queste settimane abbiamo già ricevuto diverse manifestazioni d'interesse da parte dei soci della Cassa, di privati, aziende, istituzioni e investitori professionali" trattandosi di notizie non rispondenti al vero quanto all'obiettivo apparentemente perseguito tramite l'operazione di aumento di capitale ("rispettare in anticipo i parametri richiesti da Basilea 3");- al contrario, l'operazione era stata sollecitata da B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, "tali da rendere non più procrastinabile l'adozione di idonee iniziative volte al rafforzamento della dotazione patrimoniale... in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" (cfr. lettera B.I. 20.10.2010); al contempo, IL raggiungimento dell'obiettivo del "Tier 1 Ratio" almeno pari all'8% non corrispondeva ad un adeguamento anticipato dei parametri previsti da Basilea 3, ma ad una specifica indicazione dell'Organo di Vigilanza, che richiedeva il raggiungimento di tale risultato al fine di "fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" e di "garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo".

La diffusione delle notizie false sopra indicate era concretamente idonea ad incidere sull'affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di C., atteso che, di fatto, omettendo di indicare le reali finalità dell'operazione di aumento del capitale, si occultava ai destinatari della comunicazione la grave difficoltà finanziaria e patrimoniale dell'Istituto.

In Ferrara, nelle date sopra indicate.

4.4. Premessa.

Il capo in questione ha ad oggetto una serie di condotte addebitate al Presidente del Consiglio di Amministrazione S.L., accusato di aver diffuso tre comunicati stampa dal carattere menzognero, idonei a diffondere un'immagine dell'istituto bancario migliore di quella effettivamente esistente e così atti ad incidere sull'affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di C., nonché a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta delle azioni di nuova emissione.

Vale la pena di considerare che il capo vede la presenza di tre condotte distinte, poste in continuazione tra loro, la cui data di consumazione è quella di emissione dei comunicati stampa, rispettivamente il 5 aprile, il 20 aprile e il 2 luglio 2011.

Per i primi due reati risulta ormai maturato il termine di prescrizione del reato, da individuarsi, tenuto conto delle cause di sospensione della prescrizione che si sono verificate (dal 25.06.2018 al 9.07.2018, gg 14 e dal 17.12.2018 al 11.01.2019, gg 25), rispettivamente il 13.11.2018 e il 28.11.2018, Al momento della sentenza non risulta ancora prescritto, viceversa, l'episodio del 2 luglio 2011, il cui termine di estinzione del reato, tenuto conto dei suddetti periodi di sospensione della prescrizione e dell'ulteriore periodo dal 04.02.2019 al 11.02.2019, è maturato il 17.02.2019.

4.4.1. L'analisi nel merito dell'imputazione.

Nondimeno, anche in relazione ai primi due episodi, per i quali deve quantomeno essere emessa sentenza di non doversi procedere data l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, occorre sinteticamente vagliare la percorribilità di una formula assolutoria di maggiore favore per l'imputato, come richiesto dall'art. 129  co. 2 c.p.p. Poiché, peraltro, tutti e tre i comunicati stampa vengono accomunati sotto il cappello dell'omessa indicazione delle reali finalità dell'operazione di Aumento di Capitale e dell'occultamento ai destinatari della grave difficoltà finanziaria e patrimoniale dell'Istituto, tutti verranno trattati in un contesto argomentativo unitario, considerando che il messaggio veicolato è sostanzialmente il medesimo, pur mantenendo ciascuno la propria autonoma considerazione giuridica.

Entrando nel merito, il contenuto dei tre comunicati stampa si pone sulla falsariga di quanto già considerato in sede di analisi del prospetto informativo sia ai fini del reato di cui all'art. 173 bis  T.U.F. , sia per quanto riguarda l'aggiotaggio.

Nei primi due, quelli del 5 e del 20 aprile 2011 (doc. 39 e 40 prodotti all'udienza del 19.9.2018), si attribuisce enfasi al programmato Aumento di Capitale, proposto come strumento attraverso il quale l'istituto di credito intende fin da subito adeguarsi alle nuove regole di vigilanza prudenziale in vigore dal 2013, anche al fine di dare attuazione al piano industriale previsto come obiettivo di programma. In essi si parla inoltre del rafforzamento della struttura patrimoniale della Banca e del raggiungimento di un Core Tier 1 Ratio superiore all'8%, ancora una volta riferendosi ai parametri proposti dal comitato di regolamentazione bancaria Basilea 3.

Nel terzo comunicato (doc. 41 prodotto all'udienza del 19.9.2018), pubblicato nel giorno in cui ha avuto inizio l'Aumento di Capitale, si torna ancora una volta a citare il piano industriale, implicitamente indicandolo come il vero motivo dell'Aumento di Capitale, il quale, per la scelta del linguaggio utilizzato, sembra dunque stimolato da un spirito dinamico e intraprendente della Cassa di Risparmio, desiderosa di adeguarsi con largo anticipo ai parametri richiesti dalle nuove regole che sarebbero entrate in vigore due anni dopo, proiettandosi quindi verso obiettivi strategici che sono presentati implicitamente come frutto di autonoma iniziativa dell'ente. La comunicazione continua poi esprimendo ottimismo circa gli esiti dell'Aumento di Capitale, per via delle manifestazioni di interesse che soci della Cassa, privati, aziende, istituzioni e investitori professionali avrebbero già manifestato.

Avendo già ripercorso le dinamiche che portarono all'Aumento di Capitale, si è già illustrata quale fosse la reale situazione della Banca. L'Aumento di Capitale era stato invero caldamente sollecitato dall'Organo di Vigilanza e indicato come tappa imprescindibile per la sopravvivenza dell'ente. In merito all'aumento erano state peraltro poste raccomandazioni relative sia ai destinatari, che all'importo minimo. Il raggiungimento dell'obiettivo del Tier one Ratio almeno pari all'8%, in questo contesto, non corrispondeva certo alla volontà della banca di adeguarsi anticipatamente ai parametri previsti da Basilea 3, bensì, al contrario, rappresentava una misura cautelativa richiesta all'ente dalla B.I. e motivata dalla specifica e grave situazione in cui versava l'ente, tanto da essere stabilito nella misura doppia rispetto a quanto normalmente previsto in quel periodo storico.

È indubbio, quindi, che con la diffusione di tali comunicati la banca abbia rappresentato una situazione non corrispondente a quella effettivamente esistente. Potrebbe qui ravvisarsi la diffusione di notizie non già esplicitamente false, quanto senza dubbio decettive, fuorvianti o tendenziose, nel senso indicato nell'esposizione teorica di apertura. La notizia è artificiosa in quanto, in relazione alla reale genesi e finalità dell'Aumento di Capitale e quindi del contesto in cui si pone, ha capacità decettiva e connotazione ingannatoria. Si tratta infatti di informazioni che spostano l'attenzione su determinati aspetti dell'Aumento di Capitale, in modo tale che l'operazione, indubbiamente vera, sia falsamente interpretata e riferita a finalità diverse. È in questo senso che l'omessa rappresentazione di un quadro completo della situazione, sottacendo altre implicazioni di maggior rilievo, ha configurato quell'offesa al bene giuridico della stabilità del mercato bancario che la norma penale intende contrastare.

D'altronde, che la volontà dell'ente fosse quella di enfatizzare l'Aumento di Capitale, facendo passare un messaggio di maggiore ottimismo sulle condizioni della banca, è testimoniato anche dalle dichiarazioni rilasciate da Q.D., consulente che fornì la propria opera nella redazione del prospetto informativo e che si occupava anche di fornire il proprio parere in ordine al contenuto dei comunicati stampa. In una di queste occasioni, non contestata nel caso presente procedimento, ma emblematica di quale fosse l'intenzione degli organi della banca, si era verificato il downgrading di C. da parte dell'Agenzia Moody's. Nelle mail di interlocuzione con gli organi societari il consulente esprime perplessità su come tale notizia fosse stata resa in maniera tendenziosa, suggerendo di rettificarne il contenuto e chiedendo altresì di modificare il titolo: egli ha chiarito che si trattava, a suo avviso, di un'enfasi di marketing impropria.

E ancora, nella mail n. 666 del 26.7.2011 Q. fa presente all'agenzia di comunicazione che si occupava della diffusione dei comunicati stampa della presenza di una serie di "notevoli profili di criticità da un punto di vista legale" all'interno di un comunicato in quel momento in gestazione. Le frasi inserite sarebbero state infatti idonee a influenzare l'andamento delle adesioni e il consulente suggeriva quindi una rappresentazione più asettica della situazione.

Da questi due esempi si coglie quale fosse la tendenza della comunicazione di C.: trasmettere la sensazione di sostanziale normalità e tranquillità della situazione patrimoniale della Banca, anche oltre le reali condizioni esistenti, così favorendo la raccolta di sottoscrizioni per l'Aumento di Capitale.

La diffusione delle notizie presenti in quei comunicati stampa ha prodotto il medesimo effetto già analizzato in sede di analisi del prospetto informativo, di cui i primi due comunicati hanno costituito concorde preambolo. Si è cioè concretamente realizzato il pericolo che tali notizie rafforzassero la credibilità patrimoniale della banca, al di là della sua reale situazione, creando il terreno per un successivo e proficuo Aumento di Capitale. Il mezzo scelto in questi casi può anzi dirsi maggiormente diffusivo rispetto alla pubblicazione del prospetto informativo, poiché, come si legge ad esempio nel comunicato del 5 aprile 2011, tali comunicati venivano inoltrati anche a testate giornalistiche, di rilievo locale e nazionale. Tali canali sono indubbiamente idonei a garantire una maggiore pervasività delle informazioni veicolate, che dunque hanno potuto decettivamente influenzare una platea molto vasta di destinatari.

In ordine all'imputazione soggettiva di tali condotte, il reato viene contestato al solo Presidente del Consiglio di Amministrazione L.S.. Per il vero, nella deposizione del testimone più rilevante in ordine a tale contestazione, V.B., amministratore delegato di S., società di comunicazione che si occupava di curare l'immagine di C., emergono in più occasioni sia la figura del direttore generale F., che quella del dirigente F., come coinvolti in prima persona nella redazione dei comunicati.

Tuttavia il coinvolgimento della figura del Presidente del Consiglio di amministrazione emerge esplicitamente in diversi passaggi. B. ha riferito che il compito affidato alla sua società era quello di restituire un'immagine di C. come banca del territorio, in contrasto con quanto accaduto negli anni precedenti, nel corso dei quali una serie di delocalizzazioni degli investimenti, peraltro con esiti disastrosi, avevano avuto eco negativo presso la stampa locale.

Nell'ambito di questa attività, la S. era in contatto con una serie di figure apicali della Banca, tra cui il Presidente del Consiglio di Amministrazione, avendo proposto e ottenuto la creazione di un tavolo tecnico di approfondimento di tali questioni. S. si occupava di preparare la bozza del comunicato, concordando il contenuto con le figure di riferimento tecnico interne alla Banca, potendo tuttavia anche accadere che alle riunioni non partecipasse il Presidente Lenzi.

Interrogato su chi gli avesse suggerito il riferimento alla normativa Basilea 3 contenuto nei comunicati stampa, B. ha riferito che in quel periodo storico si trattava di un riferimento ricorrente, anche nella stampa locale, motivo per il quale il suo inserimento all'interno dei comunicati avveniva in maniera quasi automatica, pur senza conoscere nel dettaglio i parametri richiesti da tale normativa. L'affermazione pare tuttavia inverosimile, considerato che si tratta di una disciplina piuttosto tecnica e lo stesso testimone ha riferito come il contenuto delle comunicazioni fosse comunque concordato nel gruppo di lavoro e che non pare verosimile che tale inserimento abbia costituito iniziativa autonoma, e non condivisa da C., da parte di S.: successivamente egli ha infatti chiarito che si trattava di informazioni che gli venivano comunicate dagli organi della Banca.

Il Presidente del Consiglio di Amministrazione L., secondo quanto riferito da B., veniva messo a conoscenza del comunicato stampa in occasione delle conferenze pubbliche, dovendo poi farvi riferimento. B. ha però chiarito che le frasi riportate nei virgolettati dei comunicati oggetto di interesse erano direttamente riferibili a dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio di Amministrazione nel corso delle conferenze stampa. La S., infatti, si limitava in questo caso a sintetizzare in un contenuto che potesse essere congruo con un comunicato stampa le espressioni proferite dagli organi sociali nel corso di incontri pubblici. Il cuore dell'imputazione è infatti riportata nei comunicati tra virgolette e riferita direttamente a dichiarazioni rilasciate da L.. Inoltre, nessuna lamentela sul contenuto o sull'esito del comunicato stampa era stata mai mossa alla S. dopo remissione degli stessi, anche perché il contenuto era stato concordato in precedenza.

Dunque, pure ammettendo che il contenuto complessivo dei comunicati stampa non sia stato il frutto di esclusiva elaborazione da parte del Presidente Lenzi, va ritenuto provato che i messaggi veicolati per il tramite di tali comunicati erano comunque riconducibili a sue dichiarazioni.

Il dolo nella commissione di tali condotte, come detto generico, appare sussistente, poiché emerge dalla stessa ricostruzione della vicenda. In particolare, L. era di volta in volta messo al corrente di un contenuto del comunicato stampa che, sebbene elaborato da altri, egli in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione di C. faceva proprio e diffondeva nel pubblico. Riveste infatti rilievo, in questa sede, la qualità ricoperta dall'imputato, il quale si poneva come il "volto" della Cassa di Risparmio, anche per via della sua provenienza da un'altra istituzione economica fondamentale nel territorio ferrarese, quale era la Fondazione C.

Va altresì ricordato che la pubblicazione di tali comunicati stampa è iniziativa autonoma degli organi aziendali, dal momento che non si tratta di un adempimento imposto da alcuna norma giuridica. Alla luce di tale constatazione, il dolo pare uscirne ulteriormente rafforzato, dal momento che quantomeno alla data della pubblicazione del comunicato del 2 luglio 2011 i vertici aziendali erano già al corrente della richiesta, pervenuta dalla B.I., di ulteriore Aumento di Capitale pari a 30 milioni di Euro, rispetto al quale avevano evidentemente ben chiare le cause.

IMPUTAZIONE capo 7)

F.D., imputato:

del delitto p. e p. dall'art. 2637  c.c., perché, nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, diffondeva notizie false idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." (offerte al pubblico al prezzo di Euro 21,00) in ordine all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, deliberata dall'Assemblea dei Soci in data 06.05.2011, e ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario "C.R.F. S.p.A."; con condotta consistita nel pubblicare il seguente comunicato stampa:

"L'Istituto estense è fortemente impegolato nella strategia di rilancio e sviluppo, secondo le modalità definite dal Piano Industriale 2011-2014, che prevede un aumento di capitale per un controvalore di 150 milioni di Euro ... " "Al termine dell'aumento di capitale, la Banca raggiungerà un 'Core Tier 1 Ratio' superiore all'8%, quindi in linea con i parametri stabiliti da Basilea 3" trattandosi di notizie non rispondenti al vero quanto all'obiettivo apparentemente perseguito tramite l'operazione di aumento di capitale ("rispettare in anticipo i parametri richiesti da Basilea 3") e alle genesi dell'operazione (indicata come scaturente dal "Piano Industriale 2011-2014, che prevede un aumento di capitale"); al contrario, l'operazione era stata sollecitata da B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, "tali da rendere non più procrastinabile l'adozione di idonee iniziative volte al rafforzamento della dotazione patrimoniale ... in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" (cfr. lettera B.I. 20.10.2010); al contempo, il raggiungimento dell'obiettivo del "Tier 1 Ratio" almeno pari all'8% non corrispondeva ad un adeguamento anticipato dei parametri previsti da Basilea 3, ma ad una specifica indicazione dell'Organo di Vigilanza, che richiedeva il raggiungimento di tale risultato al fine di "fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" e di "garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo"; al contempo, l'iniziativa dell'adozione dell'aumento di capitale non scaturiva dal Piano Industriale, ma era solo da quest'ultimo considerata, trattandosi di una operazione espressamente richiesta dall'Organo di Vigilanza per sopperire alle gravi carenze patrimoniali del Gruppo.

La diffusione delle notizie false sopra indicate era concretamente idonea ad incidere sull'affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di C., atteso che, di fatto, omettendo di indicare le reali finalità dell'operazione di aumento del capitale, si occultava ai destinatari della comunicazione la grave difficoltà finanziaria e patrimoniale dell'Istituto.

In Ferrara, il 20.04.2011

4.5. Premessa.

La condotta diffusiva del comunicato stampa è stata tenuta il 20 aprile 2011, per cui anche in relazione a tale episodio risulta ormai decorso il termine di prescrizione del reato.

Risulta tuttavia utile, come già fatto in precedenza, vagliare per sommi capi il merito dell'ipotesi accusatoria, al fine di verificare la possibilità di addivenire a una formula di proscioglimento maggiormente favorevole per l'imputato.

4.5.1. L'analisi nel merito dell'imputazione.

Valgono al riguardo le medesime considerazioni già rese per il capo 6), sia per quanto riguarda la riconducibilità del messaggio alla figura di F., derivante dalle modalità con cui venivano redatti i comunicati stampa, sia per il suo contenuto. Con riguardo a quest'ultimo punto, il comunicato in questione omette di indicare che l'offerta rivolta con l'Aumento di Capitale doveva essere indirizzata ad una platea qualificata in grado di apprezzare compiutamente i rischi dell'investimento. La genesi dell'Aumento di Capitale, come più volte ricordato, era infatti dovuta a una specifica e improcrastinabile richiesta da parte dell'Istituto di Vigilanza.

Il comunicato, al contrario, rappresenta all'investitore un'operazione destinata non già a sopperire ad una situazione di crisi patrimoniale e di precarietà del patrimonio di vigilanza, ma ad allineare, in largo anticipo rispetto alla sua entrata in vigore, la solidità dell'istituto bancario ai parametri di Basilea III.

Il messaggio che viene veicolato, pertanto, è quello di un istituto efficiente, pronto a organizzarsi in anticipo ai fini del rispetto dei parametri internazionali: al contrario, tale iniziativa era stata sollecitata a fronte di una situazione di grave crisi patrimoniale e di immobilismo gestionale, sicché il rispetto dei parametri imposti dal Comitato di Basilea non era l'obiettivo avuto di mira dall'Organismo di Vigilanza, il quale aveva posto tali condizioni solamente a tutela della sopravvivenza patrimoniale dell'Istituto.

Anche in questo caso, dunque, l'analisi delle risultanze dibattimentali non consente di addivenire ad una assoluzione nel merito, dovendo invece pronunciarsi il proscioglimento di D.F. per intervenuta estinzione del reato.

5.1 capi d'imputazione relativi ai delitti di ostacolo alla Vigilanza.

Con le ipotesi di reato di cui ai capi 3), 4) e 5), la Pubblica Accusa ha inteso contestare condotte di ostacolo alla vigilanza, declinate secondo diverse fattispecie fattuali che impongo una distinta trattazione.

Per ragioni di omogeneità e razionalità motivazionale, per ciascuna delle ipotesi di reato di cui ai suindicati capì, si ritiene opportuno ripercorrere lo stesso schema espositivo seguito per la trattazione delle precedenti ipotesi di reato, approfondendo: le questioni inerenti l'inquadramento generale e le problematiche giuridiche delle fattispecie di cui all'art. 2638  c.c.; i rapporti tra il Gruppo Carife e l'organo di vigilanza con riguardo alla fase istruttoria inerente all'approvazione del Prospetto Informativo; l'analisi giuridica dei fatti accertati; le conclusioni circa la fondatezza della tesi accusatoria in rapporto alle tesi difensive; le singole posizioni soggettive.

IMPUTAZIONE sub capo 3)

F.D., L.S., F.D., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2638 commi 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nell'ambito della "C.R.F. S.p.A. ", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F."; nell'ambito del procedimento di approvazione da parte di Consob del prospetto informativo ex art. 94 bis  T.U.F.  relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7. 153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S,p.A." relative all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00 (prospetto depositato presso Consob in data 01.07.2011, meglio indicato nel Capo 1), ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob sotto il profilo della completezza, coerenza e carattere non fuorviante del prospetto informativo, occultando le seguenti informazioni rilevanti ai fini della approvazione del prospetto ed obbligatorie ai sensi dell'art. 94  commi 1 e 2 T.U.F.  (informazioni riguardanti le prescrizioni e le indicazioni formulate da B.I. alla "C.R.F." tramite le missive del 20.10.2010 e 29.04.2011): 1) che B.I., nelle comunicazioni del 20.10.2010 e del 29.04.2011 sopra menzionate, in considerazione degli aspetti problematici che caratterizzavano la situazione tecnica del Gruppo C., aveva raccomandato che l'aumento di capitale fosse rivolto, "fermi restando gli obblighi di informativa previsti dalle vigenti disposizioni", a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo"; 2) che l'importo dell'aumento di capitale richiesto da B.I. tramite le citate comunicazioni doveva essere almeno pari ad Euro 150 milioni e comunque in grado di assicurare un "Tier 1 Ratio" dell'8%; nonché che, nella missiva del 29.04.2011, lo stesso Organo di Vigilanza, a fronte della ritenuta "necessità, di mantenere nel continuo il "Tier 1 Ratio" consolidato ad un livello superiore all'8%", aveva invitato l'Emittente ad ampliare ulteriormente l'importo massimo dell'aumento di capitale. Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116  D.Lgs. n. 58 del 1998 .

In Ferrara, dal 09.05.2011 e fino al momento di approvazione del prospetto avvenuto in data 28.06.2011".

5.1 Premessa.

Nell'ambito del capo d'imputazione in esame, la Pubblica Accusa contestava a F.D. - quale Direttore Generale della "C.R.F." - a L.S. - quale Presidente del C.d.A. della "C.R.F." - e a F.D. - quale Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F." - di avere ostacolato "consapevolmente" le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob durante lo svolgimento del procedimento di approvazione da parte di Consob del Prospetto Informativo di cui all'art. 94 bis  T.U.F.  relativo all'operazione di Aumento di Capitale sociale di cui al capo 1.

La condotta di ostacolo così come contestata, si sarebbe concretizzata - secondo l'ipotesi accusatoria in trattazione - tramite l'occultamento di una serie di informazioni obbligatorie ai sensi dell'art. 94 commi 1 e 2 T.U.F, e, comunque, da ritenersi dovute in quanto incidenti sull'approvazione del detto Prospetto, relative alle prescrizioni e alle indicazioni formulate da B.I. alla C. tramite le missive del 20.10.2010 e 29.04.2011, scaturite dall'emersione degli aspetti problematici che connotavano la situazione economico-finanziaria del Gruppo.

Segnatamente la Procura deduceva la rilevanza di tali raccomandazioni in quanto tese ad assicurare che l'Aumento di Capitale - dal punto di vista delle caratteristiche dei destinatari - fosse rivolto a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo", e che - dal punto di vista dell'entità - l'importo dell'Aumento di Capitale fosse "almeno" pari ad Euro 150 milioni e comunque tale da assicurare un "Tier 1 Ratio" dell'8%, significando altresì l'opportunità di incrementare l'Aumento di Capitale oltre il detto importo di Euro 150 mil. così da garantire il mantenimento "nel continuo" del "Tier 1 Ratio consolidato ad un livello superiore all'8%".

Ebbene, l'esame del compendio probatorio acquisito in sede dibattimentale, alla luce del quadro normativo di riferimento, consente - a parere di questo Organo Giudicante - di giungere ad avallare, oltre ogni ragionevole dubbio, l'ipotesi accusatoria in esame nei confronti di D.F. e di S.L., nelle rispettive qualità come sopra indicate, per le ragioni di seguito esposte, portando invece ad escludere la responsabilità penale di D.F. per carenza dell'elemento soggettivo della fattispecie allo stesso contestata in concorso.

5.2. Il quadro normativo di riferimento e le problematiche giuridiche delle fattispecie di cui all'art. 2638  c.c.

Come sopra anticipato, un esame organico delle ipotesi accusatorie prospettate dalla Pubblica Accusa asseritamente integrate da condotte di ostacolo alla vigilanza, impone la previa trattazione del quadro normativo di riferimento e delle connesse problematiche giuridiche.

Segnatamente, la disposizione la disposizione di cui all'art. 2638  c.c. - frutto della novella di cui al D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61  - delinea due fattispecie delittuose:

- la prima, prevista dal I comma della norma di riferimento, volta a punire gli "amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi";

- la seconda, prevista dal II comma della norma di riferimento, volta a punire "con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.

Ora, tali ipotesi di reato - ponendosi in termini di continuità normativa rispetto alle fattispecie di cui all'art. 134  T.U.B.  - rappresentano una delle innovazioni di maggior significato nel contesto del diritto penale dell'economia, in quanto il legislatore, con la novella del 2002, conferendo un ruolo centrale all'art. 2638  c.c., ha inteso approntare una tutela unitaria alle Autorità di Vigilanza così elidendo le disarmonie precedentemente esistenti, in particolare, con riguardo al trattamento sanziona torio, reductio ad unum operata nell'ottica della massima valorizzazione delle autorità indipendenti nell'economia del mercato.

Quanto all'oggettività giuridica, rilevato il fervore dottrinale intorno alla questione inerente alla possibilità di valorizzare l'attività di vigilanza quale bene giuridico, di sicuro interesse ermeneutico è la solida indicazione della giurisprudenza di legittimità che ha individuato nella "funzione amministrativa di vigilanza tipica delle autorità pubbliche" - se non addirittura, evidenziando una maggiore sensibilità rispetto al concreto esplicitarsi della funzione svolta dalle Autorità Pubbliche di Vigilanza, nella "correttezza dei rapporti tra ente controllato ed ente controllante al fine di consentire la piena legittimità ed efficacia dell'attività di controllo" - il bene giuridico di natura pubblicistica; il severo presidio approntato dalla disciplina in esame al delineato interesse giuridico di natura funzionale si evince in particolare dal trattamento sanzionatorio, che peraltro prevede al comma III^ un rigido aggravamento attraverso il raddoppio della pena in caso "dì società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ".

Ora, quanto alla fattispecie criminosa di cui al comma 1, si evidenzia come l'opzione politico-criminale sia stata rivolta all'anticipazione della reazione penale a fronte di condotte ritenute particolarmente insidiose in ragione della potenzialità offensiva del mezzo impiegato, prevedendo un'ipotesi di reato proprio di pericolo (concreto), a condotta vincolata con modalità alternative giacché integrate:

1. dalla esposizione, alle Autorità deputate alle attività di vigilanza, di fatti non rispondenti al vero circa la situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza, ancorché oggetto di valutazione purché non relative a mere "previsioni", "congetture" ed in genere a meri "apprezzamenti di carattere squisitamente soggettivo",

2. tramite nascondimento fraudolento - "occultamento" tramite "altri mezzi fraudolenti", secondo l'esplicita previsione normativa - degli aspetti inerenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza.

Per quel che attiene a tale ultima modalità alternativa di condotta, si è ritenuto che il legislatore abbia voluto riferirsi - attraverso una sorta di formula di chiusura - ad una condotta almeno in parte commissiva, in quanto avente quale presupposto una relazione di tipo comunicativo implicante un quid pluris rispetto al "mero silenzio" poiché da attuarsi attraverso il ricorso a "mezzi fraudolenti" comunque diversi dalla "falsità", condotta quest'ultima già punita alla luce della previsione di cui alla prima parte della norma in commento laddove si prevede la rilevanza penale delle "esposizione di fatti non rispondenti al vero".

Tratto comune delle modalità alternative di condotte (vincolate) idonee - secondo un giudizio ex ante ed in concreto - ad ostacolare, o comunque a deviare, l'attività di vigilanza, è dato dall'origine delle comunicazioni false o fraudolentemente occultate.

Esse, infatti, per espressa previsione normativa - che prevede il fenomeno della etero-integrazione della disposizione in esame - rilevano penalmente in quanto "previste in base alla legge", espressione la cui ampiezza consente di farvi rientrare non solo le comunicazioni previste dalla legge ma anche quelle che trovino la loro origine da fonti diverse, quali regolamenti od anche solo richieste dalla stessa Autorità di Vigilanza in virtù dei poteri alla stessa conferiti dalla legge; di talché si giunge a ritenere che non sia possibile individuare delle categorie di comunicazioni tipiche quanto piuttosto comunicazioni da intendersi rilevanti con riferimento all'esercizio delle funzioni di vigilanza in base "a un criterio oggettivo di pertinenza".

Segnatamente, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito - in modo eloquente - che "l'obbligo giuridico del soggetto alla vigilanza di comunicarli risulta determinato sotto il profilo oggettivo dalla natura stessa del dato tipicamente definita in relazione alla funzione di vigilanza informativa cui la comunicazione di esso è coordinata", dovendosi perciò ritenere rilevante a fini penali qualsiasi informazione che sia suscettibile di essere utilizzata ai fini della vigilanza.

Ciò che rileva ai fini penalistici è, inoltre, che le comunicazioni false o comunque fraudolentemente celate all'Autorità di vigilanza attengano alla situazione "economica, patrimoniale o finanziaria" degli enti controllati, con ciò intendendo escludere i dati che abbiano natura prettamente organizzativa, ovvero - come esplicitato dalla parte finale del comma I della norma di riferimento - alle informazioni relative ai "beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi".

Quanto all'elemento soggettivo, si osserva che l'ipotesi di reato in esame è fattispecie delittuosa punita - come reso palese dalla formulazione della disposizione in esame - laddove sussista il "dolo specifico", integrato dal fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza ponendosi così in piena sintonia con l'obiettività giuridica tutelata, costituita dalla trasparenza e dalla qualità del flusso informativo posto a carico dei soggetti controllati quale forma di manifestazione della correttezza dei rapporti tra vigilato e vigilante, baluardo a tutela del regolare ed efficace svolgimento della funzione di vigilanza esercitata dalle Autorità Pubbliche.

Invero, si osserva che ancorare l'indagine sulla componente psicologica all'accertamento circa l'idoneità ostativa (rispetto alla vigilanza operata dell'Autorità Pubbliche) della condotta, afferisca valenza concreta al pericolo sicché si potrà più agevolmente individuare anche il momento consumativo del reato, con riferimento al quale la giurisprudenza pone - appunto - l'accento sulla idoneità ingannatoria della condotta da valutarsi in concreto.

La fattispecie criminosa di cui al comma II dell'art. 2638  c.c., pur rimanendo ipotesi di reato propria - in quanto i soggetti attivi potranno essere solo quelli già indicati nella fattispecie precedentemente trattata - si connota diversamente da quella prevista al comma precedente. Si tratta, invero, di reato a condotta libera e di evento poiché l'ostacolo trasmigra dalla componente psicologica a quella oggettiva.

In particolare, sul piano oggettivo, si ritiene unanimemente che l'ipotesi in trattazione ricorra a fronte di una condotta anche di mera omissione - come tipizzato a titolo meramente esemplificativo dalla norma di riferimento - delle comunicazioni dovute dall'ente vigilato, ancorché non necessariamente relative alla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dell'ente stesso diversamente dalla fattispecie di cui al I comma (che sul punto si connota per un maggior rigore volto a compensare l'anticipazione di tutela voluta dal legislatore).

Si richiede, inoltre, attesa la natura di reato di evento, che tale condotta sia tale da determinare causalmente un effettivo e rilevante "ostacolo" allo svolgimento dell'attività di vigilanza (evento di ostacolo), potendosi così selezionare le condotte penalmente rilevanti ai sensi della disposizione in esame facendovi rientrare:

1. comportamenti anche solo meramente dilatori purché concretamente offensivi del bene funzionale;

2. comportamenti più gravi quali comunicazioni false, comportamenti reiteratamente dilatori, occultamento di documenti, elusione alle prescrizioni imposte dall'Autorità di vigilanza;

3. in generale; ogni comportamento di mancata collaborazione che incida eziologicamente sulla qualità del flusso informativo dovuto dall'ente controllato all'Autorità di Vigilanza affinché questa possa svolgere la propria funzione pubblicistica di tutela del pubblico degli investitori.

Sul piano pratico, al fine di risolvere la problematica inerente la selezione dei comportamenti penalmente rilevanti ai fini della fattispecie in trattazione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto di individuare nella capacità di incidere, anche in modo non definitivo, sull'attività funzionale dell'Autorità di vigilanza il tratto comune nelle condotte da incriminare; di talché il concetto di "ostacolo" rilevante a tali fini è stato individuato in quel "mezzo" o "motivo" che sia "opposto allo svolgimento di un'azione o all'esplicazione di una facoltà, valido a ridurre notevolmente l'effetto una portata, ovvero anche a ritardare il compimento", che una volta verificatosi segna altresì il momento consumativo dell'ipotesi di reato.

Per quel che attiene alla componente psicologica, la fattispecie di ostacolo in esame ricorre in caso di dolo generico, dovendosi ritenere che il legislatore -

nell'utilizzare l'avverbio "consapevolmente" - abbia inteso richiedere una rappresentazione volitiva in termini di certezza del risultato della propria condotta che non pare compatibile con il dolo eventuale, anche se non può sottacersi come, secondo parte della dottrina, l'avverbio utilizzato dal legislatore evochi piuttosto la mera dolosità generica della condotta senza ulteriori implicazioni qualificative della componente psicologica richiesta ai fini dell'integrazione del reato di ostacolo.

Ora, l'esame dei tratti essenziali delle fattispecie di reato contemplate nei due commi della disposizione di cui all'art. 2638  c.c., connotate dal medesimo trattamento sanziona torio, consente di porre in rilievo come il legislatore abbia predisposto una disciplina sanzionatoria ampia tale da prevedere - prima - un'ipotesi di reato di pericolo concreto, a dolo specifico, volto a reprimere in modo anticipato selezionate condotte fraudolente ritenute di maggiore valenza offensiva e - successivamente, a chiusura del sistema repressivo - un'ipotesi delittuosa più ampia, a condotta libera, punita a titolo di mero dolo generico, in cui l'ostacolo all'attività di vigilanza si concretizzi quale evento di danno.

Ebbene, proprio le peculiarità delle due fattispecie, sul piano sia oggettivo che su quello soggettivo, ne escludono la sovrapponibilità in quanto il I comma punisce la condotta di false informazioni all'Autorità di Vigilanza laddove sorretta dall'intenzione di ostacolarne l'attività, mentre il II comma sanziona - pur con la stessa pena - la condotta di concreto ostacolo all'attività di vigilanza, illuminata dal mero dolo generico; ciò parrebbe escludere, in via teorica, la configurabilità di un concorso formale dei due reati, che risultano tra loro distinti sul piano della materialità oltre che della componente psicologica di talché la prassi di contestare simultaneamente le due ipotesi di reato con riferimento alla medesima condotta fattuale risulterebbe dissonante rispetto ai connotati delle due fattispecie che si pongono tra loro in rapporto di specialità reciproca.

5.3. I rapporti tra il Gruppo C. e Porgano di Vigilanza Consob durante il procedimento di approvazione del Prospetto Informativo.

Al fine di procedere ad una esaustiva esposizione dei fatti rilevanti per la ricostruzione della fattispecie concreta, appare doveroso riprendere i tratti salienti che hanno connotato il procedimento all'interno del quale devono essere contestualizzate le condotte di ostacolo oggetto di specifica doglianza mossa agli imputati.

