La Cassazione rimette alla Corte Costituzionale la legge sugli alloggi pubblici del Trentino che nel richiedere il requisito dei 10 anni di residenza in Italia viola l'art. 3 della Costituzione

Cassazione civile, Sezione 1 Ordinanza 05/04/2024 n 9059
Sentenza in sintesi:
Per la Cassazione "risulta evidente che il requisito della residenza decennale, richiesto dalla legge Provinciale Trentina, crea una "discriminazione indiretta" in quanto introduce un ingiustificato squilibrio tra le chances degli stranieri che intendono stabilirsi sul territorio nazionale e quelle dei cittadini italiani, che ivi già risiedono".
testo della sentenza:

Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 23/01/2024) 05/04/2024 n. 9059

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente

 

Dott. PARISE Clotilde - Consigliere

 

Dott. TRICOMI Laura - Consigliere-Rel.

 

Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere

 

Dott. PAZZI Alberto - Consigliere

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

 

sul ricorso iscritto al n. 27216/2021 R.G. proposto da:

 

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, elettivamente domiciliato inROMA VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato MANZI ANDREA((Omissis)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MANICA MONICA((Omissis)), BERNARDI GIACOMO ((Omissis)), come da procura speciale in atti.

 

- ricorrente -

 

contro

 

A.A., ASGI ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI IMMIGRAZIONE,elettivamente domiciliati in ROVERETO PIAZZA PODESTA', 10, presso lo studiodell'avvocato GUARINI GIOVANNI ((Omissis)) che li rappresenta e difendeunitamente all'avvocato GUARISO ALBERTO ((Omissis)), come da procura specialein atti.

 

- controricorrenti -

 

nonché contro

 

COMUNE TRENTO

 

- intimato -

 

avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di TRENTO n.56/2021 depositata il 23/06/2021.

 

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del23/01/2024 dal Consigliere LAURA TRICOMI.

 

Svolgimento del processo

1.1.- Con delibera della Giunta della Provincia Autonoma diTrento n. 1299 del 30 agosto 2019, in forza della legge provinciale di Trenton. 15 del 7 novembre 2005 e del suo regolamento di esecuzione approvato condecreto del presidente della provincia (d.p.p.) di Trento 12 dicembre 2011, n.17-75/Leg, venne aperto il periodo di presentazione - dinanzi ai rispettiviComuni della Provincia Autonoma - delle domande di alloggio a canonesostenibile e delle domande del contributo integrativo in favore di nucleifamiliari in locazione sul libero mercato dal 16 settembre 2019 al 13 dicembre2019.

 

I requisiti richiesti a tal fine erano la cittadinanzaitaliana o comunitaria (se emigrati trentini, era necessaria iscrizioneall'AIRE da almeno 3 anni); oppure, in caso di cittadino extracomunitario, ilpossesso di un regolare permesso o diritto di soggiorno per familiari dicittadino Ue e, in caso di permesso di breve periodo, in costanza di lavoro oiscrizione nelle liste di collocamento, la residenza in Italia da almeno diecianni.

 

L'odierno controricorrente A.A. - cittadino etiope, nato il22 giugno 1988, iscritto all'anagrafe comunale di Trento dal 19 agosto 2016 etitolare dal 22 maggio 2018 di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti dilungo periodo, rilasciato previo accertamento non solo dei requisiti economicidi cui all'art. 9 TU immigrazione (reddito pari all'assegno sociale etitolarità di alloggio idoneo), ma anche del requisito del pregresso regolaresoggiorno sul territorio nazionale da almeno cinque anni, anch'esso previstodal citato art. 9 - chiese l'ammissione nella graduatoria per l'assegnazione dialloggio pubblico, avendo lo stesso tutti i requisiti richiesti dalla legge, adeccezione di quello relativo alla iscrizione anagrafica da almeno dieci anni,previsto dalla legge provinciale n. 15/2005.

 

Il Comune di Trento, con provvedimento finale del 29 ottobre2019, notificato al ricorrente il 6 novembre 2019, dichiarò inammissibile ladomanda per la mancanza del requisito di cui all'art. 5, comma 2-bis, dellalegge provinciale n.15/2005, come modificato dall'art. 38 della leggeprovinciale n. 5 del 6 agosto 2019.

 

A seguito di ciò, A.A. agì in giudizio unitamente ad ASGI,con ricorso ex art. 28 del D.Lgs. n. 150/2011, contestando: il primo, laillegittimità della sua singola esclusione dai due benefici in questione; laseconda, la "discriminazione collettiva" consistente nella esclusionedai medesimi due benefici di tutti gli stranieri (e per conseguenza anche ditutti gli italiani) privi del requisito di residenza decennale in Italia, anchese titolari del permesso di lungo periodo. La Provincia Autonoma di Trento haresistito.

 

1.2.- Con ordinanza n.138 in data 29 settembre 2020, ilTribunale di Trento, in contraddittorio anche con il Comune di Trento,disattese le eccezioni preliminari dei convenuti di difetto di giurisdizione,di incompetenza e di difetto di legittimazione attiva di ASGI-Associazionestudi giuridici sull'immigrazione e, in accoglimento della domanda diquest'ultima e di A.A., disapplicò gli artt. 5, comma 2-bis, e 3, comma 2-bis,della legge provinciale n. 15/2005, in quanto adottata in violazione del principiodella parità di trattamento tra soggiornanti di lungo periodo e cittadininazionali ex art. 11 comma 1, lett. f) e lett. d) della direttiva 2003/109/CE,nella parte in cui subordina l'ammissibilità della domanda di assegnazione dialloggio a canone sostenibile al requisito della residenza decennale nelterritorio nazionale, e ordinò: 1) al Comune di Trento, di inserire A.A. e irichiedenti in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungoperiodo, ex art. 9, comma 1, del D.Lgs. 286/1998, nella graduatoria perl'accesso a un alloggio a canone sostenibile per l'anno 2019 e, alla ProvinciaAutonoma, di riaprire - in favore dei titolari del permesso di soggiorno UE persoggiornanti di lungo periodo, ex art. 9, comma 1, del D.Lgs. 286/1998 - i terminidi presentazione delle domande relative agli alloggi pubblici a canonesostenibile non ancora assegnati, relativamente all'anno 2019; 2) ad entrambi,di dare adeguata informazione della intervenuta modifica dei requisiti dipartecipazione al bando 2019, mediante pubblicazione dell'ordinanza nei sitiistituzionali per tre mesi, con richiamo nelle rispettive home page, e diadottare, ai sensi dell'art. 28 D.Lgs. 150/2011, un piano di rimozione idoneoad evitare il reiterarsi della discriminazione, comprensivo della modificadelle disposizioni di legge provinciale e dei provvedimenti attuativi con iquali è stato previsto il requisito ritenuto illegittimo, condannando alpagamento, il Comune di Trento a favore di A.A. ed entrambi a favore di ASGI,della somma di Euro 50,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione delprovvedimento, con decorrenza dal sessantunesimo giorno successivo alla datadella sua pronuncia.

 

1.3.- Con sentenza pubblicata il 23.06.2021, la Corte diappello di Trento ha respinto il gravame principale proposto dalla ProvinciaAutonoma di Trento per conseguire l'integrale riforma della decisione di primogrado e ha accolto il gravame incidentale proposto da A.A. e da ASGI, al finedi far rilevare una omissione materiale contenuta nel dispositivo di primogrado e ha disposto, ai sensi dell'art. 287 c.p.c., l'integrazione dellaanzidetta ordinanza nella parte in cui ai punti 10-13 non menzionava il bandoper il contributo integrativo all'affitto di cui alla legge provincialen.15/2005, nonostante l'accoglimento della domanda, ampiamente motivato sulpunto.

 

In tal modo, la Corte di appello ha confermato la primadecisione e ha chiarito che la soppressione del requisito decennale deveriferirsi anche al contributo affitti e deve riferirsi anche ai cittadiniitaliani per effetto "automatico" del divieto di assicuraretrattamenti più favorevoli ai cittadini stranieri rispetto agli italiani.

 

1.4.- Con d.p.p. della Provincia Autonoma di Trento del 29settembre 2021, n. 18-52/Leg., è stato modificato il regolamento di esecuzione,approvato con d.p.p. 12 dicembre 2011, n. 17-75/Leg., in conformità allaintervenuta decisione, introducendo, all'art. 1, il comma 1-bis che stabilisce"1-bis. In relazione all'obbligo di disapplicazione disposto con sentenzadella corte di appello di Trento n. 56 di data 9 giugno 2021, i requisiti dicittadinanza, residenza e soggiorno, previsti dall'articolo 3, comma 2-bis, edall'articolo 5, comma 2-bis, della legge provinciale, non sono considerati traquelli richiesti dagli articoli 2, comma 1, 5, comma 2, 6, comma 1, 29, commi 1e 3, 33, comma 5-bis, 35, commi 1 e 3, 37, comma 1, 38 bis, comma 3, e 40,comma 1.".

 

1.5.- La Provincia Autonoma di Trento ha proposto ricorsoper cassazione con tre mezzi, seguito da memoria. A.A. e ASGI hanno replicatocon controricorso, corroborato da memoria.

 

È stata disposta la trattazione camerale. Il Comune diTrento è rimasto intimato.