Segnatamente, come già evidenziato nella parte relativa la trattazione del reato di cui capo I dell'imputazione, con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 2638 , comma II c.c.:

- il 09.05.2011 "C." trasmetteva a Consob il prospetto informativo relativo all'Aumento di Capitale per l'approvazione ai sensi dell'art. 94  del t.u.f.  e 4 del Regolamento Consob n. 11971/99;

- il 28.06.2011 Consob rilasciava il nulla osta per la pubblicazione del Prospetto Informativo relativo all'aumento del capitale.

E' già stato rilevato che tale nulla osta era stato preceduto dalla certificazione del prospetto ad opera della società di revisione D.T., a ciò incaricata da C. proprio su sollecitazione di Consob.

Invero, quanto a tale fase, dalla documentazione prodotta in atti emergono le seguenti missive inerenti l'interlocuzione scritta tra la Cassa e Consob:

- in data 24.05.2011: lettera con cui Consob, comunicando l'avvio del procedimento amministrativo n. 20112159/1 relativo alla formazione del Prospetto Informativo, aveva rilevato l'incompletezza della documentazione prodotta dalla "C.R.F. S.p.A.", invitandola a trasmettere una nuova versione del Prospetto Informativo con le informazioni e gli elementi mancanti;

- in data 08.06.2011: lettera con cui C. riscontrava le richieste di integrazione del Prospetto;

- in data 15.06.2011: lettera con cui Consob richiedeva l'integrazione del Prospetto Informativo con le informazioni di cui al capitolo XIII dell'allegato I  al Regolamento 809/2004/CE , dando atto che tale esigenza era sorta a seguito del comunicato stampa che l'Istituto Emittente aveva diffuso il 20.04.2011, contenente ha l'altro dati relativi al Piano Industriale 2011-2014 sulle previsioni di utili.

Il procedimento amministrativo volgeva a conclusione lo stesso mese di giugno; segnatamente il Prospetto Informativo veniva deliberato in data 28.06.2011 e pubblicato il giorno 01.07.2011, tant'è che dal 03.07.2011 era avviata l'operazione di collocazione delle azioni che, nel prevedere due fasi - la prima dedicata agli azionisti e/o obbligazionisti e la seconda al pubblico indistinto - si concludeva il 30.09.2011.

Nella fase di avvio, predisposizione e conclusione del procedimento amministrativo che aveva condotto all'approvazione e successiva pubblicazione del Prospetto Informativo, la Dirigenza di C. - segnatamente F.D. e L.S. ai quali il C.d.A. aveva conferito il mandato di procedere all'adozione di tutte le operazioni necessarie al conseguimento dell'Aumento di Capitale che era stato prescritto dalla B.I. al fine di evitare che la Cassa volgesse ad una situazione di crisi economico-patrimoniale-finanziaria tale da imporre alla B.I. azioni di maggiore incisività - in data 26.10.2010 aveva dato incarico professionale allo Studio legale internazionale B.B. di occuparsi dell'assistenza al progetto di Aumento di Capitale della Cassa, incarico concretamente eseguito dall'avv. D.Q. quale soggetto particolarmente esperto in materia di aumenti di capitale; nello specifico, e per quanto di interesse ai fini decisori, tale incarico prevedeva il coordinamento dell'attività di stesura del Prospetto Informativo da sottoporre al vaglio di Consob, in modo tale che fosse garantita una sorta di uniformità, anche lessicale, nella predisposizione del Prospetto.

5.3.1. La testimonianza dell'avv. D.Q..

Più nello specifico il teste Q., escusso in sede dibattimentale, precisava che l'incarico allo studio di appartenenza prevedeva l'attività di consulenza per l'operazione di rafforzamento patrimoniale con Aumento di Capitale riservato in opzione agli azionisti, i connessi adempimenti di natura societaria e - per quanto di interesse in parte qua - anche di supporto nella fase istruttoria relativa al procedimento finalizzato all'Aumento di Capitale sia nei rapporti con B.I. e sia con Consob.

Inoltre, chiariva che, per ragioni di "snellezza procedimentale", nella documentazione trasmessa a Consob egli era stato indicato quale soggetto deputato ad interloquire per conto della Cassa con il detto Organo di Vigilanza, precisando che, nell'ambito di tale interlocuzione, egli non era stato dotato di procura speciale e non poteva pertanto assumere determinazioni autonome,; egli si era limitato a far confluire le informazioni che, all'esito dell'attività svolta nel contesto dei gruppi di lavoro, la dirigenza di Ca.Ri.Fe si era determinata a rappresentare a Consob, senza poter verificare la "completezza, qualità e congruità del dato del dato che gli" veniva "fornito in quanto, quale mero consulente legale, non aveva alcun ruolo di natura ispettiva e non poteva pertanto accedere direttamente "al dato trasmesso" all'Autorità di Vigilanza, "dovendo confidare sulla completezza, qualità e congruità" delle informazioni che veicolava nel contesto del rapporto intrattenuto con Consob e B.I..

Con riferimento specifico alle modalità di svolgimento dell'incarico, Q. chiariva che i rapporti con C. erano tenuti all'interno dello studio secondo il modello dei "gruppi di lavoro", "coordinati" da D.F. e M.S. in quanto a conoscenza, in ragione delle rispettive competenze all'interno della Cassa, dei dati numerici e comunque delle informazioni di riferimento e rilevanti in relazione all'operazione di Aumento di Capitale, informazioni che essi provvedevano a veicolare all'interno del gruppo di lavoro; chiariva inoltre, del tutto significativamente quanto alle valutazioni di natura giuridica di seguito esposte, che le decisioni circa le informazioni da veicolare all'esterno di tali gruppo di lavoro - segnatamente, per il suo tramite, alle Autorità di Vigilanza coinvolte quali la B.I. e Consob - erano adottate dai soggetti che occupavano le posizioni apicali: i dott.ri D.F. e S.L., nelle rispettive qualità di Presidente del C.d.A e di Direttore Generale del Gruppo C., all'uopo designati dal C.d.A. con riferimento all'operazione di Aumento di Capitale da portare a compimento.

L'avv. Q. chiariva, inoltre - per quanto di interesse ai fini della valutazione circa la ricorrenza dell'ipotesi accusatoria in esame - che oggetto di discussione all'interno dei gruppi di lavoro era stata anche la missiva del 20 ottobre 2010; con tale comunicazione la B.I. aveva prescritto alla Cassa l' indifferibilità dell'Aumento di Capitale da porre in essere nella misura di "almeno" a 150 mil. di Euro, da intendersi come nella misura non inferiore alla cifra indicata "e comunque tale da consentire alla Cassa il raggiungimento di un coefficiente patrimoniale almeno pari all'8%", con contestuale indicazione di due raccomandazioni:

- l'una, volta a soddisfare l'esigenza di dotarsi di idonee garanzie volte all'integrale sottoscrizione di capitale;

- l'altra, finalizzata a prestare particolare attenzione e "cautela" alla platea di sottoscrittori, in quanto in grado di valutare il rischio e dotati di adeguate garanzie patrimoniali per sostenere, nel lungo periodo, le iniziative della Cassa volte al rafforzamento patrimoniale.

Inoltre, sempre nel contesto dei gruppi di lavoro - in via diretta o, comunque, in via mediata con i vertici aziendali - il teste riferiva di come vi fosse stato un aperto confronto anche sul contenuto della missiva del 29.04.2011, sempre rivolta da B.I. alla Cassa ed avente ad oggetto la raccomandazione affinché l'Aumento di Capitale fosse ampliato oltre i 150 milioni di Euro così da garantire nel continuo la percentuale anche oltre l'8% del "Tier 1 Ratio".

Il teste, peraltro, riferiva di essere a conoscenza del fatto che la Cassa aveva avuto interlocuzioni verbali con il Dott. D.S. della B.I. in ordine all'ampliamento dell'Aumento di Capitale oltre i 150 milioni di Euro, tanto da averlo indicato nella misura dei 180 milioni di Euro; precisava, inoltre, che tale ipotesi non era stata coltivata dalla Cassa in quanto ciò avrebbe comportato delle difficoltà tecniche, ancorché egli - interpellato sul punto specifico - avesse ritenuto tale aumento astrattamente possibile in quanto, pur rendendosi necessario riconvocare l'assemblea straordinaria, non si sarebbe invece dovuto riconvocare il C.d.A. in ragione degli ampi poteri conferiti al Direttore Generale, dott. D.F., ed al Presidente del C.d.A., Dott. S.L. proprio dal Consiglio di amministrazione con riferimento al compimento dell'operazione di Aumento di Capitale.

Ebbene, per quanto di interesse ai fini della decisione con riferimento al capo in trattazione - per il tramite dell'esame comparato delle dichiarazioni testimoniali del teste Q. con la documentazione versata in atti alla Pubblica Accusa - emerge che l'omessa trasmissione a Consob del contenuto delle due missive che B.I. aveva rivolto alla Cassa il 20.10.2010 ed il 29.04.2010 era il frutto di precise determinazioni assunte dalla Dirigenza all'esito del confronto in sede di gruppi di lavoro all'interno dello studio professionale B.B. secondo le modalità sopra descritte.

Segnatamente, di particolare interesse in tale direzione è la parte della dichiarazione in cui il teste Q. - nel rispondere a specifica domanda rivoltagli dalla Pubblica Accusa - chiariva che la Cassa non aveva né direttamente né in via mediata informato la Consob del contenuto delle raccomandazioni a lei rivolte dalla B.I. circa le modalità di esecuzione dell'operazione di Aumento di Capitale in sede di lettera del 20 ottobre 2010.

Si osserva, inoltre, quanto alla lettera del 29.04.2011, che il teste, pur confermando di esserne venuto a conoscenza nell'ambito dei gruppi di lavoro, nulla riferiva circa eventuali interlocuzioni con Consob; egli, in sede testimoniale, si limitava a riferire come la mancata indicazione nel Prospetto Informativo, ed ancora prima, l'omessa comunicazione a Consob - durante la fase istruttoria relativa all'approvazione del Prospetto - delle ferme raccomandazioni rivolte alla Cassa dalla B.I. di rivolgere l'Aumento di Capitale ad una adeguata platea di sottoscrittori, derivasse dalla scelta operata dalla Dirigenza di C. all'esito del confronto intervenuto in sede di gruppo di lavoro, giacché si era ritenuto che la sede più opportuna per inserire tale tipo di indicazioni fosse l'informativa "MIFID" e le circolari operative interne all'azienda, destinate ai direttori delle filiali da parte della dirigenza.

In conclusione, l'esame della chiara, lineare e genuina testimonianza resa dal teste avv. Q., anche alla luce dei rilievi documentali già svolti e degli approfondimenti valutativi che seguono, consente di ritenere accertato che all'esito delle discussioni nel contesto dei gruppi di lavoro la Dirigenza di Ca.Ri.Fe si era determinata a trasmettere a Consob, per il tramite dell'avv. Q., solo la mera indicazione circa l'esistenza delle due missive rivolte da B.I. alla Cassa il 20.10.2010 ed il 29.04.2011, omettendone del tutto "consapevolmente" il contenuto.

5.3.2. La testimonianza della dott.ssa G.P..

Le conclusioni valutative circa la ricostruzione dei fatti operata in base alla testimonianza resa dall'avv. D.Q. trovano supporto non solo nella documentazione sopra richiamata ma anche, e significativamente, nella ferma, lineare e coerente testimonianza resa in sede dibattimentale dalla dott.ssa G.P., funzionario incaricato da Consob quanto alla fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione del Prospetto Informativo.

Ella - designata da CONSOB quale responsabile del procedimento amministrativo - aveva "il compito di curare le varie fasi del procedimento istruttorio finalizzato al rilascio dell'approvazione" del Prospetto Informativo predisposto da Ca.Ri.Fe in vista dell'Aumento di Capitale di Euro 150 milioni propugnato dalla B.I. per il rilascio approvazione del prospetto relativo all'Aumento di Capitale; sentita in sede dibattimentale precisava di avere svolto il proprio compito secondo una procedura interna prevista per le varie fasi istruttorie con specifica previsione di "compiti, responsabilità, interrelazioni", chiarendo di avere interloquito sempre con l'avv. D.Q. quale legale di Ca.Ri.Fe designato da quest'ultima tramite delega ad intrattenere i rapporti con Consob durante tutta la fase procedimentale.

Chiariva, significativamente, che in tale contesto Consob era l'Autorità di Vigilanza preposta normativamente ex art. 94  T.U.F.  alla verifica della completezza, coerenza interna, veridicità e trasparenza delle informazioni da inserire nel Prospetto Informativo così da fornire al pubblico "informazioni non fuorvianti".

Inoltre, la teste precisava che, nell'ambito del rapporto tra l'ente controllato e l'Autorità, l'emittente aveva "il compito di trasmettere informazioni tali da permettere che il documento" avesse "queste caratteristiche" e chiariva che, quando come nel caso di specie, l'Emittente era un intermediario, la procedura interna prevedeva, di prassi, l'attivazione del rapporto di collaborazione con la B.I.; specificava comunque che tale ultimo rapporto non andava a sovrapporsi né avrebbe potuto in qualche modo sostituire il rapporto tra Consob e l'intermediario, il quale era invece tenuto - in virtù del rapporto di correttezza con l'Autorità di Vigilanza prescritto normativamente dall'art. 95  TUF  - a fornire un flusso di informazioni corrette, non fuorvianti, veritiere e complete al fine di consentire all'Autorità stessa il pieno esercizio dei propri poteri di controllo e vigilanza.

Quanto, in particolare, alle due missive del 20.10.2010 e del 29.04.2010 che B.I. aveva inviato a C. contenenti le pregnanti raccomandazioni relative all'entità dell'Aumento di Capitale, al raggiungimento e mantenimento del Tier 1 ratio, ed alla solidità degli investitori, la teste ricordava - a conferma di quanto sopra rilevato all'esito dell'esame della testimonianza dell'avv. Q. - che nel Prospetto vi era solo la menzione delle lettere, senza alcuna specificazione del contenuto. Segnatamente, chiariva sul punto di non aver mai visto le missive in questione durante la fase istruttoria del procedimento amministrativo relativo alla formazione del Prospetto Informativo, ma di averne appreso il contenuto solo in fase di indagini preliminari durante l'escussione della stessa a sommarie informazioni, perché mai la Cassa gliele aveva sottoposte in visione.

Peraltro, in modo tranciante, la teste - a seguito di specifica domanda della Pubblica accusa circa la rilevanza di tali informazioni nell'ambito dei rapporti tra l'Emittente e l'Autorità di vigilanza - la teste chiariva come, sotto il profilo della completezza e veridicità delle informazioni contenute del prospetto, il contenuto di tali missive avrebbe consentito di comporre "un quadro informativo con un profilo di rischiosità diverso o, comunque, più rispondente al vero rispetto alla situazione in cui effettivamente la Carife versava", rafforzando tale considerazione, frutto della professionalità tecnica acquisita in ragione della competenza quale funzionaria di Consob; nella stessa direzione affermava, altresì, che il limite dell'8% di "Tier 1 ratio" era "un limite comunque molto stringente, molto forte rispetto ai limiti della vigente normativa di allora, quindi avrebbe comunque anche questo rappresentato un profilo informativo, e soprattutto il connesso profilo di rischiosità, un elemento importante che dovrebbe essere messo a disposizione del soggetto chiamato ad aderire".

Ciò chiarito, per quanto d'interesse ai fini della valutazione circa la fondatezza dell'ipotesi accusatoria di cui al capo 3 dell'imputazione ora in esame, la teste affermava che laddove fosse stata resa edotta di tale informazione, avrebbe ragionevolmente richiesto all'emittente di inserirla nel prospetto al fine di poter fornire un quadro informativo sulla rischiosità dell'operazione più completo e veritiero.

Parimenti - quanto alla parte della lettera del 20 ottobre 2010 relativa alla qualità dei potenziali investitori quali soggetti "in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tali investimenti e che si caratterizzino per un'adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno anche prospettico alle esigenze di rilancio del Gruppo" - dopo aver ribadito che non ve ne era cenno in nessuna delle parti del Prospetto; la teste affermava; senza esitazioni, che laddove tale informazione fosse stata resa nota da parte della emittente; Consob avrebbe senz'altro richiesto di inserirla nel prospetto al fine di rendere maggiormente evidente e trasparente "la situazione in cui effettivamente versava la Carife, in quanto fa comunque riferimento a una situazione un pochino deteriorata circa la reale situazione, appunto, in cui versava allora l'intermediario".

Identiche valutazioni tecniche vengono, altresì, rappresentate dalla teste quanto al contenuto della missiva del 29 aprile 2011. Ella, infatti, ribadiva che durante la fase istruttoria del procedimento finalizzato all'approvazione del Prospetto Informativo tale missiva, così come la precedente, non le era stata esibita; affermava, inoltre, che se le fosse stato riferito il contenuto della stessa durante la fase istruttoria procedimentale, in ragione della piena rilevanza di tali dati al fine di dare una rappresentazione veritiera del profilo di rischio della operazione, si sarebbe potuta attivare esercitando i propri poteri di controllo ed istruttori derivanti dalla disposizione di cui all'art. 94  T.U.F. .

In altri termini avrebbe potuto invitare concretamente l'Emittente ad inserire nel Prospetto le informazioni relative alle connotazioni dell'Aumento di Capitale:

- sia dal punto di vista dell'entità, facendo evidenziare che l'importo dell'Aumento di Capitale dovesse essere "almeno" pari ad Euro 150 milioni e comunque tale da assicurare un "Tier 1 Ratio" dell'8%, se non addirittura superiore così da garantire il mantenimento "nel continuo" del "Tier 1 Ratio consolidato ad un livello superiore all'8%",

- sia dal punto di vista delle qualità dei potenziali investitori, facendo porre in rilievo che l'aumento fosse rivolto a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento" e comunque dotati di "adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo".

Invero, ella riteneva che la lettera in esame - nella parte in cui si legge "Si richiama l'attenzione della Capogruppo sulla necessita di mantenere nel continuo il Tier 1 ratio consolidato a un livello superiore all'8%. A tal fine si invita codesta Cassa ad ampliare, in sede di approvazione assembleare dell'operazione, l'importo massimo dell'Aumento di Capitale in modo da disporre, anche in un'ottica prospettica, di ulteriori margini patrimoniali rispetto al predetto target dell'8%" - contenesse una "indicazione molto forte" di B.I. a Carife che sarebbe dovuta comparire "in qualche modo" all'interno del Prospetto.

In definitiva, la teste osservava - in ragione del ruolo professionale svolto quale responsabile del procedimento amministrativo relativo all'approvazione del Prospetto Informativo afferente all'operazione di Aumento di Capitale - che portare a conoscenza di Consob le prescrizioni contenute nelle due missive del 20.10.2010 e del 29.4.2011 avrebbe consentito, senza tema di smentita, alla stessa Autorità di Vigilanza di utilizzare quegli strumenti integrativi che avrebbero garantito di formare, all'interno del Prospetto, un quadro di rischiosità più aderente alla reale situazione della Cassa.

Chiariva, peraltro, a seguito di domanda rivoltale in sede di contro-esame, che gravava in capo all'Emittente l'onere "di rappresentare il contenuto delle informazioni o delle richieste" ricevute da B.I. e non certo in capo a Consob di richiedere il contenuto delle due missive.

Deve, inoltre, ribadirsi - al fine di rafforzare la posizione giuridica assunta dall'Emittente nel rapporto con Consob - quanto osservato in precedenza circa i rapporti tra le due Autorità di Vigilanza durante la fase istruttoria: le loro interlocuzioni - pur raccomandate secondo linee di comportamento previste dal protocollo d'intesa adottato dalle due Autorità di Vigilanza in data 31 ottobre 2007 e successive modifiche - non potevano ritenersi sovrapponibili rispetto al rapporto tra l'emittente a Consob nel senso che non avrebbero potuto, in nessun modo, sostituire il rapporto tra Consob e l'intermediario tenuto, in virtù del rapporto di correttezza con l'Autorità di Vigilanza al fine consentirle in raggiungimento degli obiettivi prescritti normativamente dall'art. 5  TUF , a fornire un flusso di informazioni corrette, non fuorvianti, veritiere e complete, così da porre la stessa Autorità nelle condizioni di poter esercitare in pieno i propri poteri di controllo e vigilanza nell'ambito del procedimento di approvazione del Prospetto Informativo.

5.4. L'analisi giuridica dei fatti accertati: conclusioni del Tribunale circa la fondatezza della tesi accusatoria in rapporto alle tesi difensive.

Ora, quanto emerso sulla base del compendio probatorio sopra esposto, conduce ad avallare l'ipotesi accusatoria in esame con riferimento alle posizioni apicali di C., occupate dagli imputati dott.ri F.D. e L.S. nelle rispettive qualità di Direttore Generale della "C.R.F." e di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.".

Segnatamente, si ritiene che la condotta di ostacolo - così come contestata al capo 3 ex art. 2638 , comma 2, c.c. - si sia concretizzata tramite la consapevole omissione della comunicazione all'Organo di Vigilanza, durante lo svolgimento della fase istruttoria che ha connotato il procedimento amministrativo volto all'approvazione del Prospetto Informativo, di una serie di informazioni traibili dal contenuto delle missive inviate da B.I. a Ca.Ri.Fe in data 20.10.2010 e 29.04.2011, da ritenersi "dovute" in relazione al contesto in cui si inserivano intendendo far riferimento in primis all'art. 94  commi 1 e 2 T.U.F. , normativa già esaminata approfonditamente nella parte relativa alla trattazione del reato contestato al capo 1, e comunque, da ritenersi rilevanti ai fini dell'esercizio della funzione di vigilanza da parte di Consob, in quanto strettamente incidenti sull'approvazione del detto Prospetto nell'ottica della sua completezza e veridicità.

E' stato, infatti, chiarito al paragrafo 3.4. che con tali missive la B.I. aveva imposto a C. indicazioni indefettibili ed indifferibili (quanto alla prima missiva del 20.10.2010), comunque pregnanti (quanto alla seconda missiva del 29.04.2011), che traevano origine dal rilievo degli aspetti problematici inerenti la situazione economico-finanziaria del Gruppo C. Segnatamente, con la lettera del 20.10.2010, la B.I. raccomandava a C. di adottare i provvedimenti necessari e idonei a superare la crisi finanziaria e di procedere all'Aumento di Capitale; nello specifico, in tale missiva era descritta la necessità che la Banca dovesse precostituirsi un "adeguato buffer patrimoniale in grado di fronteggiare le perdite attuali e prospettiche" e realizzare un Aumento di Capitale che fosse "pari a almeno 150 milioni di Euro e comunque in grado di assicurare un Tier 1 Ratio dell'8%", da deliberare entro il 31.12.2010 e sorretto da "un'adeguata garanzia di sottoscrizione". Significative prescrizioni erano, altresì, indicate quanto "ai destinatari dell'operazione"; la B.I. aveva, infatti, raccomandato che tale aumento fosse rivolto a "soggetti in grado di valutare in maniera appropriata il rischio connesso con tale investimento e che si caratterizzino per un'adeguata capacità patrimoniale e finanziaria, tale da garantire un concreto sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del Gruppo".

La pregnanza di tali "raccomandazioni" si evince valorizzando sia il momento in cui erano state adottate - in quanto intervenute a seguito di precedenti interlocuzioni seguite all'attività ispettiva effettuata dall'Istituto nel 2009 - sia le modalità con cui erano state indicate; invero, si rileva sul punto che la B.I. aveva posto particolare attenzione al rispetto di precise condizioni anche in ordine alle tempistiche da adottare, stante l'inerzia dimostrata sino a quel momento da Ca.Ri.Fe in ordine alla tempistica e all'adozione di concrete ed efficaci iniziative per la riduzione dell'attivo a rischio. Si osserva, inoltre - al fine di evidenziare la profonda e significativa valenza di tali raccomandazioni - come la B.I. si fosse da ultimo riservata "ogni ulteriore iniziativa ritenuta necessaria al fine di garantire il mantenimento di condizioni di stabilità dell'intermediario".

Peraltro, lungo la stessa direttrice si muove la successiva missiva del 29.04.2011 con cui la B.I. raccomandava alla Cassa di garantire il mantenimento " nel continuo il "Tier 1 Ratio" consolidato ad un livello superiore all'8%", missiva contenente altresì l'invito affinché la Banca Emittente ampliasse ulteriormente l'importo massimo dell'Aumento di Capitale oltre i 150 milioni di Euro; si ribadiva altresì la necessità di rivolgere l'operazione a soggetti dotati di particolari qualità in quanto in grado di valutare, in maniera appropriata, il rischio dell'investimento e fossero altresì dotati di solidità economico-finanziario-patrimoniale idonea a fornire un concreto sostegno alle esigenze di rilancio della Cassa anche in ottica prospettica, condizioni da imprescindibili per - la più volte rilevata - finalità di rafforzamento dell'Istituto.

La valutazione di rilevanza del contenuto prescrittivo di tali missive rispetto all'esercizio dei poteri spettanti dall'Organo di Vigilanza, trova fondamento oltre che nelle dichiarazioni di natura tecnica svolta dalla teste G.P., già esaminate al paragrafo che precede, anche nelle esaustive considerazioni di natura tecnica svolte dal C.T.P.M. prof. Iannotta, il quale esprimeva tale valutazione affermando come tali lettere fossero "essenziali per una corretta valutazione del rischio derivante dalla sottoscrizione dell'Aumento di Capitale. Esse infatti rivelano l'adesione dell'autorità di finanza circa la situazione attuale e prospettica dell'emittente" ovvero "della visione più autorevole, dalla quale la corretta valutazione dell'emissione da parte di 1 potenziale investitore non può prescindere".

Ebbene, è stato accertato in sede istruttoria dibattimentale come tali rilevanti informazioni contenute nelle due missive del 20.10.2010 e del 29.04.2011 fossero state totalmente omesse da parte della Cassa nel rapporto con Consob.

Quanto alla valutazione di concreta incidenza di tali informazioni sull'attività di vigilanza svolta da Consob in fase di approvazione del Prospetto Informativo - valutazione indefettibile al fine di accertare la sussistenza dell'evento di danno dell'ipotesi criminosa in trattazione (integrato dal concreto ed effettivo ostacolo all'attività di vigilanza come declinato dalla giurisprudenza diffusamente esaminata in precedenza) - appare doveroso richiamare nuovamente quanto evidenziato dal C.T.P.M. Prof. Iannotta.

Segnatamente, con riferimento a tale specifico aspetto, quanto ai destinatari dell'offerta, egli osservava che: "analoga importanza riveste il fatto che, secondo le prescrizioni di B.I., l'offerta fosse da destinarsi a soggetti in grado da un lato di valutare in maniera appropriata di rischio, dall'altro di garantire un adeguato sostegno, anche prospettico, alle esigenze di rilancio del gruppo"anche atteso"che da tali informazioni si deduce che B.I. reputa le prospettive di Corife altamente incerte che dunque molto probabile la necessità di ulteriori iniezioni di capitale".

Tale valutazione trova ulteriore avallo laddove si valorizzi che tali informazioni, laddove rese note all'Autorità di Vigilanza, avrebbero concretamente consentito di comporre un "quadro informativo con un profilo di rischiosità diverso o, comunque, più rispondente al vero rispetto alla situazione in cui effettivamente la Carife versava", tanto più se si considera che si trattava di raccomandazioni provenienti dall'"Autorità di Vigilanza che ha prescritto l'Aumento di Capitale, dunque essenziale per la valutazione dei rischi connessi alla sottoscrizione dello stesso", prescrizioni - come emerge dall'entità e dalle modalità prescritte da B.I. in ordine al perseguimento dell'Aumento di Capitale - finalizzate a raggiungere un livello di patrimonializzazione dell'8% da ritenersi "molto stringente", anche considerando che era pari al doppio della percentuale normativamente prevista in quel periodo.

Tale conclusione risulta ulteriormente rafforzata alla luce delle considerazioni che il Prof. Iannotta svolge nella parte della relazione in cui, con riferimento alla necessità di concepire e strutturare l'operazione di Aumento di Capitale, riteneva "che per la B.I. l'Aumento di Capitale effettivamente deliberato Euro 150,2 milioni non fosse dell'importo auspicabile in ottica prospettica": invero, come più volte ribadito in sede dibattimentale dalla teste P. e come già approfondito in sede di analisi del contenuto del Prospetto, del contenuto tali raccomandazioni - rilevanti, se non addirittura essenziali per un compiuto ed efficace esercizio dell'attività di vigilanza al fine di pervenire all'approvazione di un Prospetto Informativo completo, coerente, veritiero e trasparente - non vi è cenno nel Prospetto Informativo.

5.4.1. Confutazione delle tesi difensive.

Appare doveroso osservare, per completezza espositiva, verificare la tenuta della conclusioni raggiunte dal Tribunale attraverso un confronto con le tesi difensive.

In primo luogo si rileva come, secondo le tesi delle difese, le omissioni sopra rilevate nell'ambito del rapporto tra ente controllato ed Autorità di Vigilanza non avrebbero alcun rilievo in quanto inerenti informazioni che, seppur attinenti alla situazione patrimoniale finanziaria dell'emittente, non risulterebbero giuridicamente "dovute" in capo all'istituto di credito.

Segnatamente, sul punto, il dott. P. - C.T. nominato alla difesa dell'imputato F. - affermava che la normativa di settore non avrebbe imposto all'Emittente alcun "eventuale obbligo ulteriore (all'indicazione delle date e dei numeri di protocollo delle comunicazioni ricevute dalla B.I.) di informare la Consob del contenuto specifico delle stesse", posto che Consob non avrebbe potuto esigere che un Prospetto contenesse "elementi di informazione non inclusi negli allegati" di cui al reg. 809/CE/2004, ritenendo che "le informazioni fornite vengano completate, caso per caso, per ognuno degli elementi richiesti dagli schemi".

Ora, a confutazione di tale asserto difensivo, si rileva come sia già stato osservato (segnatamente nella parte della presente motivazione relativa alla trattazione del reato di cui al capo I) che - secondo la più recente giurisprudenza di legittimità - il Reg. CE 809 cit. "fornisce unicamente informazioni minime, di carattere non esaustivo che devono corredare i prospetti"; nello stesso contesto giurisprudenziale è stato, inoltre, osservato che "l'art. 94  TUF  contiene una previsione di carattere decisamente elastico e residuale, essendo ivi previsto che il prospetto debba comunque contenere tutte le informazioni necessarie affinché gli investitori possono pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. L'ampiezza dell'articolo 94  TUF  e, al contempo, il carattere non esaustivo di schemi e moduli allegati al Regolamento consentono, dunque, di escludere che le informazioni da inserire nei prospetti siano esclusivamente quelle riconducibili al Regolamento medesimo, dovendosi anzi ritenere che, proprio per la loro funzione (i.e. consentire un investimento consapevole) i prospetti vadano corredate da informazioni da adattare, nel rispetto del minimo prescritto dalla nuova normativa unionale, alle circostanze del caso concreto".

Correlativamente, deve ritenersi che in capo a C. gravasse un preciso dovere giuridico di fornire a Consob, nel corso della fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione del prospetto normativo, tutti i dati informativi in grado di consentire al sottoscrittore la formulazione cosciente e consapevole del "fondato giudizio" di cui all'art. 94  T.U.F. ; invero, proprio nel primario interesse di tutela del pubblico risparmio, il legislatore ha attribuito a Consob poteri di tipo regolamentare (cfr. art. 95  TUF ) autorizzatorio (art. 94 , comma I, TUF ) ed interdittivo (art. 99  TUF ) in relazione allo svolgimento delle operazioni di offerta al pubblico di strumenti finanziari, attribuendo primaria importanza alla trasparenza e veridicità delle informazioni, imposte dalle norme quale obblighi a carico dei promotori dell'offerta e dei loro consulenti.

Si è già osservato che la primaria finalità informativa nel contesto normativo è perseguita dal legislatore attraverso la previsione dell'obbligo di pubblicazione del Prospetto Informativo, con esplicita previsione che tale prospetto contenga "tutte le informazioni che a seconda delle caratteristiche dell'emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessari affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti".

Nel prosieguo, segnatamente al comma III, l'art. 94 dispone, inoltre, che il prospetto sia redatto in "conformità agli schemi previsti dai regolamenti comunitari che disciplinano la materia" contenuti negli allegati I e III del Reg. 809 cit., disciplina comunitaria che, nell'arricchire il quanto normativo di riferimento nell'ottica della massima valorizzazione della tutela degli investitori attraverso la previsione di un regime di "trasparenza", prevede un contenuto informativo standardizzato "minimo", nell'ottica della piena garanzia dei destinatari all'invito all'investimento così da consentire loro di valutare correttamente i rischi connessi agli investimenti, assumendo le relative decisioni in piena consapevolezza.

Peraltro, nell'ottica di rafforzare la tutela degli investitori, il comma 8 dell'art. 94 cit., stabilisce precise responsabilità, in sede civile, nei confronti dei terzi in capo all'emittente, all'offerente ed altri soggetti coinvolti nella redazione del prospetto in relazione alle informazioni in esso contenuto.

In definitiva, la normativa richiamata consente di giungere alla considerazione che l'Emittente assume un ruolo centrale quale garante della completezza e veridicità delle informazioni contenute nel prospetto, consacrando il proprio impegno nella dichiarazione di responsabilità, nel caso di specie sottoscritta il 9 maggio 2011, in nome e per conto di C., dal Presidente del C.d.A. S.L. e trasmessa a Consob in allegato alla richiesta di autorizzazione alla pubblicazione del Prospetto Informativo (sempre del 9.05.2011).

L'esame di tale documento, nonché del paragrafo 1 Sezione II del prospetto consente, infatti, di rilevare come in conformità alla disposizione da ultimo richiamata, l'Emittente si sia assunto la piena responsabilità per la completezza e la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto nonché "in ordine a altro dato e notizia che fosse tenuto a conoscere e verificare", così manifestando la piena consapevolezza degli obblighi di natura giuridica quanto alla qualità delle informazioni da offrire.

Nella stessa direzione è, altresì, significativo rilevare che il paragrafo 1 della Sezione II del Prospetto indica come l'emittente abbia attestato che "le informazioni contenute nel Prospetto Informativo stesso sono, per quanto sua conoscenza, conformi ai fatti e non presentano omissioni tali da alterarne il senso".

Ebbene, in tale contesto è di tutta evidenza come la completezza, veridicità, non capziosità delle informazioni dovesse, in primo luogo, connotare - nell'ottica della correttezza, coerenza e trasparenza - il rapporto tra l'Emittente e la Consob nell'ambito della fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione successiva pubblicazione del Prospetto Informativo.

E' già stato osservato, infatti, che l'Autorità di Vigilanza è l'organo preposto a tale procedura al fine di consentire la formazione di un prospetto completo, veritiero, trasparente, coerente, e che, proprio in ragione della qualità delle informazioni ricevute dall'Emittente, deve essere in grado di potere esercitare i poteri di vigilanza e controllo che le sono propri in relazione all'attività svolta.