 

Motivi della decisione

2.1.- Con il primo motivo si deduce la violazione o falsaapplicazione art. 111 Cost. c. 6, art. 132 cpc e art. 118 disp. att. cpc peromessa motivazione; motivazione contraddittoria e illogica, motivazioneapparente in relazione all'art. 117 comma 1 e comma 5 Cost. nell'ambito dellematerie di competenza riconosciute alla Provincia autonoma di Trento dall'art.8 n. 10) e n. 25) dello Statuto di autonomia (D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) erelative norme di attuazione (D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; D.P.R. 28 marzo1975, n. 469). Omessa valutazione della giurisprudenza e dei principi didiritto in materia di recepimento delle direttive comunitarie.

 

La controversia concerne gli artt. 3, comma 2-bis, e 5,comma 2-bis, della legge provinciale n.15/2005 che il giudice di primo grado hadisapplicato sull'asserito contrasto con l'art.11, comma 1, lett. d) e f) delladirettiva 25/11/2003, n. 2003/109/CE "Direttiva del Consiglio relativaallo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungoperiodo", con statuizione confermata dalla Corte di appello.

 

La Provincia, come già sostenuto in primo e secondo grado,deduce che la direttiva n. 2003/109/CE in questione era stata già recepita inItalia con il D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, e che, quindi, l'applicabilitàdiretta dell'art. 11, comma 2, della Direttiva non era possibile perché lanorma non era sufficientemente precisa e "incondizionata" come avevaritenuto il Tribunale perché "lo Stato membro interessato aveva il poteredi limitare la parità di trattamento ai casi in cui il soggiornante di lungoperiodo... ha eletto dimora e risiede abitualmente nel suo territorio",lasciando dunque libertà allo Stato membro di disciplinare in senso limitativoil requisito in questione.

 

Sulla scorta di ciò assume che, ove sia ravvisato ilcontrasto tra la norma interna (nel caso di specie le disposizioni anzidettedella legge provinciale) e la direttiva già recepita nell'ordinamento interno,la prima non può essere sic et simpliciter disapplicata, ma sarebbe necessarioadire la Corte Costituzionale e/o disporre un rinvio pregiudiziale alla Cortedi Giustizia dell'Unione Europea. Si duole che la Corte di appello abbiarespinto la censura in maniera apparente e contraddittoria.

 

2.2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione di leggeper motivazione illogica, incongrua, contraddittoria (art. 111, sesto comma,Cost., art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c.), in ordine all'asseritoesercizio da parte della Provincia, in ragione della competenza per materiaattribuitale, della facoltà di cui all'art.11, comma 2, della Direttiva, in vialegislativa e sostitutiva rispetto allo Stato italiano.

 

La Provincia deduce di non avere mai inteso, né dichiaratodi avere introdotte le norme contestate "in via legislativa e sostitutivaallo Stato italiano" per esercitare la deroga consentita dall'art.11,par.2, della Direttiva, ma di avere chiarito che l'introduzione in normaprovinciale per tutti i richiedenti (cittadini UE e stranieri) del requisito diresidenza decennale sul territorio nazionale, per accedere alla locazione acanone sociale di alloggi pubblici e al contributo integrativo del canone dilocazione, si è resa necessaria al fine di coordinare tali istituti conl'introduzione del reddito di cittadinanza previsto dal decreto legge 28gennaio 2019, n. 4 convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n.26. Ne deduce la ricorrente che, se la previsione normativa provinciale noncostituisce una deroga, non può dirsi che sia espressione del potere di deroga,come affermato dalla Corte territoriale e censura la sentenza per motivazionecontraddittoria e illogica.

 

2.3.- Con il terzo motivo si denuncia la violazionedell'art. 117, commi primo e quinto, Cost.; omesso esame della censurataviolazione dell'art. 101, comma secondo, Costituzione, del principio diseparazione dei poteri, violazione art. 113 c.p.c., dell'art. 288 del Trattatosul Funzionamento dell'Unione europea, della legge n. 234/2012.

 

A parere della ricorrente, la decisione - con cui la Cortedi appello ha confermato la disapplicazione disposta dal Tribunale delle normeinterne provinciali per contrasto con l'art.11 della Direttiva - è viziataperché qualora si ravvisi il contrasto tra una disposizione nazionale ed unanorma europea sprovvista di efficacia diretta, il giudice adito nazionale , inmancanza del potere di disapplicazione, può adire incidentalmente la Cortecostituzionale, sollevando una questione di costituzionalità per violazionedegli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.; rimarca che la Direttiva in questioneè stata recepita dalla Stato italiano con il D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, e chela circostanza che lo Stato italiano non abbia esercitato la deroga consentitaal par. 2 dell'art. 11 della Direttiva non rileva , mentre ciò che rileva e chela direttiva sia stata recepita, divenendo tale fonte norma interposta dalparametro costituzionale dell'art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cuiimpone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagliobblighi internazionali.

 

3.1.- Il primo motivo sarebbe fondato nei termini di seguitoprecisati, ove il suo accoglimento non inducesse a sollevare questioneincidentale di legittimità costituzionale sulla scorta di numerosi dubbiindotti dalle norme in esame, norme che è opportuno richiamare.

 

3.2.- La normativa rilevante, nel caso in esame, ècostituita dagli artt. 5 comma 2-bis e 3 comma 2-bis della legge dellaProvincia Autonoma di Trento n. 15/2005, introdotti dall'art. 38 della leggeprovinciale 6 agosto 2019, n. 5.

 

La Legge provinciale 7 novembre 2005, n. 15, disciplina la"politica provinciale della casa" e fissa all'art. 5, comma 2, irequisiti di accesso agli alloggi pubblici.

 

Il citato comma 2 indica come requisito la cittadinanzaitaliano o di paese UE; con deliberazione di Giunta Provinciale (DGP) n. 1276del 15 giugno 2007 è stato confermato il diritto anche per i cittadinistranieri (già previsto dalla Legge provinciale 2 maggio 1990, n. 13, art. 10)i quali accedono agli alloggi pubblici sulla base di graduatorie separate. Lenorme di attuazioni sono contenute nel Regolamento di cui al Decreto delpresidente della Provincia 12.12.11 n. 17/75 Leg.

 

Quanto agli ulteriori requisiti di ammissione, rilevano - aifini del presente giudizio - i seguenti:

 

- Il requisito reddituale, che consente di concorrere pergli alloggi pubblici solo ai nuclei familiari che si trovano in situazioni digrave bisogno, tale da non consentire in alcun modo l'accesso al libero mercatodegli alloggi.

 

- Il requisito della "residenza anagrafica in un Comunedella Provincia di Trento da almeno 3 anni" (tale requisito è ribadito pergli stranieri dalla citata DGP n. 1276/07, ma è previsto dalla LP per lageneralità dei richiedenti).

 

Il sistema di sostegno per l'accesso alla casa prevede poiuna seconda misura consistente in un contributo economico introdotto dalladeliberazione della DGP n. 3998 del 29 marzo 1993 e poi, via via, confermatonegli anni successivi fino alla citata Legge provinciale n. 15/05 e alregolamento di esecuzione del 2011: trattasi di un importo in percentuale sulcanone pagato, erogato sulla base di requisiti predeterminati.

 

L'art. 31-ter della citata DGP n. 3998/93, modificato daultimo con DGP n. 1619 del 12 luglio 2002, rubricato "soggettibeneficiari" (del contributo integrativo del canone di locazione) prevedeche la domanda di integrazione ai canoni di locazione è presentatacongiuntamente alla domanda di edilizia abitativa pubblica e che: i) accedonoai benefici indicati i richiedenti inseriti nelle graduatorie di ediliziaabitativa pubblica; ii) l'agevolazione integrativa del canone di locazione nonè concessa agli assegnatari definitivi o temporanei di un alloggio di ediliziaabitativa pubblica.

 

In pratica accade che i soggetti ammessi nella graduatoriaper l'assegnazione dell'alloggio, ma non risultati effettivi assegnatari perlimitata disponibilità degli alloggi, fruiscono del contributo economicointegrativo.

 

Questa disciplina è stata modificata dall'art. 38 dellalegge provinciale n.5/2019, che ha reso più stringenti e circoscritti irequisiti di accesso alle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi e per ilcontributo integrativo dell'affitto ed è questa la normativa della cuiapplicazione si discute nel presente giudizio.

 

Segnatamente, l'art. 38 della legge provinciale n. 5/2019 haintrodotto:

 

- il comma 2-bis all'art. 5 della legge provinciale n. 15/05che recita: "Per l'accesso agli alloggi di cui al comma 1 sono richiesti,in aggiunta ai requisiti previsti dal comma 2, anche i requisiti dicittadinanza, residenza e soggiorno previsti dall'art. 2, comma 1, lettera a),del D.L. n. 4/2019".

 

- il comma 2-bis all'art. 3 della legge provinciale n. 15/05che recita: "Per l'accesso al contributo integrativo sono richiesti, inaggiunta ai requisiti previsti dal comma 2, anche i requisiti di cittadinanza,residenza e soggiorno previsti dall'art. 2, comma 1, lettera a) DL 4/19convertito con modificazione dalla L. 26/19".

 

L'art. 2, comma 1, lett. a) DL 28.1.2019, n. 4("Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e dipensioni"), richiamato nel testo dei due commi in esame, prevede che ibeneficiari del reddito di cittadinanza debbano essere:

 

"1) in possesso della cittadinanza italiana o di Paesifacenti parte dell'Unione europea, ovvero suo familiare che sia titolare deldiritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino diPaesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungoperiodo;

 

2) residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimidue, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta ladurata dell'erogazione del beneficio, in modo continuativo".