In tale ottica grava in capo all'Emittente - e solo in capo allo stesso - il preciso dovere di fornire all'Organo di vigilanza il flusso informativo che, in attuazione di tale dovere di correttezza, completezza e trasparenza, possa consentire all'Autorità di esercitare gli ampi poteri che le competono, volti a consentire di giungere all'approvazione di un Prospetto idoneo a garantire all'investitore di formulare un "fondato giudizio" sull'operazione cui intende aderire, nell'ottica della piena tutela del risparmio cui sono preposte le Autorità di Vigilanza.

In tale prospettiva di correttezza e tdi rasparenza, quindi, non può altro che concludersi per la sanzionabilità, sul piano penale, di tutti quei comportamenti dell'Emittente - anche solo omissivi purché consapevoli - che incidano concretamente sul potere di controllo ed, in generale, sull'attività di vigilanza della Consob, anche solo rallentandola o deviandola.

Così qualificato il rapporto tra ente controllato ed ente controllante, accertato che l'Emittente è tenuto a fornire le informazioni nel rispetto del connotato primario della completezza oltre che veridicità, non può certo rimproverarsi in capo a Consob di non avere richiesto a Carife il contenuto delle missive del 20.10.2010 e del 29.4.2011.

Invero, nel corso dell'istruttoria, è emerso che Consob, laddove posta nella condizione di farlo in ragione delle informazioni ricevute, avrebbe potuto compiutamente esercitare i propri poteri di vigilanza, richiedendo l'integrazione del Prospetto con tutte le informazioni rilevanti di cui era stata reso edotta nel corso della fase istruttoria.

Si consideri, a conferma di quanto appena affermato, che Consob si era attivata nei rapporti intrattenuti di prassi con B.I., chiedendo - con lettera del 13 maggio 2011 - informazioni circa l'attività di vigilanza svolta su C.; in riscontro di tale richiesta, B.I. - con missiva del 30 maggio 2011 - forniva taluni elementi informativi relativi alla situazione economica, patrimoniale e finanziaria di Carife in quanto risultanti dagli accertamenti della attività di vigilanza, anche in sede ispettiva, in particolare riferendo sinteticamente a Consob come il gruppo C. fosse "da tempo oggetto di particolare attenzione della Vigilanza", in ragione degli esiti ispettivi del 2009 a seguito dei quali Carife aveva evidenziato "carenza organizzative e criticità significative nel comparto del credito". Inoltre con la stessa missiva si evidenziava che l'Emittente "aveva ridotto l'erogazione dei crediti, anche in relazione all'esiguità dei margini patrimoniali" e rappresentava come "il progressivo assottigliarsi di questi ultimi e la conseguente riduzione dei ratios di vigilanza nel corso del 2010" avessero indotto B.I. a chiedere "la realizzazione di un piano di rafforzamento dei mezzi propri volti alla costituzione di un adeguato buffer patrimoniale da attuarsi mediante un Aumento di Capitale e la cessione di asset".

Si trattava di informazioni di cui Consob era venuta a conoscenza nell'esercizio dei propri poteri di controllo, informazioni che trovavano un preciso riscontro nel Prospetto Informativo a conferma del corretto atteggiarsi dell'Autorità di Vigilanza laddove posta nelle condizioni di potere esercitare i propri poteri di controllo ed integrazione.

Appare evidente che in tale contesto normativo e fattuale non può che ritenersi che gravasse solo in capo all'Emittente l'obbligo di porre Consob nelle condizioni di conoscere tutte le informazioni necessarie al fine di completare il quadro di effettiva rischiosità dell'operazione in ragione delle reali situazioni dell'Emittente stessa e del Gruppo, segnatamente rappresentandole le raccomandazioni che B.I. le aveva rivolto tramite le prescrizioni contenute nelle due missive più volte citate.

In secondo luogo è parimenti destituito di fondamento l'assunto difensivo secondo cui l'obbligo informativo gravante in capo all'Emittente sarebbe stato comunque soddisfatto in ragione del sostanziale contenuto del Prospetto Informativo, in quanto contenente tutte le informazioni necessarie a fornire all'investitore la chiara rappresentazione della situazione di C. e delle finalità dell'Aumento di Capitale. Invero, l'esame del Prospetto - diversamente da quanto sostenuto dalle difese - non consente di porre in rilievo parti da cui siano evincibili le informazioni contenute nelle due missive.

Piuttosto, l'esame del Prospetto Informativo porta ad escludere che Ca.Ri.Fe avesse inteso informare i potenziali investitori delle forti preoccupazioni che B.I. aveva espresso in ordine alle prospettive economico-patrimoniali dell'Emittente; appare, invero, con evidenza come avesse inteso rappresentare al pubblico degli investitori una situazione di "sostanziale tranquillità" confliggente con la reale situazione del Gruppo.

5.5. Giudizio sulla responsabilità degli imputati cui è ascritto il reato sub (...)).

In conclusione, alla luce della ricostruzione dei fatti operata attraverso la valutazione complessiva degli elementi di natura probatoria acquisiti nel corso del pubblico dibattimento, avuto riguardo alle esposte considerazioni in ordine al quadro normativo di riferimento e confutati compiutamente i rilievi mossi dalla difese, il Tribunale ritiene si debba affermare la penale responsabilità degli imputati D.F. e S.L. - nelle rispettive qualità di Direttore Generale e di Presidente del C.d.A. della "C.R.F." - perché, con coscienza e volontà, del tutto "consapevolmente" in piena conformità alla formulazione testuale dell'art. 2638  comma II c.c., durante la fase istruttoria del procedimento amministrativo ex art. 94 bis  TUF  volto all'approvazione del Prospetto Informativo relativo all'Aumento di Capitale deliberato dal C.d.A., omettevano di rappresentare alla Consob - con la quale si rapportavano, in via mediata, per il tramite dell'avv. D.Q. - il contenuto delle due missive inviate alla Cassa dalla B.I. il 20.10.2010 ed il 29.04.2010.

In altri termini, i due imputati - con piena coscienza e volontà - omettevano di informare l'Organo di Vigilanza in ordine alla rilevanza dell'entità dell'Aumento di Capitale (individuato da B.I. in misura non inferiore a 150 milioni di Euro e da rapportarsi alla necessità di raggiungere e mantenere nel continuo un Tier 1 Ratio pari all'8%) ed alla qualità dei potenziali investitori (indicati da B.I. in soggetti in grado di valutare adeguatamente il livello di rischio dell'operazione ed anche dotati di solidità economico-finanziaria così da poter sostenere, nel lungo periodo, le iniziative di rafforzamento patrimoniale della Cassa).

E' stato incontrovertibilmente accertato che tali informazioni - da ritenersi essenziali al fine di rappresentare, sotto il profilo della rischiosità dell'operazione, un quadro coerente con la reale situazione dell'Emittente - laddove conosciute dalla Consob avrebbero consentito alla stessa di azionare i poteri di controllo e di integrazione del Prospetto volti a garantire la completezza, veridicità e coerenza delle informazioni contenute nel Prospetto pubblicato, a piena tutela del pubblico risparmio.

E' di tutta evidenza, quindi, come tale comportamento volontariamente, "consapevolmente" omissivo - riconducibile ai due imputati F. e L., in quanto incaricati dal C.d.A. al compimento di tutte le operazioni volte all'Aumento di Capitale, tra cui la predisposizione e la pubblicazione del Prospetto Informativo - abbia determinato la violazione del rapporto di correttezza che necessariamente doveva informare le interlocuzioni tra ente vigilato e vigilante, avendo concretamente ostacolato l'esercizio delle attività di vigilanza della Consob in quanto privata di informazioni essenziali che le avrebbero consentito di raggiungere il fine cui è preposta.

Nella parte relativa all'inquadramento giuridico della fattispecie è stato, infatti, evidenziato, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità, come tale comportamento si inquadri nella previsione di cui all'art. 2638  comma II c.c. - peraltro nella forma aggravata di cui al comma III della norma cit., come correttamente contestato dalla Pubblica Accusa dovendosi ritenere che l'operazione abbia coinvolto una Società con titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell'art. 116  D.Lgs. n. 58 del 1998 ; si tratta, infatti, di comportamento consapevolmente omissivo, da cui origina l'evento di danno del reato, integrato dall'ostacolo all'attività dell'Autorità di Vigilanza.

E' stato già, in più parti della presente parte della motivazione, evidenziato che la componente psicologica della condotta si trae dal fatto che, del tutto artatamente, le posizioni apicali della Cassa - ossia F. e L., dotati di facoltà decisionali nel contesto considerato in ragione dei poteri loro conferiti dal C.d.A con Delib. del 7 dicembre 2010 al fine di intraprendere e portare a termine l'operazione di Aumento di Capitale - avevano deciso volontariamente, dopo averne discusso, anche in via mediata, nel contesto dei gruppi di lavoro creati con lo studio legale B.B. (incaricato dell'assistenza professionale nel progetto di Aumento di Capitale), di limitarsi alla mera menzione delle due missive del 20.10.2010 e del 29.04.2011, senza rappresentarne alla Consob il contenuto prescrittivo loro raccomandato dalla B.I.. Si ritiene così di poter affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che i due imputati fossero ben consapevoli che la comunicazione integrale delle due missive avrebbe indotto l'Autorità di Vigilanza ad imporre loro l'integrazione del Prospetto con l'indicazione delle informazioni derivanti dalle prescrizioni contenutistiche delle due missive, che evidenziavano una situazione di grave difficoltà della Cassa, del tutto confliggente con il resto del quadro tratteggiato nel contesto del Prospetto, in cui si rappresentava invece una situazione di sostanziale tranquillità.

Alla luce dei fatti come sopra ricostruiti e valutati dal punto di vista giuridico con riferimento alle concrete modalità di sviluppo della complessa vicenda, è ragionevole ritenere che i due imputati - trovatisi di fronte all'alternativa di comunicare integralmente le due missive ovvero limitarsi ad indicarne solo l'esistenza - valutato l'impatto verosimilmente non positivo che la rappresentazione delle preoccupazioni della B.I. (trasfuse nelle prescrizioni delle due missive) avrebbe avuto sulla platea dei possibili investitori, optavano consapevolmente per la seconda delle soluzione prospettate: adottavano in tal modo un comportamento volontariamente omissivo, tale da avere concretamente ostacolato l'attività di vigilanza della Consob in quanto inibita nel raggiungimento del fine istituzionale che le compete normativamente, la cui attuazione dipendente dalla correttezza del comportamento dell'Emittente.

A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi quanto alla posizione di D.F., al quale era contestata l'ipotesi di reato sopra trattata quale Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.".

Orbene, come già osservato nell'ambito della trattazione del delitto di falso in Prospetto, l'esame del compendio probatorio - ed in particolare dalla testimonianza resa dall'avv. D.Q. - ha posto in rilievo che le informazioni trasmesse alla Consob nella fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione del Prospetto Informativo, erano state trasmesse all'interno dei gruppi di lavori (che avevano connotato le modalità di lavoro tra la Cassa e lo studio legale milanese incaricato dell'assistenza professionale nel progetto di Aumento di Capitale) da D.F. il quale, unitamente a M.S., aveva coordinato i gruppi stessi anche in un'ottica di snellezza procedimentale.

Invero, ciò porta a ritenere come - sul piano della mera materialità - D.F. abbia fornito un contributo causalmente rilevante all'integrazione dell'evento di ostacolo all'attività di vigilanza indefettibile ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato in trattazione, in quanto facendo confluire i dati contabili all'interno dei gruppi di lavoro e partecipando all'attività di coordinamento degli stessi, aveva concorso alla formazione delle determinazioni adottate dalle posizioni apicali occupate da F. e L., integrate dalla omessa indicazione di informazioni rilevanti ai fini dell'esercizio delle attività di vigilanza da parte di Consob durante la fase istruttoria del procedimento finalizzato all'approvazione del Prospetto Informativo.

Si è, però, già chiarito come F., pur coinvolto nelle discussioni oltre che nella fase di acquisizione dei dati necessari ai fini della predisposizione del Prospetto Informativo, non fosse dotato di alcuna facoltà decisionale all'interno dei gruppi di lavoro da cui è promanata la decisione del Direttore Generale e del Presidente del C.d.A. di C. di omettere la rappresentazione - all'Organo di Vigilanza Consob - del contenuto prescrittivo delle due missive del 20.10.2010 e del 29.04.2011 inviate da B.I.; deve pertanto ritenersi in modo incontrovertibile come tale decisione sia da riferirsi soggettivamente - in via esclusiva ed in misura paritaria - in capo ai due soli soggetti a cui il C.d.A. aveva conferito tale potere in relazione all'attuazione dell'Aumento di Capitale della Cassa, ossia D.F. e S.L..

Tali considerazioni conducono, pertanto, ad escludere la sussistenza di elementi di prova per poter ritenere che la condotta riferibile a D.F. fosse sorretta dalla coscienza e volontà del fatto tipico di reato, componente soggettiva richiesta ai fini della integrazione della fattispecie di reato di cui all'art. 2638 , comma II, c.c.: si impone, pertanto, l'adozione di pronuncia assolutoria in favore dell'imputato D.F., con la formula di cui all'art. 530  comma I c.p.p. "perché il fatto non costituisce reato", stante la prova positiva circa la carenza dell'elemento soggettivo in capo allo stesso.

IMPUTAZIONE capo 4)

F.D., L.S., F.D., M.M., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2638 commi 1, 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nell'ambito della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. ";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

- M.M., nella qualità di socio della "D.T. S.p.A.", società di revisione contabile incaricata dalla "C.R.F."; nell'ambito del procedimento di approvazione da parte di Consob del prospetto informativo ex art. 94 bis  T.U.F.  relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." relative all'operazione di aumento di capitale sociale per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00 (prospetto depositato presso Consob in data 01.07.2011, meglio indicato nel Capo 1), ostacolavano consapevolmente le finzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob sotto il profilo della completezza, coerenza e carattere non fuorviante del prospetto informativo, esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero riguardo alla situazione patrimoniale di CA.RI.FE; in particolare, a seguito della richiesta, formulata da Consob a C. in data 15.06.2011 di inserire nel prospetto informativo i dati previsionali (successivamente trasfusi nella Sezione II Capitolo XIII del prospetto informativo): 1) Comunicavano falsamente all'Organo di Vigilanza i risultati previsionali, omettendo di aggiornare le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011- 2014 - dati riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - alla luce della significativa discrepanza tra i dati previsionali di bilancio 2010 e i dati reali quali effettivamente risultanti nel bilancio alla data del 31.12.2010 (dati conosciuti al momento del deposito del prospetto informativo che, se presi in considerazione quale base di partenza, avrebbero sensibilmente modificato in senso peggiorativo alcuni dei dati previsionali per gli anni successivi al 2010 riportati nel prospetto; in particolare, un "Tier 1 Ratio" compatibile con quello indicato in prospetto poteva essere raggiunto soltanto: - diminuendo la percentuale di distribuzione dei dividendi con impatto negativo sul prezzo di emissione stimato e non aggiornato da C.; di conseguenza, quanto riportato nel prospetto, nella parte in cui veniva indicata la percentuale di distribuzione del 75% degli utili previsti, risultava non veritiero; - ovvero con minori RWA; conseguentemente, quanto indicato nel prospetto circa la validità dei dati del Piano Industriale del 30.11.2010 (non aggiornati da C.) e circa la costanza nel tempo del rapporto tra il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio per tutto l'orizzonte di previsione, non poteva corrispondere alla realtà);

2) Omettevano di segnalare che i dati previsionali di bilancio 2010 presi in considerazione quale base di partenza per le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011 - 2014 erano sensibilmente diversi rispetto ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 (segnatamente, che vi era una sensibile differenza fra le perdite previste, pari a Euro 23,8 milioni, e quelle effettive, pari a Euro 58,4 milioni; fra il "Tier 1" previsto, pari a Euro 317,2 milioni, e quello effettivo, pari a Euro 275 milioni; fra il patrimonio netto previsto implicitamente ricavabile, pari a Euro 427,4 milioni e quello effettivo, pari a Euro 368,5);

3) Omettevano di segnalare che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011- 2014 di cui al Piano Industriale - dati riportati nella Sezione II Capitolo XXIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avevano tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" per fusione Banche Rete in Capogruppo, effetto tale da poter peggiorare il risultato simulato negli anni successivi, ovvero dell'effetto potenzialmente negativo derivante dalla operazione di fusione delle Banche Reti, essendo queste in situazione di criticità patrimoniale (effetto potenzialmente negativo esplicitamente segnalato dalla "B.C. Group" incaricata della redazione del Piano Industriale, la quale aveva indicato quale strumento essenziale per il rilancio del Gruppo la predetta operazione di fusione alfine del contenimento dei costi) le informazioni trasmesse, non veritiere, erano tali da non consentire a Consob di valutare sotto il profilo della coerenza e trasparenza il prospetto informativo con specifico riferimento alla situazione patrimoniale e finanziaria dell'Istituto di Credito e alla prospettazione del rischio al potenziale investitore.

Con il concorso di M.M. che, nella qualità di socio della "D.T. S.p.A.", certificava in data 16.06.2011 che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non erano risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali erano stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010.

Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ni sensi dell'art. 116  D.Lgs. n. 58 del 1998 .

In Ferrara, il 22.06.2011

6. Premessa: la prospettazione accusatoria.

Seguendo lo schema di trattazione esposto nella parte iniziale relativa all'esame delle imputazioni formulate ai capi 3), 4) e 5), per quel che attiene alla formulazione dell'ipotesi accusatoria ora oggetto di disamina, si osserva che la Pubblica Accusa ha inteso contestare a F.D., a L.S. e a F.D. - nelle rispettive qualità di Direttore Generale, Presidente del C.d.A. e Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F." - nonché, in forma concorsuale, a M.M. - quale socio della "D.T. S.p.A.", società di revisione contabile incaricata dalla "C.R.F." - l'integrazione di entrambe le fattispecie di reato di cui all'art. 2838  c.c. previste nei commi I e II, per aver ostacolato (per M.: di avere concorso ad ostacolare) "consapevolmente" le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob, durante lo svolgimento del procedimento di approvazione da parte di Consob del Prospetto Informativo di cui all'art. 94 bis  T.U.F.  relativo all'operazione di Aumento di Capitale sociale di cui al capo 1.

Le condotte di ostacolo, così come contestate, si sarebbero concretizzate - secondo la prospettazione della Pubblica Accusa in trattazione - tramite l'occultamento, da parte dell'Emittente, di una serie di informazioni ritenute doverose in ragione del quadro normativo di riferimento e, comunque, incidenti sull'approvazione del detto prospetto in quanto tali da avere dato una prospettazione non veritiera dei dati contenuti nel prospetto.

Segnatamente, sul piano della condotta, la Pubblica Accusa contestava agli imputati F., L. e F.:

- il mancato aggiornamento delle proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011- 2014 - dati riportati nella Sezione II Capitolo XIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - informazione la cui omissione è stata ritenuta dalla Pubblica Accusa ostativa dell'attività di vigilanza Consob in ragione della significativa discrepanza tra i dati previsionali di bilancio 2010 e i dati reali quali effettivamente risultanti nel bilancio alla data del 31.12.2010, dati sicuramente conosciuti al momento del deposito del Prospetto Informativo che, se considerati "quale base di partenza" avrebbero comportato una sensibile modifica, in direzione peggiorativa, di alcuni dei dati previsionali per gli anni successivi al 2010 riportati nel prospetto; in particolare, già in sede di prospettazione accusatoria si rilevava che il raggiungimento di un "Tier 1 Ratio" compatibile con quello indicato in prospetto - pari al 7,9% - poteva essere raggiunto soltanto attraverso una diminuzione della percentuale di distribuzione dei dividendi, con conseguente impatto negativo sul prezzo di emissione stimato che non risulta essere stato aggiornato da C., di talché la percentuale di distribuzione del 75% degli utili previsti sarebbe risultata non veritiera poiché, quanto indicato nel prospetto circa la validità dei dati del Piano Industriale del 30.11.2010 (non aggiornati da C.) e quanto alla perduranza nel tempo del rapporto tra il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio (RWA) in relazione al periodo di previsione, non poteva ritenersi corrispondente alla situazione reale;

2) la mancata segnalazione dei dati previsionali di bilancio 2010, che erano stati assunti quale base di partenza per le proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011 - 2014, in quanto "sensibilmente diversi" ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 in quanto:

a. le perdite oggetto di previsione erano pari ad Euro 23,8 milioni mentre quelle effettive era più del doppio in quanto corrispondenti ad Euro 58,4 milioni;

b. il "Tier 1" previsto era pari a Euro 317,2 milioni mentre quello effettivo era pari a Euro 275 milioni;

c. il patrimonio netto previsto implicitamente ricavabile era pari a Euro 427,4 milioni mentre quello effettivo era pari a Euro 368,5;

3) l'omessa segnalazione circa il fatto che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011- 2014 contenute nel Piano Industriale - riportate nella Sezione II Capitolo XXIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avessero tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" derivante dalla fusione delle Banche Rete nella Capogruppo, e ciò considerando che tale effetto avrebbe potuto peggiorare il risultato simulato negli anni successivi, posta la situazione di criticità patrimoniale delle Banche Reti; tale contestazione traeva sostegno, secondo l'ipotesi accusatoria, nel fatto che tale effetto "potenzialmente negativo" era stato esplicitamente segnalato dalla "B.C. Group", società della redazione del Piano Industriale, la quale aveva indicato l'operazione di fusione quale strumento essenziale per il rilancio del Gruppo verso l'obiettivo di contenimento dei costi.

Secondo l'accusa tali omissioni avrebbero veicolato all'interno del Prospetto Informativo delle informazioni "non veritiere" e comunque sarebbero state tali da non aver consentito a Consob, nella fase istruttoria del procedimento autorizzativo, di valutare il Prospetto Informativo sotto il profilo della "coerenza e trasparenza" con riferimento alla "situazione patrimoniale e finanziaria dell'Istituto di Credito" inibendone i poteri di controllo ed integrazione, così comportando - quale effetto finale - la deviazione della prospettazione del rischio al potenziale investitore.

Con riferimento specifico alla posizione di M.M., quale socio della "D.T. S.p.A.", la pubblica Accusa contestava - sul piano oggettivo - di avere concorso materialmente nelle condotte dei soggetti attivi, per avere certificato in data 16.06.2011 che le ipotesi formulate in prospettiva per il quadriennio 2011-2014 - più nello specifico, gli elementi che erano stati impiegati per la predisposizione delle previsioni contenuti nel Piano Industriale trasfuse nel Prospetto Informativo -"non erano risultati una base non ragionevole" e che tali dati, aventi natura previsionale, erano stati elaborati in base a "principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010".

Tale condotta sarebbe penalmente rilevante, secondo la Pubblica Accusa, in quanto in tal modo avrebbe concorso a veicolare, all'interno del Prospetto Informativo, informazioni non veritiere ed avrebbe - ancora prima - ostacolato l'attività di vigilanza della Consob durante la delicata fase istruttoria del procedimento volto all'approvazione del Prospetto Informativo, inibendone i poteri di controllo e di integrazione.

Orbene, l'esame del compendio probatorio acquisito agli atti del pubblico dibattimento consente di avallare, oltre ogni ragionevole dubbio, l'ipotesi accusatoria contestata con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 2638 , comma II, c.c. in esame nei confronti degli imputati D.F. e di S.L. nelle rispettive, mentre porta ad escludere la fondatezza delle contestazioni - sul piano soggettivo - quanto alle posizioni degli imputati D.F. e M.M..

Per quel che attiene all'ipotesi di reato di cui al comma I dell'art. 2638  c.c., si ritiene invece di dovere rilevare - sin da ora - come la condotta descritta in sede di ipotesi accusatoria non possa sussunta nella fattispecie delittuosa da ultimo richiamata in ragione della mancata prospettazione, da parte della Pubblica Accusa, del dolo specifico quale componente psicologica necessaria ai fini della configurabilità della fattispecie in trattazione, come meglio precisato al paragrafo che segue.

6.1. Considerazioni circa l'ipotesi contestata ai sensi dell'art. 2638 , comma I, c.c.: insussistenza del reato sul piano astratto.

Al paragrafo che precede è stato anticipato che, quanto alla contestazione dell''ipotesi delittuosa di cui all'art. 2638 , comma I, c.c., risulta omessa - già sul piano della prospettazione accusatoria - la contestazione della compente psicologica costituita dal dolo specifico.

In primo luogo si osserva, quanto alla tecnica redazionale della fattispecie contestata che per quel che attiene al piano del profilo soggettivo della condotta l'ipotesi accusatoria in esame ricalca esattamente la contestazione formulata al precedente capo 3), senza che si faccia alcun riferimento al dolo specifico, invece espressamente richiesto dalla norma di riferimento ai fini della integrazione dell'ipotesi di cui all'art. 2638 , comma I, c.c..

Più nello specifico, al paragrafo che precede è stato rilevato come la Pubblica Accusa abbia inteso contestare in capo agli imputati - in relazione alle rispettive qualità soggettive - di avere ostacolato l'attività di vigilanza Consob durante la fase istruttoria del procedimento amministrativo ex art. 94 bis  TUF  (volto all'approvazione del piano informativo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di n. 7.153.349 azioni ordinarie di "C.R.F. S.p.A." inerenti l'operazione di Aumento di Capitale sociale, deliberato per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00), fornendo delle informazioni non veritiere attraverso l'omissione di dati informativi ritenuti dovuti in capo all'Emittente, incidenti sulla reale situazione economico-patrimoniale-finanziaria della Cassa anche in ottica prospettica. E' stato, altresì, posto in rilievo che la Pubblica Accusa ha ritenuto di contestare, alla luce delle condotte come descritte al paragrafo che precede, entrambe le fattispecie di reato di cui all'art. 2638  c.c., ritenendo configurabile il concorso formale fra le ipotesi criminose previste ai commi I e II.

Invero, prima ancora della questione giuridica circa la configurabilità del concorso formale tra le due fattispecie criminose previste dall'art. 2638 , comma I e II c.c., occorre interrogarsi se le condotte così come prospettate in sede accusatoria nel capo in esame possano essere sussunte, già in astratto, nelle distinte previsioni normative alla luce degli elementi che le connotano. Ora, nell'esaminare dal punto di vista prettamente giuridico le fattispecie di reato contemplate nei due commi della disposizione di cui all'art. 2638  c.c., è già stato chiarito in precedenza come esse - pur connotate dal medesimo trattamento sanzionatorio - presentino delle peculiarità, sia sul piano sia oggettivo che su quello soggettivo, tali da escluderne la sovrapponibilità.

E' stato, infatti, rilevato che il I comma prevede un'ipotesi di reato di pericolo (concreto), a condotta vincolata ricorrente laddove i soggetti attivi espongano fatti materiali non rispondenti al vero (ancorché oggetto di valutazioni) inerenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero laddove occultino "con altri mezzi fraudolenti", in tutto o in parte, fatti concernenti la situazione medesima che avrebbero dovuto comunicare; la norma, in esame, richiede - ai fini del rilievo penale - che la condotta di false informazioni all'Autorità di Vigilanza sia sorretta da dolo specifico specificato normativamente quale "fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza". Il II comma dell'art. 2638  c.c., invece, sanziona - seppur con la stessa pena - la condotta di concreto ostacolo all'attività di vigilanza, illuminata dal mero dolo generico.

Ora, il mero raffronto tra le due fattispecie consente di porre in rilievo come problematica appaia la configurabilità, già sul piano teorico, di un concorso formale di reati tra loro distinti sul piano della materialità oltre che della componente psicologica, di talché si giunge ad avallare il commento critico di chi censura la prassi di contestare simultaneamente le due ipotesi di reato con riferimento alla medesima condotta fattuale in quanto dissonante rispetto ai connotati delle due fattispecie che si pongono tra loro in rapporto di specialità reciproca. E' di tutta evidenza, comunque, come la questione possa porsi solo laddove una medesima condotta integri entrambe le condotte previste dall'unica disposizione, indagine che può essere compiuta nel merito solo laddove corretta sia, già sul piano formale, la contestazione delle due fattispecie.

Ciò premesso, si ritiene che - nel caso di specie - con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 2638  comma I c.c., la prospettazione accusatoria di cui al capo in esame risulti carente quanto all'elemento soggettivo.

Invero, per quanto attiene specificatamente alla componente psicologica, si è già rilevato che l'ipotesi in esame ricalca esattamente la formulazione di cui al precedente capo 3 - in cui la Pubblica Accusa aveva correttamente limitato la contestazione al reato di ostacolo di cui all'art. 2638  comma II c.c. - senza che sia presente alcuna contestazione con riferimento al dolo specifico, invece richiesto dalla norma di riferimento ai fini della integrazione dell'ipotesi di cui all'art. 2638 , comma I, c.c.. Tale rilievo emerge dalla mera lettura della parte iniziale della formulazione della contestazione di cui al capo 4, laddove - con riferimento alla posizione di tutti gli imputati sopra indicati ed anteriormente alla specificazione delle condotte di ostacolo - letteralmente si evince che gli imputati; "ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob sotto il profilo della completezza, coerenza e carattere non fuorviante del Prospetto Informativo, esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero riguardo alla situazione patrimoniale di CA.RI.FE".

Ebbene, appare opportuno ribadire che l'inquadramento giuridico delle fattispecie di cui all'art. 2638  c.c. condotto alla luce di quanto diffusamente esposto nella parte della motivazione relativa al capo 3, consente - a parere di questo Organo Giudicante - di giungere ad escludere la configurabilità, già sul piano astratto, della fattispecie di cui all'art. 2638  comma I c.c. per mancata contestazione del fatto con riferimento al dolo specifico, invero espressamente richiesto dalla norma richiamata dalla Pubblica Accusa.

Si ritiene, pertanto, di dovere pervenire a pronuncia assolutoria nei confronti di tutti gli imputati - S.L., D.F. e D.F. - secondo la formula di cui all'art. 530 , comma I, c.p.p. "perché il fatto non sussiste", in quanto risulta attribuito agli imputati una condotta che - per mancata contestazione del dolo specifico - non rileva sul piano penale in quanto non riconducibile alla fattispecie di reato contestata, considerazione che inibisce qualsivoglia indagine nel merito.

6.2. L'ipotesi contestata ai sensi dell'art. 2638 , comma II, c.c.: i rapporti tra il Gruppo Carife e l'organo di vigilanza Consob durante il procedimento di approvazione del Prospetto Informativo.

Le valutazioni esplicitate nel paragrafo che precede consentono di concentrare l'attenzione valutativa sull'accertamento in ordine alla sussistenza, ed alla riferibilità soggettiva, della condotta di "ostacolo consapevole" alla vigilanza con riferimento all' ipotesi contestata con riferimento all'art. 2638 , comma II, c.c.

Orbene, risulta già acclarato - a seguito dell'approfondita disamina del compendio probatorio e della precisa confutazione delle tesi difensive avverse alla prospettazione accusatoria di cui al capo 1 - che nel Prospetto Informativo sono state fornite informazioni incomplete, tali da doversi ritenere fuorvianti con riferimento specifico ai coefficienti patrimoniali (oltre che alla determinazione del prezzo per ciascuna azione) quale conseguenza diretta dell'omessa evidenza degli effetti sulle previsioni formulate per gli anni 2011-2014, derivanti dai dati reali di bilancio al 31.12.2010, informazioni rilevanti in quanto incidenti sull'ampia valutazione di rischiosità dell'investimento. Invero tale condotta omissiva è stata valutata in termini di idoneità decettiva giacché la mancata evidenza degli effetti del mutamento della situazione patrimoniale ha inciso sulla rappresentazione contenuta nel Prospetto, distorcendo il giudizio di opportunità relativo all'investimento.

6.2.1. Fatti di rilievo accertati trattando l'integrazione del fatto di reato di cui al capo 1. Risulta già accertato come il Piano Industriale fosse stato elaborato dalla società di Consulenza B.C. Group ed approvato dal C.d.A. di C. in data 30.11.2010, a fronte della specifica richiesta di B.I. contenuta nella comunicazione del 25.06.2010 e come i relativi dati risultino riportati in toto al Capitolo 13 denominato "Previsioni o stime degli utili" (pagg. 89 - 98 del Prospetto).

E' parimenti stato accertato che, mentre alla data di approvazione del Piano i dati nello stesso riportati avevano natura meramente previsionale anche per l'anno 2010 in quanto ottenuti tramite la mera operazione aritmetica di duplicazione dei dati rilevati con riferimento al I semestre 2010, al momento del deposito presso Consob del Prospetto Informativo - in data 01.07.2011 - il bilancio 2010 era già stato approvato (aprile 2011).

Ora, il mancato aggiornamento risulta significativo in quanto, per quel che attiene alla voce "perdita", il dato stimato in termini previsionali in sede di Piano Industriale era pari ad Euro 23,8 milioni, mentre il dato effettivo superava il doppio della stima previsionale, in quanto pari ad Euro 58,4 milioni.

E' stato anche rilevato che la presenza, in più punti del Prospetto Informativo, di tale ultimo dato non possa ritenersi sufficiente a superare le censure della Procura, in ragione dell'omessa segnalazione, in sede di Prospetto Informativo, della significativa discrasia tra i dati di partenza delle previsioni contenute nel Piano Industriale e quelli effettivi risultati dal Bilancio approvato, discrasia determinante ai fini di una completa e trasparente informazione al pubblico degli investitori, segnatamente al fine di potere consentire la formulazione di un adeguato giudizio sull'opportunità dell'operazione.

Inoltre, è stato rilevato che il Prospetto riporta le previsioni per il 2011 e per il 2014 relative al Tier 1 Ratio, fondate sull'ipotesi di distribuzione del dividendi al 75% degli utili, prevedendo che l'indice si sarebbe attestato al 8,52 % nel 2011 e al 8,35 % nel 2014 (pag. 96), indicando anche gli utili netti consolidati previsti per il periodo 2011-2014 (pag. 97); è stato parimenti accertato che se il dato di partenza - ossia il patrimonio netto al 31.12.2010 - fosse stato aggiornato con le maggiori perdite risultate effettivamente, il patrimonio netto degli anni successivi sarebbe stato minore e ciò in quanto, distribuendo il 75% degli utili previsti, il Tier 1 Ratio sarebbe inevitabilmente mutato rispetto a quello indicato nel Prospetto. E' stato, infatti, accertato che, diminuendo il patrimonio netto (il "Tier 1", che costituisce il numeratore nella frazione cui corrisponde il Tier 1 Ratio, rapporto fra patrimonio netto e "RWA") in conseguenza alle maggiori perdite effettivamente registrate nel 2010 rispetto alle previsioni, al fine di mantenere inalterato il Tier 1 Ratio le uniche alternative erano:

- diminuire la distribuzione dei dividendi - con effetti inevitabili sul prezzo stimato di emissione delle azioni e, comunque, con incidenza anche sul dato riportato nel Prospetto alle pagg. 96-97 in ordine alla distribuzione degli utili (dato che non avrebbe più potuto corrispondere al 75%),

- ovvero, alternativamente, procedere alla diminuzione degli "RWA".