 

3.3.- La tutela antidiscriminatoria è stata applicata conriferimento all'introduzione, quale requisito per accedere alle misure disicurezza sociali di cui sopra, per tutti i richiedenti, del requisito dellaresidenza in Italia per almeno dieci anni.

 

La Corte di appello ha ravvisato la discriminazione e haritenuto di disapplicare la normativa provinciale per contrasto con ladirettiva n. 2003/109/CE.

 

4.1. Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, l'istitutodella disapplicazione della norma provinciale non possa essere utilizzato etale conclusione non pare contrastare con la recente decisione della CorteCostituzionale n. 67/2022, richiamata dai controricorrenti per sostenere lalegittimità della disapplicazione operata dei giudizi di merito con ladecisione impugnata.

 

4.2.- La Corte costituzionale, nel ribadire il principio delprimato del diritto dell'Unione ha, invero, affermato (par. 12 e ss.) che devericonoscersi effetto diretto alle norme di diritto europeo contenute negliartt. 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE e 12, paragrafo1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE, nella parte in cui prescrivonol'obbligo di parità di trattamento tra le categorie di cittadini di paesi terziindividuate dalle medesime direttive e i cittadini dello Stato membro in cuicostoro soggiornano, rimarcando che: "Si tratta di un obbligo cuicorrisponde il diritto del cittadino di paese terzo -rispettivamente titolaredi permesso di lungo soggiorno e titolare di un permesso unico di soggiorno edi lavoro - a ricevere le prestazioni sociali alle stesse condizioni previsteper i cittadini dello Stato membro. La tutela riconosciuta al diritto inquestione e la sua azionabilità richiamano le condizioni che la costantegiurisprudenza della Corte di giustizia individua per affermare l'efficaciadiretta delle disposizioni su cui tali diritti si fondano (a partire dallasentenza 19 novembre 1991, in cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich)."L'intervento dell'Unione si sostanzia, dunque, nella previsione dell'obbligo dinon differenziare il trattamento del cittadino di paese terzo rispetto a quelloriservato ai cittadini degli stati in cui essi operano legalmente e si trattadi un obbligo imposto dalle direttive richiamate in modo chiaro, preciso eincondizionato, come tale dotato di effetto diretto.".

 

La Corte costituzionale, tuttavia, ha anche affermato che ladisciplina delle prestazioni sociali (in quel caso, l'assegno per il nucleofamiliare) non è l'oggetto delle citate direttive, richiamando propriol'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

 

E, infatti, la Corte di Giustizia, nella causa C-303/19,par. 20-23 ha puntualizzato "... che il diritto dell'Unione non limita lafacoltà degli Stati membri di organizzare i loro regimi di sicurezza sociale.In mancanza di armonizzazione a livello di Unione, spetta a ciascuno Statomembro stabilire le condizioni per la concessione delle prestazioni disicurezza sociale nonché l'importo di tali prestazioni e il periodo per ilquale sono concesse. Tuttavia, nell'esercitare tale facoltà, gli Stati membridevono conformarsi al diritto dell'Unione (v., in tal senso, sentenza del 5ottobre 2010, Elchinov, C-173/09, EU:C:2010:581, punto 40).

 

L'articolo 11, paragrafo 1, lettera d), di tale direttivaimpone loro di far beneficiare i soggiornanti di lungo periodo dello stessotrattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda, in particolare, leprestazioni sociali ai sensi della legislazione nazionale.

 

Tuttavia, ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 2, di dettadirettiva, gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento, perquanto riguarda, in particolare, le prestazioni sociali, ai casi in cui ilsoggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui viene chiesta laprestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel loro territorio.

 

Pertanto, la direttiva 2003/109 prevede un diritto allaparità di trattamento, che costituisce la regola generale, ed elenca le deroghea tale diritto che gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, dainterpretare invece restrittivamente. Tali deroghe possono dunque essereinvocate solo qualora gli organi competenti nello Stato membro interessato perl'attuazione di tale direttiva abbiano chiaramente espresso l'intenzione diavvalersi delle stesse (v., in tal senso, sentenze del 24 aprile 2012, Kamberaj,C-571/10, EU:C:2012:233, punti 86 e 87, nonché del 21 giugno 2017, MartinezSilva, C-449/16, EU:C:2017:485, punto 29)."

 

4.3.- Orbene, tali circostanze non ricorrono, nel caso inesame, perché le norme in rilievo - che riguardano l'organizzazione del regimedi sicurezza sociale e le prestazioni sociali concernenti l'ottenimento di unalloggio e il sostegno al canone locatizio - sono di fonte provinciale (astatuto speciale) e non statale e non differenziano formalmente il trattamentodel cittadino di un Paese terzo rispetto a quello riservato ai cittadinoitaliano, di tal che l'opzione della disapplicazione non appare convincente;inoltre, esse conseguono al recepimento di un'altra normativa statale (cd.reddito di cittadinanza) non attinta da alcuna valutazione di incompatibilitàcon la legislazione eurounitaria o di illegittimità costituzionale, di guisache ciò impone di compiere un percorso interpretativo ove sia chiara lafinalità delle diverse norme, lo specifico ambito applicativo e la lorocompatibilità e, all'esito dell'accertamento così compiuto, la verifica dellaidoneità o meno delle menzionate norme a ledere il diritto alla parità ditrattamento riconosciuto al cittadino straniero dalla direttiva in esame.

 

4.4.- Nel caso in esame, pertanto, non poteva procedersialla disapplicazione.

 

5.1.- Tale conclusione, tuttavia, non consente, allo stato,l'accoglimento del ricorso.

 

5.2.- Questo Collegio dubita che il disposto della legge 7novembre 2005, n. 15, della Provincia Autonoma di Trento, art. 5, comma 2-bis,e art. 3, comma 2-bis, - la cui rilevanza deriva dalla diretta conseguenza cheavrebbe, sull'esito del presente giudizio, il riconoscimento di un requisitotemporale di residenza meno gravoso per accedere al diritto a essere ammessoalle graduatorie per l'ottenimento di un alloggio e per il sostegno al canonelocatizio -, sia coerente con gli artt. 3 e 117, primo e quinto comma, dellaCostituzione, perché in contrasto con essi.

 

5.3.- Va osservato, ai fine della rilevanza della questione,che solo la pronuncia della Corte costituzionale può garantire - ove ritengafondata la questione di costituzionalità - l'effetto demolitivo erga omnes(effetto per conseguire il quale ha agito in giudizio ASGI) -, e la possibilitàper il controricorrente individuale di poter accedere alle graduatorie di cuisi discute.

 

5.4.- Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, vaconsiderato che la serietà e la non pretestuosità della questione è desumibiledal fatto che altre disposizioni, sostanzialmente sovrapponibili alle norme inesame, adottate da altre Regioni, sono state già scrutinate dalla Cortecostituzionale che le ha ritenute illegittime.

 

Nonostante le plurime pronunce in tal senso, è tuttavia daescludere che sia esperibile una interpretazione conforme a Costituzione,proprio perché si tratta di disposizioni diverse da quelle in questa sedecontestate.

 

Invero, l'interpretazione letterale delle norme in esame,proprio in ragione della loro formulazione, effettuata mediante il recepimentoper relationem della clausola di prolungata residenzialità prevista dallanormativa statale (decreto-legge n. 4/2019, convertito con modificazione dallalegge n. 26/2019), che concerne misure di sicurezza sociale (cd. reddito dicittadinanza) volte a soddisfare ben altra tipologia di tutela sociale, nonconsente di andare oltre l'interpretazione letterale seguendo un percorso diinterpretazione costituzionalmente orientata e conforme alla Costituzione.

 

6.1.- Il Collegio dubita della conformità delle norme inesame all'art. 3 Cost. perché, se è pur vero che la previsione del requisito diresidenza decennale non fa distinzione tra stranieri e cittadini italiani,presentandosi ineccepibile sul piano formale, è altrettanto vero che non tieneconto della realtà concreta in cui vive il Paese.

 

Non c'è dubbio che una rilevantissima percentuale, se non lamaggioranza, dei richiedenti un alloggio popolare sia formata da soggettirecentemente immigrati, costretti a chiedere aiuto allo Stato per trovareun'abitazione in quanto privi (di o con scarsi) contatti e mezzi economici,insufficienti a sostenere il costo di un affitto sul mercato libero.

 

Inoltre, buona parte degli immigrati, a causa della lorosituazione precaria, si spostano frequentemente all'interno della zona UE.

 

Per contro, la maggior parte dei richiedenti cittadiniitaliani sono soggetti che, dopo avere goduto per anni di un lavoro e diun'abitazione, si sono trovati in situazione di seria necessità a causa dellacrisi economica, onde essi cercano di ottenere un alloggio nella zona dovehanno sempre risieduto e si sono da tempo radicati.

 

Alla luce di ciò, risulta evidente che il requisito dellaresidenza decennale crea una "discriminazione indiretta" in quantointroduce un ingiustificato squilibrio tra le chances degli stranieri cheintendono stabilirsi sul territorio nazionale e quelle dei cittadini italiani,che ivi già risiedono.