Comunque, anche percorrendo tale seconda ipotesi, si è osservato che non si sarebbe potuto considerare attendibile l'assunto indicato in Prospetto secondo, per cui il rapporto tra il volume degli impieghi e le attività ponderate per il rischio, sarebbe rimasto costante per tutto l'orizzonte di previsione.

Sostanzialmente si è giunto ad affermare che a minori impieghi corrispondono minori RWA, con conseguenti ripercussioni in negativo sugli utili ed, a catena, sugli ulteriori dati del Piano Industriale.

Si è, pertanto, acclarato che la rappresentazione fornita nel Prospetto ai potenziali investitori tramite i dati del Piano Industriale - laddove, in particolare, si ometteva di rappresentare la differenza tra le perdite previste nel Piano Industriale per l'esercizio 2010 e quelle realizzate in quanto incidenti sul calcolo del "Tier one ratio" consolidato - risulta falsa ed ingannevole per quel che attiene alle previsioni sul "Tier 1 Ratio" e sui dividendi in quanto si tratta di grandezze calcolate sulla base di dati divenuti privi di validità al momento della pubblicazione del documenti, incompatibili con l'effettiva situazione patrimoniale di partenza; si è, peraltro, osservato che non si trattava di mere stime svincolate dalle finalità informative del Prospetto bensì di dati aventi diretta incidenza sulla capacità degli investitori di apprezzare, in maniera fondata, il rischio connesso all'investimento.

E' stato, altresì, evidenziato che tale conclusione s'impone anche prendendo in considerazione l' "Analisi di Sensitività" presente nel Prospetto e volta a valutare gli scostamenti degli obiettivi economici fissati dal Piano Industriale al modificarsi di alcune variabili chiave, quali il margine di interesse e il margine di intermediazione (obiettivo di ricavo).

Nell'ambito di tale paragrafo sono riportate due tabelle che mostrano il valore previsto nel Piano Industriale e quello registrato in bilancio del margine d'interesse e del margine d'intermediazione del 2010; ebbene, il Prof. G. Iannotta nella propria consulenza ha messo in luce la criticità di tale analisi e la sua inidoneità a fornire una corretta rappresentazione dell'effettiva situazione patrimoniale dell'Istituto, precisando che "nel bilancio delle Banche, il margine di intermediazione include, oltre al margine di interesse, altre voci tra cui le commissioni nette, i dividendi e il risultato dell'attività di negoziazione. Dalla sola differenza tra margine d'intermediazione previsto e realizzato (e a maggior ragione tra margine di interesse previsto e realizzato) non è in alcun modo derivabile la differenza tra perdita prevista e perdita effettivamente realizzata (il dato davvero rilevante e omesso nel Prospetto Informativo). Infatti, per ottenere l'utile/perdita di esercizio è necessario sottrarre diverse altre voci dal margine di intermediazione, tra le quali le rettifiche di valore sui crediti (il c.d. costo del rischio), i costi operativi e le imposte. Dunque, in assenza di tali altre voci è impossibile determinare la differenza tra perdita prevista nel Piano Industriale (Euro 23,8 milioni) e quella effettivamente realizzata (Euro 58,4 milioni)".

Analoga considerazione vale con riferimento alla successiva analisi del costo del rischio (ossia le rettifiche di valore) che chiude il Capitolo 13 del Prospetto Informativo. In questo caso, tra l'altro, non è neppure indicata la differenza tra la previsione e il consuntivo dell'esercizio 2010.

6.2.2. La valutazione delle prove. Ora, richiamati i fatti rilevanti già accertati trattando l'ipotesi di reato di cui al capo 1, si tratta di verificare - in base agli elementi probatori che emergono dai mezzi di prova assunti nel corso del dibattimento - se la redazione del Prospetto nei termini omissivi come già accertati ai fini dell'integrazione del reato di "Falso in Prospetto", sia stata preceduta da una condotta tale da avere ostacolato, in modo consapevole, la Consob, quale Autorità di Vigilanza preposta alla fase istruttoria che ha connotato il procedimento amministrativo volto all'approvazione del prospetto informativo, così integrando la fattispecie di cui all'art. 2638 , comma II, c.c.

Pregnanti risultano, ancora una volta, le dichiarazioni rese dai testi D. Q. e G. P., le cui testimonianze sono già state valutate in termini di attendibilità e conseguente piena utilizzabilità nel trattare l'ipotesi di reato di cui al capo 3.

In particolare, la teste G.P. - con riferimento agli aspetti fattuali di rilievo ai fini dell'accertamento del reato di cui al capo 4 - chiariva che in nessun modo era stata informata espressamente del fatto che il Piano Industriale di B.C. prevedesse, per il 2010, una perdita di 24 milioni di Euro e che, quindi, fosse significativamente divergente da quella effettiva di Bilancio riportata in sede di Prospetto.

Precisava, inoltre, nel prosieguo della testimonianza, che - nelle more dell'inserimento in sede di Prospetto del capitolo 13 - Consob non era stata portata a conoscenza, in via generale, dei dati previsionali che avevano costituito il punto di partenza delle previsioni quadriennali trasfuse nel Piano industriale ma solo che detto Piano era stato elaborato alla data del 30 novembre 2010, che era stato approvato dal C.d.A. e che l'elaborazione si fondavano su dati "presuntivi" in quanto disponibili in epoca antecedente all'approvazione formale del bilancio, avvenuta l'anno successivo, senza conoscerne l'entità.

Poneva, pertanto, chiaramente in rilievo come l'Autorità di Vigilanza - a cagione del comportamento consapevolmente omissivo ed incompleto, sotto il profilo informativo, dell'Emittente durante la fase istruttoria - non fosse mai stata posta nella condizione di poter porre a confronto i dati di partenza posti alla base delle previsioni trasfuse nel Piano industriale con quelli effettivi del bilancio 2010. Invero, del tutto significativamente quanto all'integrazione della condotta penalmente rilevante in fase di accertamento, la teste evidenziava che la "discrepanza" tra i dati partenza presuntivi del 2010 ed i dati di bilancio approvato per lo stesso anno avrebbero dovuto essere oggetto di rappresentazione da parte dell'Emittente in ragione degli obblighi incombenti in capo alla stessa nei rapporti con l'Autorità di Vigilanza, al fine di garantire un flusso informativo di qualità tale da consentire alla Consob di svolgere la funzione di natura pubblicistica cui è preposta per legge.

Inoltre - quanto alla specifica incidenza di tale elemento informativo in ordine alla concreta attività di vigilanza svolta da Consob durante la delicata fase istruttoria volta alla redazione del Prospetto Informativo - la teste chiariva che, laddove tale divergenza fosse stata portata a conoscenza dell'Autorità, avrebbe senz'altro consentito alla stessa di esercitare i poteri inerenti al completamento dei dati informativi da trasfondere all'interno del Prospetto al fine di dare una completa e trasparente rappresentazione del profilo di rischiosità dell'operazione, evidenziando che "i dati previsionali e i dati effettivi non erano tra di loro allineati".

La teste evidenziava peraltro che laddove tali dati fossero stati portati a conoscenza dell'Autorità avrebbero consentito di "verificare la coerenza interna di questi dati riportati all'interno del prospetto", così consentendo di svolgere in modo adeguato e corretto le funzioni alle quali Consob era preposta in quel determinato contesto; nello specifico avrebbe potuto esercitare i poteri atti ad integrare il Prospetto tramite l'esposizione della notevole divergenza tra i dati di partenza previsionali e quelli effettivi, così da consentire all'investitore di comprendere, da un lato, le capacità del "management di formulare adeguate previsioni" e, dall'altro, che a fronte di maggiori perdite rispetto a quelle stimate in sede di piano previsionale, una parte significativa dell'Aumento di Capitale sarebbe stato assorbito per la copertura delle stesse perdite, con la ragionevole impossibilità di ottenere dividendi.

Analoghe considerazioni devono effettuarsi quanto ai possibili effetti negativi del c.d. "goodwill impairment", derivante dalla fusione delle banche-reti.

Segnatamente, sul punto la teste riferiva che l'Autorità di Vigilanza dalla stessa rappresentato nella fondamentale fase istruttoria che portò alla redazione del Prospetto Informativo, non era stata informata dall'Emittente nemmeno dei possibili effetti negativi derivanti dalla fusione della banche-reti, che rappresentava una delle iniziative inserita nel Piano industriale che C. era intenzionata ad intraprendere nella fase prospettica. Chiariva che si trattava di altro elemento da ritenersi rilevante ai fini della compiuta rappresentazione del profilo di rischiosità dell'intera operazione; la cui consapevole omissione aveva concretamente inciso sui poteri integrativi dell'Autorità; infatti; precisava che se l'Autorità di Vigilanza fosse stata informata adeguatamente da parte dell'Emittente, avrebbe potuto richiedere integrazioni nel senso di fornire al possibile investitore elementi informativi con riguardo anche a tale aspetto, significativo in quanto incidente "in modo diretto sulla determinazione del patrimonio di vigilanza".

Inoltre, sotto il profilo probatorio quanto alla riferibilità soggettiva della condotta ostativa posta in essere nei confronti della Consob, assume nuovamente rilevanza la testimonianza resa dal teste D.Q..

Si ritiene doveroso richiamare, in tale sede, quanto già evidenziato ed accertato nella parte della motivazione relativa al capo 3 dell'imputazione (che presenta profili fattuali e probatori del tutto sovrapponibili rispetto a quelli trattati in tale sede), facendosi specifico riferimento a quanto acclarato con riguardo all'oggetto dell'incarico conferito al teste da parte della Dirigenza di C. ed alle modalità di sviluppo del rapporto tra le parti negoziali secondo la metodica dei "gruppi di lavoro", coordinati da F. e S., nel cui contesto questi ultimi si limitavano a convogliare i dati contabili da elaborare ed in cui erano S.L. e D.F. ad assumere le decisioni circa le informazioni da veicolare, per il tramite Q., alla Consob.

Ciò premesso, il teste Q. - nel trattare l'argomento relativo alla necessità di provvedere alla integrazione del Prospetto tramite l'inserimento del Capitolo 13, sorta a seguito di specifica richiesta della Consob derivante dalle notizie apprese dalla stampa circa il fatto che C. avesse divulgato dati previsionali - premetteva che non aveva costituito oggetto dell'incarico la verifica in ordine all'attendibilità e alla coerenza dei dati previsionali del 2011-2014, trasposti nel capitolo 13 del Prospetto Informativo, trattandosi di competenza "esclusa".

Inoltre chiariva che, nel contesto dei "gruppi di lavoro", si era parlato della differenza tra i dati previsionali 2011-2014 e, nello specifico, della effettiva discrasia tra i dati previsionali 2010 e quelli effettivi di bilancio.

Il teste, sul punto, affermava - in modo tranciante - che era stato deciso non solo di non aggiornare le stime in ragione dei dati storici di bilancio 2010, ma nemmeno di inserire nel prospetto la netta discrasia tra i dati di partenza posti a fondamento delle stime di cui al piano industriale e i dati effettivi traibili dal bilancio approvato per l'anno 2010, evidentemente riferendo tale decisione a chi era dotato di potere decisorio in seno ai gruppi di lavoro - ossia L. e F. - e non certo a F., il quale aveva il mero compito materiale di veicolare i dati dall'Emittente - in particolare del settore di cui era responsabile - ai gruppi di lavoro e di coordinare le attività all'interno dei gruppi stessi senza alcuna facoltà di decidere quali, di tali informazioni, dovessero essere veicolate all'Autorità di Vigilanza ai fini della redazione del Prospetto, decisione spettante in capo alle posizioni apicali del Gruppo.

Lo stesso teste, peraltro, in ragione della specifica competenza tecnica posseduta con riferimento alla predisposizione dei prospetti informativi destinati all'Aumento di Capitale delle società, evidenziava che l'aver taciuto tali informazioni, in quanto specificatamente inerenti la sfera patrimoniale-finanziaria dell'Emittente, integrava una "scorrettezza, un'omissione o, peggio, un ostacolo".

In estrema sintesi, il teste D.Q. confermava che la Dirigenza C., pur avendo considerato le potenziali discrepanze derivanti dall'applicazione delle stime di piano industriale sul dato storico emerso a seguito dell'approvazione del Bilancio 2010, dato prossimo alla pubblicazione del Prospetto, si era scientemente determinata a non modificare il contenuto informativo dello stesso.

6.2.3. L'analisi giuridica dei fatti accertati: conclusioni del Tribunale circa la fondatezza della tesi accusatoria in rapporto alle tesi difensive.

Orbene, il complesso delle risultanze probatorie acquisite nel corso del pubblico dibattimento sopra esaminate - valutate in relazione al paradigma normativo di cui all'art. 2638  comma II c.c. così come ampiamente esposto nella parte dell'inquadramento normativo (comune alle ipotesi di reato contestate ai capi 3, 4 e 5, nonché 11) - consente di avallare l'ipotesi accusatoria da ultimo richiamata con riferimento alle posizioni dirigenziali di S.L. e D.F., giacché la consapevole condotta di ostacolo alla vigilanza si concretizzava - durante lo svolgimento della fase istruttoria che ha connotato il procedimento amministrativo volto all'approvazione del Prospetto Informativo - tramite l'occultamento di una serie di informazioni da ritenersi "dovute" da parte dell'Emittente ex art. 94  commi 1 e 2 T.U.F.  in relazione al contesto in cui si inserivano e da ritenersi, altresì, pregnanti quanto alla reale prospettazione della situazione economico - patrimoniale-finanziaria del Gruppo che si approcciava all'Aumento di Capitale - intendendosi far riferimento: al mancato aggiornamento delle proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011- 2014; alla mancata segnalazione dei dati previsionali di bilancio 2010 in quanto "sensibilmente diversi" ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 e all'omessa segnalazione circa il fatto che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011- 2014 contenute nel Piano Industriale - riportate nella Sezione II Capitolo XXIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avessero tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" derivante dalla fusione delle Banche Rete nella Capogruppo (effetto che avrebbe potuto peggiorare il risultato simulato negli anni successivi alla luce della situazione di criticità patrimoniale delle Banche Reti peraltro già segnalato dalla "B.C. Group", che aveva indicato tale operazione quale strumento essenziale verso l'obiettivo di contenimento dei costi).

Si ribadisce in tale sede - così superando la principale contestazione mossa dalle difese all'ipotesi accusatoria avallata dal Collegio - che in capo a C. gravava un preciso dovere giuridico di fornire a Consob, nel corso della fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione del Prospetto Informativo, tutti i dati informativi in grado di consentire al sottoscrittore la formulazione del "fondato giudizio" di cui all'art. 94  T.U.F.

Peraltro, quanto alla concreta incidenza della condotta accertata in quanto penalmente rilevante, è già emerso diffusamente che, proprio nel primario interesse di tutela del pubblico risparmio, il legislatore ha attribuito a Consob poteri di tipo regolamentare (cfr. art. 95  TUF ) autorizzatorio (art. 94 , comma I, TUF ) ed interdittivo (art. 99  TUF ) in relazione allo svolgimento delle operazioni di offerta al pubblico di strumenti finanziari, così attribuendo primaria importanza alla trasparenza e alla veridicità delle informazioni imposte dalle norme quale obblighi a carico dei promotori dell'offerta.

L'Emittente assume, quindi, un ruolo centrale in quanto si pone quale garante della completezza e veridicità delle informazioni contenute nel Prospetto e consacra il proprio impegno nella dichiarazione di responsabilità che, nel caso di specie, risulta essere stata sottoscritta il 9 maggio 2011, in nome e per conto di Carife, dal Presidente del C.d.A. S.L. e trasmessa a Consob in allegato alla richiesta di autorizzazione alla pubblicazione del Prospetto Informativo, quale manifestazione della piena consapevolezza degli obblighi di natura giuridica quanto alla qualità delle informazioni da offrire; è, altresì, significativo rilevare che il paragrafo 1 della Sezione II del Prospetto indica come l'Emittente abbia attestato che "le informazioni contenute nel Prospetto Informativo stesso sono, per quanto sua conoscenza, conformi ai fatti e non presentano omissioni tali da alterarne il senso".

In tale contesto è di tutta evidenza che la completezza, veridicità, non capziosità delle informazioni deve connotare - nell'ottica della correttezza, coerenza e trasparenza - il rapporto tra l'Emittente e la Consob, in primo luogo nell'ambito della fase istruttoria del procedimento amministrativo finalizzato all'approvazione successiva pubblicazione del Prospetto Informativo, così da consentire all'Autorità di Vigilanza - quale organo preposto a tale procedura al fine di consentire la formazione di un prospetto completo, veritiero, trasparente e coerente - di poter esercitare i poteri di vigilanza e controllo che le sono propri in relazione all'attività svolta; ne segue come gravi in capo all'Emittente il preciso dovere di fornire all'Organo di vigilanza un flusso informativo completo e veritiero, evitando l'adozione di tutti quei comportamenti "consapevolmente" omissivi che siano tali da incidere sul potere di controllo ed, in generale, di vigilanza della Consob, anche solo rallentandolo o deviandolo.

Invero, quanto alla concreta ipotesi vagliata, è risultato accertato nel corso dell'istruttoria, come Consob, laddove posta fronte di tali informazioni - da ritenersi essenziali al fine di rappresentare, sotto il profilo della rischiosità dell'operazione, un quadro coerente con la reale situazione dell'Emittente - avrebbe potuto compiutamente esercitare i propri poteri di controllo ed, in particolare, di integrazione del Prospetto al fine di garantire la completezza, la veridicità e la coerenza delle informazioni contenute nel Prospetto pubblicato, a piena tutela del pubblico risparmio.

6.3. Conclusioni: le posizioni soggettive di S.L. e D.F..

Orbene, alla luce della ricostruzione dei fatti operata attraverso la valutazione complessiva degli elementi di natura probatoria acquisiti nel corso del pubblico dibattimento, avuto riguardo alle esposte considerazioni in ordine al quadro normativo di riferimento e confutati compiutamente i rilievi mossi dalla difese, il Tribunale giunge ad affermare la penale responsabilità degli imputati D.F. e S.L. - nelle rispettive qualità di Direttore Generale e di Presidente del C.d.A. della "C.R.F." - perché, con coscienza e volontà, del tutto "consapevolmente" secondo la testuale formulazione dell'art. 2638  comma II c.c., durante la fase istruttoria del procedimento amministrativo volto all'approvazione del Prospetto Informativo relativo all'aumento di capitale deliberato dal C.d.A., omettevano di rappresentare alla Consob - con la quale si rapportavano, in via mediata, per il tramite dell'avv. D.Q. - una serie di informazioni da ritenersi "dovute" in relazione al contesto in cui si inserivano.

Segnatamente, del tutto consapevolmente, i due imputati - che rivestivano le posizioni apicali in seno al Gruppo ed ai quali erano stati delegati tutti i poteri inerenti il raggiungimento dell'Aumento di Capitale raccomandato dalla B.I. - omettevano di informare l'Autorità di Vigilanza circa il mancato aggiornamento delle proiezioni del Piano Industriale per gli anni 2011- 2014 ed, in particolare, non segnalavano che i dati di partenza delle previsioni di bilancio 2010 erano significativamente distonici rispetto ai risultati effettivamente conseguiti nel 2010 - con riflessi pregnanti sui dati di rilievo ai fini della corretta e completa rappresentazione della situazione economico-patrimoniale finanziaria della Cassa; inoltre, omettevano di segnalare il fatto che le proiezioni sugli utili per gli anni 2011- 2014 contenute nel Piano Industriale - riportate nella Sezione II Capitolo XXIII intitolato "Previsioni o stime di utili" - non avessero tenuto conto del potenziale effetto di "goodwill impairment" derivante dalla fusione delle Banche Rete nella Capogruppo, effetto che avrebbe potuto incidere in senso peggiorativo sul risultato simulato relativo agli anni successivi, anche in ragione della situazione di criticità patrimoniale delle Banche Reti.

Risulta pertanto accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, come tale comportamento - "consapevolmente" omissivo - riconducibile ai due imputati F. e L., incaricati dal C.d.A al compimento di tutte le operazioni volte all'Aumento di Capitale tra cui la predisposizione e la pubblicazione del Prospetto Informativo, abbia determinato la violazione del rapporto di correttezza che necessariamente deve informare le interlocuzioni tra Ente vigilante e Banca Emittente, comportamento che ha concretamente ostacolato l'esercizio delle attività di vigilanza della Consob in quanto privata di informazioni essenziali al raggiungimento del fine che le è proprio, di tutela del pubblico risparmio.

Invero, la costante giurisprudenza di legittimità, già richiamata del trattare le questioni giuridiche comuni alle fattispecie contestate ai capi 3), 4) e 5), ha evidenziato come tale comportamento si inquadri nella previsione di cui all'art. 2638  comma II c.c. - peraltro nella forma aggravata di cui al comma III della norma cit., come correttamente contestato dalla Pubblica Accusa, giacché l'operazione ha incontestabilmente coinvolto una Società con titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell'art. 116  D.Lgs. n. 58 del 1998  - in quanto si tratta di comportamento consapevolmente omissivo che si pone in rapporto di immediata consequenzialità con l'evento (di danno) del reato, che risulta integrato dall'ostacolo all'attività dell'Autorità di Vigilanza, inibito della piena esplicazione dei poteri alla stessa conferiti dall'Ordinamento per il raggiungimento dell'obiettivo primario più volte richiamato.

Quanto, poi, alla componente psicologica, è stato già - in più parti della presente parte della motivazione - evidenziato come si tragga dal fatto che le rilevate omissioni sono state il frutto di una sciente decisione delle posizioni apicali della Cassa - riconducibili a D.F. e S.L., dotati di facoltà decisionali in ragione dei poteri loro conferiti dal C.d.A con Delib. del 7 dicembre 2010 al fine di intraprendere e portare a termine l'operazione di Aumento di Capitale.

Si ritiene, infatti, che sia stata raggiunta la piena prova che gli imputati, dopo aver discusso, nel contesto dei "gruppi di lavoro" creati con lo studio legale B.B. (incaricato dell'assistenza professionale nel progetto di Aumento di Capitale e tenuto, altresì, al coordinamento dell'attività di stesura del Prospetto Informativo da sottoporre al vaglio della Consob), della questione inerente l'aggiornamento dei dati di partenza delle previsioni di cui al Piano Industriale da trasfondere nel Capitolo 13 da inserire nel Prospetto in risposta ad una precisa istanza integrativa di Consob, si SONO DETERMINATI in modo pienamente consapevole non solo a non effettuare l'aggiornamento ma soprattutto - per quanto di rilievo ai presenti fini - ad omettere di evidenziare all'Autorità di Vigilanza la significativa discrepanza tra i dati di partenza previsionali ed i dati effettivi nonché del potenziale effetto negativo derivante dalla fusione della banche-reti; determinavano in tal modo una evidente violazione degli obblighi di completezza, coerenza e trasparenza delle informazioni incombenti in capo all'Emittente, informazioni da ritenersi determinanti quanto alla completa e veritiera rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo la cui omissione ha concretamente ostacolato l'attività di vigilanza della Consob, in quanto impedita nel raggiungimento del fine istituzionale che le compete normativamente e la cui attuazione dipendente dalla correttezza con cui le si rapportano gli enti vigilati.

6.4.Conclusioni, la posizione soggettiva di D.F.. A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi quanto alla posizione di D.F., al quale era contestata l'ipotesi di reato sopra trattata quale Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.".

Orbene, l'esame del compendio probatorio, con particolare attenzione alla testimonianza resa da D.Q., ha consentito di porre in rilievo che le informazioni trasmesse alla Consob, nel contesto della fase istruttoria del procedimento finalizzato all'approvazione del Prospetto Informativo, erano il frutto dell'elaborazione dei dati contabili, patrimoniali e finanziari permeati all'interno dei gruppi di lavori, costituiti tra l'Istituto bancario e lo studio legale milanese incaricato dell'assistenza professionale nel progetto di Aumento di Capitale, da D.F. (oltre che da M.S.) che aveva anche coordinato i gruppi stessi in un'ottica di maggiore efficienza procedimentale.

Sul piano della mera materialità, tale accertamento porta a ritenere come senz'altro D.F. abbia fornito un contributo causalmente rilevante all'integrazione dell'evento di ostacolo all'attività di vigilanza indefettibile ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato in trattazione; egli, infatti, ha canalizzato i dati di propria competenza all'interno del gruppo e, partecipando all'attività di coordinamento dei gruppi di lavoro, ha adottato un comportamento tale da avere inciso sulla formazione delle decisioni assunte da F. e L., integrate dall'omissione di informazioni rilevanti ai fini dell'esercizio delle attività di vigilanza da parte di Consob durante la delicata e fondamentale fase istruttoria del procedimento volto all'approvazione del Prospetto Informativo.

E' tuttavia emerso, altrettanto chiaramente, come F. non fosse dotato di alcuna facoltà decisionale all'interno dei gruppi di lavoro, di talché deve escludersi che sia a lui soggettivamente riferibile la decisione di omettere la rappresentazione, all'Organo di Vigilanza - con il quale peraltro non si risulta essersi mai rapportato direttamente - delle informazioni relative ai dati previsionali, con i conseguenti effetti sull'attualità e validità delle proiezioni di cui al Piano industriale riportato nel Capitolo 13 del Prospetto nonché sulla veridicità dei dati inerenti la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo, decisione da riferirsi soggettivamente - in via esclusiva ed in misura paritaria - in capo ai due soli soggetti, F. e L., ai quali il C.d.A. aveva conferito ogni potere inerente la predisposizione e l'attuazione dell'Aumento di Capitale della Cassa.

Tali considerazioni di natura fattuale conducono, pertanto, ad escludere la riferibilità - sul piano della componente soggettiva - della condotta di ostacolo alla vigilanza sopra accertate a D.F. il quale, pur avendo adottato un comportamento eziologicamente in concorrere alla produzione dell'evento di danno - integrato dall'ostacolo alla vigilanza - per avere fornito il proprio contributo materiale alla decisione di omettere la comunicazione di informazioni rilevanti ai fini dell'esercizio dell'attività di vigilanza da parte di Consob, non può ritenersi penalmente responsabile in quanto privo dell'elemento soggettivo richiesto ai fini della integrazione della fattispecie di reato di cui all'art. 2638 , comma II, c.c..

S'impone, pertanto, l'adozione di sentenza di assoluzione in favore dell'imputato D.F. ex art. 530  comma I c.p.p. "perché il fatto non costituisce reato".

6.5. La posizione soggettiva di M.M..

Ad analoga conclusione deve pervenirsi quanto alla posizione dell'imputato M.. Occorre premettere che, secondo la prospettazione accusatoria formulata al capo 4 in esame nella parte di interesse - ossia laddove si postula l'integrazione dell'ipotesi di reato di cui all'art. 2638 , comma II, c.c. - M.M. dovrebbe essere dichiarato responsabile per avere concorso alla integrazione dell'ipotesi di reato appena citato perché, nella qualità di socio della "D.T. S.p.A.", in data 16.06.2011 certificava che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale, poi trasfusi nel Capitolo 13 del Prospetto Informativo "non erano risultati una base non ragionevole" e "che gli stessi dati previsionali erano stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010.

Secondo l'accusa tale condotta sarebbe penalmente rilevante in quanto - assumendo che la relazione di asseverazione del revisore avesse avuto ad oggetto tutti i dati previsionali e non solo la previsione sugli utili - M. avrebbe concorso a veicolare, all'interno del Prospetto Informativo, informazioni non veritiere ed avrebbe - ancora prima - ostacolato l'attività di vigilanza della Consob durante la delicata fase istruttoria del procedimento volto all'approvazione del Prospetto Informativo, inibendone i poteri di controllo e di integrazione; più nello specifico, appare implicito nella contestazione in esame, come la Pubblica accusa, assumendo che la perdita di cui al bilancio consuntivo del 2010 era notevolmente superiore (di oltre il doppio) rispetto a quella indicata nel Piano e posto pertanto che le previsioni contenute nel Prospetto - in particolare nella parte relativa al "TIER 1 Ratio" - sarebbero risultate non più realizzabili se non attraverso una modifica del Piano industriale mai intervenuta, il revisore non ne avrebbe dovuto attestare la "non irragionevolezza".

Orbene, il complesso delle evidenze probatorie agli atti conduce ad escludere la responsabilità penale di M. per carenza della componente psicologica del fatto allo stesso attribuito, dovendosi essere mandato assolto perché il fatto non costituire reato.

Si ritiene opportuno richiamare, in tale sede, gli elementi fattuali di rilievo, già descritti nel trattare l'ipotesi di reato di cui al capo 1) dell'articolata imputazione della Procura. Segnatamente, risulta acclarato che la necessità dell'intervento del revisore nel contesto della predisposizione del Prospetto Informativo, laddove di regola non è prevista la partecipazione necessaria di tale figura, sorgeva solo a seguito della diffusione, da parte dell'Emittente, di alcuni dati di natura previsionale nel contesto del comunicato stampa del 20.04.2011; invero, appreso il contenuto di tale comunicato, l'Autorità di Vigilanza chiedeva a C. di inserire nel Prospetto il Capitolo 13, rendendo così necessaria la relazione di asseverazione del revisore, come espressamente stabilito dall'allegato I  al Regolamento CE n.809/2004 , che interveniva in data 16 giugno 2011.

Gli esiti dell'attività del revisore erano così puntualmente riportati nel Prospetto Informativo, nella Sezione "Avvertenza", dove si evidenziava che: "i dati previsionali contenuti nel Piano Industriale e riportati nel Capitolo 13 della successiva Sezione II sono stati sottoposti all'esame della Società di Revisione, che, con apposita relazione rilasciata in data 16 giugno 2011, ha confermato che le ipotesi e gli elementi utilizzati ai fini della predisposizione dei dati previsionali contenuti nel Piano Industriale non sono risultati una base non ragionevole e che gli stessi dati previsionali sono stati predisposti sulla base di principi contabili omogenei a quelli applicati nella redazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010".

Ciò posto, al fine valutare la sussistenza della condotta ascritta all'imputato M., appare doveroso - in primo luogo - individuare l'oggetto e la natura dell'attività valutativa effettuata dalla società di revisione.

Ora, il Prospetto Informativo, nella parte sopra richiamata, laddove menziona "i dati previsionali contenuti nel Piano Industriale e riportati nel Capitolo 13" della Sezione II, parrebbe riferirsi a tutti i dati previsionali, complessivamente considerati senza alcuna distinzione.

A contrario, in sede di verbale interrogatorio dell'11.03.2016 - prodotto ai sensi dell'art. 513  c.p.p. all'udienza del 10.12.2018 e pertanto pienamente utilizzabile a fini decisori - M.M. sosteneva che l'attestazione della società Deloitte allegata allo stesso Prospetto aveva in realtà riguardato i meri utili netti previsionali 2011 - 2014, oggetto del Capitolo 13.3.

E' già stato evidenziato, nel trattare il capo 1) dell'imputazione, che adottare l'una o l'altra delle opzioni interpretative assume significato pregnante al fine di definire il perimetro della valutazione compiuta dalla società di revisione; invero, se si ritiene che oggetto dell'asseverazione fossero solo gli utili prospettici dal 2011, il quesito da porsi attiene alla valutazione circa la rilevanza, nel contesto di tale valutazione, del dato consuntivo 2010 relativo perdite effettive e ciò considerando che tale dato - come già ritenuto alla luce degli approfondimento svolti - aveva un'incidenza diretta sia nella determinazione del Tier one ratio sia dei dividendi indicati nel Piano Industriale e riportati nel Prospetto, posto anche che il mancato aggiornamento del Piano alla luce del dato consuntivo aveva prodotto un'informazione, contenuta nel Prospetto, incompleta e fuorviante.

Orbene, per l'approfondimento di tale aspetto inerente il tema relativo all'incarico assegnato a Deloitte e l'oggetto dello stesso, la difesa M. si è affidata agli elementi tecnico-valutativi traibili dalla relazione di consulenza a firma del proprio C.T. Prof. M.S. - acquisita a seguito dell'esame del C.T. indotto dalla difesa M. all'udienza del 16.11.2018.

In primo luogo, nel richiamare la normativa di riferimento ossia il Reg. 809/2004CE, il C.T. Prof. Santi, evidenziava come il Capitolo 13 - inerente alle "Previsioni e stime degli utili" - fosse da intendere "opzionale" nella redazione del Prospetto Informativo, giacché il suo inserimento era collegata alla necessità - in caso di diffusione di notizie riguardanti gli utili prospettici - che fosse data informazione al mercato in maniera completa sulla correttezza della stima; in tale contesto, nell'ambito dell'operazione di Aumento di Capitale in esame, il comunicato stampa del 20.04.2011 da parte di C. ed inerente i dati previsionali, aveva richiesto un'asseverazione degli stessi da parte di un revisore di talché si trae che l'oggetto della stessa non erano dati consuntivi ma meramente prospettici, dovendosi così parlare più correttamente di attestazione e non di certificazione: nello specifico, riguardava le previsioni sugli utili, nella direzione della non irragionevolezza della stima sulla base contabile utilizzata e la coerenza della stessa rispetto ai criteri contabili dell'emittente.

Ciò premesso, il Prof. Santi rilevava che la valutazione sugli utili prospettici non aveva riguardato i dati di partenza del 2010 - che peraltro non erano parte del Piano e costituivano solo il presupposto delle previsioni - né i dati descritti come obiettivi prefissati: la valutazione riguardava la sola prospettiva di miglioramento per effetto delle nuove azioni gestionali indicate "a supporto del raggiungimento degli obiettivi di rafforzamento e rilancio del Gruppo".

Così delineata l'area di valutazione, il C.T.P. poneva in rilievo che l'attività del revisore era volta a considerare l'efficacia delle iniziative manageriali al fine del perseguimento degli utili prospettici indicati, assumendo la validità delle assunzioni ipotetiche contenute nel Piano Industriale non oggetto di valutazione di congruenza.

Il Prof. Santi evidenziava, altresì, che, in tale contesto, tra le assunzioni di ordine generale indicate dal revisore nella sua relazione indicate quale "base dei dati previsionali e presupposto essenziale per il raggiungimento degli obiettivi strategici del Piano Industriale", figuravano "il perfezionamento dell'operazione di aumento di capitale") e "il forte miglioramento del costo di rischio del credito a decorrere dall'esercizio 2011", oltre alle cessioni di partecipazioni ed altre iniziative di rilancio; evidenziava, peraltro, che nel paragrafo relativo alle altre "assunzioni di carattere ipotetico sui costi e proventi", si specificava, tra gli effetti consolidati, che era anche stimato un "Tier one ratio" dell' 8,35 % nel 2014 (punto f) del paragrafo citato, pag. 248 del Prospetto).

Il C.T., evidenziava inoltre, nel prosieguo, come nella relazione del revisore fosse chiarito che "quelle assunzioni ipotetiche che prevedono performance superiori a quelle stimate per il sistema bancario e che hanno un impatto significativo sui risultati attesi, tra cui quella sul costo del rischio, presentano profili di particolare soggettività e rischio in quanto caratterizzate da un maggiore gradi di aleatorietà" e che "gli Amministratori hanno elaborato un'analisi di sensitività al fine di indicarne il potenziale impatto in caso di evoluzione differente dalle previsioni"; risulterebbero, quindi, menzionati nella relazione di asseverazione, gli obiettivi consolidati del Piano Industriale, tra cui il costo di rischio del credito e il "Tier one ratio" per il 2014, con evidenza della prospettiva evolutiva della valutazione del revisore, in quanto collegata ad eventi futuri e alle azioni degli organi amministrativi della Cassa, ed anche carattere aleatorio di alcune previsioni poste a presupposto della stessa, tali da aver reso necessaria la richiesta a C. di un'analisi di sensitività relativa all'impatto in caso di evoluzione differente delle previsioni.

Ebbene, le considerazioni tecniche offerte dal prof. Santi sono evidentemente volte ad avvalorare la risposta - negativa - fornita dall'imputato M. al quesito relativo alla rilevanza del dato relativo alle perdite effettive descritte nel bilancio 2010 per l'asseverazione degli utili prospettici; emerge che tale dato (le perdite), oltre a non costituire oggetto di valutazione diretta da parte di Deloitte, non poteva avere un'incidenza dirimente nell'ottica prospettica in cui si collocava il giudizio di natura meramente asseverativa del revisore di talché le previsioni sul costo del rischio e sull'andamento del Tier one ratio restavano "non irragionevoli", e ciò a prescindere dall'attendibilità dei dati del 2010.

Peraltro, al fine di corroborare tale conclusione, il Consulente poneva in chiaro rilievo che la valutazione del revisore aveva avuto carattere economico ed aveva investito solo gli effetti di miglioramento per gli anni 2011-2014 attraverso "le leve gestionali" proposte da C. e l'analisi di sensitività redatta da C. stessa proprio alla luce degli scostamenti tra consuntivo e previsionale, ponendo in rilievo che l'analisi sul costo del rischio e sulle rettifiche di valore, avevano fatto registrare un ridotto impatto di tale dato, incidendo sulla riduzione del rischio e sull'utile 2014.

Ora, anche volendo accedere alla tesi supportata dal C.T. Prof. Santi - secondo cui la condotta ascritta al M., quale revisore, si sarebbe concretizzata in un'attività di mera asseverazione e non di certificazione, avente ad oggetto non la situazione patrimoniale ma la mera previsione degli utili prospettici, senza alcuna elaborazione dei dati di partenza quanto, piuttosto, la verifica circa la congruità degli obiettivi di carattere economico in un'ottica prettamente prognostica - è già stato rilevato (nel trattare i corrispondenti rilievi di accertamento con riferimento al capo 1 dell'imputazione) come tali approdi si espongano a rilievi critici di natura patrimoniale.

E' stato, infatti, dimostrato che il diverso dato delle perdite aveva prodotto invitabili effetti sul calcolo del patrimonio netto e sui coefficienti che su esso si basavano; inoltre, è risultato come le perdite indicate a consuntivo nel 2010 non fossero integralmente riconducibili alle rettifiche di valore derivanti dalla pulizia dei crediti, attività peraltro che non risultava ancora completata. Inoltre, si ritiene doveroso ricordare che con riferimento all'analisi di sensitività - valorizzata da Deloitte per giustificare l'irrilevanza del dato consuntivo - sono già state sottolineate le relative criticità ed, in particolare, l'inidoneità della stessa a fornire una corretta rappresentazione dell'effettiva situazione patrimoniale dell'Istituto; peraltro, in via conclusiva, non risulta che M. - nel contesto della relazione in esame - abbia dato evidenza al disallineamento delle perdite, essendosi limitato a precisare che "gli scostamenti tra valori consuntivi e preventivati potrebbero essere significativi a causa dell'aleatorietà connessa alla realizzazione di qualsiasi evento futuro", così rappresentando gli scostamenti di tali dati solo intermini eventuali e futuri laddove, in realtà, si erano già determinati.

Ciò chiarito, il Collegio ritiene di dover ribadire la conclusione già espressa in sede di approfondimento del reato di cui al capo 1 (v. paragrafo 3.7.5, a pag. 65 della sentenza) per cui la valutazione della condotta del revisore, quantomeno nella parte relativa al Tier one ratio previsto per il 2014, presentava importanti profili di incongruenza, in ragione dell'esclusione di ogni riflesso derivante dal variato dato delle perdite; inoltre, è emerso - quanto alla valutazione di rilevanza dell'asseverazione redatta da Deloitte - che i suoi esiti erano stati utilizzati dall'Emittente nel Prospetto al fine rafforzare una rappresentazione deviante rispetto alla reale situazione patrimoniale di C. e degli obiettivi garantiti per il futuro attraverso l'Aumento di Capitale. Va, tuttavia, rilevato come tale contributo, seppur incidente sull'integrazione della fattispecie in esame sul piano oggettivo, non sia sufficiente ad integrare la penale responsabilità di M. con riguardo all'ipotesi di reato di cui all'art. 2638 , comma II, c.c. per carenza dell'elemento soggettivo della fattispecie delittuosa in esame.

Se è vero che l'operato di M., ha concorso a canalizzare all'interno del Prospetto Informativo informazioni non veritiere almeno quanto agli utili prospettici, aggirando l'Attività di controllo di Consob, non si ritiene, tuttavia, raggiunta la prova che il M., quale revisore, abbia posto in essere tale condotta con la coscienza e la volontà di creare intenzionalmente ostacolo all'attività di vigilanza del predetto Ente.

Più nello specifico, l'analisi del compendio probatorio acquisito nel corso del pubblico dibattimento, non consente di porre in rilievo un qualsivoglia elemento dichiarativo, documentale e/o tecnico, anche solo indiziario, che possa far propendere per la tesi accusatoria secondo cui M. abbia adottato banalizzata relazione di asseverazione, canalizzata all'interno del Prospetto Informativo, con l'atteggiamento soggettivo della volontà "consapevole" di ostacolare l'attività di vigilanza Consob; emerge, piuttosto, come M. si sia limitato a svolgere l'incarico che gli era stato conferito da C. al fine di implementare il Prospetto Informativo così come richiesto da Consob in conformità all'allegato I del reg. europeo cit., senza avere mai avuto alcun contatto con Consob e rimanendo del tutto estraneo rispetto all'unitario disegno criminoso che aveva, invece, determinato le posizioni apicali di C. -

S.L. e D.F. - a concorrere nel porre in essere comportamenti penalmente rilevanti accertati in tale sede, in quanto mossi dalla ferma volontà di perseguire, anche in modo scellerato, l'Aumento di Capitale senza che la Fondazione perdesse il controllo della Banca.

Orbene, tali considerazioni di natura fattuale conducono dunque ad escludere la riferibilità, sul piano della componente soggettiva, della condotta contestata in capo all'imputato M.M. al capo 4 dell'imputazione con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 2638 , comma II, c.c., s'impone, pertanto, l'adozione di sentenza di assoluzione in favore dell'imputato ex art. 530  comma I c.p.p. "perché il fatto non costituisce reato".

IMPUTAZIONE sub capo 5)

F.D., L.S., F.D., imputati:

del delitto p. e p. dagli arti.110 c.p., 2638 commi 1, 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro nelle seguenti qualità nella "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F.";

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F.";

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio presso la "C.R.F.";

essendo l'Istituto Bancario sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, avendo l'Organo di Vigilanza - tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 - sollecitato C. ad adottare le iniziative per migliorare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, ad approvare un nuovo Piano Industriale e a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni, ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo, esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero anche riguardo alla situazione patrimoniale di C.; in particolare, trasmettevano a B.I. una versione del Piano Industriale che non era stata sottoposta al Consiglio di Amministrazione, riferendo falsamente che il documento, redatto dalla società "B.C. Group", consulente di C., aveva ricevuto in data 30.11.2010 la relativa approvazione da parte di tale organo sociale; al contrario, il documento trasmesso alla B.I. era frutto di una rielaborazione effettuata da D.F. rispetto alla versione formulata dalla società incaricata della consulenza e non corrispondeva a quella sottoposta al Consiglio di Amministrazione in data 30.11.2010 (segnatamente, nel documento sottoposto ed approvato dal Consiglio di Amministrazione risultavano omesse le seguenti schede, presenti invece nel documento trasmesso a B.I.: 1) Pag. 2 del Piano "B.C. Group", slide intestata "Oggi sì conclude la stesura del Piano Industriale"; 2) Pag. 6 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Le principali differenze fra i due scenari; 3) Pag. 8 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Un piano complesso ed ambizioso che richiederà profonde trasformazioni"; 4) Pag. 36 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Il Risparmio netto dei costi su C. e Banche Rete negli anni (in piccola parte ridotto dal potenziamento delle risorse chiave); 5) Pag. 39 del Piano "B.C. Group", slide intestata "Scenario di un run-off contenuto nella precedente proiezione"; 6) Pag. 45 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Piano complessivo di liberazione risorse nell'arco del Piano (2011 - 2014)"; 7) Pag. 51 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Necessaria una struttura di progetto dedicata, task force e piattaforme"; 8) Pag. 52 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Il set - up team avrà un ruolo di project management e coordinamento complessivo del processo"; 9) Pag. 53 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "...Ma anche un fondamentale ruolo di supporto alle TF e piattaforme sui contenuti"; 10) Pag. 58 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Rispetto al Piano filiali presentato nel 2 Comitato Guida, ipotizzato uno scenario di espansione rete più conservativo"; 11) Pag. 59 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Ulteriori 2MEuro di ricavi addizionali ottenibili"; 12) Pag. 60 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "I saving nel piano finale differiscono dalla prima versione per i cambi di perimetro e diverse indicazioni management"; 13) Pag. 61 del Piano "Cambio di perimetro e indicazioni management impattano diversamente i saving delle diverse società del Gruppo"; 14) Pag. 62 del Piano "Per C. Euro 10 milioni di potenziale riduzione costi personale 2014"; 15) Pag. 63 del Piano "Per le altre Banche Rete Euro 1 milione di potenziale riduzione di costi personale al 2014"; 16) Pag. 64 del Piano "Per CFLF Euro 0,6 milioni di potenziale riduzione di costi personale al 2014"; nonché risultava omessa, all'interno della scheda "Caveat sulle previsioni di piano e cosa dovrà essere approfondito in seguito dal management C."; 17) la formula "Non è stato considerato il potenziale effetto di goodwill impairment per fusione Banche Rete in Capogruppo che potrebbe peggiorare il risultato simulato negli anni in cui si potrebbe manifestare"; 18) la formula "Il Piano dovrà essere validate e condiviso dal management").

Condotta posta in essere materialmente da D.F., che, in data 03.12.2010, procedeva alla trasmissione del documento a B.I..

Con l'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116  D.Lgs. n. 58 del 1998 .

In Ferrara, il 03.12.2010

7. Premessa: la prospettazione accusatoria.

Con tale imputazione la Pubblica Accusa ha inteso contestare a F.D., a L.S. e a F.D. - nelle rispettive qualità di Direttore Generale, Presidente del C.d.A. e Responsabile della Direzione Bilancio di C. - l'integrazione delle fattispecie di reato di cui all'art. 2838  c.c., previste dai commi I e II, perché concorrevano ad ostacolare "consapevolmente" le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza Consob nella fase in cui l'Istituto Bancario era sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nel contesto della quale l'Organo di Vigilanza aveva sollecitato C. ad adottare iniziative per il miglioramento del livello di patrimonializzazione dell'Istituto tra cui in primis l'approvazione di un nuovo Piano Industriale.

Le condotte di ostacolo, così come contestate in forma concorsuale, si sarebbero concretizzate - secondo la prospettazione della Pubblica Accusa - attraverso la trasmissione alla B.I. di una versione del Piano Industriale diversa e più ampia rispetto a quella che era stata sottoposta ed approvata al Consiglio di Amministrazione alla seduta del 30.11.2010, così veicolando all'Organo di Vigilanza una informazione falsa in quanto si rappresentava che il Piano trasmesso da S.L. alla B.I. era coincidente a quello adottato dall'organo sociale quando, al contrario, si trattava di documento derivante dalla rielaborazione della versione formulata da B.C. Group (società incaricata della consulenza) e non corrispondeva a quella sottoposta al Consiglio di Amministrazione in data 30.11.2010.

Nello specifico si rappresenta dettagliatamente, in sede di formulazione dell'accusa, che la diversità era integrata dal fatto che, nel Piano discusso in sede di seduta consiliare del 30.11.2010 e quindi approvato dal C.d.A. di C., erano state omesse una serie di "schede" che invece risultavano inserite, a seguito di intervento manipolativo degli imputati, nel documento trasmesso a B.I. e si trattava segnatamente di:

"1) Pag. 2 del Piano "B.C. Group", slide intestata "Oggi si conclude la stesura del Piano Industriale";

2) Pag. 6 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Le principali differenze fra i due scenari";

3) Pag. 8 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Un piano complesso ed ambizioso che richiederà profonde trasformazioni";

4) Pag. 36 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Il Risparmio netto dei costi su C. e Banche Rete negli anni (in piccola parte ridotto dal potenziamento delle risorse chiave);

5) Pag. 39 del Piano "B.C. Group", slide intestata "Scenario di un run-off contenuto nella precedente proiezione";

6) Pag. 45 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Piano complessivo di liberazione risorse nell'arco del Piano (2011 - 2014)";

7) Pag. 51 del Piano "B.C. Group", slide intestata; "Necessaria una struttura di progetto dedicata, task force e piattaforme";

8) Pag. 52 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Il set - up team avrà un ruolo di project management e coordinamento complessivo del processo"; 9) Pag. 53 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "...Ma anche un fondamentale ruolo di supporto alle TF e piattaforme sui contenuti";

10 ) Pag. 58 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Rispetto al Piano filiali presentato nel 2 Comitato Guida, ipotizzato uno scenario di espansione rete più conservativo";

11 ) Pag. 59 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "Ulteriori 2MEuro di ricavi addizionali ottenibili";

12 ) Pag. 60 del Piano "B.C. Group", slide intestata: "I saving nel piano finale differiscono dalla prima versione per i cambi di perimetro e diverse indicazioni management";

13) Pag. 61 del Piano "Cambio di perimetro e indicazioni management impattano diversamente i saving delle diverse società del Gruppo";

14 ) Pag. 62 del Piano "Per C. Euro 10 milioni di potenziale riduzione costi personale 2014";

15 ) Pag. 63 del Piano "Per le altre Banche Rete Euro 1 milione di potenziale riduzione di costi personale al 2014";

16 ) Pag. 64 del Piano "Per CFLF Euro 0,6 milioni di potenziale riduzione di costi personale al 2014";

ed inoltre risultava omessa, all'interno della scheda "Caveat sulle previsioni di piano e cosa dovrà essere approfondito in seguito dal management C." la formula "Non è stato considerato il potenziale effetto di goodwill impairment per fusione Banche Rete in Capogruppo che potrebbe peggiorare il risultato simulato negli anni in cui si potrebbe manifestare" e la formula "Il Piano dovrà essere validato e condiviso dal management".

Emerge pertanto che, secondo la Pubblica Accusa, la trasmissione di un Piano diverso da quello effettivamente approvato dall'Organo Sociale, avrebbe ostacolato l'attività di Vigilanza di B.I. giacché sarebbe stata falsamente indotta a confidare nell'adozione di scelte strategiche di ristrutturazione di rilancio di Ca.Ri.Fe ben più incisive rispetto a quelle in effetti approvate - in data 30.11.2010 - dal C.d.A. del Gruppo.

Orbene, l'esame del compendio probatorio acquisito agli atti del pubblico dibattimento come esposte ed esaminato nei paragrafi che seguono, porta ad escludere la fondatezza dell'ipotesi accusatoria in esame, per diversi ordini di motivi che qui si riportano:

1. per quel che attiene all'ipotesi di reato di cui al comma I dell'art. 2638  c.c., la condotta ascritta agli imputati non può essere sussunta nel fatto tipico di reato da ultimo richiamato sia sul piano oggettivo - in quanto ai fini dell'integrazione di tale ipotesi delittuosa reato non assumono rilievo le condotte inerenti le mere attività di proiezioni future che costituisco l'oggetto del Piano Industriale - sia sul piano soggettivo giacché, come già diffusamente evidenziato con riferimento al capo 4), anche nella formulazione del capo in esame risulta del tutto omessa la prospettazione da parte della Pubblica Accusa del dolo specifico, che costituisce componente psicologica necessaria ai fini della configurabilità della fattispecie in trattazione, come meglio precisato al paragrafo che segue;

2. per quel che attiene all'ipotesi di reato di cui al comma II dell'art. 2638  c.c., non può ritenersi, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta contestata agli imputati L. e F. abbia inciso in modo effettivo, anche solo deviandola o rallentandola, sull'attività di Vigilanza svolta da B.I.; inoltre, quanto alla posizione di F., risulta positivamente accertato come gli non abbia posto in essere alcuna condotta che possa ritenersi in alcun modo riconducibile all'attività di ostacolo alla Vigilanza, non avendo egli avuto alcun rapporto con la B.I., in particolare con riguardo al Piano Industriale se non di mera trasmissione di dati e documenti.

7.1. Considerazioni circa l'ipotesi contestata ai sensi dell'art. 2638 , comma I, c.c.: insussistenza del reato sul piano astratto.

Al paragrafo che precede è stato anticipato come l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 2638 , comma I c.c. debba ritenersi del tutto esclusa nel caso di specie in quanto la condotta ascritta dalla Pubblica Accusa agli imputati - come puntualmente descritta in sede di formulazione del capo di imputazione in esame - non è riconducibile alla previsione astratta della fattispecie contestata, sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo.

Quanto all'aspetto della componente oggettiva della fattispecie, appare opportuno richiamare quanto già diffusamente esposto nella parte relativa alle questioni giuridiche trattate in corrispondenza della disamina del capo 3).

Si è osservato che il legislatore, nell'anticipare la reazione penale a fronte di condotte particolarmente insidiose in ragione della potenzialità offensiva del mezzo impiegato, nel prevedere un'ipotesi di reato proprio, di pericolo concreto ed a condotta vincolata con modalità alternative, ha diretto l'opzione politico-criminale selezionando - tra le condotte da ritenere riconducibili alla previsione di cui all'art. 2638  comma I c.c. - l'esposizione di "fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria ancorché oggetto di valutazione".

E' stato chiarito in dottrina e giurisprudenza come l'espressione normativa sia volta a delimitare l'area di rilievo penale ai sensi della fattispecie in trattazione, escludendo la significatività dei dati che abbiano natura meramente organizzativa ovvero - come esplicitato dalla parte finale del comma I della norma di riferimento - inerenti informazioni relative ai "beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi"; parimenti - per quanto di rilievo in tale sede - si è giunti altresì ad escludere, dal novero delle condotte riconducibili alla fattispecie in esame, le "congetture", gli "apprezzamenti di carattere squisitamente soggettivo" ed anche le mere "previsioni" tra cui far evidentemente rientrare i dati previsionali di un Piano Industriale di Bilancio avente un obiettivo manageriale.

Tale considerazione di ordine giuridico induce, pertanto, a ritenere che la condotta così come contestata agli imputati dalla Pubblica Accusa non possa essere ricondotta, già sul piano della materialità, alla fattispecie astratta di cui alla fattispecie di cui all'art. 2638 , comma I, c.c. - ben potendo invece rientrare nella previsione più ampia dell'ipotesi delittuosa di cui al successivo comma che non subisce il limite qualitativo delle informazioni - dovendosi pervenire a pronuncia assolutoria di tutti gli imputati per insussistenza del fatto contestato al capo 5, con riferimento al reato di cui all'art. 2638  comma I c.c., con la formula di cui all'art. 530 , comma I c.c.

Tale conclusione è ulteriormente avvalorata laddove si consideri anche il profilo soggettivo della fattispecie. Invero, come rilevato con riferimento alla tecnica di formulazione dell'ipotesi accusatoria di cui al capo 4, anche con riferimento all'ipotesi di reato in trattazione risulta omessa la contestazione della compente psicologica costituita dal dolo specifico.

Segnatamente, al paragrafo che precede è stato rilevato come la Pubblica Accusa abbia inteso contestare in capo agli imputati di avere ostacolato l'attività di vigilanza della B.I. "consapevolmente", così evocando la componente psicologica richiesta per l'integrazione dell'ipotesi di cui comma II dell'art. 2638  c.c. e non certo il profilo soggettivo dell'ipotesi di cui al precedente comma il quale, come più volte richiamato, richiede che la condotta di ostacolo - da configurarsi quale ipotesi di reato di pericolo concreto - sia posta in essere al fine "specifico" di ostacolare l'attività che compete all'Autorità di Vigilanza, dovendosi richiamare in tale sede le analoghe considerazioni svolte con riferimento alla sovrapponibile contestazione contenuta nel capo 4 dell'articolata prospettazione accusatoria.

Ebbene, tirando le fila di quanto esposto sia con riferimento all'aspetto oggettivo che a quello soggettivo della fattispecie ed avuto riguardo all'inquadramento giuridico delle fattispecie di cui all'art. 2638  c.c. condotto alla luce di quanto diffusamente esposto nella parte della motivazione relativa al capo 3, questo Organo Giudicante ritiene di dover giungere ad escludere la riconducibilità della condotta contestata agli imputati al capo 5 dell'imputazione con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 2638  comma I c.c., dovendosi pervenire a pronuncia assolutoria nei confronti di tutti gli imputati -

S.L., D.F. e D.F. - secondo la formula di cui all'art. 530 , comma I, c.p.p. "perché il fatto non sussiste", in quanto risulta attribuito agli imputati una condotta che - sia sul piano oggettivo sia sul piano soggettivo - non rileva penalmente in quanto non riconducibile all'astratta fattispecie di reato contestata, considerazione che inibisce qualsivoglia indagine di merito.

7.2. L'ipotesi contestata ai sensi dell'art. 2638 , comma II, c.c.: i rapporti tra il Gruppo Carife e l'organo di vigilanza B.I. con riferimento all'approvazione e trasmissione del Piano Industriale relativo al quadriennio 2011-2014.

Le valutazioni esplicitate nel paragrafo che precede consentono di concentrare l'attenzione valutativa sull'accertamento in ordine alla sussistenza, ed alla riferibilità soggettiva, della condotta di "ostacolo consapevole" alla vigilanza con riferimento all' ipotesi contestata con riferimento all'art. 2638 , comma II, c.c.. Orbene, quanto ai rapporti tra B.I. e C., la disamina del compendio probatorio ha consentito di porre in rilievo come, a seguito dell'attività ispettiva condotta nei confronti del Gruppo bancario nell'anno 2009 da cui erano emerse criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, fosse stata avviata, e poi gradatamente sviluppata ed intensificata, un'azione di vigilanza da parte di B.I. tesa a perseguire l'obiettivo della "sana e prudente gestione" da parte dell'ente vigilato tramite, quanto meno in un primo momento, un ricambio di tipo manageriale che promuovesse la cessione di partecipazioni ed, in generale, che fosse in grado di dare una nuova spinta economica al gruppo in un'ottica di rinnovamento e di maggiore competitività.

E' altresì emerso che, a fronte dell'approccio non particolarmente incisivo della Banca nell'affrontare le situazioni critiche rilevate a seguito dell'ispezione del 2009, la B.I. già dal febbraio 2010 si determinava ad intensificare la propria attività di vigilanza al fine di promuovere la razionalizzazione del Gruppo, il recupero della capacità reddituale, la riqualificazione del portafoglio dei crediti ed, in generale, l'adozione di tutte le iniziative indispensabili per il rilancio di C.

7.2.1. La lettera del 25.06.2010 inviata da B.I. a C.

E' nel contesto sopra delineato che si inserisce la lettera del 25 giugno 2010 con cui la B.I. chiedeva alla Capogruppo di dotarsi "entro 90 giorni" un "nuovo piano industriale" da trasmettersi, una volta approvato dal Consiglio di Amministrazione, all'Autorità di Vigilanza.

Quanto al significato di tale richiesta appare doveroso richiamare testualmente quanto riferito dal teste D.S. - Dirigente di B.I. che dal gennaio 2010 era divenuto responsabile dell'Unità-Divisione 4 che seguiva la vigilanza a distanza del Gruppo - il quale sul punto specifico chiariva: "il piano industriale per B.I. è un percorso che si chiede alle imprese...ogni impresa si dà una sua progettualità, e quindi ha necessità di dover capire dove andrà domani, e questo, chiaramente, interessa alla B.I.. Interessa soprattutto come percorso, cioè la B.I. aveva chiesto quel piano industriale per capire la Cassa che cosa pensava di fare nei prossimi tre anni, nei successivi tre anni, su quelle tematiche, in particolare su quelle tematiche, ce ne poteva avere anche delle proprie da sviluppare, per esempio, la parte commerciale eccetera, che poteva avere un rilievo per B.I., ma seppur di minore interesse rispetto a quelle che erano le urgenze, che noi avevamo messo sul tappeto con l'ispezione del 2009 e durante il periodo successivo. Quindi, col piano industriale, noi richiediamo alla banca un percorso, qual è il percorso che tu intendi... in questo ambito qui, un elemento fondamentale é sicuramente l'aumento di capitale, ma non era il solo: c'era cessione degli asset, c'era la riorganizzazione del Gruppo, c'era il riassetto organizzativo e un rilancio di tipo commerciale"; inoltre, pur affermando che "presupposto essenziale" fosse quello che all'Autorità di Vigilanza venisse trasmesso il Piano approvato dal Consiglio di Amministrazione della Capogruppo, il teste precisava che si trattava di una richiesta volta a verificare la strada che l'ente vigilato aveva intenzione di intraprendere in prospettiva, situazione del tutto distinta rispetto all'Aumento di Capitale che diverrà invece un'esigenza.

Emerge che, a seguito di tale lettera e nonostante la tempistica indicata dalla B.I. per l'elaborazione e approvazione del Piano (sino al 30.09.2010, considerati i 90 giorni dalla ricezione della lettera) il C.d.A. della Capogruppo, a distanza di circa un mese dalla missiva - segnatamente nel corso della seduta del 20.07.2010 - si limitava a prendere atto del contenuto della missiva del giugno precedente, senza attivarsi per il conferimento dell'incarico alla società di consulenza; sicché, per verificare lo stato di progressione delle iniziative della Capogruppo, la B.I. organizzava, con i vertici aziendali rappresentata da L. e F. un incontro tenutosi il 17 agosto 2010 da cui emergeva - "in continuità...col passato" - che le richieste di cui alla lettera del 25 giugno 2015 erano rimaste inevase in quanto la Delib. del 20 luglio 2010 del C.d.A. della Capogruppo "non poneva dei punti fermi una tempistica, delle azioni, anche banalmente, assegnare a un consulente la predisposizione del piano industriale".

Emerge, invero, che l'incarico alla società di consulenza B.C. S.p.A. - di seguito indicata "BCG" - veniva conferito solo alla fine del mese di settembre 2010, di talché l'Autorità di Vigilanza decideva di convocare nuovamente i vertici aziendali per il 6 ottobre 2010 per porre in rilievo che il termine per la predisposizione e l'approvazione del Piano Industriale richiesto era ormai decorso e "a quel punto" occorre passare "al piano B, che era quello di chiedere, a questo punto, l'aumento di capitale"; in effetti, ancorché l'incarico alla "BCG" fosse stato conferito - peraltro solo alla fine del mese di settembre - il Piano non risultava ancora elaborato.

Tale atteggiamento di C. - privo di incisività rispetto alle indicazioni dell'Autorità di Vigilanza e che si poneva in continuità con l'atteggiamento attendista del passato recente - veniva sottoposto a rilievo da parte di B.I. che intensificava la propria attività di vigilanza "cartolare" così giungendo all'adozione della lettera del 20.10.2010 in cui si prescriveva l'adozione di un Aumento di Capitale di almeno 150 milioni di Euro, missiva sulla cui rilevanza si è già diffusamente trattato nelle precedenti parti della presente motivazioni.

7.2.2.La redazione del Piano Industriale. Segnatamente, conferito l'incarico a "BCG", dalla testimonianza resa Guido G.C. "Senior partner e managing di B.C. Group" emerge che l'attività di elaborazione del Piano industriale si era sviluppato nell'arco di 10 settimane - tra settembre, ottobre e metà novembre 2010 - nel contesto di 3 "comitati guida" tra loro successivi, definiti come "momenti di sintesi", in cui si era confrontato con i vertici aziendali, S.L. e D.F..

Quanto alle finalità - o meglio ai "modelli" - di formulazione del Piano Industriale il teste D.S. chiariva come fossero state prospettate a C. due opzioni: la prima, con approccio "top-down", più tradizionale, più rapido, con minor coinvolgimento delle sfere manageriali, volta a creare un "indirizzo complessivo per la banca da cui partire innestando "leve manageriali, cantieri realizzativi.." etc.; l'altra, più profonda, definita "Bottom up", in quanto coinvolgeva sin dall'origine le strutture manageriali e si presentava come più penetrante, più analitica, con suddivisione in gruppi di lavoro, che permetteva di dare "più profondità e coinvolgimento e concretezza e realismo" al piano, tipologia di piano che richiedeva tempi di realizzazione più lunghi ed investimenti più importanti da parte del cliente.

Emerge dalla testimonianza di C. che C. aveva optato per un approccio più tradizionale - "top-down" - come peraltro accadeva nella stragrande maggioranza dei casi e che si era, quindi, proceduto alla redazione del Piano con i dati che erano stati tratti dal bilancio. Nel particolare, il teste evidenziava che la partenza delle proiezioni era costituita dai risultati economici e patrimoniali forniti dalla cliente, non oggetto di valutazione da parte della società di consulenza; inoltre chiariva che, essendo disponibili, a quell'epoca, solo i dati del I semestre dell'anno 2010, per ottenere quelli annuali, si era proceduto alla semplice moltiplicazione "per due" di quelli disponibili. Specificava, nel prosieguo, che i dati relativi all'anno 2011 e ss. erano il frutto di simulazioni teoriche, su cui erano state aggiunte - in un'ottica macro-economica - le "leve manageriali" e le "operazioni straordinarie" quale la dismissione di partecipate quale "Commercio e Finanza".

Chiariva, inoltre, di essere stato informato che vi sarebbe stato un Aumento di Capitale, come da richiesta della B.I., precisando tale aumento era stato considerato solo per la determinazione del "TIER 1" posto che non vi era rapporto funzionale tra Aumento di Capitale e Piano Industriale nel senso che il piano perseguiva un obiettivo prettamente "manageriale".

Ebbene, sulla base di tali elementi "BCG" aveva prospettato a C. - in via ipotetica - due scenari:

- uno più aggressivo - che prevedeva molti licenziamenti, con impatto sociale importante, fondato su tagli di costi;

- uno più morbido - suggerito dal "management" della Banca stessa - meno aggressivo, che prevedeva meno licenziamenti ma che comunque ricomprendeva (come quello più aggressivo) l' incorporazione delle Banche - reti.

Chiariva il teste come tra i due scenari non ve ne fosse uno "giusto" e l'altro "sbagliato"; piuttosto egli, in qualità di consulente, era più propenso a suggerire approcci più aggressivi - "magari anche socialmente meno puliti"- chiarendo che lo scenario della prima tipologia prevedeva molti licenziamenti, riduzioni di organico etc., mentre la Banca aveva deciso di affidarsi - come anticipato - ad un approccio più morbido ("top down") nel senso sopra precisato.

7.2.3. L'approvazione del Piano Industriale. Ora, dalla documentazione versata in atti, emerge che alla seduta del 30.11.2010 il C.d.a. della Capogruppo approvava il PIano Industriale.

Invero, dalla testimonianza resa da B.A., consigliere "storico" del C.d.A. di C. nel periodo 2004-2013, emerge che l'approvazione era stata preceduta dalla esposizione del Piano tramite proiezioni di slide nonché tramite presentazione effettuata dal Direttore Generale con l'ausilio di D.F.; Bondesani evidenziava come il Piano, poi approvato, non fosse stato allegato al verbale della seduta consiliare e comunque chiariva, ciononostante, che "...lo avevamo visto. Era stato letto. Commentato''} ancorava tale ricordo alla prospettazione della percorribilità di strade diverse, più o meno incisive, con specifico riferimento alla questione della riduzione dei costi tramite licenziamenti e, comunque, poneva in evidenza come l'attenzione del Consiglio fosse stata riposta sul "... modello distributivo della banca che andava rivisto tramite una ristrutturazione sotto il profilo anche commerciale e del marketing".

7.2.4. La diversità tra il Piano Industriale redatto da "BCG" ed il Piano approvato dal C.d.A. in data 30.11.2010.

Risulta dato inconfutabilmente emerso dal compendio probatorio come il Piano sottoposto al vaglio del C.d.A. della Capogruppo, approvato alla seduta del 30.11.2010, fosse diverso - invero più ridotto rispetto a quello elaborato dal "BCG" in quanto non contenente le slide riportate dettagliatamente nel capo di imputazione in esame.

Segnatamente, il teste di P.G. N.V., Luogotenente della Polizia Economica e Finanziaria di G.d.F. di Ferrara - escusso in ordine alle modalità della acquisizione della documentazione durante le attività di P.G. - sul punto di interesse, rappresentava come il Piano industriale della "BCG", recante la data del 19.11.2010 e composto da 70 pagg. divergesse da quello approvato dal C.d.A. in data 30.11.2010, composto da 50 pagine, discrasia derivante dal fatto che a tale ultimo piano non erano state allegate le slide meglio indicate nel capo di imputazione. Ciò risulta ulteriormente confermato dalla documentazione prodotta dalla Pubblica Accusa nel corso della testimonianza resa da C.; segnatamente dal documento 5 prodotto dall'udienza del 15.10.2018 emerge che il 30.11.2010, qualche ora prima rispetto al Consiglio di Amministrazione destinato all'approvazione del Piano, F. chiedeva a "BCG", nelle persone di C. e C., che recepissero alcune variazioni apportate, consistenti nella eliminazione di alcune slide ritenute non indispensabili ai fini della esposizione del piano al C.d.A.; a tale richiesta rispondeva lo stesso C., nella mail di cui al documento in esame, dicendo di non essere in grado - per ristrettezza di tempi e dovendo evadere altri impegni interni - di poter verificare se le modifiche apportate dalla dirigenza C. fossero rispondente al pensiero e alle indicazioni di "BCG" con la conseguenza che la versione del Piano contenente le variazioni - poi in effetti esposta al C.d.A. e dallo stesso approvata - non poteva ritenersi un documento proveniente da "BCG" anche se riportante il logo della società.

7.2.5.Il Piano Industriale trasmesso a B.I.. Orbene, le emergenze probatorie hanno consentito di accertare che, ancorché con ritardo di oltre due mesi rispetto al termine indicato da B.I. nella lettera del 25.06.2010 inviata a C., quest'ultima si dotava ed approvava - in data 30.11.2010 - un Piano Industriale, invero risultato essere una versione rielaborata dalla Dirigenza della Banca in quanto mancante delle slide indicate dalla Pubblica Accusa nel contesto del capo 5 in esame.

Emerge, inoltre, che in data 3.12.2010 D.F., su incarico della dirigenza, anticipava a B.I. - tramite invio a mezzo mail all'indirizzo di D.S. - una versione del Piano Industriale composta di 72 pagine, in sostanza coincidente la versione di "BCG" del 19.11.2010 ed, invece, divergente rispetto a quella approvata dal C.d.A. in quanto più ampia rispetto alla versione licenziata dal Consiglio di Amministrazione, poiché contenente quelle slide a cui più volte si è fatto cenno, specificatamente indicate nel capo di imputazione.