 

6.2.- Va aggiunto che l'imposizione di un requisito cosìgravoso, quale la residenza decennale, risulta privo di ragionevolezza ancheove riferito ai cittadini italiani, perché rischia di porre in posizionediscriminata quei soggetti che, in giovane età o per problemi di accesso allavoro insorti nel corso degli anni, siano stati indotti a modificare ilproprio luogo di lavoro all'interno della zona UE proprio per poter accedere anuove occasioni lavorative e, per tale ragione, siano destinati ad affrontaremaggiori oneri per acquisire la disponibilità dell'alloggio, ove rientrati inItalia, tanto più ove sia assente in loco una rete familiare di sostegno.

 

6.3.- Proprio la Corte costituzionale, nella recentesentenza n. 77 del 2023 ha ricordato che "da lungo tempo e costantemente,il diritto all'abitazione "rientra fra i requisiti essenzialicaratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dallaCostituzione" ed è compito dello Stato garantirlo, contribuendo così"a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspettol'immagine universale della dignità umana" (sentenza n. 217 del 1988; nellostesso senso sentenze n. 106 del 2018, n. 168 del 2014, n. 209 del 2009 e n.404 del 1988). Benché non espressamente previsto dalla Costituzione, talediritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili (frale altre, sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e n. 404 del 1988 eordinanza n. 76 del 2010) e il suo oggetto, l'abitazione, deve considerarsi"bene di primaria importanza" (sentenza n. 166 del 2018; si vedanoanche le sentenze n. 38 del 2016, n. 168 del 2014 e n. 209 del 2009).

 

L'edilizia residenziale pubblica è diretta ad assicurare inconcreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perché serve a""garantire un'abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogoove è la sede dei loro interessi" (sentenza n. 176 del 2000), al fine diassicurare un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorsesufficienti (art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea),mediante un servizio pubblico deputato alla "provvista di alloggi per ilavoratori e le famiglie meno abbienti"" (sentenza n. 168 del 2014).L'edilizia residenziale pubblica rientra dunque nell'ambito dei "servizisociali" di cui all'art. 1, comma 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328(Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi eservizi sociali), e all'art. 128, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Statoalle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo1997, n. 59)."

 

6.4.- A conferma di ciò la Corte costituzionale, che giàaveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell' articolo3 della Costituzione, dell'articolo 11, comma 13, del D.L. 25 giugno 2008 n.112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008 n. 133, chestabilisce, al fine dell'accesso, da parte degli immigrati, al contributo alpagamento del canone di locazione, di cui all' articolo 11 della legge 9dicembre 1998, n. 431, il requisito del possesso del certificato storico diresidenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale, ovvero da almenocinque anni nella medesima regione, trattandosi di durata palesementeirragionevole e arbitraria, oltre che non rispettosa dei vincoli europei (CorteCostituzionale n.166 del 2018), nell'esaminare alcune legislazioni regionali,ha ravvisato l'illegittimità costituzionale di numerose previsioni relativeall'introduzione di clausole temporali di residenza.

 

Segnatamente, la Corte costituzionale ha:

 

- dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 22,co. 1, lett. b), della legge regionale della Lombardia n. 16 del 2016, nellaparte in cui fissa il requisito della residenza (o dell'occupazione)ultraquinquennale in regione come condizione di accesso al beneficiodell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, contrasta sia con i principidi eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3, co. 1, Cost., perché produceuna irragionevole disparità di trattamento a danno di chi, cittadino o straniero,non ne sia in possesso, sia con il principio di eguaglianza sostanziale di cuiall'art. 3, co. 2, Cost., perché tale requisito contraddice la funzione socialedell'edilizia residenziale pubblica (Corte costituzionale n. 44 del 2020)

 

- dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5,comma 1, lett. b), della legge regionale della Liguria n. 10 del 2004,limitatamente alle parole "da almeno cinque anni" perché ladisposizione censurata, nel prevedere il requisito di cinque anni di residenzanei Comuni del bacino interessato dal bando per l'accesso agli alloggi diedilizia economica popolare, si pone in contrasto con l' art. 3, comma 1, Cost., determinando una irragionevole disparità di trattamento rispetto a tutti i soggetti,stranieri o italiani che siano privi del requisito previsto. La ratio delservizio di edilizia residenziale pubblica è il soddisfacimento del bisognoabitativo, mentre la condizione di previa residenza protratta dei suoidestinatari non presenta con esso alcuna ragionevole connessione. Il relativorequisito si risolve così semplicemente in una soglia rigida che porta a negarel'accesso all'ERP a prescindere da qualsiasi valutazione attinente allasituazione di bisogno o di disagio del richiedente (quali ad esempio condizionieconomiche, presenza di disabili o di anziani nel nucleo familiare, numero deifigli), ciò che è incompatibile con il concetto stesso di servizio sociale(Corte costituzionale n.77 del 2023)

 

- dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.20-quater, comma 1, lett. a-bis), della legge regionale delle Marche n. 36 del2005, nella parte in cui prevede il requisito di cinque anni di residenzaconsecutivi nell'ambito del territorio regionale per l'accesso agli alloggi diedilizia residenziale popolare (Corte costituzionale n.145 del 2023).