E' poi emerso che in data 10.12.2010 S.L. provvedeva ad effettuare l'inoltro in forma ufficiale a B.I. del Piano Industriale.

Ora, ancorché il teste D.S. sul punto abbia evidenziato di non aver reperito la documentazione relativa a tale secondo ufficiale inoltro, per problemi inerenti dalla digitalizzazione dell'archivio di B.I., non v'è motivazione logica per ritenere che le due versioni trasmesse a B.I. non fossero tra loro coincidenti, dovendosi così concludere che all'Autorità di Vigilanza era stata trasmessa non la versione del Piano Industriale approvata dal C.d.A. bensì una versione diversa, più ampia, contenente le slide dettagliatamente richiamate in sede di capo di imputazione; si era così evidentemente voluto rappresentare a B.I. la volontà di seguire una prospettiva più ampia laddove, invece, il C.d.a. si era determinato ad approvare uno solo dei percorsi prospettati in un'ottica maggiormente cauta.

7.3. L'analisi giuridica dei fatti accertati: conclusioni del Tribunale circa l'infondatezza della tesi accusatoria con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 2638 , comma II, c.c.

Si tratta ora di comprendere se tale divergenza, promanata dalla determinazione della dirigenza di C., come incontrovertibilmente accertato in sede dibattimentale, abbia assunto concreto rilievo con riferimento all'esercizio dell'attività di vigilanza esercitata da B.I. sull'Istituto bancario.

Ora, in primo luogo occorre osservare che, ancorché dal punto di vista prettamente processuale non siano emersi elementi probatori certi in ordine al significato delle divergenze rilevate, risulta comunque accertato che la versione offerta alla disamina della B.I. era sostanzialmente coincidente a quella elaborate da "BCG" ma divergente rispetto alla versione approvata dal C.d.A., in quanto mentre la prima ricomprendeva anche il modello più "aggressivo" tra quelli ipotizzati dalla società di consulenza, la seconda rappresentava l'approdo consiliare al modello più cauto; sotto tale profilo non si può certo dissentire dalla prospettazione accusatoria secondo cui vi sia stata una falsa rappresentazione della realtà in ordine alle scelte manageriali della Banca, ciò che però risulta priva di sostegno probatorio è la concreta e diretta incidenza di tale condotta con riferimento all'attività di vigilanza.

Con riferimento a tale indefettibile aspetto di accertamento probatorio risultano particolarmente significative le dichiarazioni rese dal teste D.S.. Egli infatti, dopo avere ribadito il significato meramente previsionale-prospettico del Piano Industriale richiesto all'Istituto bancario - tanto da giungere a ritenere che l'elaborazione di un Piano Industriale, anche in considerazione del particolare periodo storico di congiuntura economica, rappresentava "un esercizio veramente diabolico" - espressamente sottolineava che "...eravamo in un dato momento storico, le previsioni era difficile farle nemmeno forse a 6 mesi.

E B.I. ha l'opportunità di avere informazioni ulteriori rispetto a quelle di un piano industriale, perché B.I., per esempio, come dicevo prima, ha addirittura delle informazioni che forse sono anche maggiori rispetto a quelle dell'intermediario".

In tal modo il teste poneva in rilievo come il Piano Industriale assumesse una mera valenza indicativa del comportamento che intendeva adottare l'Istituto bancario nella prospettiva di medio periodo, senza pertanto che avesse rilievo specifico - quanto all'esercizio dell'attività di vigilanza - che il Piano coincidesse perfettamente rispetto a quello approvato; la circostanza che al C.d.A. fossero state omesse delle slide (che potevano comunque avere un significato in particolare quanto alla riduzione dei costi, incidenti sulle prospettive economiche del Gruppo), aveva dunque rilievo solo con riguardo all'organo sociale e non rispetto all'autorità di vigilanza.

Ora, a fronte di tale contesto probatorio e stante l'assenza di ulteriori elementi di prova dichiarativi, documentali e/o tecnici valorizzabili con riferimento allo specifico indefettibile aspetto della prova dell'evento di danno, deve ritenersi che non sussistano sufficienti elementi di prova per poter affermare che la condotta sopra accertata abbia concretamente inciso, anche solo rallentandola, sull'attività di Vigilanza posta in essere dalla B.I. in modo continuativo; è oltremodo significativo sul punto sottolineare come l'autorità di Vigilanza degli Istituti Bancario - nel momento in cui si era avveduta del ritardo con cui la Capogruppo si era attivata per la predisposizione del Piano Industriale e comunque ritenendo che si trattasse dell'indicazione di un mero percorso che poteva essere il frutto di un esercizio "diabolico" a fronte dell'incertezza del mercato bancario - si fosse determinata, senza attendere la redazione e l'approvazione del Piano Industriale comunque caldeggiato, ad inviare a C. la cogente lettera del 20.10.2010 con cui spostava la propria attenzione sull'Aumento di Capitale, prescrivendo raccomandazioni la cui cogenza è stata posta in rilievo in più punti della presente motivazione.

Traendo le conclusioni di quanto sopra esaminato e considerato, deve pervenirsi in ordine al reato di cui all'art. 2638 , comma II c.c. a sentenza assolutoria nei confronti degli imputati, in particolare ritenendo che i vertici di C. - S.L. e D.F. - debbano essere mandati assolti perché il fatto non sussiste, secondo la formula di cui all'art. 530 , comma II, c.p.p. per insufficienza delle prove in ordine all'evento di danno, componente oggettiva indefettibile per l'integrazione del fatto tipico di reato agli stessi contestato.

Quanto alla posizione di D.F. si ritiene, invece, preferibile l'adozione di formula assolutoria ex art. 530  comma I c.p.p., per non aver commesso il fatto, in quanto è risultato accertato positivamente come la condotta di tale imputato si sia limitata alla mera trasmissione di dati, mail, documenti in ragione del ruolo occupato nel settore di sua competenza, senza avere avuto alcun diretto ed incisivo rapporto con la B.I. durante le fasi specifiche dell'attività di vigilanza "cartolare", peraltro estrinsecatasi in diversi incontri presso la sede dell'Autorità di Vigilanza ai quali F. non risulta avere partecipato.

IMPUTAZIONE sub capo 8)

F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., L.G., G.A., T.M., G.S., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 216, 223 comma 2 n. 1 in relazione all'art. 2632  c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- G.P., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "C. S.E.I.";

- N.T., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della " B.C.R. S.p.A.";

- S.E., nella qualità di legale rappresentante della "B.P.V. S.c.p.a.";

- L.G., nella qualità di legale rappresentante della "C.R.C. S.p.A.";

- G.A., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.C. S.p.A.";

- T.M., nella qualità di Dirigente della "C.R.C. S.p.A.";

- G.S., nella qualità di Direttore Generale della "Banca Popolare di Valsbbina S.c.p.a";

concorrevano a cagionare il dissesto della società "C.R.F. S.p.A.", commettendo i fatti di cui all'art. 2632  c.c.; in particolare, le persone sopra indicate, essendo il predetto Istituto bancario sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, ad approvare un nuovo Piano Industriale, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, concorrevano fra loro nell'aumento fittizio del capitale del Gruppo C. per un importo almeno pari ad Euro 14.999.985,00 tramite sottoscrizione reciproca di azioni fra lo stesso Gruppo e "B.P.V. S.c.p.a." e "C.R.C." (Enti aderenti all'operazione); essendo l'importo predetto, apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a. " e da "C.R.C." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C. di azioni degli stessi Istituti di Credito.

Con il concorso di G.P. e di N.T., nelle qualità sopra indicate e, rispettivamente, di legali rappresentanti della società "C. S.E.I." e della "B.C.R. S.p.A.", le quali sottoscrivevano la partecipazione in "B.P.V. S.c.p.a.", nell'ambito delle disponibilità finanziarie riconducibili al Gruppo "C.R.F. S.p.A.".

In particolare:

- La "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011);

- La "B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- A sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva cosi ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. S.c. a r.l", oggi "C. S.E.I. S.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011); - Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

In Ferrara, il 18.02.2016.

IMPUTAZIONE sub capo 12)

F.D., L.S., F.D., S.M., L.G., G.A., T.M., G.S., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2632 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D. nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S. nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.G., nella qualità di legale rappresentante della "C.R.C. S.p.A.";

- G.A., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.C. S.p.A.";

- T.M., nella qualità di Dirigente della "C.R.C. S.p.A.".

Con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "C.R.C. S.p.A.", come meglio indicato nel capo 8), nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, aumentavano fittiziamente in parte il capitale di "C.R.C." per un importo pari ad Euro 4.999.992,3, essendo l'importo apparentemente investito da "C.R.C." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni dello stesso Istituto di Credito.

In particolare:

- la "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011).

In Cesena (FC), il 15.11.2011.

IMPUTAZIONE sub capo 13)

F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., G.S., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2632 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- G.P., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "C. S.E.I.";

- N.T., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "B.C.R. S.p.A.";

- S.E., nella qualità di legale rappresentante della "B.P.V. S.c.p.a.";

- G.S., nella qualità di Direttore Generale della "B.P.V. S.c.p.a.".

Con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "B.P.V. S.c.p.a.", come meglio indicato nel capo 8), nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, aumentavano fittiziamente in parte il capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un importo pari ad Euro 9.971.650,00, essendo l'importo apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito.

Con il concorso di G.P. e di N.T., nelle qualità sopra indicate e, rispettivamente, di legali rappresentanti della società "C. S.E.I." e della "B.C.R. S.p.A.", le quali sottoscrivevano la partecipazione in "B.P.V. S.c.p.a.", nell'ambito delle disponibilità finanziarie riconducibili al Gruppo "C.R.F. S.p.A.".

In particolare:

- La "B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- A sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva così ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. S.c.ar.l.", oggi "C. S.E.I s.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011); -

Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

In Brescia, il 18.11.2011.

8. Premessa.

La mera lettura delle ipotesi di reato di cui in rubrica consente di porre in rilievo come la Pubblica Accusa abbia inteso contestare in via concorsuale in capo agli imputati, in ragione delle distinte qualifiche soggettive come specificate in ciascuno dei capi riportati, condotte poste in essere nel corso dell'operazione di Aumento di Capitale della C. risalente al 2011 al fine di ottemperare alle stringenti prescrizioni dettate dalla B.I. con lettera del 20.10.2010, condotte accomunate dall'aver proceduto alla sottoscrizione reciproca di azioni, in tal modo aumentando fittiziamente i capitali degli Istituti di credito, integrando l'ipotesi di reato di cui all'art. 2632  c.c. come declinate nel contesto dei capi di imputazioni 12) e 13) e, con le stesse condotte, concorrendo al dissesto di C. integrando l'ipotesi di cui al capo 8) di bancarotta da reato societario di cui agli artt. 216 , 223 comma 2 n. 1 Legge fall. , in relazione all'art. 2632  c.c.

Orbene, il complesso probatorio acquisito nel corso del pubblico dibattimento, valutato alla stregua del contesto normativo di riferimento ed avuto riguardo agli accertamenti fattuali in ordine alla concretezza degli effetti determinati dalle operazioni poste in essere dagli Istituti di Credito coinvolti nelle operazioni incrociate di Aumento di Capitale, porta questo Collegio a ritenere l'infondatezza delle contestazione in esame per le ragioni che verranno di seguito esposte.

Appare opportuno evidenziare che ragioni di razionalità espositiva, mosse dalla esigenza di delineare il percorso argomentativo che fonda la considerazioni conclusive cui si perviene di seguito, impongono la previa ricostruzione dei rapporti tra il Gruppo C. e le Banche coinvolte nelle operazioni reciproche di Aumento di Capitale, l'esposizione del quadro normativo di riferimento e delle relative problematiche giuridiche e le conclusioni circa l'infondatezza della tesi accusatoria.

8.1. Ricostruzione dei rapporti tra il Gruppo C. la B.P.V. e la C.R.C..

Nei capi 12) e 13) si contesta agli imputati di aver determinato un aumento solo fittizio del Capitale Sociale di C., nell'ambito dell'operazione di emissione di nuove azioni già ampiamente descritta in precedenza. Tale aumento solo fittizio del capitale si sarebbe verificato tramite la reciproca sottoscrizione di azioni da parte, da un lato, di C. e B.P.V., dall'altro di C. e C.R.C., enti che avevano partecipato all'Aumento di Capitale promosso proprio dalla C.R.F..

Vale la pena di riepilogare sommariamente i risultati di quell'Aumento di Capitale per comprendere e circoscrivere il perimetro di indagine relativo ai presenti capi di imputazione.

Circa il 15% del totale delle sottoscrizioni di nuove azioni (pari a Euro 22,8 milioni di Euro su circa 150) è infatti derivato dall'interessamento di alcuni istituti di credito: B.P.V., C.R.C., B.P.C. e B.P.B..

Di tale quota, circa 15 milioni di Euro sono derivati da sottoscrizioni compiute da parte di B.P.V. e C.R.C., a fronte delle quali la C.R.F. ha compiuto, in direzione opposta e in un periodo temporale coevo o comunque non lontano dall'Aumento di Capitale, investimenti nei patrimoni dei due istituti di credito.

In merito a tali operazioni la B.I., a conclusione della seconda ispezione eseguita nel periodo dal 24.09.2012 al 15.02.2013 nei confronti della C.R.F., si è espressa in termini critici, ritenendo che di fatto non si fosse verificato alcun reale incremento del capitale sociale.

Tali considerazioni sono state sostanzialmente ribadite all'udienza dell'8 ottobre 2018 dal testimone D.S.C., il quale ha affermato che quantomeno in termini patrimoniali, un'operazione così congegnata aveva comportato un "annacquamento" dell'Aumento di Capitale. D.S. ha inoltre riferito che di tali operazioni nulla era stato comunicato all'organo di vigilanza, nonostante ci fosse stata una esplicita richiesta in tal senso a C.

L'operazione era stata analizzata, altresì, anche dal commissario liquidatore prof. A.B. nella propria relazione, riprendendo le considerazioni critiche esposte dal prof. M.F. nel proprio "Parere su azione di responsabilità verso gli organi sociali e società di revisione".

Il complesso delle operazioni compiute è stato ripercorso nell'istruttoria, principalmente attraverso l'analisi della copiosa documentazione sequestrata presso gli istituti di credito coinvolti. Per una migliore comprensione dello sviluppo dei fatti, è opportuno analizzare separatamente le operazioni intervenute tra C. e C.R.C., nonché quelle compiute tra C. e B.V..

8.1.1. Le partecipazioni incrociate tra C. e C.C..

Va premesso che tra i due istituti coinvolti sussistevano già rapporti legati a cointeressenze per la gestione di altre situazioni creditizie o imprenditoriali, tali per cui le interlocuzioni che hanno riguardato l'acquisto reciproco di partecipazioni azionarie non hanno costituito la prima occasione di contatto tra gli istituti di credito in parola, ciascuno dei quali aveva cura di mantenere buoni rapporti con l'altro.

Il testimone B.A., al tempo dei fatti membro del consiglio di amministrazione di C., ha chiarito come le relazioni esistenti fossero ritenute fondamentali in quel momento per reperire liquidità, il che rappresentava uno degli aspetti di maggiore attenzione per la Cassa. Egli ha anche evidenziato, inoltre, come il lavoro con le altre banche si inserisse nel contesto di interessi comuni, già esistenti o in via di sviluppo.

Entrando nello specifico delle operazioni compiute, la C.R.C. in data 26 settembre 2011 deliberava l'adesione all'operazione di Aumento di Capitale promosso da C.R.F. S.p.A., tramite l'acquisto di n. 238.095 nuove azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995.

A sua volta, C.R.F. in data 4 ottobre 2011 deliberava l'acquisto di n. 260.010 azioni proprie di C.R.C., al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.800. Tale acquisto veniva da C. operativamente frazionato in più tranches: in data 11 ottobre 2011 sono state acquistate 90.000 azioni ordinarie per un controvalore di Euro 1.730.700; in data 18 ottobre 2011 sono state acquistate 80.000 azioni ordinarie per un controvalore di Euro 1.538.400; in data 24 ottobre 2011 sono state acquistate 90.000 azioni ordinarie per un controvalore di Euro 1.730.700.

Tali operazioni erano state precedute da una serie di comunicazioni intercorse tra i rappresentanti dei due enti, oggetto di sequestro nel corso della perquisizione del 13 luglio 2016.

In particolare, nel corso della perquisizione veniva acquisita una comunicazione tramite corrispondenza elettronica, risalente al 15.09.2011. Alle ore 18:24 risulta inviata da D.F., Direttore Generale di C., a M.S., Responsabile della Direzione Finanza del medesimo ente, una comunicazione avente per oggetto: "R: Cesena", nel quale testualmente si afferma: "Non ci ho capito nulla ma possiamo riprenderle a pari prezzo (entro giugno o 18 mesi)?".

In calce alla predetta e-mail, è riportata la comunicazione precedente, datata 15.09.2011 delle ore 18:15, inviata da M.S. e indirizzata a D.F., avente il medesimo oggetto e il seguente testo: "Sentito T.: fanno un ragionamento molto contorto. In pratica vogliono cash per importo maggiore, fuori mercato per "coprire" il differenziale fra il nostro price/bv a 21 ed il loro attuale. La differenza andrebbe coperta con economics. Un casino! M.S.".

Secondo l'interpretazione della Procura, il contenuto delle comunicazioni acquisite consentirebbe di appurare che la C.R.C., nella persona del Dirigente M.T., richiedeva, al fine di procedere alla sottoscrizione delle azioni C., una "compensazione" che controbilanciasse la ritenuta sottopatrimonializzazione dell'Istituto ferrarese rispetto all'acquirente C.C., per essere quest'ultimo ritenuto maggiormente solido sotto il profilo patrimoniale. In sostanza, tale differenziale ("economics") sarebbe stato corrisposto tramite l'emissione da parte di C.C. di obbligazioni a favore di C. ad un tasso di rendimento molto basso e fuori mercato. Contestualmente, con il corrispettivo ricevuto per quell'acquisto, la C.R.C. avrebbe acquistato dei Titoli di Stato (BTP) con un rendimento percentuale maggiore rispetto al prestito obbligazionario concesso, compensando in questa maniera il differenziale stimato tra il valore delle azioni C. e quello delle azioni proprie.

Il tenore di tali comunicazioni, dunque, metterebbe in luce il carattere concordato dei reciproci acquisti posti in essere dagli Istituti di Credito, così come successivamente deliberati dai due Enti. Questi, in particolare, emergono come il frutto di accordi preordinati nei quali la corrispondenza biunivoca fra gli acquisti era stata già programmata.

E' difficile, per il vero, ritenere diversamente.

L'assunto di accusa, infatti, trova diretta ed esplicita conferma nel già citato verbale del C.d.A. di C.C. del 26 settembre 2011, in cui si delibera la sottoscrizione di azioni C. Emerge, infatti, esplicitamente come la sottoscrizione di tali azioni nell'ambito dell'Aumento di Capitale fosse subordinata al contestuale acquisto da parte di C. di azioni della C.R.C., per un valore pressoché corrispondente.

Nella stessa delibera, il Direttore Generale veniva incaricato di individuare la forma tecnica e le modalità per il recupero del differenziale di valore patrimoniale che emergeva dalla sottoscrizione delle azioni C.R.F. e dalla contestuale vendita di azioni C.R.C., attraverso l'emissione di un prestito obbligazionario.

Tra i due Istituti di Credito, in sostanza, veniva posta in essere un'operazione di "swap", connotata dalle seguenti caratteristiche: la C.R.F. sottoscriveva il prestito obbligazionario (per un valore nominale di Euro 7.000.000,00) emesso dalla C.R.C. ad un tasso inferiore a quello di mercato (2%), investendo il predetto importo per ricevere un interesse annuo del 2%, per una durata complessiva di cinque anni; la C.R.C., a sua volta, investiva l'importo di Euro 7.000.000,00 in BTP a cinque anni al tasso del 5,50%; il differenziale di 3 punti circa (5,50 meno 2) è produttivo di un ricavo lordo per la C.R.C. di Euro 1.050.000,00 che, attualizzato, corrisponde a Euro 872.000 circa.

Il "differenziale" veniva effettivamente quantificato, nello stesso verbale del 26.09.2011 della C.R.C., in Euro 877.811,00, per il recupero del quale veniva ipotizzata l'emissione del prestito obbligazionario sopra brevemente descritto.

Quasi in contemporanea, in data 04.10.2011, a sua volta, il C.d.A. della C.R.F. deliberava l'acquisto di azioni proprie della C.R.C. per un valore corrispondente a circa Euro 5.000.000,00.

Dunque, a fronte di una sottoscrizione di azioni di nuova emissione effettuata da C.C. nell'ambito dell'Aumento di Capitale promosso da C., corrisponde un acquisto da parte di quest'ultimo istituto bancario di azioni proprie C.C., per quantitativi pressoché identici.

L'analisi dei documenti ha consentito di appurare che il prestito ipotizzato nel verbale del C.d.A. di C.R.C. veniva effettivamente sottoscritto da C.R.F. in data 11 ottobre 2011, come attestato nella delibera n. 40 del verbale del C.d.A. redatto nella medesima data. Nell'ambito di tale verbale, peraltro, non si dava conto di illustrare il collegamento di questa operazione con la sottoscrizione dell'Aumento di Capitale da parte di C.R.C. e dunque di chiarire le reali finalità della sottoscrizione del prestito.

8.1.2. Le partecipazioni incrociate tra C. e B.P.V..

Anche in questo caso va necessariamente illustrato il campo dei rapporti già esistenti tra la C.R.F. e la B.P.V..

Nel dicembre del 2010, la B.V. aveva acquistato dal Gruppo C. la partecipazione in alcune filiali del Credito Veronese, il cui servizio di back office veniva reso dalla società Carife S.E.I. (società partecipata della "C.R.F. S.p.A."). Le interlocuzioni con l'istituto ferrarese erano però iniziate sin dal 2010, come anche confermato dal testimone P.G., addetto alla funzione risk management, pianificazione e controllo in B.V..

Nei rapporti intrapresi rientrava inizialmente anche l'acquisto da parte di B.V. della partecipazione, da effettuarsi in parte direttamente e in parte attraverso il controllato Credito Veronese, di quote di Carife S.E.I., al fine di beneficiare dell'esenzione IVA sui servizi offerti proprio alla controllata di nuovo acquisto. Tale operazione non era però mai stata definita, per via della successiva fusione del Credito Veronese in B.V..

Va inoltre aggiunto che la B.V. aveva aderito alla richiesta di un finanziamento stand-by avanzata dalla Fondazione della C.R.F. nel gennaio 2011, la quale sarebbe dovuta intervenire a garanzia della sottoscrizione dell'eventuale inoptato del futuro Aumento di Capitale, nel limite di 87 milioni di Euro. Tali originari accordi non si erano poi concretizzati nei termini impostati, dal momento che si era deciso di non coinvolgere la Fondazione nell'Aumento di Capitale.

I rapporti tra i due enti bancari proseguiranno inoltre anche nel 2012.

Delineati dunque brevemente i rapporti tra i due istituti, va ora analizzata la specifica operazione legata all'Aumento di Capitale.

Nell'ambito della sottoscrizione dell'Aumento di Capitale C. da parte di B.V. si segnala che il C.d.A. di quest'ultima del 13.07.2011, previo parere del Comitato Finanziario espresso il 12.07.2011 e dei responsabili del Settore Commerciale e del Risk Management formalizzato con la nota del 13.07.2011 indirizzata al C.d.A., deliberava di aderire all'operazione di aumento del capitale della C.R.F. S.p.A. nel limite massimo di Euro 3,5 milioni, ad un prezzo massimo di Euro 21 per ciascuna azione.

Il testimone G.P. ha ricordato che la B.V. aveva valutato l'opportunità di un investimento su C. e a tal fine era stata effettuata un'analisi tecnica, anche in ragione del fatto che i due Istituti non erano concorrenti, operando in territorio limitrofi, e quindi si stava vagliando l'opportunità di ampliare le collaborazione e le sinergie sia dal punto di vista operativo che commerciale.

Tale deliberazione non veniva però perfezionata.

Successivamente, in data 14.09.2011, il C.d.A. di B.V., con il relativo verbale, previo parere espresso dal Settore Commerciale con la nota del 13.09.2011, deliberava di aderire all'operazione di aumento del capitale della C.R.F. nel limite massimo di Euro 10 milioni, sottoscrivendo azioni di nuova emissione ad un prezzo di 21 Euro ciascuna.

L'operazione veniva perfezionata il 16.09.2011, con la sottoscrizione da parte di B.V. di n. 476.190 azioni, al prezzo unitario di Euro 21, per un controvalore complessivo di circa 10 milioni, e precisamente Euro 9.999.990,00.

Nella medesima delibera del C.d.A. di B.V. del 14.09.2011, al punto 11.2 "Acquisto e vendita azioni proprie" si stabilisce inoltre, valutata la convenienza dell'operazione, "In cessione a Carife di 75.000 azioni pari al numero complessivo di azioni detenute dal "Fondo A.A." al prezzo di Euro 23,00, dando mandato al Presidente di perfezionare il relativo contratto di compravendita".

Nella tesi di accusa, ciò rappresenterebbe in sostanza l'attestazione della reciprocità dei rapporti posti in essere tra gli Istituti di credito.

Dall'altro lato, infatti, le indagini espletate hanno consentito di accertare che il Gruppo C. è intervenuto nel capitale di B.P.V. tramite l'interposizione di due soggetti giuridici controllati dalla stessa Banca estense, per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento è stato così ripartito:

- Euro 3.482.000,00 quale somma investita da C.R.F. dal 15.07.2011 all'11.11.2011;

- Euro 2.996.000,00 quale somma investita da Carife S.E.I. dal 15.09.2011 all'11.11.2011;

- Euro 3.493.650,00 quale somma investita da B.C.R. dal 07.10.2011 al 18.11.2011.

Segnatamente, tra il 15.07.2011 e il 15.09.2011, C. acquistava sul mercato n. 130.000 azioni di B.V. al prezzo di Euro 23,00 per un valore di Euro 2.990.000,00; il 16.09.2011 C. acquistava n. 75.000 azioni proprie Valsabbina per un valore di Euro 1.725,000,00 (e contestualmente le trasferiva a B.C.R. di Romagna); Carife S.E.I. acquistava n. 60.000 azioni proprie Valsabbina per un valore di Euro 1.380.000,00; il 16.09.2011, Carife S.E.I. acquistava n. 52.000 azioni Valsabbina sul mercato per un valore di Euro 1.196.000,00; B.C.R. di Romagna acquistava n. 65.000 azioni Valsabbina sul mercato al prezzo di Euro 20,10 per un valore di Euro 1.306.500; il 18.11.2011, acquistava n. 9.000 azioni sul mercato per un valore di Euro 180.900.

Va aggiunto che il gruppo C. aveva anche partecipato all'Aumento di Capitale promosso dalla stessa B.V. nel novembre del 2011, sottoscrivendo quindi azioni di nuova emissione. Tale operazione si era compiuta da un lato utilizzando la parte di offerta di sottoscrizione gratuita:

- n. 13.000 nuove azioni venivano assegnate a C. in quanto titolare di n. 130.000 vecchie azioni;

- n. 11.200 nuove azioni venivano assegnate a Carife S.E.I. in quanto titolare di n. 112.000 vecchie azioni;

- n. 7.500 nuove azioni venivano assegnate a B.C.R. di Romagna in quanto titolare di n. 75.000 vecchie azioni.

Dall'altro lato vi era stata una sottoscrizione in opzione: il 12.10.2011, C. sottoscriveva n. 32.500 per un valore di Euro 487.500; il 28.10.2011, Carife S.E.I. sottoscriveva n. 28.000 azioni per un valore di Euro 420.000; il 12.10.2011, B.C.R. di Romagna sottoscriveva n. 18.750 azioni per un valore di Euro 281.250.

Complessivamente, quindi, il Gruppo C. aveva acquisito partecipazioni nel capitale di B.V. secondo tre diverse modalità:

1. tra il 15 luglio e il 18 novembre 2011 tramite acquisto di azioni sul mercato nella misura di Euro 5.673.400;

2. il 15 e il 16 settembre 2011 tramite acquisto di azioni presenti nel fondo azioni proprie di Valsabbina nella misura di Euro 3.105.000;

3. infine tra il 12 e il 28 ottobre 2011 aderendo all'Aumento di Capitale della banca bresciana tramite sottoscrizione di nuove azioni per 1.188.750 Euro.

Dunque, la partecipazione del Gruppo C. nel capitale di B.V. è avvenuto anche per il tramite delle controllate.

I documenti sequestrati nel corso dell'indagine nei confronti di tali soggetti giuridici danno conto di tale circostanza.

Carife S.E.I. deliberava l'acquisto di azioni della B.V., per un controvalore massimo di Euro 3.000.000 con il verbale del C.d.A. n. 10 del 14.09.2011, in cui il consigliere delegato D.F. illustrava i motivi dell'operazione, rappresentando la necessità di rafforzare i rapporti tra la Capogruppo e la banca in oggetto.

Parimenti, B.C.R. nel C.d.A del 23.09.2011 deliberava l'acquisto di azioni di B.V. fino ad un controvalore di Euro 3.500.000. L'acquisto, peraltro, veniva condizionato all'invio da parte della capogruppo C. di una missiva contenente il sollecito da parte di quest'ultima all'acquisto delle azioni, con l'illustrazione delle ragioni di opportunità e convenienza dell'operazione per la partecipata. Tali circostanze sono anche state ripercorse da N.T., legale rappresentante della B.C.R., nel proprio interrogatorio del 10.02.2017.

La lettera da parte della capogruppo C. riporta la data del 05.10.2011 ed è stata prodotta nel corso del dibattimento. In essa si rappresenta la solidità patrimoniale di B.V. e l'interessante profilo di investimento rappresentato dall'acquisto delle sue partecipazioni.

Va considerato che la sostanziale riconducibilità alla capogruppo C. dell'acquisto effettuato da B.C.R di Romagna è desumibile anche dal Piano Industriale 2011-2014 predisposto dalla "BCG S.r.l.", il quale prevedeva la fusione delle "Banche Rete" nella Capogruppo e che, pertanto, i titoli partecipativi della B.C.R. S.p.A. sarebbero stati tutti ricondotti in capo alla C.R.F. S.p.A. In ogni caso, le risorse impiegate nell'acquisto di azioni "Valsabbina" erano sempre riconducibili al Gruppo stesso.

La complessiva elaborazione dell'intera operazione si desume dall'analisi della documentazione sequestrata presso la sede di C. nel corso della perquisizione del 13-14 luglio 2016.

Tali mail sono state prodotte all'udienza del 22 ottobre 2018.

In particolare, nella e-mail datata 06.07.2011, delle ore 17:05, inviata da F.D. ed indirizzata a L.S. e F.D., avente ad oggetto: "Analisi proposta Valsabbina", si parla ampiamente della questione.

I successivi sviluppi dell'operazione e le modifiche a questa operate sono illustrate dalle ulteriori comunicazioni e-mail oggetto di sequestro. Si fa riferimento alle e-mail datate 12.07.2011, delle ore 09:12, inviata da B.M. di "B.V." ed indirizzata a F.D. e della successiva risposta delle ore 10:47, inviata da F.D. ed indirizzata a F.D.; alla e-mail datata 14.07.2011, delle ore 08:44, inviata da B.M. di "B.V." ed indirizzata a F.D. e del seguito delle ore 10:35, inviato da F.D. ed indirizzata a F.D., per competenza, ed a S.M. e G.G., per conoscenza, avente ad oggetto: "Carife/Valsabbina"; alla e-mail datata 29.08.2011, delle ore 15:55, inviata da F.D. ed indirizzata a L.A., avente ad oggetto: "I: 2011-07-12-PROPOSTA DI SCAMBIO AZIONI TRA CARIFE E B.V. (rev 29082011).doc""; alla e-mail datata 07.09.2011, delle ore 17:49, inviata da F.D. ed indirizzata a F.D.; alla e-mail datata 15.09.2011, delle ore 15:49, inviata da U.G. ed indirizzata per competenza a Y.C. e per conoscenza a R.G., avente ad oggetto: "Affidamento a favore Carife"; alla e-mail datata 29.09.2011, delle ore 10:38, inviata da F.D. ed indirizzata a R.G. e V.M.C., avente ad oggetto: "Bozza delibera BCCR Romagna Valsabbina"; infine alla e-mail datata 03.10.2011, delle ore 14:31, inviata da F.D. ed indirizzata a U.G., per competenza, nonché a F.D. e S.M., per conoscenza.

Alla luce di tali comunicazioni non si può invero porre in dubbio l'esistenza di un'operazione di carattere reciproco, preliminarmente studiata e costruita nei dettagli dalle dirigenze dei due istituti di credito: l'assunto, d'altronde, non è stato contestato nemmeno dalle difese. Esso costituisce lo stesso punto di partenza dell'analisi svolta dal consulente tecnico del responsabile civile Prof. P.G..

8.2.1 profili giuridici della prospettazione accusatoria.

La prospettazione accusatoria di cui ai capi 8), 12) e 13) sopra riportati, dal punto di vista giuridico si fonda sull'assunto che la norma di riferimento sia volta a sanzionare le condotte declinate dal legislatore nella formulazione della fattispecie di cui all'art. 2632  c.c., in quanto dirette ad inficiare l'integrità e l'effettività del "capitale" inteso (non solo quale mero) capitale sociale bensì in senso tale da ricomprendere il (ben più ampio) concetto di "patrimonio di vigilanza" o "capitale regolamentare"; in particolare, secondo tale prospettiva, la norma sarebbe volta a colpire quelle condotte, comunque rientranti nella tipicità della fattispecie che siano concretamente idonee ad "inquinare" il processo genetico della formazione o comunque - per quanto di interesse nel presente ambito - dell'Aumento di Capitale tramite la creazione di una "ricchezza meramente apparente".

E' stato osservato dalla Pubblica Accusa che la scelta normativa di sanzionare la sottoscrizione reciproca di azioni quale condotta tipica prevista (tra le altre) nella fattispecie di cui all'art. 2632  c.c., scaturisce dalla necessità di scongiurare il pericolo che attraverso tale meccanismo si giunga ad alterare l'effettiva consistenza del capitale (nel senso ampio ricomprendente il concetto di "patrimonio di vigilanza " ovvero di "capitale regolamentare") delle società coinvolte nel meccanismo di partecipazioni incrociate, nel contesto dei reciproci aumenti di capitale, tale da dar luogo ad un aumento solo nominale del capitale regolamentare delle società interessate alle operazioni, non corrispondente ad un effettivo reale aumento del patrimonio.

Secondo la Pubblica Accusa, peraltro, l'integrazione del reato ex art. 2632  c.c. non potrebbe ritenersi esclusa dalla qualità di socio delle società che avrebbero partecipato all'Aumento di Capitale di C. esercitando il diritto di opzione, né tanto meno potrebbe dirsi escluso in ragione della mancanza di contestualità delle operazioni di Aumento di Capitale, e ciò a fronte della preordinata reciprocità degli accordi intercorsi tra gli Istituti di Credito coinvolti delle operazioni incrociate i cui importi e modalità sarebbero state preventivamente concordate.

Parimenti, secondo la prospettazione accusatoria, le fattispecie in trattazione dovrebbero ritenersi integrate non solo in caso di sottoscrizione reciproca di azioni di nuova emissione ma anche in ipotesi di acquisto di azioni proprie. Al fine di avvalorare tale conclusione la Pubblica Accusa valorizzava sul punto la considerazione svolta dal proprio C.T. Prof. G. Iannotta secondo cui - posto che l'acquisto di azioni comporterebbe "una riduzione del patrimonio della società" e "la cessione delle stesse" implicherebbe "l'iniezione di risorse finanziarie" - il meccanismo dell'acquisto reciproco di azioni proprie tra due istituti di credito comporterebbe "un aumento meramente fittizio del patrimonio della due società" valutabile ai fini della "vigilanza prudenziale" in quanto direttamente incidente sul concetto di cd. "capitale regolamentare", operazione sanzionabile sul piano penale in quanto tale da non determinare un effettivo rafforzamento patrimoniale della Banca.

Pertanto, in linea teorica, secondo la Procura, la norma di riferimento - quanto alle ipotesi di reato di cui ai capi 8, 12 e 13 - dovrebbe ritenersi di ampiezza tale da ricomprendere, nell'alveo del penalmente rilevante ai sensi dell'art. 2632  c.c., tutte quelle condotte tali da andare ad incidere sul "patrimonio di vigilanza", altrimenti definito quale "capitale regolamentare", comprendendo anche la condotta consistente nell'acquisto di azioni proprie ovvero nella partecipazione all'Aumento di Capitale mediante sottoscrizione di azioni seguite all'esercizio del diritto di opzione.

Appare doveroso - a fronte delle ferme contestazioni mosse dalle difese alla ricostruzione del perimetro della fattispecie in trattazione effettuata, già sul piano astratto, dalla Pubblica Accusa - approfondire i presupposti della fattispecie di cui all'art. 2632  c.c., al fine di potere poi verificare, sul piano fattuale, se le condotte accertate sulla base della ricostruzione delle vicende societarie offerta dal compendio probatorio, possano ritenersi rilevanti ai sensi della norma in trattazione.

8.3. Inquadramento generale e le problematiche giuridiche delle fattispecie di cui all'art. 2632  c.c.

La fattispecie penale a condotta vincolata in esame, contenuta nel capo IV del Titolo XI, di cui al Libro V del codice civile e rubricata "Formazione fittizia del capitale", punisce - con la pena fino ad un anno - "Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente il capitale sociale mediante attribuzione di azioni o quote in misura complessivamente superiore all'ammontare del capitale sociale, sottoscrizione reciproca di azioni o quote, sopravalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti, ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione".

Appare, quindi, con evidenza come l'art. 2632  c.c. sia una disposizione a più norme, in quanto prevede tre differenti ipotesi autonome di reato che sono suscettibili di concorrere tra loro giacché diverse sono le condotte ed i momenti consumativi, condotte che per poter rilevare penalmente devono essere sorrette dal mero dolo generico, quale rappresentazione e volizione degli elementi che integrano, sul piano obiettivo, le fattispecie secondo i principi di portata generale.

8.3.1. L'oggettività giuridica. Ciò che le accomuna ed attribuisce significato alla loro inclusione nell'ambito della stessa disposizione, è l'oggetto della tutela costituita dal capitale sociale inteso in senso civilistico.

E' stato, invero, correttamente evidenziato come, a dispetto della sua collocazione, tale disposizione apra "idealmente" l'ambito della tutela penale al "capitale sociale", nella fase della sua genesi (da intendersi anche nella fase dell' aumento), ancorché in una generale ottica di ridimensionamento; si osserva, infatti, che la disposizione interessata è stata oggetto di modifica da parte del D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61  che, pur obbedendo ad una sentita esigenza di razionalità, non ha apportato significative modifiche alle previsioni di cui agli artt. 2629 e 2630, comma I, nn. 1 e 2 c.c., parzialmente confluite nella disposizione in esame, se non con riferimento alla significativa attenuazione della sanzione penale ed alla mancata riproposizione di due condotte che, precedentemente, risultavano sanzionate dalla previgente norma di cui all'art. 2630 , comma I, n.1 c.c. (che puniva la condotta di emissione o di attribuzione di nuove azioni prima che quelle sottoscritte fossero state liberate) e di cui all'art. 2629 , comma I, n.2 c.c. (che sanzionava la condotta consistente nella esagerata valutazione degli acquisti da parte di soggetti "intranei" alla società).

Già la mera lettura della disposizione consente di apprezzarne la ratio integrata dalla necessità di presidiare il capitale sociale da talune omogenee forme di condotte che comportino una "lievitazione" non reale, "artificiosa", del capitale sociale nella fase della sua genesi ovvero del suo aumento nel corso della vita della società; è stato, infatti, rilevato dai primi commentari all'indomani della novella come la disposizione in esame, ancorché abbia ripudiato la tecnica del rinvio, sia stata posta dal legislatore a presidio della "integrità e della effettività" del capitale sociale quale primo e "nobile" baluardo delle società, nel contesto di uno stretto legame tra la disciplina civilistica e condotte penalmente rilevanti. Invero, la collocazione della norma in esame all'interno del Titolo XI del Libro V del c.c. dedicato alle "Disposizioni penali in materia di società, di consorzi e di nitri enti privati" porta a ritenere, del tutto ragionevolmente, che nel contesto di una interpretazione sistematica, la disposizione in esame non possa che essere interpretata alla luce delle norme e dei concetti che si traggono dalla parte immediatamente precedente del codice, relativa alle società.

Tale lettura è, invero, significativamente avvalorata dalla Relazione Governativa che parlava distintamente - e senza equivoci - di fattispecie "poste a tutela dell'effettività e dell'integrità del capitale sociale" rendendo così nitida l'obiettività giuridica della disposizione in esame.

Questa granitica visione ermeneutica in ordine all'oggettività giuridica della disposizione in esame consente di selezionare, tra le condotte rilevanti penalmente, solo quelle che incidano concretamente sul capitale sociale inteso in senso civilistico, quale grandezza che esprime il valore dei conferimenti dei soci, unica grandezza che risulta essere stata attenzionata dal legislatore in sede penale, senza lasciare alcuno spazio alle condotte che incidano sul ben più ampio ed articolato "patrimonio netto".

Seguendo tale lettura - da ritenersi maggiormente aderente oltre che alla lettera della disposizione, ad una visione ermeneutica sistematica e teleologica - devono ritenersi atipiche, rispetto alla fattispecie in esame, le condotte che incidano sul "patrimonio di vigilanza" o "capitale regolamentare".

Invero, quest'ultimo si pone come concetto ben più ampio ed articolato rispetto a quello di capitale sociale, peraltro introdotto con riferimento agli Istituti di Credito con la sottoscrizione dell'accordo internazionale noto come "Basilea 2" avvenuta nel 2004 e, dunque, successivamente rispetto alla novella del 2002 che, all'evidenza, non poteva tenere in considerazione un concetto non ancora introdotto sul piano ordinamentale (inteso in senso sovrarazionale),

E' di tutta evidenza che l'estensione della portata nella norma di cui all'art. 2632  c.c. alla tutela del "patrimonio di vigilanza" si rivelerebbe un'operazione interpretativa del tutto arbitraria, violativa del principio di determinatezza e di tassatività vigente in sede penale, che si pongono - unitamente ai principi di riserva di legge e di irretroattività(in senso sfavorevole) della norma penale - quali corollari del principio di legalità, ancorato in sede sovrarazionale all'art. 7  CEDU che si ritiene soddisfatto, secondo l'interpretazione della Corte Europea, solo allorquando la norma incriminatrice consenta al destinatario un ragionevole giudizio di natura prognostica sulla illiceità della propria eventuale condotta futura; in sede nazionale, il principio di tassatività e determinatezza

della fattispecie penale, trova la propria solida base nel disposto di cui all'art. 25 , comma 2 della Costituzione ed agli stessi si correla, sul piano interpretativo, il divieto di analogia in malam partem, ispirato alla necessità di garantire le libertà dell'individuo dall'abuso del potere giudiziario a cui è, dunque, inibito, nell'operazione ermeneutica ispirata ai criteri di cui agli artt. 12 -14  delle preleggi, ricorrere all'analogia quale meccanismo integrativo dell'ordinamento in quanto un'applicazione analogica di una norma punitiva determinerebbe il contrasto con la finalità di garanzia della libertà per l'individuo.

Peraltro, applicare la norma in esame alle condotte che incidano sul "capitale regolamentare" determinerebbe un'irragionevole distinzione tra le società che operano nel settore bancario - le uniche alle quali si applicano le regole di "Basilea 2" - e le altre società rispetto alle quali l'applicazione della norma sarebbe limitata alle condotte incidenti solo sul capitale sociale nominale.

8.3.2. La condotta di sottoscrizione reciproca di azioni o quote.

E' stato evidenziato, nella fase di apertura della trattazione congiunta dei capi di imputazione recanti i numeri 8,12 e 13, come l'art. 2632  c.c. sia disposizione a più norme in quanto prevede diverse ipotesi autonome di reato, fra loro astrattamente concorrenti, tra cui spicca - per quanto di interesse in questa sede in ragione delle specifiche ipotesi di reato oggetto di disamina in tale parte della sentenza - la condotta consistente nella "sottoscrizione reciproca di azioni o quote" già descritta efficacemente dalla stessa Relazione al Codice Civile quale "moltiplicazione illusoria della ricchezza"; si tratta di operazione già espressamente vietata sul piano civilistico dal disposto di cui all'art. 2360  c.c.

norma che, ancorché non più espressamente richiamata, si correla necessariamente la tutela penale approntata dall'art. 2632  c.c.

Tale condotta - oggetto di specifica attenzione penale in quanto finalizzato alla tutela dell'effettività del capitale sociale - ricorre laddove vi siano almeno due società, entrambe in fase di Aumento di Capitale, che emettano nuove azioni e le sottoscrivano in modo reciproco, versando - altrettanto reciprocamente, nelle rispettive casse, il valore delle azioni sottoscritte di talché il capitale sociale delle due società risulta solo apparentemente e non concretamente implementato, in quanto ad un aumento nominalistico del capitale non corrisponde un effettivo e corrispondente incremento della "ricchezza reale" della società; è stato efficacemente evidenziato che l'utilizzo di un tale "gioco di specchi" si ripercuote in via immediata sulla "solidità del capitale sociale", incidendo conseguentemente sull'affidamento che i creditori concentrano su un tale tipo di società, solo apparentemente capitalizzato. E' stato, peraltro, osservato - da una parte della dottrina - come tale norma, non richieda, ai fini della sua integrazione, che le sottoscrizioni reciproche in sede di Aumento di Capitale siano dello stesso importo né che siano contestuali.

Nello specifico, con riferimento a tale ultimo aspetto, laddove si ritenga possibile estendere la portata della norma in modo tale da farvi rientrare anche le sottoscrizioni non simultanee, si ritiene doveroso osservare che, per poter ritenere sussistente il presupposto della "reciprocità", occorre che vi sia contiguità temporale tra le sottoscrizioni tra le due società ed, inoltre, che rientrino nel contesto di una specifica "preordinazione" dell'intero meccanismo; in altri termini, la sottoscrizione reciproca delle azioni del contesto degli aumenti di capitale, laddove non simultanea, può assumere rilievo penale solo allorquando sia la concretizzazione di uno specifico e dettagliato accordo tra le società finalizzato a garantire la reciprocità delle sottoscrizioni.

8.3.3. Condotte escluse dalla tipicità della norma.

Il perimetro della norma in esame come sopra delineato sul piano oggettivo, porta a ritenere escluse, dall'alveo della tipicità della fattispecie in trattazione, quelle condotte che, pur involgendo società nell'ambito di un medesimo (o quantomeno contiguo) contesto temporale, vedano - da un lato - la partecipazione all'Aumento di Capitale tramite sottoscrizione di azioni di nuova emissione e - dall'altro - l'acquisito di azioni non di nuova emissione ma già presenti sul mercato o di azioni del fondo "azioni proprie"; si tratta invero di operazioni tecnicamente e giuridicamente distinte rispetto a quella della sottoscrizione di azioni di nuova emissione, giacché si tratta di veri e propri acquisti di azioni già liberate, il cui corrispondente capitale sociale risulta già versato, di talché il loro acquisito, ancorché in un contesto di reciprocità, non incide sulla consistenza del capitale, che non muta.

Tale precisazione consente, dunque, di escludere dal novero delle condotte penalmente rilevanti ai sensi della norma in trattazione - che si è mantenuta invariata nonostante la novella del 2002 quanto al suo precetto penale, volto a sanzionare la sola condotta di sottoscrizione reciproca di azioni già vietata sul piano civilistico dall'art. 2360  c.c. - l'ipotesi in cui un soggetto acquisti azioni mediante sottoscrizione dell'Aumento di Capitale sociale di una società e questa, invece, si limiti ad acquistate azioni del primo soggetto, già in precedenza emesse e liberate, acquistate sul mercato ovvero dal fondo "azioni proprie".

Altra ipotesi che si ritiene di non poter sussumere nella fattispecie penale di riferimento, si verifica nel caso in cui, pur essendovi una sottoscrizione reciproca di azioni di nuova emissione, l'operazione sia condotta attingendo alle c.d. "riserve disponibili".

Si osserva che, con riferimento a tale caso, l'esclusione debba apprezzarsi valorizzando l'oggettività giuridica della norma in esame; invero, è stato acutamente osservato dalla dottrina maggioritaria che, in tale ipotesi, non si verifica alcuna "diluizione" del capitale sociale in quanto la partecipazione all'operazione avviene attingendo a ricchezze reali, quali sono le riserve effettivamente disponibili; pertanto, deve ritenersi che la sottoscrizione reciproca di azioni laddove posta in essere attingendo a ricchezze non illusorie ma concretamente esistenti integrate dalla riserve disponibili, non possa assumere alcun rilievo penale in quanto si tratta di condotta all'evidenza inidonea a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma di riferimento ossia il capitale sociale nominale, come inteso civilisticamente.

Orbene, tirando le fila di quanto sopra rilevato, alla luce della struttura semantica della norma, della sua interpretazione - in ottica nazionale e sovranazionale e valorizzandone l'obiettività giuridica - non può che osservarsi come ricondurre all'interno del perimetro di illiceità penale le condotte sopra affrontate - di acquisito di azioni sul mercato, di azioni proprie ovvero di sottoscrizione in presenza di riserve disponibili - determinerebbe la violazione del principio di tassatività e di determinatezza della fattispecie penali oltre che del divieto di analogia in malam partem, principi che presidiano la libertà dell'individuo dai possibili arbitrari ampliamenti dell'area di applicazione della sanzione penale prevista dalla norma esaminata.

8.4. Le conclusioni in ordine al capo 12.

Si tratta ora di applicare ai fatti così descritti le coordinate teorico interpretative illustrate qui sopra con riguardo alle due fattispecie dell'art. 2632  c.c. descritte ai capi 12) e 13).

Partendo dall'operazione contestata nel capo 12), che coinvolge la C.R.C., si è già avuto modo di evidenziare come lo scambio azionario abbia riguardato tipologie civilisticamente differenti di partecipazioni.

Da un lato, infatti, C.C. sottoscrive l'Aumento di Capitale dell'istituto ferrarese; dall'altro quest'ultimo acquista azioni proprie di C.C., non sottoscrivendo quindi alcun Aumento di Capitale di quest'ultima, che non lo aveva nemmeno deliberato. Va ricordato che le azioni proprie sono partecipazioni già interamente liberate, il cui valore è pertanto già stato effettivamente corrisposto. La condizione per l'acquisto di azioni proprie da parte di una società, peraltro dovendo utilizzare utili distribuibili e riserve disponibili, è infatti che queste siano state interamente liberate da parte dei soci cedenti.

Sulla base di quanto enunciato in sede di ricostruzione teorica, dunque, il caso in questione si pone al di fuori del restrittivo perimetro imposto da una corretta interpretazione della fattispecie di cui all'art. 2632  c.c., limitato a operazioni riguardanti solamente una sottoscrizione reciproca, nell'ambito quindi di rispettivi aumenti di capitale ad opera delle società interessate.

L'operazione sopra illustrata, al contrario, vede un solo Aumento di Capitale e una sola sottoscrizione, operata da C.C. verso C., mentre sul fronte opposto si pone un acquisto di azioni proprie.

Tale operazione, dunque, non rientra nel perimetro di tipicità della fattispecie e non è affatto fittizia, ma ha comportato il conferimento da parte di C.C. di un cespite avente un effettivo valore patrimoniale e che ha determinato un effettivo Aumento di Capitale, dal momento che le azioni sono un bene avente valore certo e tangibile, monetizzabile sul mercato attraverso la rivendita delle stesse.

E', d'altronde, lo stesso consulente dell'accusa a condividere tale assunto, precisando che la matrice delle proprie considerazioni ulteriori è di natura esclusivamente economica, in una lettura patrimoniale rispondente ai parametri prudenziali di vigilanza, avulsi però dalla logica che aveva mosso il legislatore del 1942.

Si deve quindi concludere per l'insussistenza del fatto descritto nel capo di imputazione richiamato, non essendosi verificati i presupposti concreti richiesti dalla fattispecie penale, con il conseguente esito assolutorio nei confronti dei relativi imputati.

8.5. Le conclusioni in ordine al capo 13.

Le considerazioni svolte in merito al capo 12) possono essere estese anche al successivo capo 13), per quel che riguarda quella porzione di partecipazione sociale di B.V. che il gruppo C. acquista sul mercato libero o direttamente dall'istituto bresciano, il quale cede azioni proprie.

Anche in questi casi, infatti, non si rientra nella tipicità richiesta dalla fattispecie penale, trattandosi di operazioni esorbitanti da una sottoscrizione reciproca.

Residua tuttavia una porzione dell'originaria condotta contestata, per la quale effettivamente si è verificata una sottoscrizione reciproca di azioni di nuova emissione tra i due istituti bancari, nell'ambito delle rispettive operazioni di Aumento di Capitale.

Si fa riferimento al già citato importo di Euro 1.188.750, cifra corrispondente alla sottoscrizione dell'aumento del capitale di B.V. effettuata dal Gruppo C., a fronte di una sottoscrizione nel senso opposto pari a Euro 9.999.990.

Considerate ormai acquisite le considerazioni di cui sopra in ordine all'insussistenza del reato per le diverse forme di acquisizione di partecipazioni azionarie, occorre in primis evidenziare come l'assunto accusatorio, qualora sostenibile per tale residua porzione, risulti comunque fortemente ridimensionato, riguardando solamente il 12% circa dell'investimento del Gruppo C. nella banca bresciana. Il dato acquista rilevanza non solo in termini numerici, ma ha delle ricadute anche in termini logici, andando a minare la solidità di una ricostruzione inizialmente illustrata in termini di stretta corrispettività temporale e valoriale tra le due partecipazioni azionarie, ma che all'esito del dibattimento si trova invece a interessarsi, in termini quantomeno aperti al confronto, all'investimento complessivo del Gruppo C. solo per la percentuale sopra richiamata.

Alla ricostruzione dei fatti in precedenza operata va aggiunto un dato che, alla luce dell'inquadramento teorico in precedenza effettuato, assume decisiva rilevanza ai fini del giudizio di responsabilità penale.

Deve infatti sottolinearsi che la reciproca sottoscrizione dei rispettivi Aumenti di Capitale da parte del gruppo ferrarese e della banca bresciana fu effettuata attingendo in entrambi i casi a riserve disponibili. L'entità di tali riserve, desumibili dai bilanci dell'anno 2010, erano infatti di 192,4 milioni di Euro per quel che riguarda B.V., e di 187,2 milioni di Euro per quel che riguarda il Gruppo Ca.Ri.Fe.. Dunque, per quel che riguarda quest'ultimo, all'esiguità dell'investimento in sottoscrizione in sé, si aggiunge la ridotta incidenza sulle riserve disponibili.

Anche in questo caso è necessario richiamare quanto già considerato in sede di ricostruzione teorica. L'assolutezza derivante dal divieto di cui all'art. 2630  c.c. si mostra infatti irragionevole a fronte di un acquisto compiuto utilizzando riserve disponibili, nei quali è reale l'apporto di ricchezza utilizzato per l'acquisto, al pari di un normale acquisto azionario effettuato con riserve disponibili della società, poiché al valore dell'azione sottoscritto corrisponde una corrispettiva consistenza patrimoniale. Tenendo in considerazione lo scopo della tutela approntata dal legislatore con la norma in oggetto, non può quindi condividersi la tesi secondo la quale in tutti i casi di sottoscrizione reciproca si determina l'evento richiesto dalla fattispecie, consistente nella formazione fittizia del capitale sociale. Tale evento, infatti, per quanto chiarito, non rappresenta una conseguenza automatica e necessaria del compimento della condotta tipica, bensì un elemento logicamente distinto ed eventuale, da accertare nella concreta situazione che si analizza. Ad essere vietata non è in sé la sottoscrizione reciproca di azioni, ma solo quella sottoscrizione che dia luogo a una costituzione o a un aumento fittizi del capitale sociale.

Il divieto di sottoscrizione reciproca deve dunque ritenersi riferibile alle ipotesi di utilizzo da parte della società acquirente di somme provenienti dal capitale sociale, dalla riserva legale o da altre riserve indisponibili. Nelle altre ipotesi, cioè qualora la sottoscrizione reciproca avvenga tramite riserve disponibili, si ha la trasformazione in capitale sociale di una società delle riserve disponibili dell'altra e viceversa, senza alcuna mancata formazione effettiva del capitale sociale, attingendosi a serbatoi di ricchezza assolutamente reali.

L'effettiva valenza patrimoniale delle partecipazioni acquisite da C. in B.V. è stata d'altronde dimostrata anche dalle vicende successive al dissesto del gruppo ferrarese. Non risulta che il patrimonio di C. o quello di B.V. sia stato ridotto dell'importo delle sottoscrizioni reciproche, né risulta che le azioni entrate nel patrimonio di C. siano state annullate. Tali partecipazioni, infatti, hanno comportato un reale incremento patrimoniale, che hanno continuato a produrre i propri effetti anche in seguito, essendo state acquisite finanche in B.P.E.R., soggetto giuridico in seguito subentrato.

Resta comunque da spiegare come in alcuni punti nel corso dell'istruttoria sia emerso il riferimento, per il vero generico e atecnico, alla nozioni di "annacquamento" del capitale sociale. Il termine deve invero essere riferito all'ottica perseguita dall'istituto di Vigilanza, più che a una nozione tecnico giuridica attinente al reato contestato. E' chiaro, infatti, che l'auspicio della B.I. fosse quello di un interesse da parte dell'investitore che potesse potenzialmente sfociare in un ulteriore e successivo intervento da parte dell'istituto bancario, in una prospettiva di lungo periodo. L'esistenza di motivazioni diverse, e riconducibili alla reciprocità delle operazioni, sebbene come visto non vietata dalla legge, frustrava tale finalità, portando gli osservatori a esprimersi nei termini sopra richiamati. L'ambito di operatività di tali considerazioni è però diverso rispetto a quello richiesto in sede penale e tale per cui se ne deve qui ritenere la sostanziale irrilevanza.

Per quanto fin qui considerato, occorre quindi concludere per l'insussistenza anche dell'ipotesi contestata al capo 13, con il conseguente necessario esito assolutorio.

8.6. Le conclusioni in ordine al capo 8.

Le conclusioni sopra riportate non possono non riflettersi nella valutazione di sussistenza del reato di bancarotta contestata nel capo 8). Trattasi, infatti, di condotta qualificata ai sensi degli artt. 216 e 223 co. 2 n. 1) L.F.: la fattispecie invocata è strutturata come reato complesso, rispetto al quale il reato societario, assunto come elemento costitutivo, deve essere causa o concausa del dissesto societario. Nel caso in esame il fatto tipico del reato di bancarotta è integrato proprio dall'illecito di cui all'art. 2632  c.c. in forza della contestata condotta di sottoscrizione reciproca di azione tra gli Istituti bancari con aumento fittizio del capitale sociale di C. L'accertata insussistenza del fatto tipico di tale reato comporta il venir meno della bancarotta contestata con conseguente assoluzione degli imputati cui essa è ascritta perché il fatto non sussiste.

8.6.1. Richiesta di riqualificazione del reato sub capo 8).

Accertata l'insussistenza della fattispecie di bancarotta così come descritta al capo 8), va sottoposta a verifica l'ipotesi alternativa avanzata dalla Pubblica Accusa in sede di requisitoria finale e relativa alla fattispecie di cui agli artt. 216, 223 comma 2 n. 2) L.F. nella parte in cui prevede la responsabilità degli amministratori, Direttori Generali, sindaci e liquidatori di società fallite, qualora abbiano "cagionato per effetto di operazioni dolose il fallimento della società".

Va da subito chiarito come l'iniziativa processuale suddetta è stata assunta quale istanza di riqualificazione della condotta contestata, "in subordine" rispetto all'originaria imputazione. Il primo profilo da valutare attiene, pertanto, alla verifica di conformità di una tale richiesta al principio della correlazione tra il fatto contestato e quello oggetto della sentenza sancito nell'art. 521  c.p.p.

Il contenuto normativo di tale articolo si connota per l'affidamento al giudice dei rimedi correttivi idonei a garantire un controllo di legalità della sentenza e si distingue dall'ipotesi in cui, nel corso dell'istruzione dibattimentale, si verifichino i presupposti indicati dagli artt. 516  e 517  c.p.p., nel qual caso è il Pubblico Ministero che deve adeguare l'imputazione alle risultanze probatorie modificando la stessa e procedendo alla relativa contestazione; la possibilità di astenersi dall'attivare tale ultimo meccanismo processuale si verifica solo quando il fatto storico abbia mantenuto la sua identità e l'imputato sia stato in condizione di difendersi su tutti gli elementi fondamentali oggetto dell'addebito e qualora la nuova definizione del reato appaia come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile.

Tenuto conto di tali premesse, ritiene il Collegio che la nuova ipotesi di reato proposta dall'Accusa nei termini suindicati non si presti ad essere inquadrata come mera ridefinizione giuridica di una stessa condotta già contestata ma integri piuttosto la contestazione di un fatto diverso suscettibile di verifica solo all'esito della procedura contestativa regolata dall'art. 516  c.p.p..

Una tale conclusione s'impone avuto riguardo alla struttura delle due fattispecie invocate dall'accusa a sostegno delle proprie richieste, in alternativa tra loro, e al diverso schema costitutivo delle condotte previste; nella limitata prospettiva che qui interessa approfondire, va, infatti, evidenziato che mentre la fattispecie di cui agli artt. 216 e 223 co. 2 n. 1) L.F. è strutturata come reato complesso nei termini già sopra descritti, la fattispecie di cui agli artt. 216 e 223 co. 2 n. 2) L.F. fa riferimento alla condotta di chi con dolo o per effetto di operazioni dolose cagiona il fallimento della società. La nozione di operazioni dolose, cui va ricondotta l'ipotesi scelta dall'accusa, non ha un contenuto definito: la Giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in essa va ricompresa "non solo la commissione di abusi gestori o di infedeltà di doveri che la legge impone all'organo amministrativo ma anche tutti quegli atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della società e postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato".

Ebbene, per quando aperta risulti l'area identificativa di tali operazioni è comunque fuori di dubbio che l'individuazione dell'oggetto di questa norma incriminatrice vada effettuata per esclusione rispetto all'altra ipotesi di reato prevista dall'art. 223 co. 2 n. 1) L. F., occupando uno spazio normativo residuale rispetto agli illeciti societari indicati in tale ultima fattispecie.

Alla luce di tali premesse, si osserva come la condotta di bancarotta descritta al capo 8) dell'imputazione richiami tutti gli elementi propri del reato di cui all'art. 2632  c.c. (in particolare i già descritti profili salienti della sottoscrizione reciproca delle azioni e della fittizietà dell'Aumento del Capitale che ne sarebbe conseguito). Posto che di essi, a seguito dell'approfondita analisi svolta ai capitoli che precedono, è stata provata l'insussistenza, ricondurre quella stessa condotta ad una diversa fattispecie appare operazione processuale che esula da una mera ridefinizione giuridica del fatto: la pretesa di mantenere inalterata la condotta contestata riconducendola a diverso reato espone, infatti, la prospettazione accusatoria al rischio concreto di sovrapporre il tema della verifica di sussistenza del fatto tipico con quella della sua riqualificazione normativa, sul presupposto, in realtà non verificatosi, della raggiunta prova in ordine a tutti gli elementi costitutivi del fatto.

E' evidente che da una tale aporia era possibile uscire solo ipotizzando una condotta che, superando lo schema costitutivo del reato originariamente ipotizzato, trovasse una diversa declinazione anche nella sua materialità attraverso il meccanismo correttivo dell'art. 516  c.p.p. Rispetto al caso in esame non è, quindi, preclusa la possibilità in astratto di configurare come operazione dolosa la sottoscrizione di azioni ascrivibile agli Istituti Bancari coinvolti nella vicenda ma ciò solo alla luce degli esiti dell'istruttoria dibattimentale e quindi prefigurando da una parte la partecipazione di B.P.V. e della C.R.C. all'Aumento di Capitale di C. come sottoscrizione di azioni di nuova emissione e - dall'altro - inquadrando l'acquisto di azioni dei predetti Istituti da parte di quest'ultima C. non come sottoscrizione reciproca di azioni di nuova emissione bensì quale acquisto di azioni già presenti sul mercato o di azioni del fondo "azioni proprie".

All'interno di tale schema fattuale è evidente la diversa natura delle condotte e le diverse problematiche di natura probatoria che ne derivano rispetto all'imputazione originaria; in particolare, quelle attinenti alla necessità di dimostrare che le condotte, non più riconducibili all'illecito societario di cui all'art. 2632  c.c. e comunque da ritenere legittime sotto il profilo civilistico, possano essere sussunte nella diversa nozione di operazioni dolose nei termini sopra descritti e che sussisteva un nesso causale tra le sottoscrizioni così definite e il dissesto dell'Ente.

Questi temi non hanno in realtà trovato adeguato approfondimento in sede dibattimentale (e, anzi, più volte è stato richiamato nel corso del processo il fatto che le cause del dissesto dell'Ente attenessero a vicende diverse oggetto di indagini in fase di chiusura) e comunque, per le ragioni sopra esposte, non possono fare ingresso nella valutazione del reato contestato al capo 8).

IMPUTAZIONE sub capo 9)

F.D., L.S., F.D., S.M., L.G., G.A., T.M., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2637 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. Sp.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A. ", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. Sp.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.G., nella qualità di legale rappresentante della "C.R.C. S.p.A.";

- G.A., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.C. S.p.A.";

- T.M., nella qualità di Dirigente della "C.R.C. S p.A., ";

essendo l'Istituto bancario "C.R.F. S.p.A." sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7. 153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, ponevano in essere operazioni simulate concretamente idonee ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario; con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A. " e "C.R.C. S.p.A.", come meglio indicato nel capo 8); essendo l'importo apparentemente investito da "C.R.C." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni dello stesso Istituto di Credito.

In particolare:

- La "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A.", tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni, al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.010 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011).

In Ferrara e Cesena (FC), nelle date sopra indicate

IMPUTAZIONE sub capo 10)

F.D., L.S., F.D., S.M., G.P., N.T., S.A.E., G.S., imputati:

del delitto p. e p. dagli artt. 110  c.p., 2637 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa,

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A. ", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- G.P., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "C. S.E.I.";

- N.T., nella qualità di Componente del Consiglio di Amministrazione della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa, e di legale rappresentante della "B.C.R. S.p.A.";

- Scardi Ezio nella qualità di legale rappresentante della "B.P.V. S.c.p.a.";

- G.S., nella qualità di Direttore Generale della " B.P.V. S.c.p.a."; essendo l'Istituto bancario "C.R.F. S.p.A." sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, nel corso dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, ponevano in essere operazioni simulate concretamente idonee ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario; con condotta consistita nella sottoscrizione reciproca di azioni tra il Gruppo "C.R.F. S.p.A." e "B.P.V. S.c.p.a.", come meglio indicato nel capo 8); essendo l'importo apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito.

Con il concorso di G.P. e di N.T., nelle qualità sopra indicate e, rispettivamente, di legali rappresentanti della società "C. S.E.I." e della "B.C.R. S.p.A.", le quali sottoscrivevano la partecipazione in "B.V. S.c.p.a.", nell'ambito delle disponibilità finanziarie riconducibili al Gruppo "C.R.F. S.p.A.".

In particolare:

- la " B.P.V. S.c.p.a." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- a sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva così ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2,996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. Sc.ar.l.", oggi "C. S.E.I. s.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011);- Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

In Ferrara, Forlì (FC) e Brescia nelle date sopra indicate

9. delitto di aggiotaggio di cui ai capi 9) e 10).

Le contestazioni relative ai capi 9) e 10) riguardano il delitto di aggiotaggio, contestato in riferimento alle condotte che in tesi di accusa costituirebbero violazione dell'art. 2632  c.c. E' chiaro quindi che l'analisi logica dell'imputazione debba necessariamente seguire la trattazione che ha avuto ad oggetto i capi 12) e 13), che costituiscono il perno anche delle presenti contestazioni.

In entrambi i capi di imputazione qui esaminati, infatti, l'acquisto reciproco di partecipazioni azionarie viene descritto alla stregua di un'operazione simulata, che sarebbe stata quindi congegnata per conseguire finalità diverse rispetto a quelle apparenti.

Sul punto, la Pubblica Accusa richiama quanto considerato dal proprio consulente tecnico, secondo il quale "Le operazioni oggetto di analisi hanno comportato un incremento del capitale regolamentare pur senza un effettivo rafforzamento patrimoniale... La sottoscrizione delle azioni di nuova emissione di Carife da parte di Caricesena e Valsabbina a fronte della cessione di azioni proprie di tali Banche a Carife ha determinato - pur nel rispetto formale delle regole di Basilea II, così come recepite nelle disposizioni di B.I. (circolare 263/2006) - un aumento del capitale regolamentare delle Banche coinvolte, in assenza di un effettivo rafforzamento patrimoniale delle stesse"

"Con specifico riferimento a Carife, tale operazione costituisce evidente violazione delle indicazioni di B.I., che, date le criticità attuali e prospettiche della banca, aveva reputato non più procrastinabile un rafforzamento patrimoniale. Nell'ottica dell'Autorità di Vigilanza l'aumento di capitale di Carife era appunto finalizzato a conseguire un effettivo (e non meramente formale) rafforzamento patrimoniale della Banca. In effetti, la parte di aumento di capitale realizzata con le modalità sopra descritte (sottoscrizione reciproca e sottoscrizione a fronte di cessione di azioni proprie), pur producendo formalmente un incremento del capitale regolamentare, nella sostanza non ha rafforzato la dotazione patrimoniale della Banca. Peraltro, l'importo sottoscritto da Caricesena e Valsabbina (complessivamente Euro 15 milioni) costituisce una porzione non marginale dell'aumento di capitale di Carife (Euro 150 milioni)".