 

7.1.- Quanto al parametro costituzionale di cui all'art. 117della Costituzione, primo comma, secondo il quale la potestà legislativa delleRegioni è subordinata al rispetto non solo della Costituzione, ma anche"dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighiinternazionali" , e quinto comma, secondo il quale "Le Regioni e leProvince autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativicomunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordiinternazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme diprocedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità diesercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.", il Collegiodubita del fatto che le norme in esame possano contrastarvi, laddove laclausola di lunga residenza appare non in linea con l'art.11, lett. d) ed f)della direttiva 2003/109/CE, che prescrive l'obbligo di parità di trattamento trale categorie di cittadini di paesi terzi individuate dalle medesime direttive ei cittadini dello Stato membro in cui costoro soggiornano.

 

7.2. - In proposito, per le ragioni già esposte sub 4.1. ess., si ritiene di non poter provvedere alla diretta disapplicazione delladisposizione della legge della Provincia Autonoma di Trento.

 

8.- In conclusione, questa Corte ritiene di dover sottoporreal vaglio della Corte costituzionale perché è rilevante e non manifestamenteinfondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt.3 e 117, primo e quinto comma, Costituzione:

 

- dell'art. 5 della legge della Provincia Autonoma di Trento7 novembre 2005, n. 15 (Disposizioni in materia di politica provinciale dellacasa e modificazioni della legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21(Disciplina degli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa)),nella parte in cui stabilisce al comma 2-bis (introdotto della legge dellaProvincia Autonoma di Trento 6 agosto 2019, n. 5, art. 38) che "Perl'accesso agli alloggi di cui al comma 1 sono richiesti, in aggiunta ai requisitiprevisti dal comma 2, anche i requisiti di cittadinanza, residenza e soggiornoprevisti dall'art. 2, comma 1, lettera a), del D.L. n. 4/2019";

 

- e dell'art.3 della legge della Provincia Autonoma diTrento 7 novembre 2005, n. 15 (Disposizioni in materia di politica provincialedella casa e modificazioni della legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21(Disciplina degli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa)),nella parte in cui stabilisce al comma 2-bis (introdotto della legge dellaProvincia Autonoma di Trento 6 agosto 2019, n. 5, art. 38) che "Perl'accesso al contributo integrativo sono richiesti, in aggiunta ai requisitiprevisti dal comma 2, anche i requisiti di cittadinanza, residenza e soggiornoprevisti dall'art. 2, comma 1, lettera a) D.L. 4/19 convertito conmodificazione dalla L. 26/19"; nei rispettivi testi, come risultanti dalcombinato disposto con l'art. 2, comma 1, lett. a), del decreto-legge 28gennaio 2019, n. 4, (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanzae di pensioni, come convertito con legge 28 marzo 2019, n. 26) che prevede, neltenore vigente ratione temporis:

 

"a) con riferimento ai requisiti di cittadinanza,residenza e soggiorno, il componente richiedente il beneficio deve esserecumulativamente:

 

1) in possesso della cittadinanza italiana o di Paesifacenti parte dell'Unione europea, ovvero suo familiare, come individuatodall'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 6 febbraio 2007,n. 30, che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiornopermanente, ovvero cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso disoggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

 

2) residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimidue, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta ladurata dell'erogazione del beneficio, in modo continuativo;", potendosidubitare che tali requisiti abbiano ampliato in maniera irragionevole ediscriminatoria il novero di quelli già richiesti per accedere alle misure disicurezza sociale concernenti il diritto all'abitazione, ivi previste.

 

Il presente giudizio, di conseguenza, va sospeso e vaordinato che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificataalle parti del giudizio di cassazione, nonché al Presidente della Giuntaprovinciale di Trento e al Presidente del Consiglio provinciale della Provinciaautonoma di Trento.

 

Va disposta, a cura della Cancelleria, l'immediatatrasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante ilperfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Cortecostituzionale.

 

Va disposto che in caso di diffusione della presenteordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essamenzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

 

P.Q.M.

- La Corte, ritenuta la rilevanza e non manifestainfondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma2-bis, della legge della Provincia Autonoma di Trento 7 novembre 2005, n. 15, edell'art. 3, comma 2-bis, della legge della Provincia Autonoma di Trento 7novembre 2005, n. 15, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo e quinto comma,Cost., come chiarita nei sensi di cui in motivazione, e rimette gli atti allaCorte costituzionale, sospendendo il presente giudizio e mandando alla Cancelleriaper gli adempimenti di legge;

 

- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanzasiano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, anorma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

 

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della PrimaSezione Civile, il 23 gennaio 2024.

 

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2024.

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