Dal momento che le accuse contenute nei capi 9) e 10) riguardano sostanzialmente la medesima tipologia di condotte, le argomentazioni in questa sede svolte debbono considerarsi estese a entrambe le ipotesi, la cui unica differenza consiste nel riferirsi a soggetti giuridici diversi.

Occorre preliminarmente delimitare il campo di indagine a quello prospettato nel capo di imputazione, nel quale, a fronte delle varie condotte contenute nella fattispecie astratta di cui all'art. 2637  c.c., si fa menzione del solo compimento di operazioni simulate.

Si è già fatto riferimento, nella parte di inquadramento teorico del reato, alla nozione di simulazione assoluta e relativa: alla prima categoria appartengono le operazioni che le parti non hanno in alcun modo inteso realizzare; alla seconda, le operazioni che presentano un'apparenza difforme rispetto a quella effettivamente voluta, nelle quali il contenuto del negozio giuridico nasconde una realtà diversa o anche soltanto invariata rispetto alla situazione economica precedente l'operazione stessa.

Il capo di imputazione non menziona in realtà quale tipo di simulazione sarebbe stato posto in essere, ma il complesso delle contestazioni mosse, nonché la più logica tra le interpretazioni possibili in assenza dell'indicazione di un diverso negozio dissimulato, porta a ravvisare il fatto contestato come una simulazione assoluta, ravvisabile nel fittizio (in tesi di accusa) Aumento di Capitale realizzato.

Orbene, si è già avuto modo di chiarire come le operazioni compiute tra gli istituti bancari coinvolti abbiano comportato un effettivo aumento del capitale di C., poiché effettuate tramite azioni acquistate sul mercato, azioni proprie già interamente liberate e sottoscrizioni che hanno visto l'utilizzo di riserve disponibili. Si richiama, per completezza, quanto già illustrato nel capitolo relativo ai capi 12) e 13). In questo senso, dunque, non è possibile ritenere che alcuna simulazione si sia compiuta: lo scopo dell'operazione era quello di apportare ulteriori capitali all'interno del patrimonio della banca ferrarese e tale obiettivo si è effettivamente realizzato secondo modalità consentite dalla legge.

Viene, pertanto, fin da subito a mancare il nucleo centrale della fattispecie astratta contestata, vale a dire la condotta tipica.

Altresì, in un esercizio teorico volto a completare l'intera analisi dei vari elementi richiesti dalla fattispecie, pure ritenendo che tale condotta sia sussistente e che quindi le operazioni tenute siano effettivamente state simulate, va comunque rilevato che non sussiste il requisito dimensionale richiesto dal reato in questione e consistente nell'idoneità a incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale del Gruppo bancario. Da un lato, infatti, la parte di sottoscrizione reciproca effettuata dal gruppo ferrarese rappresenta appena lo 0,219% del patrimonio di C. e lo 0.299% del patrimonio di B.V. dopo gli aumenti di capitale, mentre all'interno dell'aumento da 150 milioni di Euro proposto da C., esso rappresenta una percentuale pari allo 0,79%. Sotto un differente punto di vista, inoltre, anche nel caso in cui l'Aumento di Capitale non avesse raggiunto l'importo massimo deliberato, non ci sarebbero stati i presupposti per l'avvio di una procedura di amministrazione straordinaria, ma il testimone D.S. ha chiarito che probabilmente ne sarebbe solo seguito un intensificarsi dell'azione di vigilanza.

L'esiguità degli eventuali impatti legati al riconoscimento della sottoscrizione reciproca come simulata depongono quindi per l'insussistenza anche del possibile evento del reato.

Dunque, non solo la condotta non può dirsi essersi verificatama nel caso lo fosse essa non sarebbe stata idonea a cagionare l'evento richiesto dalla norma, confermando ancora una volta l'insussistenza delle ipotesi contestate ai capi 9) e 10).

IMPUTAZIONE sub capo 11)

F.D.. L.S., F.D., S.M.:

delitto p. e p. dagli arti. 110 c.p., 2638 commi 1, 2 e 3 c.c., perché, agendo in concorso tra loro:

- F.D., nella qualità di Direttore Generale della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- L.S., nella qualità di Presidente del C.d.A. della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- F.D., nella qualità di Responsabile della Direzione Bilancio della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

- S.M., nella qualità di Responsabile della Direzione Finanza della "C.R.F. S.p.A.", Istituto di Credito all'epoca dei fatti in bonis e attualmente in liquidazione coatta amministrativa;

essendo l'Istituto bancario "C.R.F. S.p.A." sottoposto ai controlli della B.I. a seguito dell'ispezione del 2009, nell'ambito della quale erano state riscontrate criticità sotto il profilo patrimoniale del Gruppo, ed avendo l'Organo di Vigilanza tramite le comunicazioni del 25.06.2010, 20.10.2010 e 29.04.2011 sollecitato la C. ad adottare le iniziative per rafforzare il livello di patrimonializzazione dell'Istituto e, in particolare, a procedere all'operazione di aumento di capitale per un ammontare almeno pari ad Euro 150 milioni e a raggiungere un livello di "Tier 1 Ratio" consolidato pari ad almeno l'8%, a seguito dell'operazione di aumento di capitale relativa all'offerta in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220.329,00, ostacolavano consapevolmente le funzioni di controllo dell'Organo di Vigilanza B.I., esponendo peraltro fatti materiali non rispondenti al vero in ordine alla situazione patrimoniale di C.; in particolare, comunicavano falsamente che l'importo massimo dell'aumento di capitale era stato integralmente sottoscritto; essendo stato, in realtà, l'aumento di capitale in parte sottoscritto fittiziamente per un importo almeno pari ad Euro 14.999.985,00, come meglio indicato nel capo 8), tramite sottoscrizione reciproca di azioni fra il Gruppo C., la "B.P.V. S.c.p.a." e la "C.R.C. S.p.A."; essendo l'importo predetto, apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." e da "C.R.C.", compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito.

In particolare:

- la "C.R.C. S.p.A." aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 238.095 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 4.999.995 (a seguito delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 26.09.2011 e del 15.11.2011);

- A sua volta, "C.R.F. S.p.A." interveniva nel capitale di "C.R.C. S.p.A." acquistando n. 260.030 azioni al prezzo unitario di Euro 19,23 per un ammontare complessivo di Euro 4.999.992,3 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 04.10.2011);

- La "B.P.V. S.c.p.a. " aderiva all'operazione di aumento di capitale 2011 "C.R.F. S.p.A." tramite l'acquisto di n. 476.190 azioni al prezzo unitario di Euro 21,00, per un controvalore complessivo pari ad Euro 9.999.990,00 (a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.09.2011);

- a sua volta, il Gruppo C. interveniva nel capitale di "B.P.V. S.c.p.a." per un ammontare complessivo di Euro 9.971.650,00 circa, il cui investimento veniva così ripartito: - Euro 3.482.000,00 (somma investita da "C.R.F. S.p.A." dal 15.07.2011 all'11.11.2011); - Euro 2.996.000,00 (somma investita da "C. S.E.I. S.c.ar.l.", oggi "C. S.E.I. s.r.l." dal 15.09.2011 all'11.11.2011); -

Euro 3.493.650,00 (somma investita da "B.C.R. S.p.A." dal 07.10.2011 al 18.11.2011).

Con l 'aggravante di cui al comma 3, trattandosi di operazione riguardante titoli diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'art. 116  D.Lgs. n. 58 del 1998 .

In Ferrara, in epoca prossima al 30.09.2011

10. Premessa: la prospettazione accusatoria.

La lettura dell'ipotesi accusatoria oggetto di disamina consente di evidenziare che la Pubblica Accusa ha inteso contestare a F.D., a L.S., a F.D. e a S.M. - nelle rispettive qualità di Direttore Generale, Presidente del C.d.A., Responsabile della Direzione Bilancio e Responsabile della Direzione Finanza di C. = l'integrazione delle fattispecie di reato di cui all'art. 2838  c.c. previste nei commi I e II, per aver concorso ad ostacolare "consapevolmente" le funzioni di controllo della B.I., espletate in particolare nella fase di monitoraggio costante - "cartolare" - seguito all'ispezione del 2009 e finalizzato ad ottenere il rafforzamento del livello di patrimonializzazione dell'Istituto. Segnatamente, secondo l'ipotesi accusatoria, la condotta di ostacolo sarebbe stata integrata per aver falsamente comunicato che l'importo massimo dell'Aumento di Capitale - deliberato tramite l'offerta "in opzione agli azionisti e alla successiva offerta al pubblico indistinto di massime n. 7.153.349 azioni ordinarie della "C.R.F. S.p.A." per un controvalore massimo di Euro 150.220,329,00" - sarebbe stato integralmente sottoscritto quando "in realtà", l'aumento di capitale in parte sottoscritto fittiziamente per un importo almeno pari ad Euro 14.999.985,00...tramite sottoscrizione reciproca di azioni fra il Gruppo C., la "B.P.V. S.c.p.a. " e la " C.R.C. S.p.A. " poiché il detto importo sarebbe stato solo "apparentemente investito da "B.P.V. S.c.p.a." e da "C.R.C.", in quanto "compensato con la quasi concomitante sottoscrizione, da parte del Gruppo C., di azioni degli stessi Istituti di Credito", come indicato nel capo 8) dell'imputazione.

La condotta di ostacolo così come contestata in forma concorsuale, si sarebbe pertanto concretizzata - secondo la Pubblica Accusa - attraverso l'esposizione alla B.I. di "fatti materiali non rispondenti al vero" relativi alla situazione patrimoniale di C., false informazioni che avrebbero ostacolato l'attività dell'Organo di Vigilanza il quale in tal modo sarebbe stato falsamente indotto a confidare nell'avvenuto reale completamento di una delle principali operazione di rafforzamento patrimoniale che era state raccomandate da B.I. in particolare con più volte citate lettere del 20.10.2010 e 29.04.2011.

Orbene, l'esame del compendio probatorio acquisito agli atti del pubblico dibattimento come esposte ed esaminato nei paragrafi che seguono, porta ad escludere la fondatezza dell'ipotesi accusatoria in esame, per diversi ordini di motivi:

- per quel che attiene all'ipotesi di reato di cui al comma I dell'art. 2638  c.c., si ritiene di dovere rilevare come la condotta ascritta agli imputati non possa essere sussunta nel fatto tipico di reato da ultimo richiamato in particolare a sul piano soggettivo giacché, come già diffusamente evidenziato con riferimento ai capi 4 e 5, anche con riferimento al capo in esame, risulta del tutto omessa la prospettazione, da parte della Pubblica Accusa, del dolo specifico che costituisce la componente psicologica necessaria ai fini della configurabilità della fattispecie in trattazione, come meglio precisato al paragrafo che segue;

- per quel che attiene al piano oggettivo inerente sia l'ipotesi di reato di cui al comma I, sia l'ipotesi delittuosa di cui al successivo comma 2 dell'art. 2638  c.c., sulla base della ricostruzione dei fatti operata con riguardo alle ipotesi di reato di cui ai capi 8, 12 e 13 (il primo dei quali espressamente richiamato al fine di descrivere al meglio, dal punto di vista fattuale, la condotta concretamente contestata agli imputati) l'Aumento di Capitale si sarebbe realmente verificato anche per il tramite degli scambi di partecipazione tra i predetti istituti di credito, risultando positivamente accertata l'assenza di qualsivoglia forma di falsità delle operazioni suddette.

10.1. Considerazioni circa l'ipotesi contestata ai sensi dell'art. 2638 , comma I, c.c.: insussistenza del reato sul piano astratto.

Nel contesto dei paragrafi che precedono, quanto alla propettazione dell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 2638 , comma I, c.c., è stato anticipato che risulta omessa la contestazione della componente psicologica richiesta ai fini della integrazione dell'ipotesi delittuosa costituita dal dolo specifico.

E' stato, infatti, rilevato come la Pubblica Accusa abbia inteso contestare in capo agli imputati - in relazione alle rispettive qualità soggettive - di avere ostacolato l'attività di vigilanza della B.I. nella fase di costante monitoraggio "cartolare" di C. seguito all'ispezione del 2009, avendo concorso a comunicare all'Autorità di Vigilanza informazioni non veritiere circa l'Aumento di Capitale, in quanto fittizio quantomeno nella parte pari ad Euro 14.999.985,00, corrispondente agli acquisti reciproci di partecipazioni tra il Gruppo C., la "B.P.V. S.c.p.a." e la "C.R.C. S.p.A.", informazioni da ritenersi rilevanti, in quanto relative alla situazione economico-patrimoniale-finanziaria della Cassa, particolarmente incisive quanto all'attività di vigilanza in quanto inerenti ad una delle principali iniziative "raccomandate" dall'Organo di Vigilanza alla Cassa a seguito delle gravi criticità rilevate in sede di ispezione nel 2009, in relazione al cui esito la stessa Autorità si era riservata eventuali iniziative.

Orbene, intendendo qui richiamate le ampie considerazioni svolte con riferimento ad analoga questione rilevata con riguardo ai capi 4) e 5) ed avuto riguardo alle riflessioni di natura prettamente giuridica svolte circa le fattispecie previste dall'art. 2638  c.c., si ritiene che si debba giungere ad escludere la configurabilità della fattispecie di cui all'art. 2638  comma I c.c. già sul piano astratto anche con riferimento all'ipotesi in trattazione, poiché la mancata contestazione del fatto con riguardo al dolo specifico non consente di sussumere l'ipotesi prospettata dall'accusa nell'ipotesi delittuosa di cui alla norma richiamata.

Si ritiene, pertanto, di dover pervenire a pronuncia assolutoria nei confronti di tutti gli imputati - S.L., D.F., D.F. e M.S. nelle rispettive qualità - secondo la formula di cui all'art. 530 , comma I, c.p.p. "perché il fatto non sussiste": l'attribuzione agli imputati di una condotta che - per mancata contestazione del dolo specifico - non rileva sul piano penale in quanto non riconducibile alla fattispecie di reato contestata, inibisce, infatti, qualsivoglia indagine nel merito, imponendo la pronuncia assolutoria secondo la formula indicata.

10.2. L'ipotesi contestata ai sensi dell'art. 2638 , comma II, c.c.: l'insussistenza della fattispecie alla luce della natura non simulata degli acquisti reciproci di partecipazione da parte degli istituti di Credito.

E' già stato rilevato, nella paragrafo relativo alla premessa, che l'accusa contenuta nel capo 11) in esame assume, quale predicato fattuale di base, la situazione concreta già descritta nel capo 8), al quale peraltro viene effettuato espresso rinvio; invero si presuppone, in fatto, che l'acquisto reciproco di partecipazioni azionarie tra il Gruppo C., la "B.P.V. S.c.p.a." e la "C.R.C. S.p.A." siano state - quanto meno per la somma di Euro 14.999.985,00 - operazioni societarie del tutto simulate, non reali, meramente fittizie, la cui "consapevole" comunicazione alla B.I. - integrando l'esposizione di fatti non rispondenti al vero - avrebbe falsamente indotto l'Autorità di Vigilanza a confidare sul raggiungimento di uno dei principali risultati economico-patrimonial-finanziari maggiormente raccomandati dalla B.I., così incidendo concretamente sull'attività di vigilanza svolta costantemente da quest'ultima, ostacolandola "consapevolmente".

Invero, nelle parti precedenti della presente motivazione, relative alla trattazione dei capi 8), 12) e 13), si è già avuto modo di acclarare dal punto di vista fattuale e di valutare, tramite i parametri normativi offerti, come le operazioni compiute tra gli Istituti Bancari sopra indicati abbiano comportato un effettivo aumento del capitale di C. in quanto poste in essere tramite azioni acquistate sul mercato, azioni proprie già interamente liberate e sottoscrizioni di capitali che, ancorché reciproche, in quanto effettuate tramite l'utilizzo di riserve disponibili, risultano aver avuto concreta incidenza sui capitali in effetti aumentati.

E' proprio tale incontrovertibile accertamento che esclude la sussistenza della figura della simulazione; è già stato, infatti, rilevato che lo scopo delle operazioni incrociate fosse quello di apportare ulteriori capitali all'interno del patrimonio di C., obiettivo effettivamente realizzato tramite meccanismi societari che non hanno incontrato alcun divieto di natura normativa, anzi del tutto consentiti dalla legge.

E' di tutta evidenza come tale tranciante considerazione porti a ritenere insussistente il presupposto fattuale su cui poggia l'articolato accusatorio, dovendosi pertanto giungere a ritenere come la comunicazione effettuata a B.I. in ordine al raggiungimento dell'Aumento di Capitale deliberato (quindi anche per il tramite dell'interessamento della partecipazione di istituti bancari quali B.V. e B.C.) in quanto veritiera non possa assumere alcun rilievo in sede penale.

Per ragioni di completezza motivazionale, si ritiene doveroso comunque obbligo che, quand'anche si volesse procedere in via teorica a ritenere che le operazioni poste in essere dai predetti Istituti bancari fossero effettivamente simulate, la portata di tali operazioni dal punto di vista economico-patrimoniale è stata talmente ridotta rispetto all'entità complessiva dell'operazione di Aumento di Capitale deliberato da C. da non potersi ritenere idonea ad incidere in modo significativo sul concreto esercizio dell'attività di vigilanza che B.I. esercitava.

Si osserva, invero, che a fronte della carenza di elementi di prova inerenti l'evento del reato, non si può ritenere che la contestata condotta possa avere inciso sull'attività di vigilanza di B.I., costantemente svolta dall'Autorità in modo penetrante già all'indomani dell'ispezione del 2009 ed intensificata progressivamente a fronte del comportamento dell'Istituto ferrarese, mostratosi piuttosto restio al compimento di penetranti operazioni volte alla riqualificazione del Gruppo.

Peraltro, a conferma di tale conclusione, è già stato significativamente rilevato che laddove l'Aumento di Capitale non avesse raggiunto l'importo massimo deliberato, non ci sarebbero stati comunque i presupposti per l'avvio di una procedura di amministrazione straordinaria, quanto piuttosto per una mera ulteriore intensificazione dell'azione di vigilanza.

Ebbene, tirando le fila di quanto sopra esposto, deve concludersi mandando assolti gli imputati anche con riferimento al capo 11) dell'imputazione per insussistenza del fatto secondo la formula di cui all'art. 530 , comma I, c.p.p.

11. Conclusioni finali in ordine alle responsabilità degli imputati.

A seguito dell'esposizione, per singoli capi, dei motivi di fatto e di diritto a sostegno della verifica sui reati ipotizzati e sulla responsabilità ascritta agli imputati, si riportano in sintesi le conclusioni in ordine alle singole posizioni.

- In relazione agli imputati L.S. e F.D. per il reato di cui al capo 5), limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c., agli stessi L. e F. e agli imputati F.D., M.M., S.M., G.P., N.T., L.G., G.A., T.M. e G.S. per le condotte a loro rispettivamente ascritte in relazione ai reati di cui al capo 4), limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 1 c.c., al capo 5), limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 1 c.c., al capo 8), al capo 9), al capo 10), al capo 11), al capo 12) e al capo 13) sono state esposte le ragioni che consentono di escludere la loro penale responsabilità per i fatti a loro contestati; non essendo per essi raggiunta la prova per affermare la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati suindicati gli stessi vanno, pertanto, assolti perché il fatto non sussiste.

- In relazione agli imputati F.D. per i reati di cui ai capi 1), 2), 3), 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. e M.M. per i reati di cui ai capi 1) e 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. non essendo per essi raggiunta la prova per affermare una partecipazione penalmente rilevante, almeno sotto il profilo dell'elemento psicologico richiesto, gli stessi vanno assolti per i reati loro ascritti perché il fatto non costituisce reato.

- Nei confronti di L.S. in ordine ai reati di cui al capo 6) nn. 1 e 2 e di F.D. in ordine al reato di cui al capo 7) si deve dichiarare non doversi procedere per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione.

- Si deve, per contro, affermare la penale responsabilità di L.S. per i reati di cui al capo 1), al capo 2), al capo 3), al capo 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. e al capo 6) n. 3 e di F.D. per i reati di cui al capo 1), al capo 2), al capo 3) e al capo 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c.

12. Circostanze e trattamento sanzionatorio nei confronti degli imputati L.S. e F.D..

E' possibile riconoscere agli imputati le circostanze attenuanti generiche; trattasi di soggetti incensurati a cui favore depone la positiva condotta processuale (gli stessi sono stati presenti nel corso del dibattimento e si sono sottoposti all'esame) e la considerazione, già richiamata, del delicato contesto in cui si sono trovati ad operare, in relazione all'evoluzione della vicenda gestionale e patrimoniale che ha interessato C. all'epoca in cui gli stessi hanno rivestito ruoli apicali.

I reati per i quali è stata affermata la responsabilità penale degli imputati sono uniti dal vincolo della continuazione in ragione del loro medesimo contesto e dell'evidente medesimo disegno che unifica le condotte; tenuto conto delle circostanze generiche e del giudizio di bilanciamento con l'aggravante del delitto di cui all'art. 2638  c.c., la violazione più grave va individuata nel reato di cui al capo 1) in ragione della pena edittale prevista per tale delitto.

In relazione all'individuazione della pena equa e quindi al trattamento sanzionatorio, si deve tenere conto dell'art. 132  c.p. e dei criteri di cui all'art. 133  c.p. con riguardo in particolare alla natura e modalità dell'azione: la valutazione ai fini della pena non può prescindere dal numero e dalla varietà delle condotte illecite poste in essere dagli imputati e, pertanto, in ragione della gravità dei fatti non ci si può non discostare dai minimi edittali; equa e congrua si ritiene, pertanto, la pena:

- per L.S. di anni due e mesi sei di reclusione;

- per F.D. di anni due e mesi tre di reclusione;

pena così determinata: pena base per il reato di cui al capo 1) per entrami gli imputati: anni uno e mesi sei di reclusione, aumentata di mesi tre per ciascuno degli altri reati rispettivamente ascritti (reati di cui al capo 2, capo 3, capo 4, limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. e al capo 6 n. 3 per L. e capo 2, capo 3 e capo 4, limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. per F.) fino alle pene suindicate.

Alla condanna di entrambi gli imputati segue di diritto l'addebito delle spese processuali.

13. Risarcimento dei danni patiti dalle parti civili.

Gli imputati L.S. e F.D. vanno condannati ai sensi dell'art. 538  c.p.p. al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite in relazione ai reati per i quali è accertata la loro responsabilità: sub capo (...)), sub capo (...)), sub capo (...)), sub capo (...)) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. e capo 6) n. 3.

All'esito della verifica del contenuto dei singoli atti di richieste di costituzione di parte civile, già ammesse con ordinanza del 16 luglio 2018, si devono ritenere a tal fine legittimati i seguenti soggetti ed Enti:

- A. - A.U.S. e Finanziari, C., F. e C. e M.DC. per il risarcimento del danno in relazione ai reati di cui ai capi 1), 2) e 6) n. 3.

- Soggetti con qualità di azionista C. che hanno sottoscritto l'Aumento di Capitale 2011, per il risarcimento del danno in relazione al reato di cui al capo 1), secondo gli elenchi di nominativi allegati al dispositivo della sentenza; per le ragioni già evidenziate in sede di ordinanza di ammissione del 16.07.2018 non sono da ritenere legittimate al risarcimento le parti civili che, pur facendo valere tale qualità, non sono state in grado di fornire idoneo riscontro documentale (comprese coloro che hanno fornito prova di aver richiesto la documentazione all'Istituto incorporante Carife, B.B. s.p.a.); in particolare vanno escluse le parti civili che non hanno prodotto la scheda di adesione all'Aumento di Capitale 2011 o altra documentazione da cui potesse comunque desumersi con certezza l'acquisto dei titoli in tale circostanza (v. elenco delle parti civili escluse per mancanza di documentazione).

- Soggetti titolari di azioni ed obbligazioni di C. al momento del fatto, per il risarcimento del danno in relazione al delitto di aggiotaggio di cui al capo 2) e capo 6) n. 3, secondo gli elenchi di nominativi allegati al dispositivo;

- Consob per il risarcimento del danno in relazione al delitto di ostacolo alla vigilanza ex art. 2638  c.c. di cui al capo 3) e capo 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c..

In considerazione della complessità dell'accertamento dell'entità del risarcimento, la liquidazione del danno va rimessa ad un separato giudizio civile. Si osserva, sul punto, che le parti civili identificabili nelle persone fisiche azionisti e obbligazionisti di C. hanno fondato la loro richiesta risarcitoria individuando l'illecito nei fatti esposti nei capi d'imputazione e indicando la componente del danno patrimoniale risarcibile come danno emergente nell'importo relativo al controvalore in Euro corrisposto in occasione dell'acquisto dei titoli C. o nell'importo desumibile dalla moltiplicazione del numero di azioni possedute al momento dell'azzeramento dei relativi portafogli titoli alla data del 22.11.2015 con il valore di emissione dei titoli collocati con l'Aumento di Capitale del 2011 e come lucro cessante (quale perdita di chance di guadagno) nella perdita di valore dei titolo fino all'azzeramento. Rispetto a tale schema di istanza risarcitoria, oltre al mero dato del numero di titoli sottoscritti e/o acquistati e del prezzo pagato per gli stessi, appare ineludibile un'istruttoria di tipo tecnico idonea a fornire criteri di calcolo per determinare le diverse poste di danno derivanti dalle condotte illecite accertate: queste ultime, riconducibili ai reati di falso in prospetto e aggiotaggio, presentano, infatti, profili peculiari tali da non consentire una determinazione del danno patrimoniale desumibile dalla mera corrispondenza tra la somma investita e le perdite subite fino alla liquidazione della Cassa ed il successivo azzeramento dei relativi portafogli titoli alla data del 22.11.2015; tale conclusione s'impone pure considerando che le perdite lamentate dalle parti civili sono collegate anche al dissesto dell'Ente e alla sua risoluzione (avvenuta ai sensi del D.Lgs. n. 180 del 16 novembre 2015 ) che ha condotto all'azzeramento totale del valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate da loro detenute, vicende estranee al perimetro di accertamento dei delitti per i quali si è affermata la responsabilità degli imputati. Va, infine, rilevato che, nella determinazione del danno, in considerazione dell'esteso arco temporale tra l'epoca di commissione dei fatti e il momento dell'accertamento degli stessi, vanno calcolati gli eventuali rimborsi e indennizzi già erogati ai soggetti danneggiati (secondo gli strumenti del rimborso forfettario del fondo interbancario e/o quelli relativi al sistema di tutele speciali previsto dalla normativa per i creditori coinvolti nella risoluzione dell'Ente) e quanto previsto dal decreto attuativo del Ministero dell'Economia, pubblicato il 30.04.2019, che regola le modalità di accesso dei risparmiatori all'indennizzi del FIR (Fondo di indennizzo dei risparmiatori) e prevede espressamente che le somme da erogare siano calcolate "al netto di quelle già incassate tramite altre modalità di rimborso".

Parimenti si ritiene di rimettere al giudice civile la liquidazione del danno richiesto a titolo di risarcimento da CONSOB per i suindicati reati di ostacolo alla vigilanza in quanto non sussistono sufficienti elementi di prova per stabilire il quantum del danno da risarcire.

Le suddette problematiche non consentono ritenere raggiunta la prova in ordine al quantum del danno patito dalle parti civili al fine di riconoscere loro una provvisionale immediatamente esecutiva.

14. Spese di costituzione e difesa in giudizio dalle parti civili.

Gli imputati L.S. e F.D. sono altresì condannati alla rifusione delle spese di costituzione e difesa in giudizio dalle parti civili, secondo l'elenco allegato al dispositivo.

La liquidazione del compenso spettante per l'attività penale è disciplinata dal D.M. n. 55 del 2014  come aggiornato dal D.M. n. 37 del 2018 , avuto riguardo ai parametri generali indicati dall'art. 12 del decreto (caratteristiche, urgenza e pregio dell'attività prestata, importanza, natura, complessità del procedimento, gravità e numero delle imputazioni, numero e complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, rilevanza patrimoniale, numero dei documenti e atti da esaminare, numero di udienze e tempo necessario all'espletamento delle attività medesime, continuità dell'impegno). Con riferimento al difensore della parte civile rileva l'art. 16 del decreto che prevede un importo "base" predefinito con possibilità di aumentare il compenso fino al 30% per ogni parte ulteriore alla prima e fino alla decima, mentre tale importo potrà essere aumentato fino al 10% per le parti dalla undicesima fino alla trentesima (limite massimo previsto dalla legge).

Al fine di evitare un'applicazione rigida di tale criterio e quindi per adeguarlo alle diverse situazioni difensive caratterizzate in alcuni casi da un numero assai elevato di parti civili assistite, ritiene il Tribunale opportuna l'applicazione di percentuali per le parti ulteriori in maniera proporzionale per i difensori che assistono un numero di parti maggiore di 30 (in modo tale che l'effetto moltiplicativo previsto dalla legge sia di conseguenza amplificato e tenga conto del lavoro effettivamente effettuato), con l'ulteriore previsione di importi base di chi assiste fino a 30 posizioni attestata sui minimi per quel che riguarda la fase istruttoria e quella decisionale, considerato che di istruttoria le parti civili praticamente non ne hanno fatta e la parte decisionale si è limitata alla precisazione delle conclusioni.

Per chi assiste una parte va pertanto liquidati Euro 2.400 Euro + 15% + IVA + CPA secondo il seguente schema di calcolo:

- per la fase di studio della controversia Euro 400,00 (base Euro 450,00, -50% +80% Min: Euro 225 Max: Euro 810);

- per la fase introduttiva del giudizio Euro 600,00 (base Euro 720,00, -50% +80% Min: Euro 360 Max: Euro 1.296); per la fase istruttoria e/o dibattimentale Euro 700,00 (base Euro 1.350,00, -50% +80% Min: Euro 675 Max: Euro 12.430);

- per la fase decisionale Euro 700,00 (base Euro 1.350,00, -50% +80%, Min: Euro 675 Max: Euro 2.430).

L'aumento per ogni parte ulteriore, considerata la sostanziale omogeneità delle posizioni trattate, è del 15% fino alla decima (Euro 360 ulteriori per ogni parte) e del 5% (Euro 120 ulteriori per ogni parte) dalla undicesima fino alla trentesima (in entrambi i casi la metà del massimo consentito).

Per i difensori che assistono un numero maggiore di 30 parti, va previsto un importo "base" crescente in base al numero di parti assistite, stante il limite legale per gli aumenti percentuali sulle parti assistite, in cui gli aumenti percentuali siano maggiori, per adeguare il compenso al lavoro svolto. Anche in questo caso tuttavia, la fase istruttoria è da liquidare alla stregua dei casi precedenti, perché di istruttoria le parti civili non ne hanno fatta. Il criterio adottato per le liquidazioni in questi casi è il seguente:

- con percentuali di aumento pari a quelli precedenti (15% e 5%), al difensore da 31 a 50 assistiti vanno liquidati Euro 8.375 + 15% + IVA + CPA

- Con percentuali di aumento del 20% e 10%, un difensore da 51 a 100 assistiti vanno liquidati Euro 13.296 + 15% + IVA + CPA.

- Con percentuali di aumento del 20% e 10%, un difensore da 101 a 300 assistiti vanno liquidati Euro 14.736 + 15% + IVA + CPA.

- Con percentuali di aumento del 20% e 10%, un difensore con oltre 300 assistiti vanno liquidati Euro 15.456 + 15% + IVA + CPA.

La liquidazione tiene anche conto delle diverse fasi del giudizio in cui è stata svolta l'attività di alcuni difensori, a seconda che la costituzione sia avvenuta già in sede di udienza preliminare o direttamente nella fase introduttiva del giudizio.

La completa analisi del materiale istruttorio rende necessario ex art. 544  co. 3 c.p.p. un termine di 90 giorni per il deposito della motivazione della sentenza.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533  e 535  c.p.p.

DICHIARA L.S. e F.D. responsabili dei reati rispettivamente loro ascritti, per L.S. reati di cui al capo 1), al capo 2), al capo 3), al capo 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. e al capo 6) n. 3 e per F.D. reati di cui al capo 1), al capo 2), al capo 3) e al capo 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. e, uniti i reati sotto il vincolo della continuazione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e così individuata la violazione più grave nel reato di cui al capo 1), applicato l'aumento ai sensi dell'art. 81  co. 2 c.p. con gli altri reati rispettivamente ascritti,

CONDANNA:

- L.S. alla pena di anni due e mesi sei di reclusione;

- F.D. alla pena di anni due e mesi tre di reclusione;

CONDANNA L.S. e F.D. al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 530  co. 2 c.p.p.

ASSOLVE L.S. e F.D. per il reato di cui al capo 5), limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c., perchè il fatto non sussiste.

Visto l'art. 530  co. 1 c.p.p.

ASSOLVE F.D. per i reati di cui ai capi 1), 2), 3), 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. perché il fatto a lui ascritto non costituisce reato, per il reato di cui al capo 5) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. per non aver commesso il fatto a lui ascritto.

Visto l'art. 530  co. 1 c.p.p.

ASSOLVE M.M. per i reati di cui ai capi 1) e 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c. perché il fatto a lui ascritto non costituisce reato.

Visti gli artt. 157  c.p. e 531 c.p.p.

DICHIARA NON DOVERSI PROCEDERE nei confronti di L.S. in ordine ai reati di cui al capo 6) nn. 1 e 2 e di F.D. in ordine al reato di cui al capo 7) per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione.

Visto l'art. 530  co. 1 c.p.p.

ASSOLVE F.D., L.S., F.D., M.M., S.M., G.P., N.T., L.G., G.A., T.M. e G.S. per le condotte a loro rispettivamente ascritte in relazione ai reati di cui al capo 4), limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 1 c.c., al capo 5), limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 1 c.c., al capo 8), al capo 9), al capo 10), al capo 11), al capo 12) e al capo 13) perché il fatto non sussiste.

Visti gli artt. 538  e ss. c.p.p.,

CONDANNA gli imputati L.S. e F.D. al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile costituita CONSOB in relazione ai reati di cui ai capi 3) e 4) limitatamente al reato di cui all'art. 2638  co. 2 e 3 c.c., da liquidarsi in separato giudizio civile.

CONDANNA gli imputati L.S. e F.D. al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite in relazione ai reati di cui ai 1), 2) e 6) n. 3 come da elenco allegato, danni da liquidarsi in separato giudizio civile.

RIGETTA le domande risarcitorie proposte nei confronti dei Responsabili civili ed ESCLUDE le parti civili costituite di cui all'allegato elenco.

Visto l'art. 539  c.p.p.

RIGETTA la domanda di condanna al pagamento della provvisionale.

CONDANNA gli imputati L.S. e F.D. alla rifusione delle spese di costituzione e difesa in giudizio dalle parti civili per le quali viene riconosciuto il diritto al risarcimento, che liquida come da elenco allegato.

Visto l'art. 544  co. 3 c.p.p.,

INDICA in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.

Conclusione

Così deciso in Ferrara, il 11 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2019.

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